Note dell'autore:
1. Anche questa storia non è particolarmente attuale, è passato qualche anno da quando è stata scritta. Non sono l'unica autrice della storia, approfitto per ringraziare Lupa e Ldb, anche se probabilmente non leggeranno mai :D
2. Ancora sta storia del maschilismo, ma che sei fissata?? Eh, mi spiace, ma il contesto non poteva essere che questo! Chiedo scusa ai maschietti.
27 Marzo 1458
Lei
era il Capitano della
polizia locale.
Sì. Una donna.
Arrivata dov'era perché
il vezzo femminile delle unghie lunghe non era solo un segno di
femminilità, ma
talvolta anche utili per farsi strada nella società,
piantandole negli ostacoli per non cadere.
Li sentiva, alle spalle, i
mugugnii degli uomini convinti che non fosse all'altezza, e delle
donne,
convinte che fosse un ruolo poco adatto ad una ragazza e per una
moglie. Era compito dell'uomo portare la pagnotta, chi ci pensava poi
alla casa, alla servitù, ai figli?
Conosceva a memoria questa litania, perché l'aveva sentita
da più di una bocca. La
prima era quella di sua madre.
Tuttavia, seppur qualche volta si era lasciata infastidire da
quegli interminabili ronzii, col tempo aveva imparato a lasciarli
dov'erano:
alle spalle.
Era lì e finché portava a
termine il suo lavoro nel modo corretto, lì sarebbe rimasta. Non c'era una legge effettiva che glielo
impedisse, e dell'opinione pubblica non sapeva che farsene.
Essere donna ed essere
Capitano erano due realtà che facevano parte di Elena. Due
realtà ben distinte,
che convivevano, e non si escludevano a vicenda. Capitano e moglie.
A volte un po' più l'uno
che l'altra, doveva ammetterlo... ma Francesco era un uomo paziente.
Conosceva le sue
responsabilità e rispettava i suoi desideri di carriera.
Aveva dovuto fare
tanta gavetta per arrivare dov'era, partendo da giovane recluta a soli
dodici
anni, con estenuanti turni di guardia notturni, completamente gratuiti.
Si conoscevano dai tempi dei giochi e delle battaglie con le spade di
legno. Lo aveva sempre battuto, già da allora. Infatti, lui
aveva scelto la carriera politica, molto più adatta. In
sostanza, Francesco aveva sempre saputo ciò a cui sarebbe
andato
incontro scegliendola come moglie.
"Ah,
Capitano... se ci fossero più donne come voi..."
commentò allegro il
Maresciallo, mentre prendeva la pergamena con sopra annotati i turni di
difesa per i
successivi due mesi che Elena stava organizzando da cinque interi
giorni, comprese
quattro notti insonni alla tenue luce della candela che avevano minato
crudelmente al suo senso della vista.
Ci sarebbero, se non
le soffocaste sotto il pugno... pensò Elena, ma
si morse la lingua.
Sorrise
fingendo di accettare il commento come un complimento. D'altra parte,
conosceva
il Maresciallo e non era un uomo cattivo. Per cui, sebbene di
discutibile gusto, era da considerarsi pur sempre un commento in
buona fede.
La mentalità di un'epoca
è difficile da cambiare. Elena non aspirava a farlo, ma non
sopportava di dover
trascorrere le giornate a bere il tisane o a filare la lana solo
perché le
mancava una parte anatomica.
"Badate
solo che vengano rispettati. Voglio essere avvisata di qualsiasi
problema o
trasgressione". Sapeva che non tutti i soldati apprezzavano di
essere bacchettati da una donna, quando una volta tornati a casa erano
loro a
comandare, ma anche costoro non osavano mancare di rispetto al
distintivo, alla
divisa, e all'Istituzione.
Il Maresciallo scattò
sull'attenti con il consueto saluto militare, sempre ligio
all'etichetta. Elena rispose con un cenno, permettendogli
di girare i tacchi ed uscire. Soprattutto di lasciarla sola.
Appena la porta del suo
ufficio si richiuse, Elena si lasciò cadere sulla sedia in
modo molto meno
scomposto di quanto si addicesse ad un militare, o ad una donna.
Ma nessuno avrebbe
giudicato. Era sola. Finalmente sola.
Decise di essersi meritata il diritto di godersi almeno mezzora di pace
dopo l'ultima fatica portata a termine.
Sospirò, gettando via la
stanchezza dai polmoni, mentre rigirava senza accorgersene la fede
attorno
all'anulare.
In effetti, stava pensando proprio a Francesco e al poco tempo che
aveva passato a casa in quel periodo. Quella sera sarebbe stata
praticamente la
prima che avrebbe potuto trascorrere nel suo letto, dopo le quattro
vissute
allo scrittoio, eterne come mai era capitato nella sua vita. Sentiva
proprio il bisogno di tornare
ad un po' di coniugale normalità, ed era sicura di non
sbagliare pensando che
fosse lo stesso desiderio di Francesco.
Ancora un po' di pazienza e sarebbe
tornata a casa...
A volte anche il vestito Capitano gli stava troppo stretto. Elena non
era
un muro di mattoni e faticava a mantenersi tale, per quanto fosse
necessario per la
sopravvivere in mezzo ad un mucchio di uomini. Solo fuori dalla Caserma
poteva
abbatterlo, e ormai aveva superato il numero di ore che la sua anima
potesse sopportare.
Si tolse la fede e lesse
l'incisione: canaglia.
Poco romantico agli occhi dei profani, ma con un grande
significato per loro. Era il soprannome con cui Francesco usava
apostrofarla
quando erano piccoli.
E aveva ragione... canaglia era e canaglia sarebbe rimasta.
"Capitano...".
Elena alzò in fretta lo
sguardo scuro, cadendo dalle nuvole dei suoi mille pensieri. Ecco
riedificarsi dal nulla il muro di mattoni, più imponente che
mai.
Era il Maresciallo. Molto
meno ilare di poco prima... pallido e sudato, come chi è
scampato per un soffio
ad una disgrazia.
Elena si alzò di scatto dalla
sedia.
"Si usa
bussare dalle mie parti, Maresciallo. E il vostro grado non vi esenta
dall'educazione" rimproverò, con la durezza più
adatta al suo ufficio.
Il Maresciallo abbassò lo
sguardo mortificato, tuttavia era impossibile notare che ci fosse
qualcosa che non andava nel suo atteggiamento.
"Mi
rincresce, Capitano... ma..." balbettava trafelato, doveva essere
giunto di corsa. "...c'è... c'è una cosa che
dovete
ass...
assolutamente vedere...".
Solo allora
Elena lasciò da parte la recita di donna di ghiaccio per
guardarlo accigliata e
perplessa.
Il Maresciallo le fece
segno di seguirlo. Andò con lui.
L'aria mattutina era
ancora fresca, ma il sole lentamente si alzava in cielo, pronta a
riscaldarla.
La vita in città era ancora abbastanza tranquilla, e solo
poche botteghe
avevano già aperto. Il panettiere, lui già
sbadigliava di stanchezza.
Elena seguì in silenzio
il Maresciallo, chiedendosi cosa fosse accaduto di tanto grave da
scuotere un
omone del genere, solitamente logorroico fino alle ossa, per lasciarlo
senza
parole.
Non camminarono molto, non giunsero neanche fino alla piazza.
Elena capì dove la stava
conducendo ancor prima di arrivare, quando scorse da lontano una folla
ammucchiata in uno stretto vicolo, e qualche guardia che tentava di
mantenerla
lontana. Alcuni parevano nelle stesse condizioni emotive del
Maresciallo,
pallidi come lenzuola.
La videro e si
illuminarono.
"Lasciate passare il
Capitano!" esclamarono alla folla spingendola indietro con la forza per
fare in modo di
aprirle un varco. La folla agitata e crepitante come un nugolo di vespe
dovette
obbedire, e tacque all'improvviso all'unisono quasi fosse un unico
individuo,
quando Elena diede uno sguardo a ciò che finora le era stato
impossibile
vedere.
Era stata la guerra
vissuta tempo prima a temprarla di fronte alla morte, anche a quella
cruenta,
lenta e sofferente. Tuttavia, lo spettacolo fu senz'altro
impressionante anche
ai suoi occhi addestrati, fino a chiedersi come avesse fatto tutta
quella gente a guardare
senza svenire.
Il corpo di un uomo. Dire
che fosse stato barbaramente assassinato era voler alleggerire la
realtà.
Completamente nudo. Una
coltellata in pieno ventre era stata di certo il colpo fatale, ma non
fulminante. Ciò significava che la vittima aveva vissuto una
morte lenta, lunga
e chissà con quali sofferenze.
Non finiva lì... Il viso era sfregiato da un
lungo taglio che partiva dal sopracciglio sinistro fino all'angolo
destro del
mento, ed era stato brutalmente e malamente castrato.
Negli occhi spettrali si
leggevano paura e dolore, impressi nel vetro della morte.
Quando la nausea fece
capolino, Elena decise che poteva bastare, e distolse lo sguardo.
Si voltò verso il
Maresciallo, che evitava accuratamente di spendere ulteriori sguardi
verso quel
disastro.
"Chi
era?" gli chiese. Si accorse di avere un filo di voce, e provvide
immediatamente a schiarirsela.
"Non lo
sappiamo, Capitano" rispose, da bianco si era colorato di un'inusuale
ma comprensibile sfumatura di verde.
Elena era consapevole di quanto fosse necessaria
la fermezza del Capitano davanti agli occhi dei suoi uomini. Doveva
essere pronta, faceva parte del mestiere.
Avevano bisogno di ordini.
"Bene.
Rimuovetelo da qui, e fatelo portare all'obitorio, in modo che qualcuno
possa
riconoscerlo. Informatevi quanto possibile e fatemi avere un foglio di
appunti
dettagliato. Dobbiamo capire chi è stato capace di compiere
questo
scempio" non che un promemoria fosse tanto necessario, avrebbe tenuto
quell'immagine impressa nella sua mente e nei suoi incubi peggiori
probabilmente per sempre. "E poi andate a vomitare dove
potrete conservare la vostra
dignità" disse infine, vedendolo più verde che
mai.
"Grazie,
Capitano"
Elena alzò lo sguardo
dalla pergamena che stava leggendo verso suo marito, fermo sulla soglia
della
camera da letto.
Rivolse un debole sorriso
all'uomo che era riuscito a cambiare così poco da quando
erano ragazzini ad
oggi.
Non aveva la forza di dire niente. Ritornò a guardare la
pergamena,
ripetendo mentalmente le parole che vi erano scritte che ormai
conosceva a memoria. Le
stava rileggendo da un'ora buona, seduta sul letto della loro stanza,
alla
ricerca di un nesso, di una logica, di un indizio.
"E
no... abbiamo detto che non ti saresti mai portata il lavoro in
camera..." protestò Francesco, la raggiunse e le tolse di
forza
la pergamena dalla mano. La sbatté sullo scrittoio sotto la
finestra, senza
neanche guardarla.
Ad essere sincera, quel gesto fu piuttosto liberatorio anche per Elena
stessa. Gliene era grata.
"Hai
ragione, scusami..." mormorò lasciandosi cadere sul
materasso
senza neanche tentare di opporsi.
Era stanca. E ciò che
aveva visto quella mattina era stato un colpo di grazia che ancora non
era
riuscita a superare.
In guerra quella
violenza la devi mettere in conto... ma per strada, tutta quella furia
apparentemente non giustificata... Neanche un animale era capace di
tanto.
E poi l'ultima cosa che
voleva era far pesare maggiormente la sua vita su Francesco. Sapeva che
essere
il marito di un Capitano donna non era per nulla facile. Fuori era
costretto a
sopportare... ma almeno in casa, era giusto che Elena recuperasse il
ruolo che in quel periodo
aveva accantonato.
"Che
cos'hai? Ti vedo turbata..." disse Francesco preoccupato, sdraiandosi
accanto a lei. Doveva essere una sorpresa per lui vedere una canaglia
così poco
combattiva.
Elena gli sorrise mentre si
avvicinava. A dire il vero, ora che il muro di mattoni non le era
più necessario, sentiva il bisogno di parlarne con qualcuno,
e
lui era di certo la sua prima scelta.
Gli raccontò che
cosa era successo, che cosa aveva visto, mentre lui ascoltava in
silenzio mentre le
accarezzava distrattamente i capelli castani.
"È terribile! Chi può aver fatto una cosa del
genere?" era abbastanza
turbato anche lui, ma mai poteva esserlo come chi aveva visto tutto dal
vivo.
"Quando
trovi una risposta, ricordati di avvertirmi" gli disse con un
sorriso. Poi sospirò stancamente e tornò seria
"Nel frattempo
aumenterò le ronde notturne per la città. Non
è più sicuro girare di notte, a
quanto pare...".
"Immagino
starai chiusa in quell'ufficio per almeno un mese..." fu il commento
di Francesco, amaro quanto bastava per essere distinguibile.
Elena ebbe la conferma di tutti i pensieri che aveva fatto durante
quelle notti
trascorse lontano da lui.
"Non ci
penso neanche" rispose, recuperando dalla sua riserva personale la
caratteristica caparbietà. "Lo so, non sono stata la moglie
che
avrei voluto in questo periodo e mi dispiace tantissimo... ma non
intendo
sacrificarmi oltre ed abusare ancora della tua pazienza. Essere tua
moglie è
molto più importante che essere il Capitano, lo
terrò e lo farò
presente" lo guardò fisso negli occhi mentre parlava.
Era proprio quello
sguardo tipico di Francesco a non essere cambiato nell'arco di anni.
Sempre lo stesso di chi è
stato colto con le mani nel barattolo della
marmellata. Appariva anche più pallido
del solito, doveva essere stanco anche lui. Sapeva di
essere più o meno dello stesso colore.
"Non...
non devi rimproverarti... io... capisco quanto sia importante il dovere
per te,
e lo condivido, lo sai..." mormorò, ma Elena non lo
lasciò finire.
"Lo so,
ma non voglio che tu sia costretto a sopportare oltre... Mi
farò
perdonare" lo abbracciò affondando la testa sulla sua
spalla. Non
poté così notare gli occhi rossi del marito.
Francesco la strinse e le
baciò la testa.
"Ti amo
tanto, Elena..."