Crossover
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Autore: Miriko96    28/03/2013    1 recensioni
A Londra stanno sparendo molte persone in circostanze sospette, e Sherlock Holmes indaga insieme al suo fedele aiutante Watson. Ben presto un uomo folle spuntato dal nulla con una cabina blu e 3 uomini altrettanto bizzarri arriveranno a complicare la situazione.
Fanfiction SuperWhoLock. [Spoiler per la 4a stagione di Spn!]
Genere: Avventura, Comico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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"Acciuffate quel mascalzone!!" gridò la guardia brandendo una spada nella mano.
Il Dottore corse fino alla sua cabina e si chiuse le porte alle spalle.
"Ok. Forse è stato un errore baciare la loro regina, ma dai! Condannarmi alla decapitazione non è un po' esagerato?!"
Alcune delle guardie iniziarono a colpire le porte con un grosso tronco di legno, e il Dottore fece un balzo staccando la schiena
dall'entrata. "Va bene ho capito siete suscettibili! Sarà meglio andarsene in fretta da qui, vero Sexy?" disse aggrappandosi allo scorrimano e dirigendosi
verso i controlli. Mentre all'esterno si sentivano soldati urlare e dare colpi alle porte, il Dottore calibrò alcuni comandi girando una sfera con le dita e alzando qualche leva.
Il TARDIS cominciò a tremare facendo il suo tipico suono e le voci all'esterno scomparvero, anche se probabilmente con quel trambusto non si sarebbero sentite in ogni caso.
Il Dottore venne sballottato da una parte all'altra e quasi cadde giù dalla rampa prima di aggrapparsi ad una delle ringhiere ed urlare "GERONIMOOOOOO!".

Quando la cabina atterrò, il Dottore si alzò in piedi sistemandosi il cravattino e pulendosi la giacca. Si avviò verso l'uscita e aprì le porte (come sempre nel verso
opposto a quello indicato sulla targa esterna) "Bene. Mi ci voleva proprio un bel viaggio alle Hawa- hey. Ma che?" il sorriso che un attimo prima aveva stampato in faccia
si tramutò in delusione, come un bambino quando riceve un maglione invece del giocattolo che desiderava.
"Ma questa è Londra. Si, e se non vado errato è la Londra del tempo di Amy e Rory. Perchè diavolo mi hai spedito qui maledetto catorcio?!" disse girandosi verso la console,
come se effettivamente potesse rispondergli. Beh, parlava sempre con il Tardis quando era da solo.
Richiuse le porte e guardò il monitor. "...Qualcosa qui non va." disse risettando i comandi, e spingendo nuovamente la leva che lo aveva portato lì. Il Tardis ricominciò a muoversi,
ma prima di atterrare ci fu una forte spinta, quasi come se fosse stato colpito da qualcosa, alcuni pulsanti andarono in cortocircuito emettendo delle scintille e il Dottore fu costretto ad allontanarsi
cadendo sul divanetto. "Che sta succedendooo?!" urlò il Dottore cercando di non cadere, e all'improvviso tutto si spense. Alcune luci si riaccesero pochi istanti dopo, come se si fosse attivato
un sistema d'energia di emergenza, ma i comandi non rispondevano e il tutto non sembrava intenzionato a muoversi.
"È come se qualcosa avesse respinto il Tardis prosciugandone l'energia, ma come è possibile?"
il Dottore guardò nuovamente il monitor e analizzò tramite esso l'area che lo circondava. "Oh no. Sono bloccato. Bloccato sulla Terra! Come un normale essere umano!" si sentì quasi in colpa di averlo detto finchè non si ricordò di non avere compagni umani nei dintorni in quel momento. Prese il cacciavite sonico dalla tasca della giacca e uscì all'esterno.
Iniziò a sventolare il cacciavite ovunque, puntandolo in direzioni diverse e attirando l'attenzione di diverse persone logicamente perplesse alla visione di un uomo vestito in modo così bizzarro
intento a gesticolare in modo imbarazzante con una specie di penna luminosa.
Il Dottore non ci fece caso, dato che in quel momento era troppo occupato a captare segnali per niente rassicuranti intorno a se e a quelle persone.
"L'intera città è bloccata in un flusso di distorsioni temporali, come una trappola creata per non far teletrasportare nessuno all'esterno, ma la domanda è: chi è stato a farlo e perchè?"
borbottò il Dottore facendo scattare il cacciavite e osservandolo. In un modo o nell'altro, era diventato un suo problema, dato che il Tardis era fuori gioco e lui era rinchiuso lì.

Deciso a scoprire cosa fosse successo in quella città, si diresse verso un'edicola e comprò un giornale, per cercare qualche informazione utile.
"Oh! Giornali! Adoro i giornali!" esclamò ancora prima di averlo sfogliato.  In prima pagina vide la foto di un uomo con un buffo cappello e, impresse sopra la foto,
a caratteri cubitali, vi erano le parole "Sherlock & John, blogger detective".
"Beh potrei cominciare da qui." disse leggendo l'indirizzo e cercando di capire quanto fosse distante da quel posto.
Fortunatamente per il Dottore, che non era abituato a mezzi pubblici di alcun genere o a spostamenti così lenti, si trovava a pochi minuti di distanza da Baker Street, che quindi raggiunse a piedi, chiedendo più volte informazioni a dei passanti. Giunse davanti ad una porta in legno nero, quasi nascosta dal tendone del bar alla sua destra, sulla quale luccicavano le placche dorate "2-2-1-B".
Il Dottore suonò al campanello e, nemmeno un minuto dopo, venne ad aprire una donna anziana che sorrise gentilmente alla vista dell'uomo.
Con molta fretta lui tirò fuori dalla giacca la carta psichica mostrandola di sfuggita alla donna, inventandosi il nome di una professione che -almeno- suonasse importante, e senza troppi convenevoli entrò in casa. "Oh! Sherlock! C'è qui un signore molto affascinante che vorrebbe parlare con te!" gridò la donna voltandosi verso la porta in cima alla rampa di scale.
Anche se non era troppo convinta di aver capito esattamente chi fosse quell'uomo, era abbastanza abituata a gente strana che vagava per il suo appartamento, compreso lo stesso Sherlock, quindi non si fece troppe domande. Il Dottore salì la stretta scalinata facendo due gradini alla volta, e prima che potesse posare la mano sulla maniglia, la porta si aprì dall'interno.
Il Dottore dovette abbassare lo sguardo per poter guardare negli occhi colui che gli stava di fronte, che era decisamente più basso di lui.
Era un uomo dai capelli corti biondo cenere, gli occhi blu scuro e di carnagione fin troppo abbronzata per un londinese. Indossava un maglione color panna e aveva in mano una tazza di thè ancora fumante quando gli chiese chi fosse. "Sono il Dottore! E ho bisogno del vostro aiuto!" disse con un sorriso pimpante facendosi strada nella stanza.
"Un dottore? Che coincidenza, anche io sono un medico! John Watson, piacere!" disse posando la tazza così da poter stringere la mano al nuovo conoscente.
"No a dire il vero non sono esattamente esperto in campo di medicina, mi considero più un dottore in ogni campo!" rispose mentre era intento a toccare ogni oggetto che catturasse la sua attenzione nella stanza. "Ah e....scusi la maleducazione del mio collega, Holmes, ma a volte è così concentrato a pensare che nemmeno si accorge di tutto ciò che gli accade intorno.." disse John mandando una frecciatina a Sherlock, dato che era ancora irritato per ciò che era successo quella mattina.
Quest'ultimo era in piedi davanti alla finestra, che pizzicava le corde del suo violino in modo distratto, emettendo dei suoni disarmonici.
All'improvviso si voltò di scatto e quasi lanciò lo strumento sul divano, lanciando un'occhiata a John come per dire Guarda che ti ho sentito.
Poi il suo sguardo si posò sull'altro uomo nella stanza. A risvegliare la sua attenzione in realtà, non era stata la futile battutina sarcastica del suo coinquilino, ma la frase dello sconosciuto.
"Dottore in ogni campo", suonava strana persino per lui, che d'altro canto, aveva inventato il nome per il suo lavoro. L'uomo in questione era alto e magro come lui, indossava un vistoso cravattino rosso -Scelta piuttosto discutibile- sopra una camicia azzurra con delle bretelle, anch'esse rosse. Sopra di essa, portava una giacca marrone con delle pezze sui gomiti, probabilmente volute e non dovute ad uno strappo. I pantaloni erano lunghi e neri, con la vita molto alta, e le scarpe, decisamente enormi, erano nere. Sherlock iniziò ad analizzare la persona che gli stava di fronte, facendo deduzioni decisamente dettagliate nei pochi secondi che bastarono all'altra persona per fare un passo avanti e tendergli la mano.

L'aspetto dimostrava approssimativamente 30 anni, anche se lo sguardo nei suoi occhi sembrava suggerirne molti di più, "una futile impressione basata su un'opinione e non un dato effettivo", pensò correggendosi Sherlock. Le sue mani non mostravano calli o cicatrici, e le sue unghie erano altrettanto pulite, quindi non svolgeva un lavoro manuale. I suoi vestiti erano puliti, ma sembravano essere stati usati molte volte e probabilmente sottoposti a diversi tipi di temperature, dato lo sbiadimento dell'azzurro della camicia. Un angolo della giacca era leggermente sgualcito, come se fosse stato bruciato, Sherlock pensò di riconoscere quella sfilettatura del tessuto come un colpo di arma da fuoco o simile. Nella tasca interna della giacca si trovava un oggetto, delle dimensioni di una penna all'incirca, mentre nell'altra riusciva ad intravedere un pezzo di plastica nero, come un portafoglio ma decisamente più sottile, probabilmente una carta d'identità, che era stata appena riposta. Sui pantaloni notò una piccola macchia di polvere terrosa, decisamente insolita, sembrava appartenere ad un luogo di campagna, sicuramente non di città. Questo voleva dire che l'uomo veniva da fuori, probabilmente era arrivato da poco e non si era ancora cambiato i vestiti. Questa sua teoria venne confermata e approfondita dallo stato delle scarpe: sembravano nuove, ma le suole erano molto rovinate, come se fossero state usate molto spesso per correre. Non erano certamente scarpe da corsa però, questo voleva dire che le suddette corse non erano programmate o volute.
"È un uomo che viaggia molto e si trova spesso a fuggire da situazioni pericolose, non è vero signor...scusi ma non ho afferrato il nome."  disse Sherlock stringendogli la mano.
"Dottore. Solo Dottore." disse meravigliato, ricambiando la stretta di mano. "Come sarebbe a dire solo Dottor-" provò a chiedere John, prima di essere interrotto (come al solito) da Sherlock.
"Ha detto di necessitare del nostro aiuto, di cosa si tratta?" disse, senza mostrare troppo interesse. Solo in quel momento il signore del tempo realizzò che non poteva esplicitamente domandare a due esseri umani comuni ciò che realmente gli serviva, così dovette rimanere vago. "È successo qualcosa di strano a Londra in queste ultime...diciamo....32 ore?" in qualunque modo la si ponesse, rimaneva una domanda bizzarra. "Dipende dalla sua definizione di 'strano', nel nostro ambito sicuramente sì. Molte persone sono sparite nel nulla. Persone che non hanno apparentemente niente in comune o di speciale. Io e il mio collega Watson stiamo indagando a riguardo, quindi non si preoccupi." disse il consulente investigativo, con tono un po' arrogante. "Nulla in comune se non si conta quella strana faccenda delle statue, giusto?" aggiunse John, suscitando l'attenzione del Dottore. "Statue? Intendi per caso statue di angeli che si coprono il viso?" disse allarmato, cambiando decisamente tono di voce. "Ma certo ora è tutto chiaro. Beh non è chiaro come abbiano fatto a prendere il controllo di una città così grande visto che erano così deboli, ma- oh. Ovvio. Si sono nascosti fino ad ora nutrendosi di energia temporale catturando persone innocenti e spedendole chissà quando! Se ci sono loro dietro tutto questo....è decisamente più grave di quanto pensassi." John guardò Sherlock con la confusione assoluta dipinta in volto, che per la prima volta da quando lo conosceva, riuscì a percepire anche sul suo.
  
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