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Autore: rachaelock    28/03/2013    1 recensioni
«Teresa poté tirare un sospiro di sollievo, Jane pensava che fosse nervosa per via della sveglia quindi probabilmente, anche stavolta, sarebbe riuscita a mentirgli con successo. •
Genere: Avventura, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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L’agente Teresa Lisbon entrò nel dipartimento, nel volto un’espressione preoccupata. L’ascensore si era appena chiusa alle sue spalle, e l’unico rumore che per adesso si poteva sentire era quello delle scarpe della donna che battevano sul pavimento di legno. Quasi come una marcia, l’eco dei suoi passi, si diffondeva nelle stanze semivuote del CBI, il dipartimento di investigazione della California, in un ufficio c’era già un uomo immerso nello studio di un caso, mentre vicino alle finestre c’era ancora qualche addetto alle pulizie che stava finendo di spazzare o di pulire i vetri antiproiettile che davano sulla strada.
Teresa accennava un “Buongiorno” soffocato a chiunque incontrasse, un saluto veloce e privo di emozione che di solito riservava solo a chi non poteva sopportare, ma se all’apparenza, quella mattina, Teresa poteva sembrare come stanca o stressata, dentro di lei l’unico sentimento che stava regnando era la paura, dentro Teresa Lisbon stava urlando dal terrore.
La tredicesima vittima di Red John era stata scoperta qualche ora prima, e Lisbon era stata subito avvisata telefonicamente dal capo-sceriffo.

Sappiamo che è il CBI che si occupa di Red John, così abbiamo parlato con il suo superiore che ci ha indirizzati direttamente a lei, agente Lisbon
Esatto, Red John è nostro.”

“Nostro”. Teresa stava ripensando a quella chiamata; le parole le risuonavano ancora in testa. “Red John è nostro.” Il capo-sceriffo Kyron le aveva fornito solo l’indirizzo e il nome della vittima, “non ha avuto bisogno di aggiungere altro”- pensò – “la firma di Red John è terribile e indimenticabile, i dettagli del delitto ad opera sua sono inconfondibili e estremamente metodici.”
Daphne Riggs aveva 23 anni e la sua vita era stata stroncata in modo barbaro da quel mostro, Teresa riusciva ad immaginarsi il corpo sventrato e abbandonato sul letto della camera, teatro di un’opera maligna, e riusciva a vedere quello smile terrificante scritto sul muro con lo stesso sangue della donna.
La prima cosa che vedevi era quello smile, disegnato da destra verso sinistra, un cerchio perfetto che si chiudeva con imprecisione; dentro al cerchio, due sbarrette quasi orizzontali a mo’ di occhi, e poco sotto un semicerchio che rappresentava una bocca sorridente. Teresa riusciva a vedere nella sua testa il sangue che rendeva quella figura più imprecisa di quanto già non lo fosse, vedeva le piccole gocce rosse correre sul muro e si sentiva morire. Erano già 13 le donne uccise, tante, troppe. Red John era tornato, dopo otto mesi dalla sua ultima vittima.
Prima vedi la faccia e poi capisci. Capisci e ti senti minacciato, dopo e solo dopo vedi il corpo della vittima.”

Patrick avrebbe intuito solo guardandola il ritorno di quello spietato serial killer se non fosse riuscita a nascondere la sua preoccupazione a dovere, quella mattina doveva arrivare la nuova recluta e se Patrick avesse scoperto il nuovo caso che riguardava Red John l’avrebbe ignorata completamente; si trattava di cercare di nasconderglielo per il maggior tempo possibile, ma mentire al consulente era difficile, se non impossibile.

A quell’ora i computer erano ancora spenti e così anche le stampanti che avevano già nei vassoietti i fogli A4, pronti per essere utilizzati. Era presto per il solito tram tram generale, infatti dopo neanche un’oretta, tutto il CBI si sarebbe riempito di vita; le scrivanie sarebbero ritornate tutte nel quotidiano disordine e sopra alcune vi sarebbero state sparpagliate foto di scene del crimine, mentre sopra altre vi sarebbero stati disposti interi fascicoli che contenevano tutti i rapporti e i verbali dei vari casi e processi giudiziari in corso. Il paradosso stava nel fatto che quelle stanze si riempivano di vita quando vi erano omicidi, la triste realtà del CBI.
Le finestre erano con le avvolgibili già alzate, probabilmente l’addetto alle pulizie, quella mattina, aveva avuto voglia di gustarsi l’alba e così Teresa non dovette accendere nessun tipo di neon perché l’intero piano era illuminato dalla calda luce del sole, entro qualche ora però qualche agente avrebbe dovuto accendere le luci, almeno nell’ala Ovest.

Teresa raggiunse la parte della grande stanza di quel piano, dove vi era la sua postazione e quella della sua squadra, stava per aprire la porta del suo ufficio ed aveva già infilato la chiave nella serratura quando sentì un respiro provenire dal fondo della saletta.
Se fino a quel momento aveva pensato di essere sola, almeno in quella parte del piano, si dovette ricredere. La giovane donna sbuffò, e fece qualche passo nella direzione del respiro, non era preoccupata ma infastidita, aveva infatti capito all’istante che si trattava di Patrick Jane, il consulente della sua squadra che, pur essendo un uomo adulto, era più testardo di un bambino.

-Quante volte ti avrò detto che non dovresti dormire qui?!?- disse in tono acuto la donna con l’ovvia intenzione di svegliare il dormiglione. Nel sentire la sua voce, l’uomo si scosse lievemente ed aprì gli occhi. La stanza era illuminata dalla luce del sole mattutino e si potevano scorgere i granelli di polvere fluttuare nell’aria attorno alle scrivanie.
-Neanche un “Buongiorno”?- disse l’uomo aprendo piano piano gli occhi.
–Buongiorno.- replicò lei sbrigativa- Quante volte ti avrò detto che non dovresti dormire qui?!- ripeté la donna.
-Ecco, già meglio. Buongiorno anche a te, Lisbon- disse educatamente l’uomo che ignorò completamente la domanda retorica che gli era stata posta.
La sua voce era quella che ci si poteva aspettare da uno che aveva dormito tutta la notte su un divano, rauca e bassa; ma il suo tono era talmente ironico che ci si poteva chiedere se veramente aveva dormito fino a quel momento. Si mise a sedere sul divano, e Teresa ebbe il tempo di squadrarlo con uno sguardo di rimprovero, aveva i capelli più ricci e in disordine del solito e il suo completo blu era tutto sgualcito, le labbra erano screpolate e le pupille ancora dilatate perché ancora non abituate alla tiepida luce del sole. Nonostante questo però, aveva nel volto, un’espressione serena “..e terribilmente affascinante” pensò la donna, distrattamente.
-Hai un aspetto orribile. Vedi di andare a renderti presentabile, Jane. - iniziò Lisbon, mascherando alla perfezione, come sempre, i suoi pensieri reali. Scosse repentinamente la testa e, dopo avergli dato le spalle, tornò ad aprire la porta del suo ufficio. Teresa si accorse di aver sbagliato chiave, ma dopo neanche un secondo aveva già infilato quella giusta nella serratura.
-Signorsì signora- esclamò sbadigliando l’uomo mentre si sgranchiva le braccia.
Una nuova giornata era iniziata anche per lui e così, abbandonata l’idea di tornare a dormire, si alzò.
-Non dovrei dormire qui, mi sveglio sempre troppo intirizzito-
-Non dovresti?- esclamò entrando nello studio Lisbon -Non devi. Punto.-
Teresa si portò dietro all’orecchio una ciocca di capelli che era sfuggita alla sua coda di cavallo, posò le chiavi dello studio sulla sua scrivania e si sedette sulla sua poltroncina con le ruote. Patrick entrò nella stanza e si appoggiò al muro, continuando a sbadigliare.
-Lo so.- si grattò dietro l’orecchio -Questo fatto rende il dormire qui molto più ricco di suspense.-
-Poco ma sicuro-
-Dovresti provare a rimanere qui a dormire ogni tanto, forse riusciresti a svegliarti un po’ più rilassata-
-Non credo proprio Jane.- commentò Lisbon che, siccome non si era accorta di aver lasciato attivo il tasto per il bocco delle maiuscole, digitò per la seconda volta la password per l’accensione del computer.
-Non fissarmi.- sbuffò la donna mantenendo lo sguardo fisso sul monitor per evitare di incrociare gli occhi azzurri del consulente.
-Come vuoi.-
Patrick mise le mani nelle tasche del suo gilet e distolse lo sguardo, portandolo prima sui muri tappezzati di foto di vari casi risolti e poi sulla scrivania della donna. Teresa alzò le spalle, sentendosi di nuovo osservata, e sorrise. Per quanto non volesse ammetterlo a se stessa, provava un forte sentimento nei confronti di quell’uomo.
-Sei diversa dal solito.. come mai così elegante stamattina?-
-Arriva la nuova.-
-Ah, me ne ero dimenticato.. com’è che si chiama?-
-Norah Wood-
-Non mi ricordo di aver letto il suo fascicolo -
-Infatti, non l’hai fatto- affermò Lisbon e con la sua solita velocità aprì il cassetto alla sua sinistra e prese un piccolo fascicolo che porse all’uomo.
–Dopo esserti sistemato, leggilo.- ordinò ritornando alla sua espressione severa.
Patrick lo prese, lesse velocemente l’intestazione e ritornò appoggiato al muro. Poi alzò lo sguardo, lesse l’ora e ridacchiò.
-Adesso capisco perché sei così nervosa e distratta! Ancora non avevo guardato l’orologio: sono le sei e mezzo! E tu non sei per niente mattiniera!-
–Me lo devi anche ricordare?- Teresa poté tirare un sospiro di sollievo, Jane pensava che fosse nervosa per via della sveglia quindi probabilmente, anche stavolta, sarebbe riuscita a mentirgli con successo.
-No, no..- Jane concluse la sua risata da solo, poi indicando il fascicolo che aveva in mano riprese a parlare, sempre con il suo tono ironico.
–Quindi appena mi sono sistemato devo leggermi il fascicolo su Hector Narcy?-
Lisbon annuì e poi arrossì, rendendosi conto del piccolo errore commesso; scambiando un fascicolo per un altro. Patrick le restituì sorridendo il fascicolo e lei lo ripose nel cassetto, mortificata. Si guardò intorno e vide proprio davanti a sé il fascicolo di Norah che diede a Jane.
-Vedi di non darmi altri problemi e renditi presentabile!- esclamò Lisbon, indicando la porta al biondo consulente.
  
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