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Autore: Axul    26/03/2013    1 recensioni
Dieci allievi maghi iniziano la loro avventura quasi per gioco: uno sconosciuto dà loro una mappa e loro decidono di seguirla perchè non hanno nulla di meglio da fare in quel momento. Si trovano intrappolati in avventure a genere: ogni capitolo rinvia a un genere letterario, dall'horror al musical.
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nyrpex e Sorix erano nel parco dell’Accademia del Fuoco, stavano parlando delle ultime avventure amorose di lui, sempre impegnato a rincorrere qualche “donzella” per i corridoi della scuola. Erano maghi, entrambi del secondo anno e la loro specializzazione era, rispettivamente, l’esplosione e la telecinesi.
Erano seduti vicini ad un albero e lui, mentre narrava, faceva scoppiare qualche ramoscello. Lo rilassava come suono, era in un certo senso piacevole.
Improvvisamente si trovarono un gatto rosso davanti. Ci misero poco a intuire che fosse Xelva e, no, lo capirono prima che si trasformasse; lei era esperta nella metamorfosi.
Nyrpex non era molto alto, aveva capelli castani spettinati, occhi scuri e grandi, un naso leggermente aquilino e due labbra che, come le definivano alcuni membri della compagnia, sembravano due canotti. Si atteggiava da spaccone, lo faceva apposta, però a volte non si rendeva conto di fumare alzando lievemente un sopracciglio, tenendo la mano a coprirgli il mento e di stendere l’altro braccio magari appoggiandolo su un fianco.
Soerix era mora, portava un paio di occhiali sottili dalla montatura argentata squadrata, gli occhi erano castani, non si truccava, non perché non ne fosse in grado, semplicemente non ne aveva voglia. Il suo colore preferito era il rosso, fortunata coincidenza che fosse destinata all’istituzione dalle divise rubino.
Xelva, invece, non usciva di casa senza avere almeno messo l’eye liner. Era ossessionata dal gotico, spesso attraversava altre fasi, come quella della musica celtica che una volta aveva ascoltato in città ad una fiera, ma il pallino per quel mondo misterioso l’accompagnava ormai da anni. Aveva i capelli rossi e si divertiva spesso a cambiarne l’aspetto giocando con i suoi poteri accanto allo specchio: uno dei vantaggi della metamorfosi.
I tre si salutarono, Nyrpex finì di raccontare per poi proporre: «Andiamo dagli altri?».
In città c’erano quattro accademie: fuoco, terra, aria e acqua. Banalmente, i quattro elementi. Loro conoscevano studenti di tutte le scuole ed erano un gruppo quasi inseparabile, che si insultava e litigava quasi ogni settimana, ma che in fondo si voleva bene. nonostante tutte le stramberie di ciascuno.
Si avviarono lungo il grande viale bianco che portava all’Accademia dell’Aria e che attraversava il centro della città: una piazza dove normalmente si svolgevano gli affari, quel giorno adibita a fiera. Nyrpex comprò qualcosa fa bere, mentre le due ragazze continuarono a camminare facendo attenzione a non scontrarsi con qualcuno. Fu all’ennesimo spintone che Xelva si trasformò in aquila e volò via annunciando che li avrebbe attesi ai cancelli.
Nyrpex fissò Sorix. «Perché non sposti tutta questa gente?»
«Hai ragione!» e utilizzò i suoi poteri per aprire la folla in due ali.
Trovarono la rossa appollaiata su una delle panchine davanti alla cinta bianca dell’Accademia dell’Aria. Percorsero qualche metro, svoltarono a destra al primo incrocio e seguirono la musica. Non in un senso poetico, letteralmente rincorsero le note arrivando ad uno spiazzo circondata da alti pini dai rami ghiacciati. Non perché fosse inverno.
La melodia che seguirono proveniva da un invisibile pianoforte davanti ad un ragazzo magro dai ricci neri spruzzati di rosso. Xest aveva la specializzazione della sinfonia: poteva suonare l’aria, di conseguenza era in grado di riprodurre qualunque strumento. Che potere inutile, si può essere portati a pensare; no, se si calcola che poteva controllare le menti degli altri semplicemente eseguendo qualche motivo.
Nyrpex fece appena in tempo a spostarsi che un lampo cadde di fronte a lui. Era una bellissima giornata di sole primaverile.
Leax sbuffò contrariato. «C’ero quasi, dannazione!»
Capelli castani ricci, occhi scuri, pizzetto e barba non propriamente curata. Esperto in elettricità ed eterno giullare della compagnia. Un pazzo che faceva ridere tutti con qualunque cosa.
Xelva toccò i pini e commentò: «Carini!».
«Grazie!» rispose una ragazza bionda seduta di fronte a Xest.
Raxas, allieva del terzo anno come Xest e Leax, lunghi capelli mossi biondi – tinti – occhi castani addolciti da dell’eye liner nero. Corporatura normale, anche se lei credeva di essere grasse, persona normalissima, anche se era convinta di essere antipatica e, di conseguenza, era di una timidezza infinita per sconosciute ragioni, e sempre e perennemente tesa. La classica ragazza da non far arrabbiare durante i disperati cinque giorni, insomma.
«Gli altri?» domandò Leax dopo aver acceso una sigaretta.
«Zaxzom e Cykrix dovrebbero finire fra cinque minuti» rispose Raxas massaggiandosi le tempie.
«Andiamo, allora!» ordinò Xest alzandosi di scatto.
Il viale che collegava l’Accademia dell’Aria con quella della Terra era un lunghissimo tappeto d’erba che si stendeva lungo una delle periferie della città, che era a forma di rombo i cui angoli erano costituiti dai quattro imponenti castelli delle scuole di magia.
L’Accademia della Terra era un fortino massiccio dalla pianta tonda, completamente immerso nella vegetazione, che a stento si vedeva. Loro aspettarono fuori dal cancello nero, sapendo che era impossibile orientarsi lì dentro se non si aveva un legame particolare con la natura. Xest si sedette per dormire e tutti non poterono che scoppiare a ridere notando un’edera allungarsi fra le sbarre e fargli il solletico al naso infastidendo il suo sonno. Due piccole scimmie completamente verdi, poi, si lanciarono su Leax scaraventandolo a terra.
Due individui comparvero dal verde: uno era alto, l’altro era basso.
Cykrix era del primo anno, come Xelva, e aveva il potere della vita: poteva animare qualunque cosa. avendo però appena iniziato, ancora non sapeva bene in che cosa consistesse quella magia. Era biondo, con un perfetto ciuffo che non era mai mosso dal vento, gli occhi verdi e aveva il fisico più atletico di tutta la compagnia: faceva tanto, ma davvero tanto, sport.
Zaxzom, al contrario, si lasciava affascinare dal mondo della perdizione gastronomica. Esperto mago dell’evocazione: dalla terra poteva creare e plasmare qualunque cosa volesse, persino creature mitologiche se le aveva bene in mente. Era al secondo anno perché aveva deciso di cambiare indirizzo di specializzazione, non gli interessavano i terremoti, dopotutto. Corti capelli castani, occhi verdi puntellati d’oro e barba trasandata.
«Ehilà, come va?» domandò Zaxzom iniziando a salutare tutti.
«Mi annoio! Quando finiscono Axul e Xarf oggi?» chiese Xelva rivolgendosi a tutti.
Sorix rifletté qualche istante, prese poi un libricino nero su cui annotava ogni cosa e sfogliò velocemente alcune pagine. «Ehi, dovrebbero finire fra poco!»
Ripresero la marcia. Per andare all’Accademia dell’Acqua dovevano percorrere il lungo viale azzurrino che passava per il centro della città. In una ventina di minuti arrivarono di fronte allo slanciato castello bianco a base quadrata dalle torri rotonde con le guglie azzurre. Tutto intorno infinite ed enormi fontane che giocavano continuamente lanciandosi zampilli cristallini.
Axul e Xarf erano seduti su una delle vasche a discutere vivacemente.
«Dai, non è possibile che non mi venga!» sbottò Axul per poi notare la presenza degli altri e scrivere qualcosa sulla superficie marina. Due enormi delfini andarono verso di loro, danzarono e si dissolsero poi nell’etere.
«Finalmente!» esultò abbracciando Xarf.
Il suo potere era la parola: se scriveva una cosa su una qualunque superficie bagnata, quella frase si materializzava eseguendo il suo volere. Era bassa, aveva i capelli castani e gli occhi scuri, molto più di quelli di tutti gli altri. Era caratterizzata da una pungente ironia che aveva colpito tutti loro e che a volte odiavano per le venature sarcastiche e canzonatorie. Sua madre le diceva sempre che era acida; lei sorrideva e rispondeva che la gente se lo meritava.
Xarf non presentò loro il suo potere come tutti gli altri, avrebbe potuto bloccarli tutti o far muovere più velocemente le cose intorno a loro, ma non gli andava, preferiva avere news sulle avventure di Nyrpex direttamente da Sorix. Lui controllava il fluire del tempo. Era moro, con gli occhi azzurri, indossava degli occhiali dalla spessa montatura nera stile Superman, ed era una specie di pettegola fissata con il mondo orientale.
«Ok, che facciamo?» domandò Leax guardando il cielo: stava per iniziare il tramonto e loro dovevano ritornare nel dormitorio.
Le accademie erano istituzioni antiche, di conseguenza seguivano ancora leggi arcaiche: tutti gli studenti dovevano rientrare entro il tramonto nel dormitorio e solo tre volte al mese potevano uscire la sera. Inutile dire che loro andavano spesso contro quel divieto per concedersi qualche ora di svago nella Via del Riso, che si trovava poco distante dalla Piazza degli Affari. Uno dei vantaggi di essere un mago era che i soldi erano praticamente ovunque in quegli edifici: bastava chiedere a Leax, Raxas o Xest di diventare invisibili, grazie ai poteri dell’Aria, e loro potevano muoversi liberamente fra i corridoi, entrare nelle stanze dove ormai sapevano di trovare delle monete e assicurare così da bere per tutti.
Il dormitorio era una sorta di villa principesca a due piani dalla facciata ricordante un tempio che si estendeva nelle due ali: una contenente le stanze dei ragazzi e l’altra quelle delle ragazze. Ovviamente un’altra stupida legge voleva che una persona del sesso opposto non potesse andare nell’altra ala, ma quasi tutti andavano contro quel divieto. E loro erano fra quelli da quando erano arrivati lì.
«Andiamo nel locale dove suonano? Oggi c’era qualcosa, mi sembra…» mormorò Axul mordendosi il labbro inferiore.
«“La caverna della notte”?» tentò di ricordare Nyrpex.
«Dal nome credo che sia più un posto a luci rosse» replicò Xarf perplesso.
Axul si guardò intorno. «Ma Xest?»
Tutti gli altri si fissarono sconvolti.
«Quel pirla è rimasto all’Accademia della Terra a dormire!» sbottò Leax per poi incamminarsi nuovamente verso il viale azzurrino.
«Vabbè, ci vado io! Mi trasformo e via!» affermò Xelva per poi tornare a focalizzare l’attenzione sugli altri «Axul, ti ricordi dov’era?».
«Sì! Su Via del Riso all’incrocio con Via del Fumo!»
«“La stamberga”!» urlò Raxas per poi esultare per essersi ricordata il nome.
«Ok, ci troviamo alla solita ora, se ci sono imprevisti avvisate» affermò Zaxzom con risoluzione avviandosi verso il dormitorio.
 
Alla mensa furono costretti a sorbirsi l’ennesima brodaglia tiepida e mal fatta. Leax la divorò, non gli importava del sapore, stava letteralmente morendo di fame; Raxas, nonostante il suo stomaco stesse brontolando da più di due ore, preferì non mangiarla accontentandosi del ciocco di pane raffermo; Axul e Xest, invece, passarono il tempo scartando i pezzi verdi galleggianti.
Zaxzom commentò: «Beh, stasera mangiamo anche, va».
«E dove vuole mangiare, signor Zaxzom?» domandò una voce imperiosa dietro di lui.
Tutti gli altri alzarono gli occhi al cielo: Madame Duval, la direttrice dell’Accademia del Fuoco, nonché la più antipatica persona in tutta la città.
«Qui, ovviamente» rispose Zaxzom tornando a concentrarsi sulla zuppa.
La donna alzò arcigna un dito ossuto e cominciò a blaterale qualcosa sulle regole e sul senso del dovere; fu interrotta dall’arrivo del basso e buffo rettore dell’Accademia della Terra, Mr. Fix, il più comprensivo di tutti. Si vestiva come un folletto e arrivava a malapena alla vita di Madame Duval.
«Madame, faccia godere il pasto ai miei studenti.»
La donna, inviperita, se ne andò facendo strisciare la lunga gonna rossa.
«Ragazzi, vi conviene stare nelle vostre stanza per oggi» sussurrò Mr. Fix per tornare verso il tavolo degli insegnanti saltellando.
«Che cavolo, devo mangiare ‘sta roba!» sbottò Raxas fissando in cagnesco Zaxzom.
Cykrix sbuffò. «Vabbè, ragazzi, io vado a fare il bis.»
Sorix lo fissò sconvolta mentre andava. Il problema non era il fatto che mangiasse un piatto in più di quella cosa, ma che fosse già al quinto!
Xarf addentò il pezzo di pane e ci mise svariati secondi per staccarne una briciola. «Potrebbero non darci cose di quattro mesi fa, però!»
 
Leax bussò alla porta della camera di Nyrpex ed entrò nella sua stanza con aria annoiata. «Cosa facciamo? Non riesco a dormire!»
Il riccio occupò interamente il letto dell’amico, mentre l’altro si vide costretto ad appoggiarsi ad una sedia. «Boh, andiamo dagli altri?»
Fu cos’ che i due si ritrovarono a salire e scendere un’infinità di scale per radunare Cykrix, Zaxzom, Xarf e Xest; arrivati davanti alla porta di quest’ultimo si accorsero che non c’era- andarono nella sala comune, occupata da qualche mago intento a provare qualche incantesimo per gli esami che si stavano avvicinando.
«Dov’è?» domandò Xarf perplesso per poi sedersi su una poltrona rossa.
«Starà dormendo» ipotizzò Cykrix cercando del cibo.
Era consuetudine degli studenti andare in città durante il giorno, comprare qualcosa e nasconderlo in vari buchi nelle pareti coperti da quadri in modo che tutti potessero nutrirsi realmente senza dover per forza andare in contro alle regole.
Leax alzò gli occhi al cielo. «Sono le nove, non è possibile!»
«Vabbè, gli lascio un biglietto sotto la porta per dirgli che siamo qui» affermò Nyrpex uscendo dalla sala.
 
Sorix andò in camera di Raxas per raccontarle gli ultimi pettegolezzi su Nyrpex e per sapere se aveva qualche news sugli altri.
Loro due e Axul facevano parte del gruppo conosciuto come “Le tre comari” e, sì, il motivo del nome era la loro passione per il gossip.
Verso le dieci batté alla porta Xelva, lacerata dalla noia. Mancava Axul all’appello, così decisero di andarla a recuperare. Bussarono e, senza neanche aspettare, aprirono. Una cascata d’acqua si riversò su di loro.
Videro Axul scattare, afferrarle e trascinarle dentro con poca grazie prima di richiudere la camera. Trovarono Xest seduto sul letto.
«Ehi! Come va?» domandò lui con finto interesse.
«Che ci fai qui?» replicò Raxas ancora sconvolta per la doccia ghiacciata.
Sorix e Xelva usarono i loro poteri per asciugarle.
«Mi annoiavo e dovevo farle sentire una canzone!»
«E l’acqua?» chiese Sorix accomodandosi su uno dei cuscini a terra.
Axul offrì loro dei dolci che aveva preso al mercato. «Per non far passare il suono.»
Annuirono comprensive.
 
A lezione Leax chiese a Xest che cos’avesse fatto la sera precedente, ma, senza neanche dare il tempo all’altro di rispondere, Raxas s’intromise nella conversazione affermando con risoluzione: «Stasera usciamo!».
  
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