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Autore: Inc    28/03/2013    2 recensioni
Una ragazza con gli occhi grandi per guardare con tanti lupi da sfamare e da non cacciare.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era un tipa con gli occhi grandi per guardare. Le piaceva proprio guardare le persone e scambiare sguardi d'intesa, mancata attrazione, curiosità spicciola. Era un neonato che aveva appena allargato le pareti della room service della propria madre e con le migliori intenzioni si era messo a vagabondeggiare nei dintorni della vita, con le vele che rincorrevano il primo pianto a scuarciagola.

Era in treno, aveva appoggiato la testa sul vetro sporco di ditate.
Seguiva con lo sguardo il percorso che avevano tracciato quei polpastrelli, le impronte di un passaggio non troppo lontano, che descrivevano una traiettoria oscillatoria. Erano impronte piccole, forse un bimbino cercava di scappare via. Altre erano grandi, forse le mani di un uomo stanco di lasciarsi trasportare, pronto a prendere a morsi gli ostacoli e le mancate occasioni vincenti.

Il suo respiro non era affannoso, non era veloce, non era rilassato: era in attesa.
Il treno nel frattempo correva veloce come un cavallo selvaggio in preda all'isteria. Lei invece rimaneva lì, ferma, gli occhi stanchi, le labbra carnose socchiuse.

Un soffio di vento le spostò un boccolo ramato. Alzò lo sguardo lentamente per controllare se la notte avesse aperto il finestrone, ma niente, era chiuso come la mente della gente.
Alzò il viso trepidante, un ragazzo si era seduto proprio di fronte a lei.
Capelli: neri come i mostri che erano suoi amici da piccina.
Bocca: decisa, cattiva.
Sopracciglia: scure, un po' incazzate, che stonavano con la sua pelle dorata.

Lui le sorrise appena si accorse di essere osservato con così tanta minuzia. Lei non rispose al sorriso, guardava la fossetta che si era formata solo al lato sinistro della bocca e storse la testa come fanno i bassotti, alzando le orecchie, quando vedono o sentono qualcoda di strano.
Spostò lo sguardo, delusa: quel ragazzo non le raccontava nessuna storia ed era la prima volta che succedeva una cosa del genere. Era colpa della fossetta. Ne era certa. Ci avrebbe giurato.

Così, col musino da gattina, ripose la testa dove era stata per tutto il viaggio.
La notte aveva avvolto il paesaggio sformato dalle impronte delle scarpe, non faceva troppo caldo, né troppo freddo, non era umido. Non era tempo di cui né le vecchie signore e neppure i ragazzi della movida potevano lamentarsi. Ed era un sollievo perché la ragazza non apprezzava i lamenti nel treno. C'era chi entrava, senza nemmeno guardarsi in giro, e diceva con tono di chi è disturbato anche dal sole del mattino “Fa troppo caldo oggi!”.

I percorsi palmati sul finestrone non erano più interessanti, così prese a guardare il cellulare. Due messaggi.
Marta: “Ti stiamo aspettando idiota, fai presto altrimenti questi finiscono di sbranare la pizza”
Rispose con un “Nascondimi una birra”
Il secondo era della Vodafone. Lo cancellò senza nemmeno curarsi di vedere ciò che era scritto.

Una voce roca, pacata, misurata, tranquilla, interessata, vibrante, eccitante, colorata, sicura, ponderata spianò il silenzio che aveva premuto sulla sua testa.
“Sai l'ora?”
Quei vibrati le tolsero un po' di respiro, guardò il display.
Alzò lo sguardo, questa volta con curiosità, timore, aspettativa.
“Le 22:22, esprimi un desiderio”
Poi sorrise.

Il ragazzo pensò tra sé e sé, senza staccare lo sguardo nemmeno per una frazione di secondo, che i desideri ogni tanto si avverano, perché di sorrisi così intriganti non ne vedeva da parecchio.











 

   
 
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