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Autore: Silvar tales    28/03/2013    0 recensioni
Vi immaginate le sirene antiaeree, il coprifuoco, gli altoparlanti? Attenzione, stanno per arrivare i Sex Pistols! Chiunque sia borioso, simpatizzante monarchico o hippie si rifugi nei bunker e attenda l'apocalisse punk!
[Prima classificata al contest “When the music’s over” indetto da DazedAndConfused]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Johnny Rotten, Sid Vicious
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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Starman


Una donna dalla veste ampia e i sandali, è tutto ciò che ricorda della madre di Sid, perché poche volte si attentava a guardarla in faccia. La più squallida periferia di Londra era il teatro dei loro giochi, tra la spazzatura e le stazioni della metro. La città era un enorme parco divertimenti pieno di insidie, come il veleno per topi in granuli e i pedofili camuffati da hippie.
«Johnny, te lo affido».
Lydon aveva ringhiato e risposto male, non sopportava di essere chiamato Johnny. Un soprannome che allungava il nome non aveva alcun senso.
«Fai il bravo Simon».
Un bambinetto bianco come il latte, patito, asociale e con le finestrelle tra i denti: questo era Sid junior, e John avrebbe dovuto guidarlo tra i pericoli di Londra. Era un compito che lo riempiva di orgoglio.
John si muoveva come una scimmia in quella giungla, sapeva quali erano i posti da evitare per non venire pestati dai bulli più grandi, in quali viali si poteva giocare al tirassegno con i lampioni, in quali altri nessuno ti sgridava se facevi secchi i piccioni con i sassi, anzi, qualche barbone ti ringraziava pure.
«John, ho incontrato un signore molto strano, giallo come un asiatico. Mi ha detto che se volevo potevo giocare con lui, allora abbiamo ballato per strada dei vecchi pezzi rock, quelli che tu detesti. Poi se n'è andato, ma mi ha fatto promettere di non raccontare a nessuno di averlo incontrato».
John ascolta disinteressato, calcia una lattina, sputa per terra, pigia tutti i campanelli che vede. Poi assimila ciò che gli è stato appena detto.
«Che coglione che sei Simon! Quello era per certo un pedofilo!»
Sid junior ci rimane male. Non credeva che John lo rimproverasse.
«Secondo me era un astronauta».

John, avevi dieci anni, perché devi per forza ricordare quei momenti come un idiota sentimentale? Non eri tu che professavi l'I don't care? Possibile che tu non riesca a metterlo in pratica nella tua vita?


Lydon passa un braccio attorno alla vita di Sid, strizza gli occhi, mette a fuoco la stanza. Fortunatamente si trova nella propria camera, le pareti verde acido sono inconfondibili.
Sid è immerso in un sonno tenace, ha il respiro pesante, sta smaltendo tutto l'alcol ingerito quella notte. Con la faccia appiccicata al cuscino e la bocca aperta sembra essere tornato il bambino isterico e brufoloso che era.
John si alza in piedi scostando il groviglio di lenzuola, barcolla per alcuni metri e inciampa in una pila di dischi in vinile. Irritato li calcia e ne spezza alcuni, tra i quali uno in particolare attira la sua attenzione.
Si piega, lo prende in mano, guarda la cover.
The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars. Il Duca Bianco, la passione di Sid.
Bowie d'altronde è immune da critiche, i punk l'hanno fatto loro parente.
«Ehi Sidney, alza il culo».
La voce impastata di Simon si leva dal mucchio di coperte come un mugolio dall'oltretomba.
«Cos'è successo Johnny? Ci siamo slinguati, siamo venuti a casa tua, poi abbiamo fatto del sesso...?»
John lo guarda con aria di sufficienza, ha ancora le cosce umide e gli provocano un certo fastidio al contatto con la pelle nera dei pantaloni. Sid è fuori dal mondo, come fa a non accorgersi di essere stato scopato? Che merda la droga.
«Sai Johnny, ho fatto un sogno davvero strano... incontravo un tizio giallo, un cinese, un coreano, boh, e abbiamo ballato il pogo per strada. Lui non riusciva a resistere senza ballare, perché da dove veniva lui c'è sempre musica, come un eco nel cielo, fighissimo. Poi se n'è dovuto andare, ma prima mi ha detto chi era, facendomi promettere di non dirlo a nessuno, e ora... non mi ricordo più cosa mi disse! Buffo no? Così nemmeno a te posso rivelare la sua identità».
John fa finta di essere impegnato a sistemare i dischi sullo scaffale, ma la sua attenzione stavolta è tutta per Sid. Passa una mano tra i capelli arancioni, li scopre bagnati di sudore. Ripone al suo posto l'album di Bowie, ormai rotto in pezzi, cercando di infilarlo alla meno peggio nella sua scatola.
«Non lo so Sidney, però penso che se tu raccontassi queste cose in giro ti ritroveresti in manicomio».
Io però ti credo. Sai, forse quell'uomo era un messaggero situazionista. Sa che poteva parlare con me, o te, o un altro punk autentico, perché solo noi siamo in grado di cogliere un messaggio così rivoluzionario. Chiunque altro impazzirebbe al solo pensiero di un mondo capovolto, fuggirebbe via terrorizzato e denuncerebbe l'uomo giallo alla prima stazione di polizia.
L'uomo giallo parla con i bambini - o con i punk, il che è lo stesso - perché sono gli unici che possono capirlo, non perché sia un maniaco. Non riesce a smettere di ballare perché la musica cosmica suona sempre dentro alle sue orecchie, senza cavi né casse. E se qualcuno gli parla, ride e scuote la testa, perché se ne infischia dell'opinione altrui. E magari alza il dito medio, e continua a ballare.
«Siiid, dimmi un po', non è che ci siamo anche fatti qualche canna ieri sera?»
Vicious è già in cerca di aria e imbocca l'uscita dell'appartamento ancora in mutande, seguito da un Lydon stranamente di buon umore.
La televisione, ferma dalla sera prima sul canale due, interrompe la sua trasmissione silenziosa, e l'immagine si riduce a un mucchio di linee grigie e nere.



*


«John, ehi John!»
«Sidney, perché devi scassarmi le palle anche a distanza?»
«Non fare lo scontroso, Johnny, ho trovato qualche moneta vicino a una cabina telefonica di King's Road, così ho pensato di fare una telefonata».
«Ma sei scemo? Io sarò nella via accanto!»
«Non è il punto Johnny, il fatto è che con tutte le persone a cui potevo telefonare ho scelto te! Capisci? Ho scelto te, non Nancy! Sei contento?»





   
 
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