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Autore: iam_theinsecure    27/03/2013    2 recensioni
" Ho passato questi ultimi 3 anni a fissare la mia vita non muoversi nemmeno di un millimetro, a vederla rimanere immobile e diventare noiosa. Sono come un giocattolo rotto dimenticato dal proprio bambino.
Sospesa.
Quella parola mi era passata per la testa per un'intera settimana.
La mia vita. Era. Sospesa.
Sospesa ad un filo che non si sarebbe mai spezzato, ad un filo che non è mosso dal vento, ad un filo immobile, che non si muove.
Non sono triste. Non sono nemmeno felice se è per questo.
Solo... sospesa. "
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jay McGuiness
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- The smell of the spring -


Ed erano davvero ancora lì, quando aprii la porta.
 
Le pareti, toccate solo dalla polvere, erano ancora di quell’impenetrabile nero che dipinsi tanto tempo prima.
 
All’appartamento di Geneeve ci avevo pensato spesso.
 
A volte ero talmente tanto attirata dall’idea di tornare finalmente a vivere in quella stanza che, chiudendo gli occhi, riuscivo ad immaginarmi camminare per strada verso casa mia, aprire magicamente il portone, salire le scale, trovarmi di nuovo di fronte alla porta rosa e tornare nel buio della mia stanza, affondando i piedi nudi nel morbido tappeto blu scuro di fianco al mio letto.
 
 
<< Violet… sei davvero tu? >>
 
 
<< Kay… >>
 
 
Con movimenti veloci si stava strofinando l’occhio sinistro: lo faceva sempre, ogni volta che la mattina, dopo essersi appena svegliato, scendeva in cucina per fare colazione.
 
Non ci avevo mai veramente fatto caso, prima, quando ancora vivevo fra quelle stesse quattro mura.
 
Poi, però, quando la mattina mi svegliavo nell’appartamento di Geneeve, stesa in quel letto che non riuscivo a sentire veramente mio, chiudevo gli occhi, fingendo di stare ancora dormendo, e ripercorrevo con l’immaginazione tutte quelle abitudini che avevamo io e mio fratello.
 
Rivivevo giornate che sapevo essere ormai lontane dalla realtà presente.
 
Rivivevo giornate mie, ma che in fondo non erano più mie già da un po’.
 
 
Lo abbracciai, affondando il naso nei suoi capelli biondi.
 
Aveva preso quel colore biondo cenere dalla madre di nostra madre: ne ero sempre stata così invidiosa.
 
 
<< Mi sei mancata così tanto >>
 
 
Quelle parole mi riempirono di così tanta tristezza mista a felicità che non riuscii a non scoppiare a piangere.
 
Sono venuta per salvare anche te- pensai finalmente.
 
 
<< La mamma se n’è andata e papà anche, Kay… mi hanno chiesto di venirti a prendere: verrai a vivere con me. Ti va, sì? >> gli chiesi, prendendogli il viso fra le mani.
 
 
I suoi occhi si rattristarono nel sapere quell’ennesima brutta notizia, anche se in fondo sapevamo entrambi che prima o poi, inevitabilmente, sarebbe accaduto tutto questo.
 
<< Ehi Kay… andrà tutto bene, te lo prometto, ma ora devi farmi vedere cosa ti va di portare delle tue cose, il resto lo verrò a prendere nei prossimi giorni… >>
 
E prendendomi per mano mi accompagnò al suo comodino, aprì il secondo tiretto e prese l’apparecchio per l’asma e tutto il resto delle sue medicine.
 
Ricordavo ancora che le teneva lì, ma lui non poteva immaginarlo.
 
 
-
 
 
<< Ehi Violet… c-che succede? >> balbettò.
 
<< Niente… come mai sei così allarmato? >>
 
<< Non lo so… cattivo presentimento. È che sono meteoropatico e le giornate brutte mi fanno questo effetto >>
 
 
È meteoropatico… che cosa dannatamente carina- pensai, sorridendo all’aria come una cretina, mentre mio fratello guardava la tv in salotto, bevendo thé e mangiando biscotti.
 
 
<< Potresti venire a casa mia? Devo presentarti una persona che vivrà con me per ancora parecchio tempo >>
 
<< Chi? >>
 
<< È una sorpresa, naturalmente… >>
 
<< Okey… dieci minuti e sono a casa tua. Ah, usciamo fuori a cena? Tutti e tre intendo >>
 
 
Perché c’era qualcosa che mi diceva che Jay sapeva si trattasse di Kay?
 
 
<< Ma certo… ma ti avviso… ha già mangiato parecchio. Per tutto il pomeriggio >>
 
 
Stavo per aggiungere “ con thé e biscotti ” a quel “ ha mangiato parecchio ” e se lo avessi fatto avrebbe sicuramente capito che parlavo di Kay.
 
Scampata per un soffio.
 
 
 
-
 
 
Quindici minuti di orologio e il campanello suonò.
 
Dallo spioncino del portone intravidi uno spettinato e sgualcito Jay, che sembrava aver fatto tutta la strada a piedi, piuttosto che in macchina.
 
 
<< Presto, Kay… vatti a nascondere di là in camera per favore… ti vengo a chiamare io. Ah! Mi raccomando, educato e gentile come sempre >>
 
 
Gli stampai un bacio sulla fronte e lo spinsi con piccoli colpetti al sedere, per fargli segno di muoversi.
 
Mi guardai intorno, controllando che non ci fossero segni di Kay in giro per il salotto, mi aggiustai la maglietta, tirai su i jeans che puntualmente scivolavano sempre più in basso, anche con l’assistenza della cintura e mi decisi ad aprire.
 
 
<< Ciao, Jay… wao! Ma sei appena tornato dalla maratona di New York o fuori fa davvero tanto caldo per essere febbraio? >>
 
 
Lo aggredii con quella miriade di parole.
 
Questa volta me ne resi conto, ma le altre? Lo facevo davvero così spesso?
 
Dovevo essere veramente petulante, dannazione.
 
 
<< C-ciao. Emh… no è che ero dall’altra parte della città con degli amici e non avendo la macchina ho dovuto prendere autobus su autobus >>
 
 
Che carino…
 
 
<< Scemo, potevi benissimo dirmi che non riuscivi a venire subito, non ci sarebbe stato alcun problema… >>
 
 
Era allarmato e continuava a sudare.
 
Sembrava come essere appena entrato in una gabbia insieme ad un leone: nei suoi occhi si leggeva paura e tensione.
 
Continuava ad agitare le mani sul viso per farsi aria, ma la situazione sembrava non poter migliorare.
 
 
<< Jay, siediti. Sei paonazzo, accidenti. Togliti la maglietta e stenditi sul divano. Io cerco qualcosa di fresco da darti da bere >>
 
 
Si diresse verso il divano mentre io, nascosta dietro lo sportello del frigorifero, tentavo in tutti i modi di non sbirciare.
 
Presi una lattina di aranciata fresca, convinta di averlo sentito dire, almeno una volta, che era una delle sue bevande preferite e richiusi lo sportello del frigo.
 
 
Dannazione al mio tempismo.
 
 
Proprio nel momento in cui richiusi lo sportello lo vidi di schiena sollevarsi la maglietta e rimanere a torso nudo.
 
Rimasi immobile cercando di non fare rumore: agitato com’era sicuramente non si sarebbe accorto mai che lo stavo fissando in piedi in cucina da ormai più di trenta secondi.
 
 
Appoggiata la maglietta al divano, si rese conto di essersi tolto anche la canottiera ormai tutta sudata.
 
Stava quasi per rimetterla addosso quando lo interruppi bruscamente.
 
 
<< Non vorrai rimetterti una canottiera tutta sudata, spero… >>
 
 
Che diamine, Violet!
 
Sei proprio antisgamo. Si capisce poco che stai facendo di tutto per farlo restare a torso nudo.
 
 
Non era affatto come la piccola arrogante vocina nella mia testa stava dicendo.
 
La zittii e gli porsi la lattina di aranciata, osservando con minuziosa attenzione ogni movimento che il suo corpo faceva per sedersi sul mio divano.
 
 
<< Aranciata… la mia bevanda preferita, grazie >>
 
 
Non era una frase sarcastica, stava davvero ringraziando di cuore.
 
 
<< Prego… Jay, c’è qualcosa che non va? Mi sei sembrato teso e impaurito poco fa’… >>
 
<< Impaurito? E da cosa? Hai sicuramente capito male… >>
 
 
Quelle ultime parole mi ferirono.
 
Non che io sia una persona permalosa, ma una cosa era certa: nessuno ha una crisi del genere senza essere seriamente preoccupato per qualcosa.
 
 
Non credevo alle sue parole.
 
Sarà anche venuto cambiando decine di tram e autobus, ma era impossibile avere una reazione del genere quando fuori c’erano a mala pena dieci gradi.
 
 
C’era qualcosa che non andava.
 
Qualcosa che Jay mi stava nascondendo.
 
O ero io che facevo davvero la paranoica…
 
 
<< Grazie, Violet. Adesso sto molto meglio. Beh… chi mi devi presentare? >>
 
<< Ah, si! Giusto… torno subito. Anzi… >>
 
 
Presi velocemente uno strofinaccio pulito dal cassetto della cucina e glielo legai intorno alla testa, all’altezza degli occhi.
 
 
<< Ci vedi? >> chiesi.
 
<< Ovvio che no, Violet. Hai stretto da morire! >> si lamentò cercando inutilmente di far passare le sue dita sotto lo strofinaccio, per allentarne la presa.
 
<< Meglio così… non TO-GLIER-TE-LA, chiaro? >>
 
<< Si, signor capitan… capitana? >>
 
<< Sssh… >>
 
 
Gli feci segno di stare immobile, anche se sapevo benissimo che non poteva vedermi.
 
Per sicurezza cominciai a fare balletti strani, a pochi metri di differenza dal suo viso.
 
Se riusciva a vedermi come minimo sarebbe scoppiato a ridere, ma no.
 
Immobile, cercava di stare attento ad ogni rumore.
 
 
<< Violet… ti stai muovendo per caso? Sento l’aria muoversi >>
 
<< No… niente. Stavo vedendo se non ci vedevi davvero >> risi imbarazzatissima.
 
 
Una volta arrivata in camera mia, trovai Kay seduto sul letto, preoccupato e un po’ spaventato.
 
 
<< Ehy, Kay… tesoro, che è quella faccia? Non devi preoccuparti di chi c’è di là… è un mio caro amico, okey? È l’unico amico che ho, in realtà. L’unico che mi ha davvero aiutata a stare bene anche senza di te, mamma e papà >>
 
<< Okey… ma… mi vergogno >>
 
<< Cucciolo… >> e gli spettinai i capelli con la mano destra.
 
 
Mi prese per mano e la strinse, cercando protezione.
 
Mi mancava quel gesto. Mi mancava tenerlo per mano.
 
 
Presi Kay per le spalle e lo posizionai esattamente di fronte a Jay che, bendato, voltava la testa a destra e sinistra pronto a qualsiasi rumore.
 
Io mi posizionai dietro le spalle di Jay facendo segno a Kay di non muoversi.
 
 
<< Boo! >> e gli diedi una piccola spintarella all’altezza dei fianchi.
 
 
Lo spaventai.
 
 
<< Violet! Mio Dio! Vuoi farmi prendere un infarto? >>
 
 
Scoppiai a ridere e istintivamente lo abbracciai, baciandogli la testa.
 
 
<< Pronto? >> dissi, mettendo le dita sul nodo che gli avevo fatto dietro la testa.
 
Aspettai un suo cenno e poi sciolsi il nodo, tirando a me da un lembo lo strofinaccio.
 
 
 
<< Soooorpreesa!! >>
 
 
Solo la mia voce a rompere un silenzio imbarazzante.
 
Jay e Kay non fecero altro che fissarsi per sessanta miseri secondi, che a me sembrarono durare un’eternità.
 
 
<< Beh? Dite qualcosa, diamine. Kay…? >>
 
 
Aspettavo ansiosa una qualsiasi espressione di sorpresa sul volto di Jay.
 
Stavo per dare di matto quando mio fratello si decise a porgere la propria mano destra, come è buona educazione fare quando due persone si conoscono per la prima volta.
 
 
Meno male…- pensai sollevata.
 
 
<< Io mi chiamo Kay… Kay Stonem e tu? >> disse innocentemente mio fratello, lasciando il braccio teso e la mano sospesa per aria, a pochi centimetri dal viso di Jay.
 
<< Piacere di conoscerti Kay. Io mi chiamo Jay e sono un caro amico di tua sorella >>
 
 
Finalmente si decise a stringergli la mano.
 
 
Non posso credere che davvero tutto questo stia succedendo a me.
 
Per due anni non ho saputo cosa farmene della mia vita ed ora eccomi qui, pronta ad ottenere la custodia legale di mio fratello e ad aprirmi.
 
 
Sapevo benissimo che era ancora febbraio, ma per me, nell’aria, c’era già profumo di primavera.


-


* spazio dell'autrice *

Periodaccio. Ho passato e sto passando un periodaccio, ma non voglio scaricare sempre la colpa sugli altri: è colpa mia, potrei pubblicare più spesso se non fossi così noiosa e pigra.
Perdonatemi.

Ho scritto questo capitolo mettendoci tutta me stessa, così come ho fatto con gli altri.
Ringrazio di cuore tutti quelli che recensiscono la mia storia, ma sopratutto devo chiedere umilmente scusa a tutti coloro che a fine recensione, giustamente, mi chiedono di leggere qualcosa scritto da loro: sono una stronza, mi dispiace, ma proprio ultimamente non mi va di fare nulla ( sarà che sono a un passo dalla depressione, vabbè ).

Ciao a tutti.

- Annalisa.

 

  
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