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Autore: snow nymph    26/03/2013    0 recensioni
Storia classificatasi seconda al contest "You wanna be a secondary character like me" sul forum di EFP. Conosciamo Burt Hummel come un uomo leale, un marito affettuoso e un padre comprensivo. Ma è sempre stato così? Cosa, o chi, gli ha permesso di diventare l'uomo che è oggi? Uno spaccato sulla vita di Burt, dall'adolescenza, all'incontro con Elizabeth, fino ad arrivare a Kurt.
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Burt Hummel, Kurt Hummel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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The way you look tonight




« Ehi, Big B, guarda un po' laggiù. »
Sbuffando, interrompo il mio minuzioso lavoro -che comprende lo sfregare del polpastrello sul graffio sulla mia moto nella speranza che svanisca- e alzo gli occhi su Max, per poi seguire la direzione indicata dal suo dito.
Neil Henton sta attraversando la strada per raggiungere la nostra parte di vialetto insieme a quella sua amichetta bionda. Quando ci vede, però, impallidisce e fa dietrofront, trascinandosi appresso la biondina che comincia a protestare. Non fa abbastanza in fretta, però, per non sentire quello che Max gli urla dietro:
« E inutile che ti fai vedere con la Evans, Henton! Tanto lo sanno tutti che ti piace prenderlo da dietro! »
Una coppia di mezza età che passeggia il cane ci guarda, un'espressione scandalizzata in volto. La biondina invece si gira e ci lancia uno sguardo duro, mentre Neil Henton diventa rosso e affretta il passo, strattonando l'amica che si affretta a mettergli una mano sulla spalla e a sussurrargli qualcosa, prima di sparire oltre l'angolo.
Io ritorno a strofinare il mio graffio sulla vernice, mentre Max si appoggia con aria noncurante alla sella della mia moto, sigaretta tra indice e medio e sguardo verso il cielo plumbeo.
« Devi essere sempre così stronzo? » chiedo, con tono annoiato.
« E' divertente. Dovresti provarci anche tu. Ora non potrà tornare da queste parti per almeno altre tre ore. La cena gli diventerà pappetta. »
« Se lo dici tu » mugugno, poco convinto.
Neil Henton è il mio vicino di casa, ed è un tipo particolare. O almeno, pensavo fosse solo particolare -e sono gentile, perché si veste in maniera assurda- ma da quando è iniziato il liceo è diventato chiaro che fosse gay. Non che la cosa mi importi più di tanto, ma a quanto pare tutti si divertono a prenderlo in giro ed è sempre il bersaglio preferito. A me non fa né caldo né freddo, ma ammetto che alcune sue trovate sono davvero difficili da ignorare -come quando si è messo una canotta con un grosso cuore al centro e sotto una camicia a fiorellini. Quella volta anch'io mi sono fatto una bella risata, perché era a dir poco ridicolo.
« Ehi, Big Burt, ho i biglietti per la partita di domani. Tu e il tuo vecchio ci siete? »
« Sicuro, Maxpower. Ci becchiamo lì. »
Max butta a terra il mozzicone, ci passa sopra il piede e poi mi saluta con una spallata. « Rimani ancora un po' qua intorno e ricorda di salutare come si deve il nostro amico Henton se si fa vedere troppo presto. » aggiunge con un sogghigno.
Faccio un cenno di assenso col capo. Quando vedo che Max è abbastanza lontano, con la sua camminata strascicata e le mani in tasca, mi avvio verso il garage senza voltarmi indietro.

*

« Si può sapere cosa diavolo avevi intenzione di fare? »
Alzo gli occhi verso la furia bionda che si è avventata su di me e mi porto un attimo la lattina alle labbra per mandarne giù un altro sorso. « Io? Io non ho fatto niente. »
La tipa si avvicina ancora. Ah, mi ricordo, è l'amichetta di Neil Henton. Evans, mi pare si chiami. Dovrebbe smetterla di frequentarlo, è bella abbastanza da diventare una delle più popolari della scuola. « Appunto! » quasi mi urla contro.
Sbatto le palpebre, confuso. E' pazza?
« Che problema hai? »
« Ho appena visto Neil uscire dal bagno con un occhio nero e un labbro spaccato. Non voleva dirmi chi l'ha conciato in quel modo, ma direi che dopo quello che gli avete urlato dietro l'altro giorno posso farmi un'idea precisa. »
Appoggio la schiena contro questa specie di albero piantato nel cortile, che in realtà è solo un tronco dalle radici sconnesse e senza nemmeno una foglia. « Non sono stato io, non c'entro. »
« Oh, questo lo so » sibila lei a denti stretti. Finalmente mi degno di guardarla bene in viso e posso vedere una fiamma combattiva e fiera nei suoi occhi azzurri. Diamine, sono davvero azzurri. Come fa ad esistere un fuoco nel mare?

« So che sei “la spalla”, quello che non fa niente e si limita a fare il palo. Ma potevi intervenire, quelli quasi quasi gli spaccavano il naso! » continua, irata.
« Senti, dolcezza, non sono affari miei questi. Non mi piace immischiarmi. Dì al tuo amichetto di tenersi lontano dai bagni dei maschi e vedrai che non avrà fastidi. »
« E dove dovrebbe andare, di grazia? »
« Non lo so. In quelli delle ragazze? »
Ammutolisco. Non è quello che volevo dire. Mi frega poco di chi piace a Henton o con chi se la fa, fino a quando non viene a seccarmi. Ma dopo che passi tutta la tua giornata a sentire insulti come se fossero la cosa più normale del mondo, dopo un po' anche tu pensi siano la cosa giusta da dire.
La Evans mi guarda come se fossi la cosa più disgustosa in cui abbia mai avuto la sfortuna di incappare.
« Sei solo un ignorante, Hummel. Un idiota senza cervello, come tutti i tuoi amici. » mi sputa addosso, per poi andarsene camminando con grazia e forza allo stesso tempo. Io rimango fermo, appoggiato al tronco. Mi porto la lattina alla bocca, per poi schiaffarla per terra con forza. Mi giro il cappello ed esco dal cancello, con l'intenzione di saltare il resto della giornata scolastica.

*

Sono sdraiato sul muretto davanti casa, le gambe a cavalcioni, la schiena dolorante contro il cemento mentre guardo il cielo scuro. Non ce la facevo più a rimanere in casa a sentire i miei che mi facevano pesare il fatto di essere stato sospeso per la millesima volta. Al diavolo, non è stata colpa mia. In tutti i casi pensavo già di farla finita con la scuola; non sono bravo e comunque non mi serve per tirare avanti.
Nonostante tutto non posso fare a meno di sentirmi un po' un fallimento. E' come se finora, in tutta la mia vita, non avessi combinato nulla di buono. Tutto ciò fa schifo.
« Tutto ok? »
Mi alzo di scatto, cercando di individuare la fonte della voce.
« Scusa, non volevo spaventarti. » dice Neil Henton, indietreggiando un poco.
« Niente » faccio, rimettendomi coricato. « Hai bisogno? »
« No. Io... » esita un attimo, incerto. « Stavo buttando la spazzatura e ti ho visto qui. Sembravi... triste. »
« Non sono fatti tuoi. »
« Si, lo so. Io... scusami. Mi chiedevo solo se magari ti serviva una mano o... » le parole gli muoiono in gola e gli si legge in faccia che si aspetta di prendersi un pugno per essersi permesso di parlarmi.
Ovviamente non ho nessuna intenzione di farlo.
« Ok, ok. Scusa se sono stato brusco. Sto bene, grazie. »
« Ok. Allora... ci si vede. »
Per la prima volta perdo un po' di tempo per guardare Neil Henton. E' un ragazzo mingherlino e molto curato, e il suo sorriso è gentile. Chissà perché ha deciso di preoccuparsi di vedere come stavo.
Alzo le spalle; non mi interessa, dopotutto.
« Ci si vede. »

*

« Che fate, ragazzi? » dico, uscendo di casa e raggiungendo il gruppo nel viale. Max si gira verso di me con in mano una confezione di uova.
« Ehi, Big B! Ci manchi a scuola. Vedi questa? E' la macchina nuova di Henton. Pensavo che questo fosse un ottimo modo per inaugurarla. » Risate da parte degli altri e grida di assenso.
« Perché non lo lasciate in pace? Chissà quanto gli è costata. E lui non vi ha mai fatto niente. »
« Stai diventando sentimentale, Big B? Lo sai cos'è. Il suo modo di essere da solo mi urta. »
Mmmh. Io potrò essere un po' ignorante, ma questa affermazione è davvero stupida.
« Dai, ci divertiamo solo un po'. A te l'onore » e mi passa un uovo.
Non mi va di farlo ma mi stanno guardando tutti, incitandomi. Chiudo gli occhi e lancio l'uovo che si frantuma proprio sul parabrezza della macchina nuova di Neil.
Gli altri ridono e cominciano a bombardarla. Io rimango un po' in disparte, e il mio sguardo viene catturato da una tenda scostata in casa Henton. Dietro c'è Neil che guarda e la sua faccia stanca, abbattuta e ferita non è facile da mandar giù.

*

Dio, che schifo. Il puzzo di uova marce mi è entrato anche nel cervello. Con la spugna strofino , per poi passarci l'acqua del tubo sopra. E' difficile da pulire, e il ribrezzo mi sta prendendo tutto. Mi accorgo di Neil che mi guarda solo quando ormai mi ha raggiunto, ma non gli do conto e strofino ancora, con più forza.
Dopo un po' lui rompe il silenzio. « Perché lo stai facendo? »
« Non te la prendere, ma mi sembri un po' troppo delicato per pulire questo schifo da solo. »
Neil accenna un sorriso. « No, intendevo... perché ti stai prendendo la briga di aiutarmi? »
La briga?
« Senti, amico, non farlo. »
« Fare cosa? »
« Non parlarmi come se io fossi chissà quanti gradini più in alto di te. La briga? Lo faccio quasi volentieri. Mi sento davvero in dovere, dato che è stato un gesto infantile e stupido e che inoltre io ho anche iniziato il tutto. »
Ritorno a sciacquare l'auto meglio che posso, mentre con la coda dell'occhio sbircio Neil che sembra cercare di accumulare abbastanza coraggio per dire chissà che cosa.
« Beh, » dice, « allora forse non avresti dovuto iniziare? »
Alzo gli occhi su di lui.
« Ok, ok, scusa. Non dovevo dirlo. Io... »
« Ma la smetti? Non ho mica intenzione di picchiarti. E comunque hai ragione. »
« Davvero? »
« Sicuro. Non avrei dovuto iniziare. Solo... non mi andava di mettermi nei casini. Niente di personale, amico, io non ho davvero nessun problema con te. Puoi dirlo anche alla tua amichetta, così può smetterla di minacciarmi. »
Neil batte le palpebre due volte. « Intendi... Elizabeth? »
« Non so come si chiami. Quella biondina combattiva. »
« Sì, Elizabeth. Non sapevo vi foste parlati. »
« Beh, ecco, è venuta giusto a seccarmi un po'. E a insultarmi.»
« Non so se essere infastidito o lusingato dalla sua intromissione. Non penso che volesse fare qualcosa di male, solo che è... molto protettiva nei miei confronti. Sembra che la mia colpa sia quella di essere fiero di quello che sono, e per questo ho l'impressione di avere davvero bisogno di qualcuno che mi protegge. »
Neil abbassa lo sguardo, imbarazzato. Mi fa quasi stare male pensare che la maggior parte dei problemi di questo ragazzo sono causati dal gruppo con il quale sono solito uscire.
« Entra dentro, ti prenderai freddo con solo quella giacchetta borchiata addosso. Forse dovrei regalarti un gilet imbottito, che ne dici? »
Neil sorride, ma la sua espressione è un po' schifata. « Penso che declinerò gentilmente l'offerta. »
Sorrido. Questo ragazzo è divertente. Lo guardo avviarsi verso casa, quando all'ultimo si gira.
« Burt? »
Lo guardo, sorpreso. Non mi ha mai chiamato per nome. « Si? »
« Grazie. »
Gli rispondo con un cenno del capo. In realtà ho come la sensazione che dovrei essere io a ringraziare lui

*

« So tutto. »

« Ma che-? Che ho fatto sta volta? »
Elizabeth alza un sopracciglio. « Hai la coda di paglia? Intendevo solo che so quello che hai fatto per Neil. La cosa della macchina. »

« Ah » faccio, per poi rimettermi sdraiato sul muretto davanti casa mia. E' il mio posto preferito, anche se non è né particolarmente tranquillo o comodo e di sera fa un po' freddo, come adesso. E soprattutto non è appartato, come dimostra il fatto che questa tipa è venuta a seccarmi ancora.
« E' stato inaspettato da parte tua. In realtà era il minimo che potevi fare, ma è stato pur sempre inaspettato. »
« Senti, chiariamo una cosa. Io non ce l'ho con Henton, ok? Non mi frega niente di chi gli piace e chi no. E a parte quell'uovo non gli ho mai fatto niente. »
« Beh, non hai neanche mai impedito che i tuoi compari se la prendessero con lui. »
Mi sollevo un attimo il berretto e mi passo una mano tra i miei -pochi, ahimè- capelli. « Io... sono un tipo tranquillo, ok? Non mi piace avere dei nemici, e difendere Henton me li avrebbe procurati. Mi dispiace non aver mai fatto niente, ma ora è diverso. Ho mollato la scuola, e ho intenzione di trovarmi una compagnia diversa. »
Elizabeth mi scruta per un po', come valutandomi. « Ti vedo spesso qui. Ti piace? »
Scrollo le spalle. « Mi piace guardare il cielo. Lo faccio ogni volta che succede una cosa bella. Siccome non ne succedono tante, mi ci metto sempre e spero che qualcosa di bello accada presto. » Elizabeth è evidentemente sorpresa, ma poi improvvisamente sorride. Stranamente mi ritrovo a pensare che è davvero carina quando sorride; si illumina tutta e le sue efelidi vengono messe in risalto.
« Se vuoi puoi unirti a noi! »
Quasi cado dal muretto. « Come? »
« Sì. Sei un po' apatico e hai l'aspetto di un camionista, ma ho l'impressione che tu sia di una pasta diversa rispetto ai tuoi amichetti. Bisogna solo lavorarla un po'. »
Non so bene se offendermi o prenderlo come un complimento, in realtà.
« Non saprei... »
« Dai, vieni, stavo giusto andando da Neil. Puoi passare una serata tra ragazze con noi. »
Oh, Cristo. Qui le cose stanno degenerando.
Non vorranno mettermi lo smalto per le unghie, vero?

*

Niente smalto, ma sono lo stesso semi-traumatizzato. Neil era così entusiasta di sapere che mi univo a loro che ha cominciato a farneticare senza sosta -e io che pensavo fosse un tipo timido- e a un certo punto, non si sa come, è saltato fuori che per qualche assurdo motivo non va bene come sono vestito.
« Quella camicia a quadrettoni fa davvero troppo campagnolo. Scusami, ma è inguardabile. »
Io lo fisso, confuso. « Ma è comoda. »
« Beh, che mi dici di quel gilet semi-imbottito? »
« Tiene caldo. Mi dici che accidenti di problema hai? »
« E togliti quel cappello, per l'amor del cielo. Non sei ancora pelato, metti in mostra quei quattro peli che hai. »
Non sono sicuro del fatto che, in fondo, non si meriti tutti gli spintoni presi.

*

E' da un po' che frequento Neil ed Elizabeth e ho scoperto che in realtà non sono poi così male, anche se più che altro sono loro a tampinarmi ovunque io vada mentre cerco disperatamente di farmi i fatti miei. Sono anche divertenti a volte, Neil è decisamente un tipo esilarante ed Elizabeth è... beh, Elizabeth.
Avevo capito subito che era una ragazza combattiva, ma non sapevo che possedesse anche una parte sorprendentemente dolce e protettiva, soprattutto verso Neil. Lo tratta come se fosse un fratellino minore, e anche con me è gentile e simpatica. Anche se non manca di decisione, questo no. Poi lei e Neil insieme sono terribili. Si pensi che una volta stavamo litigando su cosa fare la sera; io volevo andare a vedere la partita di football -è un obbligo e non andarci è sacrilegio- mentre loro volevano assistere a chissà quale concerto di non so quale boyband molto famosa (che io ovviamente non avevo mai sentito nominare).
Fatto sta che alla fine, non si sa come, mi sono ritrovato al volante del mio pick-up per scarrozzarli fino al concerto mentre loro urlavano come fangirl impazzite. E mi hanno pure costretto a sorbirmi quella palla colossale che loro chiamano musica.
Devo confessare che, in fondo, mi sono comunque divertito. Ovviamente avrei preferito farmi evirare che ammetterlo davanti a loro.

*

« Ommioddio, ommioddio! Lo sapevo, lo sapevo! »
« Zitto! Giuro che... »
« Lo sapevo! Ce l'avevi scritto in faccia! »

« Guarda che ti taglio i gioielli di famiglia, e poi voglio vedere come fai a spassartela con Jason... » « Ok, ok, scusa. » Neil si calma, ma ha comunque stampato in faccia un sorriso così grande che mi viene voglia di strapparglielo con le dita. Siamo nella sua camera, seduti per terra in mezzo a tremila cuscini, e sotto grande insistenza gli ho appena confessato il mio interesse per Elizabeth. Non l'avessi mai fatto.
« Allora, hai intenzione di dirglielo? »
« Certo che no. Insomma, non posso dirle “mi piaci”. Fa troppo liceale senza esperienza. »
« Burt, hai solo vent'anni, non parlare come un vecchio. »
« Ok, bene. Sapevo che non dovevo dirtelo, accidenti a me... »
« Ma che c'è di male? Elizabeth è la ragazza migliore di cui potevi innamorarti e... »
« “Innamorarti”? Ora non esageriamo, non sono messo così male... »
« Ma se sei diventato tutto rosso solo a parlarne! Guarda, la tua pelata sembra un pomodoro maturo. »
« Non è vero! E comunque non sono pelato, vedi? Ho i capelli. Ce li ho! »
Neil ride, per poi annuire con fare accondiscendente.
« Hai ragione, sei proprio un capellone. »
« Fottiti. »
« Mi piacerebbe, ma da solo è un po' difficile e Jason torna solo tra due giorni. »
« Aaah! Non voglio sentire queste cose. Preferisco non sapere. »
Neil ridacchia, per poi tornare serio. « Senti, Burtie,secondo me ci sono buone possibilità che Elizabeth ricambi. Vi conoscete da anni ormai, no? »
« Sì, però... »
« Ora ascoltami bene. Lei è la mia migliore amica e non voglio che soffra per nessun motivo, quindi ho bisogno di chiederti: ti piace davvero? »
« Questi non sono affari tuoi. »
« Sono serio, Burtie. Tengo molto a lei. »
Ci guardiamo per un attimo negli occhi. Infine sospiro, sconfitto. « Sì. Mi piace molto. »
« Esattamente cosa ti piace di lei? »
Rifletto per un attimo. Cosa mi piace di lei? Facile. « Beh, tutto. E' perfetta. Mi piace come parla, come cammina, come si comporta. Mi piacciono i suoi occhi e vorrei che nostro figlio un giorno ne avesse un paio come i suoi. Mi piace la sua voce sia quando è gentile sia quando mi minaccia. Ma soprattutto mi piace quello che è; una persona pura e senza pregiudizi. E' solo grazie a lei se ora sono qui a parlare con te, se sono tuo... amico. »

Neil mi guarda, serio. Sono un po' in imbarazzo e mi sento messo a nudo, come se Neil potesse giudicarmi non appena apre bocca.
« Cielo... sei inquietante. Seriamente pensi già a come saranno i vostri figli? »
Arrossisco violentemente. « Davvero è questa l'unica cosa che ti ha colpito del mio discorso? »
« Oooh, Burt sono-grande-grosso-e-insensibile è arrossito! Scommetto che ti immagini già tu, lei, una grande casa con un giardino e i vostri sette pargoli dagli occhi azzurri che rincorrono il cane mentre... »
Gli tiro un cuscino che lui schiva, ridendo.
« Ti odio. »
« Penso che mi odierai ancora di più quando ti girerai e vedrai chi ha ascoltato tutta la nostra conversazione. »
Raggelo, terrificato. « Ti prego, non dirmelo. »
« Eh, già. » fa Neil, ridacchiando sotto baffi.
« Sono un uomo morto. »
« Nah, non direi. Solo un po' sfigato, questo si. »
Prendo fiato e mi giro verso la porta, non prima di aver lanciata un'occhiata a Neil che urla “con te faccio i conti dopo”. Mi giro e vedo Elizabeth, più bella del solito perché ha addosso uno dei sorrisi più grandi che io le abbia mai visto.
« Questo è davvero imbarazzante. »
« Non preoccuparti, BurtBear. E' stato commovente sentire dei tuoi prematuri progetti riguardo i nostri futuri figli. »
« Voglio morire, ora. »
Elizabeth ridacchia ancora e si avvicina a me, per poi inginocchiarsi e baciarmi con tenerezza la pelata.
Insomma, voglio dire, la mia testa piena di folti e fluenti capelli.

*

Sono in officina e sto sistemando le ultime cose prima di tornare a casa. Mi prendo un momento per guardarmi attorno, più soddisfatto che mai; questo posto è stato l'affare migliore che potessi portare a termine. Lo sento giusto, lo sento mio. E' ancora un po' vuoto, non ci sono clienti né auto mezze riparate e alcuni scatoloni sono ancora lì che aspettano di essere aperti, ma sento che è questo il posto adatto in cui trascorrere le mie giornate a fare quello che mi è sempre piaciuto fare.
Non potrei essere più felice di adesso; ho una bella casa, una moglie che amo con tutto me stesso, un buon fondo cassa e adesso ho anche questa fantastica officina che presto diventerà la più rinomata di Lima. Mi sento completo e non vedo come le cose potrebbero andare meglio.
Devo ricredermi quando arrivo a casa e scopro che Elizabeth mi ha preparato i cupcakes al cioccolato, ripieni di cioccolato, con la glassa di cioccolato e delle praline di zucchero sopra. Lei mi ha sempre fatto una testa tanta sull'importanza di una dieta sana, quindi è ovvio che c'è qualcosa che bolle in pentola.
« Beth, dimmi la verità: mi hai tradito e ora cerchi di comprarti il mio perdono? Perché ti servirà molto più di qualche dolcino per farla franca. Magari una torta.»
Elizabeth ridacchia, anche se noto che è un po' nervosa. « No, BurtBear, non ti ho tradito. Dopotutto erano solo delle partite, e le avevi già viste... »
Deglutisco, la gola secca. « Hai cancellato tutte le mie registrazioni delle finali? »
Stavolta ride apertamente. « Tranquillo, le tue partite sono sane e salve nello scaffale. Puoi anche rilassarti, o la vena della tempia ti scoppierà. Devo davvero dirti qualcosa, però. »
« Dimmi. Sai che puoi dirmi tutto. »
« Non ti va un cupcake prima? »
« Beth. »
« Sono deliziosi, li ho fatti come piacciono a te... »
Esasperato, ne agguanto uno e gli do un morso. Buonissimo. « Fatto. Ora spara. »
« Ecco, io non so se è il momento giusto. Insomma, ci siamo appena trasferiti, e tu non hai neanche aperto l'officina, e questo comporterà davvero tante spese... »
« Elizabeth, cosa diavolo... »
« Sono incinta. »
Mi cade il cupcake di mano. Nemmeno lo vedo schiantarsi al suolo e sbriciolarsi, non penso minimamente a tutto questo spreco di bontà. Tutto ciò che riesco a fare è alternare lo sguardo dal volto angelico di mia moglie al suo ventre piatto. « Sei... sei sicura? »
« Si. » Non dice altro. Aspetta la mia reazione. E' un po' nervosa, ma gli occhi le brillano.
I suoi bellissimi occhi azzurri sono quasi abbaglianti da tutta la felicità che posso vederci riflessa.
Con due falcate la raggiungo oltre il tavolo e la prendo tra le braccia, sollevandola e facendola volteggiare. Lei lancia dei gridolini alternati a dei “mettimi giù! Mettimi giù!”. Lo faccio, salvo poi prenderle il viso tra le mani e coprirlo di baci.
« Sei felice, a quanto pare » dice ridendo.
« Felice? Dio, mi sembra di scoppiare. E' perfetto. Tu sei perfetta, noi lo siamo, e lo sarà anche la creatura. »
« Non penso proprio di essere perfetta. »
Mi allontano un po' per guardarla negli occhi. « Cosa ti preoccupa? »
Elizabeth sospira, evitando di guardarmi. « Io... non so. E se non fossi una buona madre? Sono davvero pronta per tutto questo? Non so. Mi sembra così... difficile. Riuscirò a dargli una buona educazione? Ad insegnargli come comportarsi, a trasmettergli dei valori? »
« Beth. » Le prendo il mento e glielo alzo delicatamente, così che i suoi occhi si incontrino con i miei. « Tu sei la persona più bella che io abbia mai conosciuto. Non solo esternamente; è quello che hai dentro che è limpido, puro, bellissimo. Tu mi hai fatto diventare un uomo migliore. Mi hai insegnato che l'importante è quello che una persona ha dentro, e che tutto il resto non conta. E io non potrò mai ringraziarti per questo. » Faccio una pausa, mentre scruto i suoi occhi un po' umidi. « Ma soprattutto non potrò mai ringraziarti abbastanza per tutta la felicità che mi hai dato e che continui a darmi. Anche ora. Questo bambino, o bambina, sarà perfetto. Sarà buono, sarà giusto, e lo sarà perché avrà dei genitori che lo amano e che faranno del loro meglio per crescerlo. Io credo in te, e credo in noi. »
La stringo in un abbraccio, affondando il viso nei suoi capelli biondi. Lei ricambia, abbracciandomi stretto.
« Dovremmo chiamare Neil. Mi piacerebbe fosse il padrino di nostro figlio. »

Sento Elizabeth sorridere. « Chi l'avrebbe mai detto che sareste diventati così amici. »
Già, chi l'avrebbe detto? Io no di certo.

*

« Beth. »
« Mmm? »
« Penso dovremmo parlare. »
« Non possiamo farlo domani? »
« No, è importante. »
Elizabeth apre gli occhi e mi scruta, assonnata. « Va bene, ma parla piano, o sveglierai Kurt. »
Guardo un attimo la scena che ho di fronte, godendomela appieno; Elizabeth è sdraiata sul letto, girata verso di me, e tiene il piccolo Kurt addormentato stretto in un abbraccio. Sono ciò che ho di più prezioso al mondo e li amo immensamente; ringrazio ogni singolo giorno la vita per avermi dato questa famiglia.
« Non credi che sia un po'... strano, che Kurt abbia voluto come regalo dei... dei... »
Elizabeth alza un sopracciglio. « Tacchi? »
« Beh, si. »
« E' soltanto un bambino, Burt, vuole solo giocare. »
« Ma non credi che dovremmo... non so, fargli capire che non sono cose adatte a un maschietto? Prima che sia troppo tardi? »
« Burt, è intelligente. Lo capirà da solo. Qual è il vero problema? »
Deglutisco, incerto su cosa dire. « Non pensi che tutte queste sue fissazioni per i tuoi trucchi, per le riviste di moda che a stento riesce a leggere e la sua avversione per le macchinine possano essere dei segni che preannuncino... »
« Cosa? »
« Che possa essere... gay? »
« Burt, è ancora presto per saperlo. E' solo un bambino, non penso sappia con precisione da chi è attratto. E comunque, se anche si dovesse scoprire gay in futuro, non vedo quale potrebbe essere il problema. Tu stesso hai sempre accettato Neil, no? »
« Ma con Neil... insomma, è diverso. Lui non è mio figlio. Io... » prendo fiato, cercando di spiegarmi, « non so. Cioè, finché ad esserlo è qualcuno di esterno non mi crea nessun problema; la vita è loro e possono passarla con chi vogliono. Ma qualcuno di così vicino, della mia stessa famiglia è... strano. Non so come potrei prenderla, in realtà. »
Elizabeth non dice niente, si limita a guardarmi e ad accarezzare i capelli soffici di Kurt. All'improvviso mi sento un mostro per quello che ho pensato, un ignorante per quello che ho detto e un pessimo padre. Affondo la faccia nel cuscino.
« Ehi » mi chiama Elizabeth, mettendo una mano sulla mia guancia. « Va tutto bene. Io posso comprendere i tuoi timori. Ma ti conosco, e so come sei; so che tu amerai nostro figlio con tutto te stesso, indipendentemente da tutto, e che accetterai le sue scelte. Che lo guiderai nei momenti difficili e che sarai felice per lui quando troverà la persona giusta, uomo o donna che sia. »
Riapro gli occhi e vedo quel sorriso dolce che mi fa sempre sentire bene. « Sì. Te lo prometto, Beth, lo farò. »
« Grazie, BurtBear. »
« No, Beth, grazie a te. »
« E di che? »
« Di essere quello che sei, di darmi quello che mi dai e per avermi fatto diventare la persona che sono e che spero di riuscire a essere sempre. »
« Non ho fatto niente, BurtBear. Sei sempre stato speciale, solo serviva che qualcuno facesse emergere il tutto. »
Rimaniamo in silenzio, a guardarci.
« Eri così bella stasera, Beth »
Elizabeth sorride in un muto ringraziamento. « Oggi è un giorno bellissimo, il compleanno del nostro angelo e non abbiamo guardato le stelle; non abbiamo onorato la tradizione. »
« Non ho bisogno di andare fuori per guardare le stelle, dato che ce ne sono due davanti me che brillano più intensamente di tutte. E non ho bisogno di desiderare che qualcosa di bello accada, perché non potrei desiderare di più dalla vita. »
Elizabeth mi da uno scappellotto, piano. « Ogni volta che dici queste cose romantiche mi sembra che mi prendi in giro, BurtBear » dice ridacchiando.

*

« Papà, è vero? »
« Cosa, amore? »
« Che non vedrò più la mamma. »
No. Non devo piangere di nuovo.
« Chi te l'ha detto? »
« La maestra. Ha detto che le dispiaceva molto che non posso vedere più la mamma. »
« Beh, la maestra ha torto. Tu puoi vederla sempre, ogni volta che vuoi. »
« Davvero? »
Gli occhi di Kurt sono grandi e spalancati per la sorpresa. Quegli occhi così azzurri, uguali a quelli di Elizabeth.
La mia Beth.
Nonostante i miei sforzi, mi sfugge un singhiozzo.
« Davvero. Basta che chiudi gli occhi e crei nella tua mente la sua immagine. Ti ricordi com'era bella? Sempre sorridente e gentile. Riesci a vederla? »
« Sì » risponde Kurt. Poi riapre gli occhi, afflitto. « Ma lei non può vedermi. »
« Vieni con me, » gli dico, porgendogli la mano. Lui la prende e lo guido fino al giardino sul retro. Mi stendo sul muretto e mi metto Kurt sullo stomaco, sdraiato su di me.
« Vedi le stelle? »
« Sì »
« Indicami quelle per te più luminose. »
Kurt scruta un po' il cielo, per poi indicare un punto indefinito col dito.
« Bene. Quelle sono gli occhi della mamma. Ricordi com'erano i suoi occhi? Come brillavano quando rideva? La loro lucentezza non è andata persa, Kurt. E' qui, e la puoi trovare in tutte le cose belle nel mondo. In una stella particolarmente luminosa, in un fiore appena sbocciato, in un gattino appena nato. In ogni cosa bella c'è un po' della tua mamma, perché lei era ciò di più bello al mondo. Cerca sempre di attorniarti di cose belle, di persone belle, di sentimenti belli, Kurt. Così sarai sempre in compagnia della mamma, e lei potrà sempre guardarti e vedere con orgoglio l'uomo che so che diventerai. »

Non mi accorgo delle lacrime che mi scendono sulle guance finché non vedo le loro gemelle negli occhi di Kurt. « Mi manca tanto, papà. »
« Lo so, figliolo. Manca tanto anche a me. »

*

« Kurt, ragazzo. Stai bene? »
Kurt evita il mio sguardo. « E' tutto ok, papà. Ora passa. »
« Parlerò a Carole di Finn, puoi starne certo. »
« Non c'è bisogno che ti preoccupi tanto. Sono abituato a quel genere di appellativi. »
« Beh, non dovresti esserlo » ribatto, andandomi a sedere accanto a lui sul divano. « Tu vai benissimo così come sei e nessuno dovrebbe permettersi di etichettarti. »
Kurt accenna a una risata senza allegria. « Non la pensano tutti così papà. Finn è ok, deve solo ancora venire a patti con l'idea che vivremo tutti insieme. Non voleva offendermi, so che non voleva. Ma è una situazione difficile e ognuno ha i suoi tempi. »
Guardo il mio ragazzo, che sta diventando uomo in fretta. Sembra ieri che lo tenevo sulle spalle perché sperava di riuscire ad arrivare abbastanza in alto da toccare il cielo e raggiungere la mamma, e ora deve affrontare ogni giorno una battaglia che sento lo sta sfinendo sempre di più.
« E tu come la stai prendendo? »
« Bene. Davvero papà, sono felice per te e Carole. »
« Io non vorrei che tu pensassi che... sto rimpiazzando tua madre, o qualcosa del genere. Perché non potrei mai, lo sai. »
Kurt mi guarda con quei suoi occhi azzurri e profondi e mi ci vuole tutta la mia forza di volontà per non distogliere lo sguardo da quei pozzi blu così simili ai suoi.
« Lo so, papà. Non penso niente del genere. Anche tu meriti di essere felice, e Carole mi piace davvero. Non preoccuparti, resti sempre il miglior padre del mondo. »
« Non so se sono il migliore, figliolo, ma di sicuro faccio del mio meglio. »
« E lo fai alla grande. Davvero. Non so quanti padri avrebbero impiegato così poco ad accettare che il proprio figlio sia gay. So che l'avevi sempre sospettato ma... immagino che averne la certezza sia stata comunque una batosta. »
Trattengo un sorriso al ricordo. « Voglio raccontarti qualcosa. Non so se ti ricordi lo zio Neil? Quello coi capelli ossigenati? »
« Mmm... vagamente, più no che sì. E' quello che vive in Australia, vero? »
« Sì. Purtroppo dopo la morte di tua madre abbiamo perso i contatti. » mi interrompo. Non voglio intristirmi. « Lui andava alla mia stessa scuola, era il migliore amico di tua madre ed era gay. Ai miei tempi era ancora più difficile essere un adolescente gay, tutti gli rendevano la vita un inferno e io non ero da meno. Ma un giorno gli parlai e capii che era davvero una bravissima persona. L'avevo sempre saputo, ma continuavo a sentirmi a disagio a stare con lui. Fu tua madre che mi aiutò a capire che non c'era niente di diverso, che le preferenze di Neil non avevano niente a che fare col tipo di persona che era. Mi ci è voluto un bel po', ma lei mi ha aiutato. E' grazie a lei che io ho avuto una delle amicizie più importanti della mia adolescenza, ed è grazie a lei che ho saputo come affrontare la situazione con te. Non è stato facile, lo ammetto, e spesso ho voluto che lei fosse qui per aiutarmi, dirmi cosa fare e come comportarmi. Avevo paura che non sarei riuscito a gestire la cosa, che ti avrei fatto sentire a disagio, che non ti avrei dato il supporto necessario. Ma ho fatto del mio meglio, e spero che tu lo sappia. »
Kurt è evidentemente commosso; di sicuro non si aspettava un discorso così lungo. In realtà non me l'aspettavo neanche io.
« Certo che lo so, papà. La mamma sarebbe fiera di te, e di noi. »
Allungo una mano e gli scompiglio i capelli, strappandogli un gridolino di protesta. « Lo sarebbe eccome. »
« Era una donna straordinaria, vero? »

« Lo era davvero. »

*

Sono disteso sul muretto nel giardino sul retro; non sto più comodo come una volta -colpa dei chili accumulati negli anni- ma è comunque rilassante stare qui. E' una bella notte, limpida e senza una nuvola, perfetta per guardare le stelle. Chissà com'è il tempo a New York. Kurt non mi ha ancora chiamato, ma spero lo faccia presto. Non voglio essere io a telefonargli, rischio di sembrare asfissiante. Il mio ometto è cresciuto ormai e sa cavarsela da solo.
Ah, mi deve essere entrato qualcosa nell'occhio, perché mi rifiuto di credere che sto piangendo di nuovo. Altro che BurtBear, più che un orso sembro un chihuahua piagnucolone. E' che sono così fiero di lui, di quello che è diventato, di quello che ha fatto e che vuole ancora fare. Io ho adempiuto al mio compito meglio che ho potuto, ed ora è tempo che cammini sulle sue gambe. E' tempo di ritirarsi dietro le quinte e lasciare il palco alle nuove stelle.
Chiudo gli occhi e faccio quello che Kurt era solito fare sempre da piccolo; immagino il volto di Elizabeth, ricordandone tutti i particolari. Ricordo anche il suo profumo, il calore nel suo sguardo. Saresti anche tu davvero fiera del nostro ometto, Beth. Lui è quello che è adesso grazie a te, e lo sono anch'io.
Ti devo così tanto, Beth, così tanto. Ti ringrazio. Mi si incurvano le labbra pensando che la tua risposta sarebbe stata “e di che?”
Di avermi aperto gli occhi, di avermi reso una persona migliore. Di avermi insegnato che l'amore è amore, che la felicità sta nelle cose semplici, come un bacio, un sorriso, il pianto di un bambino in piena notte, un cupcake ripieno di cioccolato.
Ti ringrazio di avermi trovato e accudito, di esserti fatta amare e di avermi amato. Ti ringrazio di avermi dato Kurt e di avermi insegnato come prendermi cura di lui e accettarlo e guidarlo.
Ti ringrazio di avermi dato la forza sufficiente per permettermi di amare di nuovo. Di essere esistita e di avermi dato questo calore che ancora mi riempie e mi riscalda in una notte come questa, quando penso a te.
Grazie.
Il tuo volto circondato dalle stelle brilla come non mai.
Sei così bella stasera, Beth.









Nota: inutile dire che Kurt e Burt sono i miei personaggi preferiti e che il loro rapporto è meraviglioso. Ho cercato di vedere le cose dal punto di vista di Burt e tutto sommato mi è venuto spaventosamente naturale. Spero vi piaccia questo piccolo spaccato nella vita di Burt, un ragazzo come tanti che è riuscito a diventare uomo.


  
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