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Autore: Silvar tales    28/03/2013    1 recensioni
Una raccolta di 7 flash-fic 500 parole/disomogenee dedicate al Marionettista.
♥ ~ Il Labirinto
♥ ~ La Libertà
♥ ~ Il Nereide
♥ ~ L'Immortale
♥ ~ Il Cimone
♥ ~ Il Mito
♥ ~ L'Impasto
[Questa raccolta di flashfic si è classificata terza a parimerito al "Seven Weeks 3 - Winter Edition" indetto da Shark Attack]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Akasuna no Sasori | Coppie: Sasori/Deidara
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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L'Impasto

Con questa flashfic ho ottenuto [3] punti per un totale di [35] punti nella sfida
- Terza classificata a parimerito al contest "Seven Weeks 3 - Winter Edition" indetto da Shark Attack sul forum di efp -

sasori1


p. costanza   p. costanza   p. protagonista

turno: 7
personaggio base: Sasori
personaggio aggiunto: Kabuto
prompt: Bianco


Nick autrice: Silvar tales (Deidaradanna93)
Titolo: L'Impasto
Introduzione: Mise a fuoco i vari oggetti posti con ordine maniacale sul bancone. Colori.
Colori pressati in tasche di metallo.
«Ora fammi vedere».
Genere: Generale.
Personaggi: Sasori, Kabuto.
Contesto: Shippūden
Rating: giallo
Avvertimenti: flashfic.


Le ciglia vagavano da un luogo all’altro, focalizzavano le pietre, la sabbia, gli alberi, il legno della tomba dov’era rinchiuso. Erano tutte figure dipinte, geroglifici colorati dalla fiamma di una candela traballante che stava per spegnersi. Erano immagini intrappolate nella sua testa, un retrogusto della vita appena passata.
Strabuzzò gli occhi cercando di guardare nell’oscurità. Le forme che vedeva si affievolivano nel nero più cupo. Gli pareva di affogare tra i tentacoli viscidi dell’oceano.
Apriva la bocca, ma non sentiva la brezza toccargli la lingua, come se un cuscino d’aria compressa fosse premuto contro il suo viso.
Poi una mano gli afferrò il polso, e la luce si accese.
«Guardami».
Un sorriso perverso e folle nacque sulle labbra di Kabuto mentre guardava in faccia il suo burattino. Afferrò il mento di Sasori tra le dita e lo spinse fuori dalla bara.
Sasori sentì il fiato mozzarsi contro un tavolo di compensato.
«Forza».
Mise a fuoco i vari oggetti posti con ordine maniacale sul bancone. Colori. Colori pressati in tasche di metallo. Non vi erano pennelli.
«Ora fammi vedere».
«Che cosa?» si fissarono profondamente negli occhi, con la stessa minuziosità con la quale il predatore e la preda si studiano vicendevolmente.
«Fammi». Kabuto si sporse verso il morto vivente, appoggiando i palmi sul tavolo. «Vedere».
Sasori prese in mano un tubetto di tempera rossa. Un enorme vasca di neve troneggiava nel bel mezzo del piano. Vi affondò le mani, respirò il suo odore di pasta. Mischiò il bianco assieme al rosso, sotto gli occhi vigili di Kabuto. Era meglio abituato a maneggiare i pennelli, ma da bambino aveva iniziato con le dita.
«Questo è rosa. La stessa tonalità con la quale ho colorato la mia pelle».

Era in ginocchio sul pavimento, nudo.
Una mano era abbandonata a terra, assieme al coltello che l’aveva strappata dal corpo.
L’altra era stretta ferocemente tra i denti, nel tentativo di non prosciugare l’aria nei polmoni a forza di urlare.
Le lacrime gocciolavano dagli occhi chiusi.
Eleganti dita di legno attendevano di impiantarsi su un corpo fatto di polpa e cartilagini.


«Questo è azzurro».
«Il cielo?» lo provocò Kabuto, guardando con disgusto il marionettista che inquinava un purissimo tubetto blu.
Sasori scosse la testa, infastidito.
«Il mare?» sembrava accusarlo di essere prevedibile.
«Deidara», rispose con un acuto moto d’accusa, come se Kabuto attentasse alla sua memoria.

«Ragazzino, è tardi, rientra».
Deidara rimase imperterrito sul bordo dello stagno, con la neve che gli cadeva sulle braccia nude.
«Mi è stato ordinato di occuparmi di te, ed evitare che tu muoia di polmonite rientra nei miei compiti».
«Perché invece non vieni qui?»
I suoi occhi azzurri erano fieri e oscuri come inchiostro sparso nell’acqua.


«E non hai mai pensato di…»
Kabuto prese una manciata di tempera bianca e la lasciò gocciolare in un tondo di ceramica. Poi vi aggiunse altra tempera bianca, e ancora, ed impastò insieme come se dovesse creare un colore uniforme. Ma bianco su bianco già uniforme era.
Sasori strabuzzò gli occhi, toccandosi nervoso il collo. Non afferrava il senso di quel gesto.
«Ora capisci perché il mio padrone era diverso da te?»
No, non capiva. Ma in realtà sentiva la mostruosa mole di una risposta gravargli nel profondo delle viscere.

Perché Orochimaru perseguiva il candore di una rinascita, non il pasticcio di colori sbiaditi di un innaturale prolungamento della vita terrena.
Orochimaru avrebbe voluto smacchiare il foglio e scrivere daccapo.




~ ♥

Silvar Tales con “L'Impasto”

☑Originalità
☐Grammatica (non è un errore grammaticale ma lessicale, come scelta di parole: “Le ciglia vagavano da un luogo all’altro, focalizzavano” ehm, gli OCCHI focalizzano... le ciglia sono accessori e non servono certo per vedere!) 
☑ IC Personaggio Base
☑IC Personaggio Aggiunto (sei riuscita a rendere a tutto tondo Gaara in maniera molto toccante!)
☐Uso del Prompt (non so, non mi ha convinta l'uso del bianco... credo che tu sia andata a complicarti troppo la vita con una trama così arzigogolata)
☐Gradimento personale (“Un enorme vasca di neve troneggiava [...]Vi affondò le mani, respirò il suo odore di pasta.” ecco, questo è uno dei pezzi che mi ha fatto scervellare di più: perché la neve sa di pasta? Che c'entra la neve mentre dipinge? Il tutto è molto bello, hai creato un'atmosfera perfetta e pure un background da oscar con quei due spezzoni di ricordi, ma credo che tu abbia infilato troppe cose in così poco spazio, creando un quadro un po' confuso e molto denso. Secondo il mio parere, eh.)  
☐Bonus/Malus

Totale: 3 punti




   
 
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