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Autore: Amaryllys    28/03/2013    2 recensioni
Non sono abbastanza buona per questa vita.
Enid Cullen. Vampira neonata. 16 anni per sempre. La nuova esistenza che le è stata imposta con la sua trasformazione è un peso troppo grave per lei. E la strada verso ciò che vuole diventare, sulla persona che vuole essere, non è facile. Soprattutto con un "fratellone" rompiscatole come Edward... O no?
Genere: Fantasy, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Twilight
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Io proprio non li capisco.
Seduta al tavolo della mensa con gli altri vampiri, sentivo lo sguardo di tutte quelle deliziose prede sulla mia nuca.
E non potevo farci niente.
Non potevo alzarmi, non potevo andare da quello stupido umano dai capelli rossicci che mi aveva fissata per tutta la lezione di trigonometria, posargli una mano sul collo e trafiggerglielo per far scorrere il suo sangue bollente...
-Enid-. Un fiotto di veleno mi riempì la bocca.
Ancora quel rompiscatole di un Edward Cullen. Quello che per la città di Forks, e per gli Stati Uniti D'America, era il mio fratello maggiore naturale.
Come se io potessi avere un fratello tanto perfido e snaturato.
Solo perché uno qualche stupido scherzo genetico aveva voluto che ci somigliassimo: stesso colore di capelli, stessa forma degli occhi e delle labbra, stessa parlata, stessa andatura. Il pallore non era certo una cosa particolarmente significativa; tutti i vampiri erano così. E io, piccola vampiretta di soli sei mesi, non sfuggivo alla regola. Gli occhi, rosso scuro, sarebbero andati scemando verso l' oro in un paio d' anni... Se avessi seguito la loro scelta.
Se.
-Enid-. Deglutii stancamente e assaporai a fondo l'odore delle poche centinaia di umani presenti in quella stanza. Deboli. Lenti. Gustosi.
-Enid!- Edward Cullen batté un pugno sul tavolo. Già, dimenticavo. Il "fratellone", non abbastanza fastidioso così com'era, aveva pure la bella dote di saper leggere nel pensiero. Una vera e propria seccatura.
-Su, Enid, non intestardirti troppo. So che è dura, lo è anche per me, ma siamo andati a caccia due sere fa-. Jasper Hale. Il mio creatore. Mi aveva salvato dalla morte di cui non avevo ricordi, e questo mi stava bene. Ma non potevo certo dire che la mia attuale esistenza mi piacesse. Meglio morire, piuttosto che passare la vita a fuggire da qualcosa.
Scoccai un'occhiata a Edward Cullen, per vedere se mi stava ascoltando. Ma sembrava aver deciso che i mediocri pensieri di un'eterna sedicenne fossero troppo infimi per la sua mente geniale.
Tanto meglio.
-Avanti, Enid- disse Jasper Hale, circondandomi le spalle con un braccio. -Fai come ti abbiamo insegnato, da brava-.
Incrociai le braccia, infastidita, ma feci come mi era stato detto. Smisi di respirare, tesi i muscoli al massimo e mi concentrai allo stremo sulle minuscole crepe dell' intonaco del soffitto per tenermi la mente occupata. Sibilai, furiosa.
-Lo stai facendo?-. Rosalie Hale. La bella, perfetta, stupenda, acida, orrida Rosalie Hale. Miss Vampira. Era talmente concentrata sulla sua bellezza da non comprendere nient' altro. Annuii.
-Lo sta facendo?- ripeté lei ignorandomi, rivolgendosi ad Edward Cullen.
Sfiatai come una teiera, furibonda. - Ti ho detto di sì, non c'è bisogno che chiedi conferma a lui! O forse non vi fidate di me?-.
-Mmm, eccola che ricomincia- bisbigliò Alice Cullen, la compagna di Jasper che, guarda il caso!, mi odiava. -Tanto non succederà niente, come al solito-.
Eh già, certo. Perché la Visionaria era in grado di prevedere il futuro.
-Quanto sei ostile, Enid. Perché non ti rilassi un po'? Ti va di fare una partitina a braccio di ferro?-. Emmett Cullen. L' unico tra i vampiri seduti a quella tavola che sembrava avere un briciolo di buon senso.
-E umiliarti così davanti a tutti? Lo vuoi davvero?-.
-Facciamo a casa, allora?-.
-Allora pensi davvero che io sia in grado di umiliarti?-.
-E' divertente lasciartelo credere-.
-Così parlano i perdenti-.
-Chi lo dice sa di esserlo-.
Gli feci una linguaccia, un gesto così umano da lasciarmi disarmata per un istante. E in quell'istante, una ragazza bionda con un paio di ballerine attraversò la mia area olfattiva ipersensibile.
Tac tac tac. Non dimenticherò mai il rumore dei suoi tacchetti da quattro soldi.
Il suo odore invase le mie narici, la mia gola, e il veleno  uscì a fiotti inondandomi la bocca. Deglutii a stento, poi pensai: Ma chi me lo fa fare? Io ho sete, e lei è dissetante. La voglio. Mi alzai ma qualcuno mi fermò, prendendomi per un polso. Mi voltai a guardarlo ringhiando: Edward Cullen, e chi se no? Lui mi trapanò con i suoi occhi dorati da vampiretto buono. -Non farlo- sussurrò, stringendo più forte. -Avrai di che pentirtene-.
Io ero forte. Avrei potuto liberarmi dalla presa di quel rompiscatole, arrivare dalla ragazza, morderla e tornarmi a sedere nel giro di tre secondi e nessuno si sarebbe accorto di nulla. Sarebbe stato facile, e dissetante. Avevo così sete...
Ma quell' attimo di indecisione mi costò caro.
Tac tac tac. La mia preda si era allontanata, e si era andata a sedere insieme alle sue amiche. Non avrei potuto riprenderla. Mi era sfuggita.
Edward Cullen mollò la presa e tornò a sedersi, come se non fosse successo niente. Io rimasi per qualche furibondo istante in piedi, ringhiando così piano che nessuno, al di fuori della mia "famiglia", mi avrebbe potuto udire e poi sgusciai via, sapendo bene cosa dovevo fare. Cosa volevo fare.
Perché quella vita io non la volevo.
Quella vita, io non la capivo.

La valigia davanti alla porta, ero pronta a partire. Non c' era nessuno in casa, e nessuno mi avrebbe fermata. Nella mia mente, ero fermamente decisa che non l' avrei fatto davvero. Che mi sarei fatta trovare lì, sulla porta, intenta ad abbottonarmi il cappotto, e che mi sarei fatta convincere a desistere. In questo modo, la Visionaria non avrebbe previsto niente e li avrei colti tutti di sorpresa.
Ero stufa di quella vita. Volevo sangue.
E se loro non volevano darmelo, era ora che me lo procurassi da sola.
Mentre afferravo la valigia, sentii il suono di passi lungo la veranda di casa. Sibilai tra i denti: Carlisle Cullen, mio "padre". Prima che riuscissi a pensare a cosa fare, lui aprì la porta e me lo trovai di fronte. Eccolo lì, il Dottor Vampiro, bello e mite come al solito. Ma la sua espressione cambiò e divenne perplessa, poi angosciata. -Te ne vai, Enid?-.
-Io... Sì. hai intenzione di fermarmi? Perché tanto non ci riuscirai. Non sono abbastanza buona per questa vita, Carlisle. Quindi ti ringrazio per quello che hai fatto per me ma... Non è ciò che desidero. Il mio posto non è questo. Non voglio essere una vampira reietta per il resto della mia vita. Scusa-.
-Enid, io non ti fermerò, se questa è la tua decisione-. Mentre parlava, io ero già sulle scale d' ingresso. Ero pronta a mettermi a correre. Sarei andata lontana, in qualche bella città americana famosa. Los Angeles, forse. New York. Las Vegas. Avevo l' eternità di fronte a me.
-Ma sappi che rendi molto tristi sia me che Esme-.
Esme. Accidenti. la "mamma". La vampira a cui più mi ero legata in quei sei mesi di reclusione in casa Cullen.
-Tu... Tu stai solo cercando di farmi perdere tempo!- urlai, stringendo più forte la maniglia della valigia e rischiando di sbriciolarla. -Io me ne vado, Carlisle!-.
Due braccia mi strinsero improvvisamente in un abbraccio goffo e paterno.
-Mi mancherai, Enid- disse semplicemente.
Poi mi lasciò e io corsi via, senza guardarmi indietro, senza rimpianti, verso la mia nuova vita.

-Cosa? Enid se ne è andata?-.
La notizia non sconvolse tutti i miei figli come mi sarei aspettato.
Jasper sembrava fortemente colpito dalla cosa. Doveva essere un duro colpo, per lui, che la sua creatura se ne fosse andata. Anche Alice sembrava devastata, ma per un motivo ben diverso:- Io... Io non l' avevo previsto! E anche adesso... Non vedo niente! Quella piccola vampiretta rompiscatole finirà col farmi impazzire!-.
-Be', non è più un problema nostro adesso, o mi sbaglio?- decretò Rosalie con aria saccente. -Nessuno l' ha mai voluta davvero, quella. Non faceva altro che insultarci-.
-Be', poveretta, cerca di comprenderla- la rimproverò Emmett. -Pensa a quanto dev' essere difficile per...-.
-Difficile per lei? E per noi? Per noi è stato forse facile? Ma non mi sembra che nessuno di noi se la sia data a gambe!-.
Mi astenni dal smentirla e cercai con lo sguardo l' unico che ancora non aveva parlato.
Edward, andiamo nel mio studio.
Lui annuì e ci defilammo, lasciando gli altri in preda ad una discussione.
-Tu ne sapevi niente, Ed?-.
-No-.
-Lo immaginavo-. Sorrisi chiudendo la porta. Edward era seduto sulla mia scrivania, lo sguardo puntato verso la finestra.
Ho sempre pensato che tu ed Enid vi somigliaste più di quanto voi due riusciste a comprendere.
Edward non mi diede ragione, ma mi fece cenno di continuare.
Oltre alla fisicità, intendo. C'è qualcosa in voi due... Qualcosa che mi sfugge. Lo stesso senso di ribellione, di non-appartenenza a questa bontà...
-Con questo discorso non arriviamo da nessuna parte, Carlisle- disse con semplicità Edward, guardandomi.
-Quello che voglio dire è che... Quando se ne è andata mi ricordava molto te. Per un attimo mi è sembrato di rivederti. Quella è una ragazzina molto speciale-.
-Questo lo sapevo già da me-.
-Allora immagino che tu sappia anche cosa sto per chiederti-.
-Inutile che tu me lo chieda-.
Sospirai. Non mi aspettavo quella reazione. Pensavo che lui, mio figlio, dopo tanto tempo...
-Avevo comunque intenzione di andarla a cercare, ed evitare di farle commettere il più grosso errore della sua vita. Già mi odia, quindi la situazione non può certo peggiorare-.
Si alzò e si diresse verso la porta. Quando aveva già la mano sulla maniglia, sussurrò, rivolto più a se stesso che a me:- E poi, dopotutto è vero: quella ragazzina mi ricorda molto me quando ero appena stato trasformato. La "sorellina", eh?-.

Camminavo spedita lungo la strada, avvolta nel cappotto rosso, il viso nascosto da una lunga sciarpa bianca e da un paio di grossi occhiali da sole. Ero pronta a correre se si fosse rivelato necessario.
Svicolavo in viuzze laterali, senza una meta, ma continuava a seguirmi. Era lui, per forza.
Dopo sei settimane, era riuscito a incastrarmi.
Mi fermai di colpo, sospirando. -Sono stanca dei tuoi giochetti, Cullen-.
Lui rise. -Allora ti eri accorta di me. Strano, non lo stavi pensando-.
-Io non penso, Cullen. Io agisco-. Mi voltai a guardarlo, le mani sui fianchi. La strada era deserta, eccetto lui.
Non c' era un vero e proprio sole (dopotutto eravamo in gennaio) ma c' era un riflesso alquanto fastidioso dietro quella spessa coltre di nuvole bianche.
Indossava il suo elegante cappotto di lana grigio, il bavero alzato per nascondergli buona parte del viso, gli occhiali da sole a celarne lo sguardo.
-Touché. Sinceramente mi deludi, comunque. Dopo aver scelto una città bella come Los Angeles, mi aspettavo per lo meno che vivessi in centro-.
-Nei sobborghi non ho bisogno di indossare nessuna maschera. Sono più libera di cacciare-.
-Non mi sembra un discorso da fare all' aperto, ti pare? Conducimi a casa tua, saremo più liberi-.
-Non abbiamo niente da dirci-.
-Tanto ti seguirei comunque-.
Sospirai. -Anche questo è vero. D' accordo, vieni, ma sappi che non sei gradito-.
-Come vuoi-.
Camminammo l' uno in fianco all' altro, a passo di marcia, tenendoci in ombra per evitare che il riflesso del sole ci facesse attirare troppo l' attenzione. Qualche solitario passante avrebbe avuto qualche dubbio nel vedere due persone scintillanti lungo la strada.
Arrivammo di fronte ad un piccolo albergo a tre stelle ed entrammo.
-Stai in un albergo?-.
-Mi sposto spesso- mormorai tra i denti, avanzando verso il bancone. -Tu resta qui- aggiunsi indicandogli l' ascensore. Lui ubbidì, non senza una risata.
-Oh, Lauren. Già di ritorno?- domandò con un sorriso il ragazzo dietro il bancone. Io gli rivolsi un sorriso ammiccante e risposi in tono mellifluo:- Ho fatto prima del previsto, Thomas-. Lui mi sorrise, raggiante, e mi consegnò la chiave della mia stanza. Sfiorandomi le dita della mano rabbrividì e un fiotto di sangue caldo gli imporporò le guance. Strinsi i denti.
Umani. Deboli.
-Grazie- mugugnai, e mi avviai per le scale facendo un cenno al rompiscatole, che mi seguì.
Una volta entrati, chiusi la porta e sospirai. Edward Cullen si appollaiò sul bracciolo del divano, guardandosi intorno.
Io mi tolsi lentamente il cappotto e la sciarpa che appesi all' attaccapanni, e gli occhiali da sole che poggiai sul tavolino.
Mi voltai a fronteggiarlo, gli occhi rosso vivo lampeggianti, e lui mi fece una smorfia. -Enid, Enid. O forse dovrei dire Lauren? Comunque sia, non mi piaci proprio per niente-.
Mi sedetti sull' altro bracciolo del divano, accavallando le gambe, ed estrassi dalla borsa un pacchetto di sigarette e un accendino.
-Un vampiro che fuma? Questa sì che mi è nuova-.
Tirai una lunga boccata prima di rispondergli. -Un piccolo espediente a cui sono dovuta ricorrere per confondermi con loro. E' uno stupido vizio umano, ma li fa sentire tanto superiori...-.
-Ti confondi a loro prima di attaccare?-.
-Così mi è più facile gustarli. Certo, devo spostarmi spesso e sempre sotto falso nome, ma per lo meno sono sazia-.
Lui non rispose, intento ad osservare il tavolo di fronte al divano dove stavano sparse varie cose: un paio di boccette di smalto, una spazzola, dei fogli dove pianificavo le mie vittime...
-E' stato Carlisle a mandarti?-.
-No, sono venuto di mia iniziativa-.
-E perché?-.
-Per impedirti di commettere il più grande errore della tua vita-.
-Il più grande errore che ho fatto è stato quello di aspettare così tanto prima di fuggire-.
-Non lo pensi davvero-.
-Ah, tu credi?-. Spensi la sigaretta nel portacenere e mi alzai.
-Sul serio, Cullen. Cosa sei venuto a fare?-.
-Ti riporto a casa-.
-Fiato sprecato. Io resto qui-.
-Davvero ti piace così tanto ammazzare le persone?-.
Il mio sguardo si indurì. - Non sono persone. Sono prede. E io sono una predatrice-.
-Non consideri che le tue prede hanno una vita, degli amici, dei parenti?- mi domandò, sempre con quel suo tono casuale che tanto mi infastidiva.
-Le mie prede? No di certo. Sono mostri... Tanto quanto me-.
-Allora hai almeno un vago criterio-.
-Parla pure quanto vuoi, ma io stasera devo uscire, quindi devo prepararmi. Ti ascolto-.
Andai in bagno dove mi cambiai e mi truccai con molta delicatezza e precisione. Edward Cullen non parlava, forse se ne era andato.
Avevo appena finito di pettinarmi quando me lo ritrovai dietro di me. Mi prese per le spalle  e mi mise di fronte allo specchio. -Che cosa vedi, Enid? Descrivimelo. Con precisione-.
Mi osservai con occhio critico: nello specchio c' era una ragazza bellissima, nessun dubbio al riguardo. Era alta un metro e sessanta e magra come un giunco. Sembrava fragilissima, ma nascondeva una forza immensa. La pelle era bianca come la neve, i capelli ramati erano raccolti in una coda alta e si inanellavano in boccoli fino a metà schiena. Indossava una maglia troppo grande grigia sopra ad un lupetto nero e ad un paio di pantacollant neri. Gli eleganti stivali morbidi, color marrone chiaro, le regalavano qualche centimetro in altezza. Aveva le labbra rosse come rubini, esattamente come i suoi occhi, che risplendevano furiosi come quelli di una leonessa.
-Vedo una vampira splendida che ha trovato la sua dimensione. E vedo un gran rompiscatole che la sta facendo arrabbiare. Mollami, Cullen. Devo andare-.
Lui mi strinse con più forza e mi mise a pochi centimetri dal vetro.
-Dimmi la verità, Enid. Dimmi cosa vedi-.
-Te l' ho già detto, Cullen! Smettila!-.
-Enid, guardati bene! Guardati!-.
Feci come mi era stato detto e, caduta ogni difesa, vidi quello che fino a quel momento avevo sempre cercato di ignorare. Vidi i miei occhi rossi non come rubini, ma come sangue. Il sangue delle decine di vittime che avevo mietuto per il mio egoismo, per la mia sete implacabile. Non erano innocenti, certo. Era il sangue di assassini, stupratori, trafficanti... Tutta gente debole che si era lasciata sedurre.
-Edward, ti prego...- mugolai, cercando di divincolarmi, ma nonostante lui si nutrisse di sangue animale, era molto più forte di me.
-Enid. Quel ragazzo, Thomas. Perché è ancora vivo?-.
-Che cosa diavolo stai...?-.
-Hai detto che non consideri gli umani come esseri viventi e pensanti, giusto? Oggi lui è arrossito. Il suo profumo è arrivato fino a me. Non c' era nessuno, e sai che io non ti avrei fermato. Perché non hai bevuto il suo sangue?-.
-Thomas? Ma perché avrei dovuto farlo? Thomas ha una fidanzata, Sylvia, e un figlio, John. E' un bravo ragazzo, non merita la morte-.
-Ma tu sei un vampiro, e lui è una preda! Perché non l' hai ucciso, Enid?!-.
-Perché non ne avrei avuto la forza! Non se lo meritava!-.
-E tutte quelle persone? Assassini, stupratori? Non hanno una famiglia, secondo te? Degli amici? Dei figli che li aspettano a casa, nonostante tutto?-.
Scossa dai singhiozzi, cercavo in tutti i modi di liberarmi.
-Che cosa vedi nello specchio, Enid?!-.
-Un mostro!!- urlai alla fine, arrendendomi. -Vedo un mostro, un mostro senza cuore che si crede superiore pensando di fare la cosa giusta-.
Lui mi lasciò finalmente andare e io crollai in ginocchio sul pavimento, singhiozzando.
Veloce e abile come nessun altro, Edward Cullen era riuscito ad abbattere in pochi istanti le difese che mi ero costruita in quel mese e mezzo.
-Spostiamoci di là, Enid. Vieni-. Mi prese per mano e mi fece sedere sul divano dove crollai, raccogliendo le ginocchia fra le braccia.
-Allora- disse lui con semplicità, sedendosi di fronte a me. -La sindrome del Dio, eh? "Tu sei degno di vivere", "Tu invece no"-.
-Prendimi pure in giro- mugolai -ma il loro sangue è irresistibile. Io sono debole, Edward. Non ho abbastanza forza di volontà per resistere alle tentazioni-.
-Non ti prendo in giro. Anche io ci sono passato-.
Risi in modo amaro. Si credeva spiritoso, il rompiscatole.
-Non sto scherzando! Appena trasformato, anche io avevo scelto una vita non dissimile a quella che conduci tu adesso. Anche io ho preferito assecondare il mostro che abita in me, dargli ciò che voleva. E anche io mi sentivo come te-.
Ero incredula. Davvero Edward Cullen, Mister Perfettini, aveva alle spalle un oscuro passato? La cosa mi lasciava allibita.
-So cosa provi, Enid. In questo momento stai assecondando il mostro che è in te, ma la vera Enid, quella dolce, gentile, quella che ha conquistato Esme, Jasper, Carlisle è ancora da qualche parte dentro di te. E si mostra, impedendoti di uccidere Thomas-.
-Io sono un mostro, Edward. E anche tu lo sei. Tutti i vampiri lo sono. Viviamo di questa non-esistenza, nutrendoci della vita altrui... Perché resistere al sangue umano, se questo è il nostro destino?-.
-Anch' io la pensavo così, e anch' io feci la tua scelta, ai miei tempi. Ma il senso di colpa mi attanagliava, esattamente come sta uccidendo te adesso.
Perché resistere al sangue umano, Enid? Proprio per dimostrare che non siamo mostri. Che un' altra scelta è possibile-.
-No, non è vero-. Mi alzai di scatto e feci il giro del divano, appoggiandomi allo schienale. -Morire. Questa è l' unica altra opzione che mi venga in mente. Se Jasper Hale mi avesse lasciato morire, io ora sarei libera. Adesso, invece, sono un essere sovrannaturale, e passo la mia esistenza a nascondermi. Guarda cosa so fare-. Mi concentrai con tutta me stessa sugli occhiali da sole di Edward, nella tasca del suo cappotto. Mi ci volle qualche secondo, ma alla fine questi uscirono e planarono dolcemente fino alla mia mano tesa.
-Eccezionale- sussurrò Edward colpito. -Hai trovato il tuo potere-.
-E dovrei esserne felice?- gridai, scagliandoglieli contro. -Questo mi rende ancor più diversa da quella massa di umani che vivono le loro misere vite, ignari che un giorno io potrei decidere che non ne sono più degni, e... E...-.  Crollai seduta a terra, dondolandomi tristemente. Edward, già al mio fianco, mi guardò in silenzio per qualche istante, poi mi abbracciò. Un gesto così umano da lasciarmi senza fiato.
-Non sono abbastanza forte, Edward- dissi contro la sua spalla. -Non sono in grado di vivere un esistenza come quella della tua famiglia-.
-Neanch' io mi credevo in grado, Enid. Ma non devi rinunciare. Ci vuole allenamento, disciplina, autocontrollo. E affetto. Sono tutte cose che possiamo darti, se decidi di tornare con noi-.
-Per voi sono solo un peso- constatai.
-No, non  vero. Certo, ammetto che non hai suscitato molte simpatie, all' interno della famiglia, ma saprai farti perdonare. Esme e Carlisle sarebbero al settimo cielo vedendoti tornare. E anche Jasper non vede l' ora di riabbracciarti-.
Non gli risposi. Forse un' altra scelta, dopotutto, era possibile?
Lui mi discostò leggermente, fissandomi negli occhi. -Torniamo a casa, Enid-.
Annuii, sorridendo mio malgrado.
Raccolsi le mie poche cose con l' aiuto del mio potere e le infilai in valigia. MI rivestii per uscire, indossai gli occhiali da sole e uscimmo dalla stanza, chiudendo a chiave la porta.
Quando arrivammo nell' atrio, mi diressi al bancone. Thomas mi rivolse un sorriso raggiante, che vacillò quando vide, oltre alla chiave, un rotolo di banconote.
-Se ne va di già, Lauren?- domandò tristemente, prendendo il pagamento.
-Sì. E' stato un soggiorno molto piacevole, Thomas. Ti ringrazio- gli sorrisi e mi voltai per andarmene, con Edward al fianco.
-Posso farle una domanda?- esclamò Thomas dalla sua postazione.
Mi girai, un po' interdetta. -Dimmi- risposi, curiosa.
-Chi è quel ragazzo con lei?-.
-Lui? Questo è Edward Cullen- risposi sorridendo enigmaticamente.
-Mio fratello-.

SPAZIO ALL'AUTRICE

Salute a voi, che avete avuto il buon cuore di dedicare un po' di tempo a questa mia prima OS. In realtà questo lavoro risale a qualche anno fa, ma non avevo mai trovato abbastanza coraggio per pubblicarlo. Ora che l'ho trovato, spero non mi bastonerete troppo, ha :)

L'idea è nata scrivendo una ff molto complicata che ho cestinato perché senza via d'uscita, ma il personaggio di Enid mi intrigava e ho deciso di dedicarle questa storia. Chissà se un giorno riprenderò in mano la ff originale, mah :)

Lasciate una recensione se vi va, mi sentirei molto onorata :)
  
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