Anime & Manga > Inazuma Eleven
Ricorda la storia  |      
Autore: Balla sulle nuvole    27/03/2013    3 recensioni
[Questa Fanfiction è arrivata quinta al contest "Parallel Times" indetto da Flame_ Fairy e The Pridestalker]
| MarkDylan |Guerra/ Malinconico/ Storico | One-Shot | Yaoi / Missing Moments/AU |
Dal testo:
“ Se tu combatti, combatto anch'io” ruppe il silenzio Keith, allungandosi per afferrare il menù nel tavolo vicino.
Mark sorrise, sapeva che Dylan non l’avrebbe mai lasciato solo, nemmeno quando in ballo c’era la morte, “ Credo che prenderò del pesce” esclamò, cercando di attirare l’attenzione della cameriera con un semplice gesto della mano.
Genere: Guerra, Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Dylan Keith, Mark Kruger
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Autore: Balla sulle nuvole
Titolo: Se tu combatti, combatto anch’io.
Epoca: Seconda guerra mondiale, Pearl Harbor.
Parole: 1157 secondo word.
Pairing: Mark Kruger/Dylan Keith
Note: Ringrazio Fay e Zael per avermi permesso di partecipare al loro contest, quest'idea mi ha permesso una moltitudine di viaggi mentali da fangirl assatanata.
I periodi storici presenti sono l'armistizio francese del 22 giugno 1940 e l'attacco a Pearl Harbor.
Per scrivere questa ff mi sono documentat su Wikipedia ed alcuni libri, quindi spero di non aver scritto castronerie... la storia mi piace ma con le date sono un disastro.
Buona lettura.
E mi raccomando pensate a Dylan e Mark con l'uniforme da marinaio.

 
 

- Chi vince è quello che crede di più nella vittoria e che ci crede fino in fondo.-
- Niente è più forte della dedizione di un volontario.-
( dal film Pearl Harbor)

 
 

Se tu combatti, combatto anch’io:

 

23 giugno 1940, U.S.A.
 

Mark girò lentamente la pagina del New York Times che, come ogni mattina, stava leggendo senza batter ciglio al tavolo del vecchio pub vicino a casa.
Stringeva fra le mani la carta sottile, accartocciandola nervosamente, mentre i lineamenti del volto si irrigidivano sempre di più in una seria maschera di disappunto e malcelato orrore.
C’era stato un risvolto importante nella guerra in Europa, talmente  negativo da meritarsi non solo la prima ma anche la terza pagina del giornale, persino dall’altra parte del mondo.
Secondo  l’articolo  la Francia, che precedentemente era  caduta sotto i bombardamenti tedeschi, aveva subito un’ulteriore attacco e a quanto pareva  la sua capitale era stata completamente occupata .  Così, senza possibilità di scelta, il generale francese Charles Huntzinger aveva firmato l’armistizio.
 Non erano le sorti di Parigi  però la preoccupazione più grande del giornalista ma bensì l’isolamento della Gran Bretagna, divenuta l’ultimo ostacolo per le potenze dell’Asse.
Un concetto che veniva ribadito più volte e persino ripreso nell’occhiello. Un velato tentativo di fomentare la campagna a favore dell’entrata in guerra degli Stati Uniti.
Il giovane Kruger stava giusto meditando su quest’ultimo punto, quando il rumore provocato dallo strusciare di una sedia contro il pavimento grigio del locale catturò la sua attenzione.
Dylan si era accomodato, o per meglio dire gettato, al suo fianco, col solito sorriso spensierato sul volto familiare e le maniche della camicia arrotolate per il caldo.
“ Buon giorno, Brother”  esclamò vivacemente, incrociando il suo sguardo da dietro le lenti scure degli occhiali, un accessorio che per il giovane Keith rappresentava una seconda pelle.
Spaesato, Mark diede una rapida occhiata all’orologio, “sei in ritardo, Dylan” commentò sorridendogli bonario.
Dylan lo ignorò completamente, accennando col capo al giornale, “ ci sono brutte notizie dal vecchio continente, me l’hanno detto i tuoi occhi quando sono entrato”.
“La Francia si è arresa, è rimasto solo Churchill  contro le potenze dell’Asse”.
“ E ora che cosa succederà?” domandò  il giovane Keith che seguiva le vicende della guerra solamente  attraverso i monologhi infiniti dell’amico.
Mark sospirò amaramente, incrociando nuovamente il suo sguardo, “ prima o poi anche gli Stati Uniti verranno coinvolti in questa guerra, è solo questione di tempo”.
“E tu combatterai ”.
“Ognuno di noi deve contribuire in periodi come questo, prendere seriamente le sue responsabilità di cittadino americano. Inoltre i nazisti vanno fermati”  esclamò senza prendere fiato Mark, le guance arrossate per la foga  “ e io combatterò, non per sete d’avventura, patriottismo o che altro, ma perché devo, è un mio dovere”.
Dylan inclinò le gambe della sedia, dondolandosi “ bene, infondo alla via arruolano i Marine, mangiamo qualcosa e poi ci andiamo” .
“ Si serio, Dylan”
“Lo sono, ed è proprio per questo che credo che un addestramento immediato,  se la guerra è inevitabile, sia la cosa migliore da fare”.
Mark sgranò gli occhi, osservando l’amico alla ricerca di un qualche livido, perché solamente una botta in testa poteva spiegare l’espressione austera di Dylan, che pareva nato privo di quel senso di responsabilità che invece  tormentava insistentemente il bel Kruger.
“ Se tu combatti, combatto anch’io” ruppe il silenzio Keith, allungandosi per afferrare il menù nel tavolo vicino.
Mark sorrise, sapeva che Dylan non l’avrebbe mai lasciato solo, nemmeno quando in ballo c’era la morte, “ Credo che prenderò del pesce” esclamò, cercando di attirare l’attenzione della cameriera con un  semplice gesto della mano.
 
 
 

7  dicembre 1941,Pearl Harbor

 
 
 Sentiva il sapore salmastro del mare sulla lingua e l’odore di salsedine impregnargli la divisa, ancora  fresca di lavanderia.
Un odore  forte, salato, che da più di un anno accompagnava le sue giornate, insieme al rumore delle onde e ai canti coloriti dei suoi commilitoni.
Tutti i marine puzzavano di  salsedine,  persino quando l’ancora delle loro navi era attraccata  e i loro piedi ben piantati sulla terra  ferma.
Mark  salutò, balzando sull’attenti, un caporale intento a sbraitare ordini ad un povero mozzo, prima di riprendere la sua passeggiata, alla ricerca di Dylan.
Sapeva perfettamente dove trovarlo, sdraiato sulla spiaggia con lo sguardo assorto verso il cielo limpido, la divisa imbrattata e i piedi nudi  immersi nella sabbia bollente.
Ed infatti fu’ proprio lì che lo trovò, intento a  giocherellare col cappello da marinaio.
Le braccia erano visibilmente più muscolose da quando si era arruolato ed abbrustolite dal sole, le mani rovinate e piene di calli  ed i capelli chiari come la sabbia erano stati tagliati .
Gli occhiali da sole però erano sempre gli stessi.
Senza dire una parola, Mark si sedette al suo fianco.
“L’addestramento di questa mattina mi ha distrutto, sento ogni muscolo del mio corpo indolenzito”.
“ Ecco cosa succede quando la notte ti ostini a non dormire” lo rimproverò bonariamente Mark, dandogli un pugno amichevole sulla spalla.
Dylan  gli sorrise, prima di  scaraventargli contro un grumolo di sabbia con un movimento rapido dei piedi.
“ Q-questa me la p-paghi, Keith” ringhiò immediatamente Mark, sputacchiando qua e là qualche granello entratogli in bocca.
“Lo so’, ma ne è valsa la pena”.
“ Riempirmi di sabbia non mi sembra così esilarante”.
Dylan  gli sorrise nuovamente, scrutandolo attentamente da capo a piedi: aveva il viso arrossato e gli occhi leggermente lucidi per i colpi di tosse provocatogli dai granuli,  i capelli color del grano erano un autentico disastro, persino il cappello dell’uniforme non riusciva ad ammansirli  e la bocca carnosa era inclinata in un piccolo broncio.
 Era adorabile.
“Invece lo è” disse solamente, senza distogliere lo sguardo.
Mark sbuffò, prima di ripagare l’amico con la stessa moneta.


 *********************

 
La prima esplosione  aveva riempito il cielo di scintille rossastre, illuminando la superficie dell’acqua,  mentre nuvole di fumo appestavano l’aria.
Erano stati colti di sorpresa, impreparati e del tutto disorganizzati.
Alcuni dei suoi commilitoni  dormivano nella stiva quando il missile era esploso, altri invece stavano festeggiando sulla costa.
Tuttavia la  guerra li aveva raggiunti nello stesso momento, ignorarla non era servito a niente.
Mark serrò la presa sulla mitragliatrice, il sudore gli colava lungo il collo mentre la tensione rischiava di farlo impazzire.
“Giù” urlò qualcuno, qualche postazione più in là, mentre un missile si abbatteva sulla USS California, seguito immediatamente da un altro che mancò il bersaglio.
“ E’ il momento” mormorò Mark, scrutando il cielo grigio alla ricerca del cacciabombardiere.
Aveva sognato più volte durante il sonno di usare quell’arnese infernale, eppure mai avrebbe pensato che fosse così difficile domare l’immensa mitragliatrice.
Bisognava avere polso per mantenere la posizione, i nervi non dovevano cedere.
“Se tu combatti” bisbigliò Dylan al suo fianco, pronto a far fuoco.
“Combatto anch’io” rispose il giovane Kruger.
Sorrise appena, deglutì con sforzo e sparò.



Aveva appena abbattuto un caccia quando i suoi occhi incrociarono quelli di Dylan, stremato e completamente impolverato.
Lentamente il  giovane Keith fece scivolare gli occhiali, permettendogli d'osservare i suoi occhi, due pozzi verdi come i boschi del Nord America.
" Grazie" riuscì a dire appena in tempo Mark, prima dell'arrivo del missile.


 

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inazuma Eleven / Vai alla pagina dell'autore: Balla sulle nuvole