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Autore: Burzin_Iluvatar    26/03/2013    4 recensioni
Quando io morii: Pazienza amico, tanto prima o poi moriamo tutti, è la vita. Ma guarda il lato positivo: domani non ti dovrai svegliare presto per andare a lavoro!
Non pensavo di morire così...
Genere: Comico, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non riesco ancora a spiegare gli avvenimenti che sconvolsero l’andamento, così monotono e noioso, della mia vita e trasformarla in una bomba ad orologeria, non trovo attimo di riposo e affondo nel mio “impiego”.
Ma qual è il mio impiego?
Un bel giorno me ne stavo tornando a casa dopo una faticosa giornata di lavoro. Facevo l’impiegato di  banca, guadagnavo bene e non mi lamentavo, era un po’ noioso ma, dettagli.
Insomma, era una calda, per non dire afosa, giornata d’estate e perciò decisi di prendermi un bel cono gelato mentre mi dirigevo a casa. In via Cavour VII c’era un gelataio molto simpatico che mi offriva sempre qualche buon gelato gratis perché amava le mie battute stupide. Non sono solo le mie battute ad essere stupide, lo sono anch’io, forse anche un po’ troppo. Mentre stavo percorrendo la strada che precedeva la Cavour, a piedi, vidi dei teppistelli che se la prendevano con i passanti.
Idioti, pensai e affrettai il passo.
Ma ahimè che brutto avvenimento avvenne subito dopo, per non dire stupido e assurdo.
Insomma, non pensavo di morire così.
Mi voltai per guardare la vittima dei teppistelli da quattro soldi e non mi accorsi della presenza del marciapiede dinanzi a me. Per mia sfortuna quella parte, proprio quella, della strada era in costruzione ed era scoperto e non protetto lo scheletro di  quello che in futuro sarebbe stato un muretto in cemento armato. Erano scoperti quei dannati cosi in metallo che servivano per dare solidità e stabilità al cemento, la sua “armatura” che per me sarebbe stata fatale.
Inciampai e caddi come un sacco di patate. La mia testa, così esile, fragile e indifesa, si andò a conficcare in uno di quei dannati cosi.
Che morte orribile, penserai. Lo è stata. Prima di cadere mi voltai per vedere ciò cui andavo incontro,  mi ritrovai conficcato uno di quei cosi di metallo nel bulbo oculare sinistro. Il mio cranio sputò sangue e il mio cervello partorì l’ultimo pensiero: Ma che è successo?
Imprecai per l’ultima volta (l’ultima volta mentre il mio sangue scorreva nelle vene).
Mi ritrovai in una nube scura, nera come il carbone, a vagare nel suo triste ed infinito vuoto, ero davvero morto. O forse era solo un brutto sogno, un incubo.
E come ci ero finito lì? Non lo so, ma nello stesso misterioso modo in cui ci sono entrato ne sono uscito.
Mi trovavo davanti al mio corpo – il mio corpo materiale si intende, ovviamente – accasciato al suolo e disteso in una strana posizione. Una mano si posò sulla mia spalla destra come per dire: << Pazienza amico, tanto prima o poi moriamo tutti, è la vita. Ma guarda il lato positivo, domani non ti dovrai svegliare presto per andare a lavoro  >>.
Ma che sta succedendo? E adesso di chi è questa mano e che vuole da me? E io che volevo vivere ancora un po’, che noia però, che brutto modo per morire! Potevo morire in modo un po’ più bello, no eh? Morire salvando un bambino da un edificio in fiamme? Salvando una donna che stava per essere investita? E così via. Ma chi sto prendendo in giro! Era meglio non morire eh, fanculo, la vita, che disgrazia però…
Mi voltai, a quel punto che avevo da fare? Tanto valeva vedere chi avevo dietro, no? Stupore, in quale altro modo si potrebbe descrivere una tale rivelazione senza un pizzico di stupore e, forse, disgusto. La mia bocca si spalancò. Per tutti gli dei nordici e per tutte le amanti di Zeus, la Morte in persona! Sbalordito, in che altro stato mi potevo trovare, tu come avresti reagito? La Morte aveva lo stesso aspetto che veniva attribuito alla peste sterminatrice  nel medioevo, cappuccio nero e mantello nero logori e probabilmente sporchi – sempre se i vestiti della morte possano essere sporchi, ma chissà –  dentro al cappuccio si intravedeva un teschio.
Dei vermi strisciavano allegramente nelle fessure delle ossa della Morte.
<< Ehilà amico, con te oggi siamo a quota 753 morti del distretto quarantasette del pianeta Terra. Se non sbaglio ti chiami… Leopardi? Ah no, Leopoldo? Hm, Lenio? Adesso non mi viene proprio alla mente il tuo nome, potresti cordialmente suggerirmelo tu? >>disse la Morte con tono soddisfatto e annoiato.
<< Leonardo Bugni… >> risposi io.
<< Ah, giusto >> rise. << Ok, passiamo a questioni più importanti >> disse lei e parve circondarsi da una momentanea serietà. Se avesse avuto la fronte probabilmente si sarebbe corrugata, ma dato che non la possiede, non so come descrivere la situazione. Serietà. Più o meno, la Morte somiglia a uno di quei comici italiani dotati di un pessimo umorismo, oserei dire nero e penso le si addica abbastanza.
<< Ora che sei morto non puoi startene lì a vagare come ti pare, dovrai lavorare, lavorare seriamente. Innanzitutto devi scegliere se fare il contatore o trasportatore; il primo si occupa di contare i morti di ogni giorno e per non fare confusione con gli altri contatori dovrai mettere un tuo simbolo come riconoscimento, i trasportatori si occupano di indicare la via ai contatori. Si lavora a coppie. La tua “anima gemella” verrà scelta appena deciderai il tuo impiego per il futuro >> esclamò solennemente e con tono menefreghista. In fondo che le cambia, a una celebrità come la Morte poi.
<< Contatore >> risposi io senza pensarci nemmeno due volte.
<< Anche tu? Quasi tutti scegliete quel mestiere… Vabbè, ti è stato assegnato il morto numero 761 di questo distretto nel giorno di oggi >>.
Si voltò e se ne andò. Poco dopo che se ne fu andata la Morte mi raggiunse il mio socio, il mio trasportatore personale. A quanto pare loro ricevono informazioni direttamente dalla Morte per sapere dove si trovano i cadaveri e poi l’anima, subito dopo che muoiono  finiscono nella nube nera e hanno la possibilità di essere rintracciati e marcati dal contatore. E così via. Si lavora per metà giornata e si va sempre solo a piedi. Non ci si stanca ma muoversi sempre correndo è davvero stressante.
Il mio collega è un’anima davvero simpatica e allegra. Si chiama Rhazad ed era indiano.
Adesso vi racconterò qualche bizzarro morto che andammo a trovare. Anzi, per non protrarre la cosa troppo a lungo meglio se ne descrivo solo uno.
Il personaggio più assurdo che abbiamo incontrato è Andrea, o meglio, illustre Signor Andrea, come lui voleva lo chiamassimo. Era un politico. Uno di quelli che sperpera i soldi dello stato e poi vuole fare tanto il furbo. Ma a lui è andata parecchio male, non male come morte assurda e strana; e vi garantisco che di morti ne ho viste davvero tanti da quando io stesso sono morto.
Il Signor Andrea, illustrissimo, egregio e chi più ne ha più ne metta, era morto in un modo molto birichino.  Aveva rigurgitato proprio quando aveva uno di quegli aggeggi erotici in bocca ed era morto per soffocamento. La prostituta che aveva noleggiato era molto porca e amava sodomizzare i suoi amichetti.
Era in una posizione bizzarra. Le chiappe, scoperte, in fuori e la faccia appiccicata al suolo con il naso piegato per il peso del corpo. Le mani erano ammanettate, dietro alla schiena, e legate al collo. Giochi erotici.
Se un artista contemporaneo decidesse di farne una scultura forse ne uscirebbe qualcosa di carino.
I modi più bizzarri per morire rallegrano le mie giornate.
   
 
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