Film > Pirati dei caraibi
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Autore: Laura Sparrow    17/10/2007    4 recensioni
Secondo capitolo della saga di Caribbean Tales – Laura e Faith sapevano a cosa andavano incontro quando hanno deciso di tagliare con il passato e diventare pirati: la decisione è presa, la rotta è stata stabilita e non si torna più indietro, questo lo sanno. Dopo il loro ingresso nella pirateria, sulle acque dei Caraibi sembra tornato il sereno: Laura è sulla Perla al fianco di Jack, la maledizione di Will è spezzata e lui ha potuto fare ritorno ad Oyster Bay con Elizabeth e loro figlio. Ma la pace non può durare a lungo, perché la ricerca di una misteriosa miniera di diamanti rischia di disseppellire un segreto che doveva rimanere nascosto, mentre la turbolenta relazione incominciata fra Laura e il Capitano mette alla prova il loro coraggio più di quanto entrambi avessero mai immaginato...
Genere: Romantico, Azione, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1
Ritorno a Tortuga



Cara Elizabeth
Che dire di me? Nessuna novità a parte il fatto che mi sono innamorata di un capitano pirata, sono fuggita con lui e ora sono una temibile donna di mare.
Ancora non riesco a crederci. Viviamo sulla Perla Nera con il resto della ciurma, con cui conviviamo fraternamente, Annamaria è un'ottima compagnia, Michael adora essere un pirata: pare che tutti i suoi sogni si siano realizzati in un colpo solo. Beato lui che non ha dovuto aspettare vent'anni. Ma almeno ora posso dire che è valsa la pena dell'attesa. Faith sembra avere trovato il suo posto insieme a quel pirata: Ettore.
Il destino a volte prende strade sorprendenti, non trovi?
Lo so che vorrai sapere di me e Jack, e immagino anche che quando riceverai questa lettera ci sarà William che si fingerà insofferente a certi pettegolezzi da donne, ma che di tanto in tanto butterà l'occhio pensando di non essere visto. Razza di impiccioni, tutti e due!
L'unica cosa che vi dico è che non ho mai amato tanto nessuno prima d'ora, e che non sono mai stata più felice. Io ho trovato il mio posto, e non posso fare a meno di immaginare te, Liz, qui insieme a noi: come nei nostri folli sogni di ragazze, ricordi?
Mi mancate tanto.

La vostra feroce pirata dei Caraibi
Laura


Quando facevamo scalo in un porto, potevo affidare le mie lettere ad un corriere, che presto o tardi le avrebbe portate a Oyster Bay. Se ricevevo risposta, dovevo attendere di ritornare nello stesso porto da cui avevo spedito la prima lettera per poterla ricevere: perciò la mia corrispondenza con William ed Elizabeth era lenta e discontinua.
Nelle loro risposte c'erano sempre resoconti sommari di come andassero le cose da loro, ogni tanto qualche novità e molte domande su quello che facevamo o su come ci trovavamo ad essere pirati. Le acque, da loro, parevano essersi calmate: ora che Will era tornato potevano finalmente cominciare a vivere come una vera famiglia, e da quanto mi pervenne attraverso le lettere si Elizabeth, sembrava che William e il figlio avessero fatto grandi progressi.
Tortuga.
La prima volta che vi ero approdata non avevo saputo apprezzare quella sua folle anarchia, le locande dove i pirati andavano a sperperare un bottino conquistato, quella giostra frenetica di gente nelle strade: la prima volta ne ero anche stata spaventata. Non era ancora il mio mondo.
Ma avevo presto imparato che non si tocca la cenere senza sporcarsi, e avevo scoperto che bastava raschiare la superficie di quella realtà che prima poteva sembrarmi immorale o lontana dal mio modo di pensare, e andare più in profondità per scoprire un suo strano, magico e folle equilibrio.
Tortuga era la città dei pirati per eccellenza: le migliori locande e le case di piaceri, ladri e tagliagole, e complesse corporazioni di briganti. Vi respiravo un'aria diversa, ora che vi ero nel cuore e non più sul confine col mondo civile.
Il giorno volgeva al termine: il sole del tardo pomeriggio rosseggiava su Tortuga che sembrava cominciare i preparativi per la sua danza notturna. Io mi trovavo alla “Testa di Turco”, una locanda senza pretese a pochi passi dal molo: avevamo bisogno di nuovi imbarchi per la ciurma dopo che diversi uomini avevano lasciato la nave in seguito alla spartizione dell'ultimo fortunato bottino, così io e Faith ne avevamo approfittato per andare a scambiare quattro chiacchiere in una taverna.
Avevamo lasciato la Perla poco prima mentre le prime ombre della sera cominciavano a stendersi sulla città e, contemporaneamente, le strade cominciavano a brillare di una luce più viva e scoppiettante: un bacio mandato da Faith ad Ettore che ci aveva salutato da lontano con la mano, poi io avevo avvertito la presenza di uno sguardo su di me, e mi ero voltata perché lui era lassù sul castello di prua, e mi aveva salutata con un cenno e un sorriso speciale come solo lui sapeva farne. Avevo ricambiato, sentendomi invadere da un calore che da qualche tempo era una presenza costante.
Era ancora il mio capitano, su una nave vigeva una gerarchia che andava rispettata, eppure fra noi c'era sempre quella scintilla mai spenta, quello sguardo speciale solo per me, o il modo divenuto per lui del tutto naturale di avvicinarmisi e circondarmi con un braccio quando ci ritrovavamo sul ponte la mattina per controllare la rotta.
Fino a poco tempo fa io e la mia compagna non ci saremmo mai azzardate ad andare da sole in giro per Tortuga, ma ormai avevamo accumulato un po' di esperienza e la città non faceva più paura: ormai tutti sapevano delle donne pirata della Perla Nera, e godevamo anche di un certo rispetto.
Giravamo ormai sempre in abbigliamento maschile per praticità, anche se ormai non avevamo più bisogno di travestirci da uomini per non essere importunate: avevamo imparato ad usare le nostre pistole e spade, e giravamo sempre ben armate.
Probabilmente in quel momento neanche mia madre mi avrebbe riconosciuta, non portavo più l'abbigliamento povero di un semplice mozzo: indossavo una camicia bianca di batista e una lunga giacca di pelle chiara, simile a quella di Jack: il vento che soffiava in mare aperto alle volte era veramente freddo; un paio di pantaloni larghi e comodi, voluminosi stivali di pelle scamosciata, una grossa cintura a cui portavo appese la pistola e la spada che avevo imparato a portarmi dappertutto, la bandana rossa alla quale mi ero ormai affezionata e un cappello a tricorno nuovo di zecca... per quanto può essere nuovo un cappello sgualcito scovato raspando nei bauli della stiva. Era strano, ma ormai avevo fatto l'abitudine alla mia nuova vita da temibile pirata... e il mio ruolo non mi dispiaceva affatto.
- Allora? Niente in vista?- mi chiese Faith, incrociando le braccia sul tavolo. Scrollai le spalle e scossi brevemente il capo: - Niente di nuovo, o almeno, Jack non mi ha detto nulla. Penso che andremo avanti ad arrembaggi: i mercantili sono fruttuosi, come abbiamo potuto constatare dall'ultimo bottino... -
Un lieve sorriso si dipinse sulle labbra della mia amica, che per un attimo lasciò vagare lo sguardo per la taverna. - Insomma, è un po' che non facciamo nulla di veramente eccitante. -
Eccitante? Gettarsi negli arrembaggi non era abbastanza “eccitante”? Avevamo passato due settimane a zonzo per i Caraibi, le acque erano trafficate, quindi i nostri arrembaggi erano fruttuosi, e spesso ci fermavamo in qualche porto sicuro per fare rifornimento. I primi arrembaggi furono indimenticabili: ero eccitata e su di giri per una parte e tesa come una corda di violino per l'altra. Mi ricordavo i racconti di massacri, ponti viscidi di sangue, corpi che precipitavano in mare ai colpi di cannone: a quel pensiero il cuore sembrava deciso a sfondarmi la gabbia toracica e mi si mozzava il respiro in gola, mentre un senso di nausea nervosa mi tormentava quando per la prima volta la Perla Nera aveva raggiunto, rapida e letale, il fianco di un altro galeone.
Invece i mercantili erano piuttosto tranquilli e opponevano una resistenza minima: di solito ci bastava alzare il Jolly Roger e abbordare la nave con le spade sguainate perché tutti si arrendessero. Sapevano che resistere era un invito al massacro, e il più delle volte i marinai semplici non avevano firmato per combattere contro i pirati: prendevamo la nave e tenevamo sotto tiro il capitano e gli ufficiali, Jack non saliva a bordo finché la nave abbordata non era completamente sicura, allora ci raggiungeva sul ponte e costringeva il capitano a rivelare dove erano diretti, quale carico portavano e se ci fosse alcunché di prezioso a bordo, e di norma il capitano della nave prigioniera sapeva bene che mentire sarebbe stato un pessimo affare per se stesso e per la ciurma. Finii per farci l'abitudine: Jack aveva ragione, se la prendevi dal verso giusto era anche piuttosto divertente.
- Niente di eccitante? E quando Michael è caduto ed è rimasto impigliato sulle sartie?- replicai. Scoppiammo a ridere al ricordo: era stata una delle prime arrampicate sulle sartie per Michael, e aveva perso la presa; rimanere impigliato nelle corde era stato una specie di miracolo perché gli aveva evitato una fatale caduta sul ponte, ma la cosa divertente era che c'era voluto un quarto d'ora per liberarlo e i pirati avevano dovuto tagliare le funi per sciogliere il groviglio in cui era finito il ragazzino.
- Perché, e la cassa di rum finita in mare? Credevo che Jack ti avrebbe ucciso!- rilanciò Faith, sogghignando.
- Quella non è stata colpa mia! Le corde che la tenevano ferma hanno ceduto e al primo scossone la cassa è caduta fuoribordo!- mi difesi.
- Già, ma chi era che aveva fatto i nodi alle famose funi di sicurezza?-
- Non rigirare il dito nella piaga. - mugugnai, piccata. - E allora che dire di quando tutti stavamo cercando Ettore perché era il suo turno di vedetta e l'abbiamo trovato imboscato nella stiva con te?-
- Laura!- esclamò lei, diventando subito rossa e sgranando gli occhi alla mia frecciata inaspettatamente maliziosa: io risi di gusto e la fissai insistentemente con aria birichina. - Che ti prende Faith, in fondo non stavate facendo niente di male... Però lo sai che quando mi ci metto sono tremendamente curiosa... -
- E va bene, va bene... - si arrese Faith roteando gli occhi alla mia insolenza. - Se proprio vuoi saperlo volevamo soltanto dieci minuti per stare un po' da soli, cioè... io e lui. Non ci sono molte occasioni durante il giorno, con tutto il lavoro a bordo, e... -
- Capisco, capisco. - le sorrisi per dirle che non aveva certo bisogno di giustificarsi. - Sono contenta per te, Faith. -
Lei ricambiò il sorriso, imbarazzata: forse non ci eravamo ancora abituate del tutto a questa nuova realtà. Prima di allora cos'eravamo state? Due giovani donne sole che avevano dovuto cavarsela contando solo sulle proprie forze e fidandosi l'una dell'altra. Inevitabile che fossimo così unite e che per lungo tempo gli uomini fossero stati l'ultimo dei nostri problemi. Eppure ora entrambe avevamo trovato qualcuno da amare: logico che questo diventasse una parte della vita di ognuna di noi che non riguardava l'altra, era una cosa che ci allontanava e ci avvicinava al tempo stesso.
In quel momento ci si avvicinò la cameriera, una ragazza piuttosto giovane, venuta a ritirare i boccali vuoti: mentre prendeva i boccali sul vassoio ci chiese: - Desiderate altro, signore?-
- No grazie. - risposi, lei si voltò per tornare al bancone, ma in quel momento le tagliò la strada una ragazza sghignazzante inseguita da un pirata ubriaco: la urtarono e il vassoio le sfuggì, con una mano riuscì a prendere al volo uno dei boccali, ma l'altro di frantumò per terra. La cameriera sbuffò con aria rassegnata e si chinò a raccogliere i cocci. - Valerie Lawrence!- sbraitò il proprietario della locanda, arrivando di gran carriera. - Con cosa diamine servo da bere se le cameriere mi fanno a pezzi tutti i boccali?!-
- Oh, e piantala Richard!- lo rimbeccò a tono la cameriera, guardandolo storto. - In questo locale si spaccano dieci boccali al giorno, perché te la prendi con me?- il locandiere le agitò un dito davanti alla faccia. - Non ti permettere di parlarmi con quel tono! E dato che hai la lingua tanto lunga dico che oggi ti tolgo la paga, così impari come ci si comporta!-
La ragazza lo fissò con rabbia, gli occhi sgranati e le labbra strette, per un attimo pensai che avrebbe pianto, invece lei furiosa replicò: - Va al diavolo! A volte non so cosa mi trattenga dal mollarti un calcio dove so io!- - Il licenziamento, ecco cosa! E poi finiresti per le strade, chissà che quel tipo di lavoro non ti si addica di più!- replicò il locandiere, voltandosi e tornando al bancone.
- Te lo meriteresti proprio un bel calcio. - borbottò con rabbia lei, tornando a raccattare i pezzi del boccale. Non mi piacque per niente il modo in cui il locandiere l'aveva trattata, ed ero rimasta impressionata dal suo coraggio di rispondergli a tono, così quasi istintivamente mi alzai e mi inginocchiai accanto a lei.
- Ti do una mano?- mi offrii in tono gentile, lei mi guardò sorpresa. - Grazie. - rispose, guardandomi in modo curioso, come se mi stesse valutando. La aiutai a raccogliere tutto, e quando ci rialzammo Faith le disse: - Quel locandiere è un tiranno, non dovresti permettergli di trattarti così!-
La giovane scrollò le spalle con gesto esasperato. - Poh! Lo so benissimo, ma che ci posso fare? Più di rispondergli ci perdo il lavoro. - appoggiò il vassoio sul nostro tavolo. - Voi siete le donne pirata della Perla Nera, vero? Vi invidio, io sono in questa dannata stamberga da una vita. Mi chiamo Valerie Lawrence, e voi?- mi porse la mano e ce la stringemmo.
- Sono Laura Evans, capitano in seconda della Perla Nera. - Era giovane, doveva avere circa diciotto anni, di certo non di più, aveva lunghi capelli lisci e scuri raccolti in una rigida treccia sulla nuca, la carnagione abbronzata, labbra carnose e gli occhi grandi e castani: una ragazza bella, che forse normalmente sarebbe stato più facile trovare a fare moine ai marinai di passaggio in un bordello. Invece era lì in quella taverna, e il suo atteggiamento non suggeriva niente di delicato. Anche Faith si presentò, quindi Valerie prese a squadrarci entrambe con aria meditabonda. - Sentite... - disse, tormentandosi il mento con due dita. - Non è che sulla vostra nave avete bisogno di un mozzo? Lavorerei volentieri per voi. -
- Vorresti entrare nell'impresa? Tu?- Faith fece tanto d'occhi, ma Valerie le rispose con un sogghigno insolente come sfidandola a dirle cosa non poteva fare. - Non verrete proprio voi a dirmi che non è posto per una donna... - replicò, ironica.
Faith mi lanciò un'occhiata interrogativa chiedendo silenziosamente il mio parere: dopotutto il capitano in seconda ero io. Non vedevo motivo per non permettere a quella ragazza di venire con noi, in più dovevo ammettere che mi piaceva il suo spirito: sarebbe di certo stata una compagnia piacevole oltre a Faith ed Annamaria. Diedi voce ai miei pensieri con una scrollata di spalle. - In fondo, perché no? Penso che a Jack possa andare bene, dopotutto non avevamo bisogno di nuovi imbarchi?- spostai una sedia dal tavolo per invitarla a sedersi. - Siediti, ne possiamo parlare. Sei sicura di volere diventare un pirata? E' una vita interessante ma anche bella dura. -
- Questo postaccio non è tanto meglio. - replicò Valerie sedendosi in mezzo a noi due con naturalezza, come se per lei non fosse strano chiacchierare con due piratesse... e pensai che probabilmente non lo era. - Ho pensato che lavorare su una nave sia più interessante... e forse anche più redditizio. E poi visto che ci siete già voi due penso che non faranno storie anche se sono una donna. -
Mentre la ascoltavo parlare ad un tratto capii perché stavo prendendo in considerazione la sua proposta. Mi ricordava me stessa. Una me stessa più forte, più coraggiosa e disincantata, ma in qualche modo il tono appassionato col quale si era proposta di imbarcarsi con noi mi aveva fatto tornare alla mente l'emozione con cui tempo prima avevo chiesto a Jack di entrare fra i suoi pirati come mozzo, la prima volta che avevo messo piede sulla Perla Nera. Ci pensai sopra un attimo: curiosamente quella ragazza mi era già simpatica e non mi piaceva l'idea che fosse sola a Tortuga col locandiere che la trattava come una serva; ero certa che Jack non avrebbe avuto nulla da ridire, e due braccia in più per il lavoro facevano sempre comodo.
- Va bene, verrai con noi. - decisi, con un cenno affermativo del capo. - Considerati arruolata. -
Valerie sorrise entusiasta ed esultò, gli occhi improvvisamente accesi di gioia come se non avesse aspettato altro che quel momento per tutta la vita:- Fantastico!- si alzò in fretta dalla sedia facendo un mezzo giro su sé stessa. - Prendo le mie cose e vi raggiungo. -
- Valerie!- tuonò una voce alle nostre spalle: il locandiere aveva ricominciato ad urlare, gesticolando arrabbiato verso il nostro tavolo. - Adesso batti anche la fiacca? Torna immediatamente al lavoro!-
Lei gli lanciò un'occhiata storta che vibrava di collera repressa, poi si rivolse a noi con aria di sufficienza. - Scusate un secondo. - si voltò con uno sguardo carico di fredda determinazione, raggiunse a grandi passi il locandiere che ancora sbraitava, gli si piantò davanti, lo squadrò, poi gli rifilò una ginocchiata dritta in mezzo alle gambe: un colpo secco e preciso, di chi sa come colpire e dove. Gli improperi del locandiere si spensero con un guaito, e mentre lui barcollava con le mani strette all'inguine Valerie se la svignò correndo su per le scale con un sogghigno diabolico stampato in viso. Visto quello spettacolo, io e Faith ci guardammo negli occhi e scoppiammo a ridere di gran gusto.
- E' abbastanza tosta!- commentò Faith fra le risate.
- Decisamente!- concordai io, annuendo.
Due minuti dopo la ragazza tornò da noi con un sacco sulle spalle che doveva contenere tutti i suoi averi. - Partiamo?- domandò con impazienza. Effettivamente constatai che era meglio lasciare la locanda prima di attirare troppi spettatori: il locandiere sputava insulti rifugiato dietro al bancone; di lui non c'era da preoccuparsi, ma lo scambio di vedute fra lui e Valerie aveva attirato diversi curiosi, e non era saggio restare e dare opportunità a qualche sprovveduto di sfruttare quel pretesto per attaccare briga: già un paio di mezzi ubriachi ridevano e facevano commenti maligni, suscitando ulteriormente le ire del locandiere. Ce ne andammo in fretta mentre l'atmosfera iniziava a scaldarsi; mentre uscivamo dalla porta Faith mi rivolse uno sguardo divertito: - Riusciamo ad andare da qualche parte senza combinare disastri?-
Uscimmo sul porto: alcune navi erano ormeggiate sul molo e la Perla Nera spiccava come un gioiello tenebroso, come amavo definirla. La mia casa, il mio mondo. Cominciavo a capire perché Jack la amasse tanto.
Diedi un colpetto di gomito a Valerie e indicai la Perla: - Ecco, quella è la Perla Nera. -
Lei fu visibilmente impressionata alla vista della nave; quando salimmo a bordo continuava a guardarsi attorno, ammirando ogni cosa con evidente approvazione. Jack era sul ponte, davanti ad una fila di nuovi marinai e li stava passando in rassegna, o almeno così mi pareva, visto che sembrava parecchio distratto da un piccolo fascio di carte ingiallito che teneva in una mano e continuava a sfogliare col pollice, mentre di tanto in tanto si sporgeva a dire qualcosa a Gibbs che annotava frettolosamente tutto su un foglio.
- Jack!- lo chiamai mentre ci avvicinavamo. - Abbiamo un altro nuovo imbarco. -
Udendomi alzò gli occhi dalle carte che stava sfogliando con aria meditabonda e si voltò verso di me con un mezzo giro quasi leggiadro, con quei movimenti buffi e in qualche modo ipnotici che oramai mi erano familiari. - Sarebbe?- domandò, inclinando il capo. Io semplicemente accennai a Valerie che attendeva al mio fianco. Lui la osservò per qualche attimo, col mento sollevato e gli occhi socchiusi, in quel momento vidi il piccolo fascio di carte spiegazzato sparire nella tasca della sua giacca, poi sospirò alzando gli occhi al cielo. - Tesoro, tu prima o poi mi farai colare a picco la Perla. Non lo sai che porta male avere le donne a bordo?- Scoccandogli un'occhiata di biasimo mi avvicinai a lui e in tutta calma sollevai una mano, minacciando uno schiaffone. - Non ho capito bene, cos'è che hai detto?-
- Buona, buona, scherzavo!- rise Jack, ritraendosi prontamente all'indietro e alzando entrambe le mani per proteggersi. - Certo che può imbarcarsi: qual è il vostro nome signorina?-
- Valerie Lawrence, capitano. - si presentò lei.
- Bene, miss Lawrence, vi do il mio benvenuto sulla Perla Nera. - Jack fece un ampio gesto col braccio indicando il ponte della nave. - Lavorerete in cambusa, d'accordo?-
Valerie annuì, di colpo molto più mite di poco prima all'osteria. - Per me va bene, capitano. -
- Ottimo. - Jack accennò a me muovendo una mano nella mia direzione. - Laura, la accompagneresti da Horge? Saprà lui cosa farne di lei. -
Feci un cenno d'assenso e chiamai Valerie: - Vieni con me. - la portai sottocoperta; mentre la conducevo alla cambusa ad un certo punto lei ruppe il silenzio domandandomi: - Sei la sua donna?-
- Eh?- la schiettezza con cui era stata posta la domanda mi colse impreparata.
- Sei la sua donna? Del capitano, intendo. - ripeté Valerie, candidamente. Sorrisi e mi strinsi nelle spalle. - Be'... sì. - perché nonostante tutto continuavo ad arrossire, accidenti a me? Lei mi lanciò un'occhiata maliziosa da sopra la spalla. - Sei fortunata!- commentò arricciando le labbra.
- Lo so!- mi concessi di ridere, aprendo la porta della cambusa. - E tu invece? Non hai nessuno qui a Tortuga, un parente, un fidanzato?- lei scosse leggermente la testa in un cenno di diniego mentre aggiravamo la stufa.
- No, nessuno, solo qualche amico conosciuto all'osteria. Ho lasciato casa mia alcuni anni fa, e lavoravo lì da parecchio tempo. - improvvisamente mi sembrava triste, probabilmente non aveva avuto una vita facile da sola a Tortuga.
- Anch'io ho lasciato casa mia per cercare lavoro e una vita dignitosa. - le dissi, sentendo ad un tratto come il bisogno di rincuorarla. - E ho vagato per molto tempo, ero con Stephanie e suo fratello Michael, che è con noi sulla Perla, ma il mio lavoro non mi piaceva affatto: figurati, lavoravo in una prigione. Poi lì però ho trovato Jack. -
- Salve miss Capitano!- ci interruppe una forte voce burbera: era Horge, il cuoco di bordo, un tipo grosso e panciuto di carnagione mulatta, completamente calvo e leggermente zoppo: non camminava bene, quindi passava quasi tutto il suo tempo in cambusa: era un tipo allegro e gioviale, e aveva preso l'abitudine di chiamarmi “miss capitano”. - Salve Horge!- lo salutai, lui ci si avvicinò con la sua andatura un po' stentata per via della gamba, piantandosi sui fianchi le braccia grosse come prosciutti.
Valerie si fermò bruscamente e mi guardò con aria allarmata. - Ma voi mi avete presa come cena, non come aiutante!- gemette ad occhi sbarrati scrutando il gigante.
- Ma no!- la rassicurai mentre non riuscivo ad impedirmi di scoppiare in una sonora risata. - Horge è un po' grosso ma ti assicuro che non morde!- mi avvicinai a lui e gli battei una pacca amichevole sul braccio: avevo imparato che i modi di Horge non volevano mai essere bruschi, era invece un tipo estremamente gioviale. - Come te la passi?- lui agitò in aria il mestolo mentre rispondeva: - Non c'è male, ma per fortuna ogni tanto la nostra miss Capitano viene a trovarmi! Che succede di bello?-
- Ti ho portato una cambusiera. - accennai alla mia compagna. - Ti presento Valerie Lawrence; Valerie, questo è Horge. - Horge le strinse la mano così vigorosamente che a momenti le staccava il braccio. - Piacere di conoscervi, signorina! Finalmente qualcuno che da una mano al vecchio Horge!-
- Posso mettermi al lavoro subito se occorre. - si offrì Valerie: Horge riprese a gesticolare col mestolo in mano. - Se occorre? Qui c'è sempre lavoro da sbrigare, mia cara! C'è da lavare tutte le scodelle, poi dobbiamo cucinare la cena per tutta la ciurma... - continuando ad elencare a voce alta tutto quello che c'era da fare si allontanò verso i fornelli, io e Valerie ci scambiammo un'occhiata.
- E' un po' strano ma è simpatico, presto ti ci abituerai. - le assicurai. - Ora devo tornare di sopra, per qualsiasi cosa chiedi pure a Horge o a me. Dividerai la cabina con me, Faith e Annamaria dato che siamo le uniche donne a bordo. Ci vediamo dopo... posso chiamarti Valerie, vero? Mi sembra più appropriato di “miss Lawrence”. -
Lei mi sorrise e annuì. - Certamente. E io posso chiamarvi Laura, capitano?-
- Certo che sì. - la salutai con la mano mentre uscivo dalla cambusa. - Be', buon lavoro!-


Note dell'autrice: Innanzitutto voglio ringraziare di cuore tutte quelle che hanno commentato, davvero non mi aspettavo tanta approvazione per un semplice prologo! Inoltre ne approfitto per scusarmi se l'inizio di questa storia risulta un po' "fiacco", ma come il primo episodio nasce da fanfiction che ho scritto diverso tempo fa, e nonostante il lavoro quasi maniacale di restauro qualche "segno del tempo" rimane ancora. Ho comunque grandi progetti per questo secondo episodio, perciò a quanti avranno il coraggio e la forza (e la pazienza) di seguirmi posso solo dire... che spero di non deludervi!
Wind the sails.
  
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