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Autore: Brokenhearted    29/03/2013    1 recensioni
Flashfic. Brotherhood!Itacest (non conta come pairing, giusto come amore fraterno). AU.
"Lasciando cadere la frase nel vuoto, il più grande dei due si mise a fissare quel poco che vedeva del soffitto, preso da mille pensieri. Sentiva un forte istinto di protezione nei confronti del bambino tra le sue braccia, nei confronti di suo fratello, e avrebbe voluto - dovuto - rassicurarlo con certezze, piuttosto che con speranze e supposizioni."
{ dedicato alla mia Lovi personale }
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ehi, l'ho scritta finalmente! Ho in mente questa storia da quanto? un anno? e sono contenta di averla scritta finalmente! Niente, un po' di insano fluff fraterno in un contesto deprimente. ♥ Dedicata alla mia Lovi, che anche se non ci sentiamo da secoli... ti adoro, e sarai sempre il Lovino al mio Feliciano. ♥ Ti voglio bene Anni'.

C’era buio nell’immensa camerata da letto dell’orfanotrofio. Un buio quasi completo, interrotto unicamente dai raggi di luna passanti attraverso le tende male accostate. I soli suoni sentiti erano i respiri vagamente affannati dei bambini, addormentati profondamente. Solo uno di loro era sveglio, gli occhi spalancati e leggermente impauriti. Tremava, sebbene la coperta fosse più che abbastanza per coprirlo dal freddo di quella notte di novembre.
A un tratto decise di alzarsi, e s’avvicinò ad un altro letto, facendo risuonare i suoi passettini nel salone silenzioso.
“Fratellone, fratellone, sei sveglio?” sussurrò piano, nell’orecchio del ragazzo dormiente.
“Mhm... Cosa c’è, Feliciano?” borbottò l’interpellato, irritato dall’essere stato svegliato.
“Ho paura, Lovi.”
Cadde un silenzio tombale, e i due rimasero immobili così per quella che sembrò un’eternità. Poi il maggiore sospirò, e scostò le coperte, facendo spazio all’altro, per poi dirgli mormorando di salire sul suo letto. Feliciano obbedì subito, sorridendo a trentadue denti e infilandosi tra le lenzuola, stringendosi poi al fratello maggiore.
“Di cosa hai paura, Feli?”
“Ho paura che il nonno non sia quello che c’aspettiamo. Ho paura che non ci piaccia e sia cattivo... in fondo dev’esserci un motivo se la mamma non ce l’ha mai fatto conoscere, quando era ancora viva, non pensi?”
Lovino abbracciò il fratello, cercando di rassicurarlo tramite i gesti – cosa di cui non era affatto esperto.
“Se mamma e papà gli hanno dato l’affidamento nel caso fossero morti, non deve essere troppo male. E poi è il papa della mamma, non può essere cattivo...”
Lasciando cadere la frase nel vuoto, il più grande dei due si mise a fissare quel poco che vedeva del soffitto, preso da mille pensieri. Sentiva un forte istinto di protezione nei confronti del bambino tra le sue braccia, nei confronti di suo fratello, e avrebbe voluto  - dovuto -  rassicurarlo con certezze, piuttosto che con speranze e supposizioni.
“Mi mancano tanto.”
La frase di Feliciano era priva di soggetto, eppure Lovino non faticò minimamente a immaginare a chi si stesse riferendo, e a rispondere, con un tono altrettanto malinconico:
“Sì, anche  a me.”
La discussione sembrò finire lì, e il fratello minore si rigirò, il viso affondato nel petto dell’altro, stringendoglisi contro ulteriormente. Il maggiore ricambiò, premendolo contro di sè, quasi a difenderlo contro qualsiasi male esterno.
Addormentandosi, pensò solamente che un lato positivo c’era, in tutta quella situazione: dal giorno seguente non sarebbero più stati soli.
  
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