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Autore: Shoen    17/10/2007    0 recensioni
1800, Giappone. Un cimitero, due uomini e una donna da ricordare...per poter andare avanti e non voltarsi più indietro.
Genere: Romantico, Malinconico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era un epoca di grandi cambiamneti quella in cui ho vissuto io

Il luogo dove l’avrei trovata.

 

Era quella una giornata di freddo inverno, il vento sferzava nella campagna vicino a Kyoto.

Il cielo grigio preannunciava un forte temporale; sentivo la tensione crescere lentamente mentre avanzavo nell’erba incolta, ancora bagnata dalla rugiada del mattino.

Presto mi trovai davanti a posto in cui aspettavo di arrivare da dieci anni.

Arrivai alla sua tomba, alta e fredda come il gelido marmo di cui era fatta, appoggia il mazzo di gigli con cui da anni aspettavo di rendere omaggio.

Tutto sembrava silenzioso in torno a me, appoggiai la mano sulla fredda pietra; e tolsi gli aghi di pino che si erano infilati tra le fessure, resi quel luogo di riposo meritevole delle spoglie che custodiva.

Sentii il lento muoversi di una persona dietro di me e sorrisi.

“Pensavo che non saresti venuto, Akito-kun” dissi, quando l’uomo piano si avvicinò alla tomba.

“Avrei detto di te la stessa cosa. Ma io non potevo mancare. Lei me lo aveva chiesto.”

Il tempo tornò indietro mentre accarezzavo il suo ricordo, alla prima volta che l’avevo vista.

Tornò ad una calda notte d’estate, quando la lune sorgeva alta rischiarando la dimora in cui alloggiavo, era la prima volta che dormivo lontano da casa e mi provocava un forte senso d’inquietudine.

La casa costruita in tempi antichissimi, sembrava nascondere ad ogni angolo pezzi di esistenza e di ricordi, sembrava che fosse viva come i suoi abitanti, antica come il tempo, doveva aver visto secoli di storia e vita di uomini.

Lasciai la mia stanza con indosso lo Yukata più leggero, e passeggiai nel lungo corridoio esterno alla stanza; cercando di muovermi più lentamente possibile e godendomi la poca aria fresca di quella calda notte, finché non arrivai al ponticello che mi separava da una piccola radura di salici.

Quando sentii l’erba fresca sotto di me avvertii il rumore di chiacchiere e di risa sommesse.

Avvicinandomi vidi rischiarate dalla luna e nascoste dagli alberi, due figure….

“ Tieni questo” disse la voce di un giovane uomo, posando nelle mani di una piccola figura un oggetto.

Incuriosito dalla vicenda mi avvicinai di più, ma quando salii sul piccolo ponte le due figure si accorsero della mia presenza e la più grande lasciate le mani dell’altra, si avvicinò al suo volto e baciatolo velocemente si mosse verso l’altra parte della casa,sparendo alla mia vista.

La piccola figura avanzò verso di me oltrepassando i rami pendenti del salice, la luna illuminò il corpo di una giovane donna.

Il voltò perlaceo mi parlò “Vi siete perso, mio signore?” chiese con un inchino.

Rimasi fermo, non sapendo cosa rispondere e allora per rispetto mi inchinai e le chiesi perdono per aver origliato la conversazione.

Lei sorrise e mi fece cenno di seguirla, mi guidò all’interno dei salici e presto mi accorsi di trovarmi davanti al corridoi esterno della mia stanza.

Mi volsi per ringraziarla ma la fanciulla era già sparita.

Tornai nel mio futon sperando l’indomani mattina di poter vedere nella casa di nuovo la fanciulla a meno ché ella non fosse stata solo una suggestione del giardino e di quella antica casa.

Il mattino dopo scoprii che era una donna vera perché, mentre mi muovevo silenziosamente nella casa osservavo gli innumerevoli servitori apprestarsi nelle faccende domestiche, sentii nel giardino, la risata argentea di una donna che con una serie di dame camminava lentamente nel parco.

Per giorni la scorsi muoversi nel parco, attorniata da servitori e da uomini fedeli a suo padre, ma sembrava che lei non ci facesse molto caso.

Solo io vedevo cosa succedeva dopo le ore diurne, lei con i lunghi capelli sciolti, e lo yukata più leggero indosso, si dirigeva verso i salici, sorridendo.

Intanto il mio lavoro in quella casa proseguiva, seguitavo a controllare rapporti su varie mercanzie che arrivavano e che partivano da Kyoto.

Sembrava che il tempo non passasse mai, serie di nomi e numeri…solo quello per giorni e giorni.

Gli unici momenti di libertà li passavo sul pontile e uno di quei giorni sentii l’ombra di un uomo avvicinarsi.

“Provenite dalla città vero?”  chiese, e constatai che doveva all’incirca avere la mia stessa età.

“Si” gli risposi.

Lui mi guardò per interminabili secondi e poi tornò a fissare la giovane che si avvicinava al pontile.

“ E bella vero?”chiese di nuovo, e dal tono con cui pronunciò quella domanda mi tornò in mente la voce della seconda ombra che aveva lasciato la ragazza la sera nel giardino.

“Qual è il suo nome, ho timore a chiederlo” dissi con cautela

L’uomo non mi rispose ma se ne andò ridendo

Con il lento passare dei giorni conobbi il suo nome, Mirei.

L’avevo scoperto riuscendo a parlare con una delle donne che la accompagnavano nei suoi spostamenti, dopo il nostro primo incontro la intravidi altre volte nella casa, ma non le rivolsi la parola, per timore che il padre ostacolasse, arrabbiato, ostacolasse quei piccoli momenti in cui la vedevo.

Poi un giorno passò davanti alla porta del mio studio  e incuriosita, entro.

Mi stupii che fosse sola, ma mi limitai a guardarla toccare lievemente i libri, riposti disordinatamente nella stanza.

“Qual’ è il tuo nome?” mi chiese

Mi alzai e le feci un inchino.

“Può chiamarmi Hiro, se le fa piacere”

“Io sono…”

“Mirei-sama, conosco il vostro nome” dissi mentre alzavo lo sguardo verso di lei, la giovane sorrise di quel appellativo e mi chiese di rivolgermi a lei normalmente.

Si avvicinò sedendosi in ginocchio di fronte a me, per un po’ di tempo continuò a rigirarsi tra le mani un vecchio libro che poi appoggiò sul piccolo tavolo che ci separava.

Lo presi in mani…

“Questo è un libro che proviene dall’Italia” le dissi, mentre lei mi guardava avida di conoscenza “E’ scritto in versi, e racconta di un viaggio nel regno dei morti” la ragazza mi guardo stupita.

“sembra un libro molto vecchio?” mi chiese

“Già, è una antica edizione che ho trovato nei viaggio…con mio padre” dissi abbassando gli occhi.

La ragazza intuì qualcosa e non mi chiese niente, io e mio padre non ci vedevamo da anni, e il fatto che volessi andare a lavorare presso il padre di Mirei fu la rottura del nostro rapporto; riscossomi dai ricordi, presi a cercare una parte del libro che mi piaceva molto.

“Hiro-kun, come fai a leggere questi segni?”

“Io non so leggere questa lingua ma ho trovato altri libri che ne parlano”

“Guarda, Mirei-chan; questo è uno dei canti secondo me è il più bello e il più triste” dissi mostrandole la scrittura e i disegni del libro.

“Per quale motivo? “ chiese

“Perché racconta le vicende di due amanti, che il protagonista incontra sul proprio cammino; essi…”

La mia narrazione fu interrotta da un ombra nera che entrò dalla porta, una delle serve, stanca di cercare Mirei per la dimora; si era ricordata di me ed era venuta per chiedermi aiuto per ritrovarla.

La donna alla vista della ragazza seduta al mio tavolo si precipitò da lei e incominciò a scusarsi e inchinarsi per averle permesso di disturbare il mio lavoro; tanto che portò la ragazza fuori dallo studio, prima che avessi la possibilità di risponderle.

Di nuovo, la solitudine era tornata da me, mi risedetti al tavolo e tentai di ritornare ai miei oneri, ma più cercavo di concentrarmi e più i miei occhi correvano velocemente al vecchio libro davanti a me.

Il tempo cambiava e lentamente la bella stagione volgeva al termine, fu in quei ormai tiepidi giorni d’autunno che la bella Mirei incominciò a divenire una presenza costante nel mio studio, incurante delle proteste della vecchia serva che era stata coinvolta sua malgrado nelle visite della sua padrona.

Ogni volta era una boccata d’aria fresca, mi distoglieva dal noioso lavoro e dai ricordi di mio padre, regalandomi momenti in ogni felici.

Inizia a narrarle le vicende raccontate nei libri che arredavano il mio studio traducendo quelli scritti in lingue che conoscevo, le raccontavo storie vecchie di secoli, che lei ascoltava in silenzio, e sorridendo ogni volta che la vecchia serva si addormentava durante il racconto.

Ogni tanto invece, soleva raccontare lei, le storie e leggende del mio paese che avevo a lungo trascurato per seguire mio padre nei suoi viaggi.

Adoravo quando parlava, perché ad ogni vicenda che narrava sentivo l’immagine di ogni cosa nella mia mente, e sembrava quasi che fosse come Mirei la raccontava.

Le giornate divennero sempre più corte; il prato sfiorì e il gelo dell’inverno iniziò a coprire Kyoto e le sue campagne giungendo finalmente alle porte di quella casa.

Il tempo che, nonostante tutto passavo con lei, sembrava non diminuire, come invece accadeva al chiarore delle giornate.

Un triste giorno, Mirei arrivò felice nel mio studio.

“Hiro-kun ascoltami” disse corrucciata mentre io, per scherzo, fingevo di non averla sentirla .

“Cosa c’è?” le chiesi alla fine, pronto ad ascoltarla.

Improvvisamente imbarazzata, iniziò a contorcersi le mani e si morse il labbro inferiore, spostando lo sguardo per la stanza, poi…”Mi sposo” disse semplicemente.

Fu, dopo il giorno in cui lasciai la casa di mio padre, il giorno in cui sentii il mio cuore divenire freddo come al neve che solve cadere in quei giorni.

Abbassai lo sguardo, e lei comprese qualcosa che avevo giurato di non doverle mai rivelare.

Nei giorni seguenti non ebbi molto tempo per preoccuparmi del suo prossimo sposalizio tanto che i preparativi per il banchetto di fine anno preoccuparono l’intera villa, i servitori portarono all’interno delle cucine ogni genere di cibi, spezie.

Vidi nelle cucine le donne affaccendarsi su piatti di spaghetti, bottiglie di sakè e thè, toshikoshi soba, spaghetti di riso e infine zouni preparata con mochi di riso, pollo, verdure, erbe varie; mentre alla porta della casa venivano appesi i  kadomatsu e i kagamiu – moki

Rispettivamente rami di bambù  e dischi di riso che avrebbero portato auspici per l’anno avvenire.

Tutto ancora in rispetto della vecchia tradizione dei samurai e delle donne del passato.

Nella stessa notte l’intera famiglia si sarebbe recata al tempio di Kyoto per ringraziare gli dei e per ottenere felicità per l’anno nuovo; avrebbe aspettato i 108 rintocchi di fine anno; 108 rintocchi che si sarebbero diffusi solennemente nelle campagna.
Prima del banchetto mi ritrovai ad osservare Mirei, sembrava stranamente triste e agitata; da minuti interminabili passeggiava sul ponte senza sentire il gelo di quella sera, coperta solo dal suo furisode, ricco di disegni che coprivano la stoffa leggera e cangiante.

Finalmente la sua tensione si sciolse quando, il suo amato, Akito, le si avvicinò, le parlò tenendole le mani e improvvisamente se n’andò via come era venuto, lasciandola sola sul ponte.

Mi avvicinai a lei, rabbrividendo per il gelo di quel giardino e quando arrivai al suo fianco mi sorprese abbracciandomi stretto.

L’uomo le aveva accennato che qualcosa sarebbe cambiato, qualcosa che suo padre aveva deciso, e che non avrebbe dovuto essere nei piani; qualcosa che io conoscevo da tempo, e che non avevo avuto il cuore di riferirle.

Poi…tutto avvenne molto velocemente.

Sentimmo urla, e pianti provenire dalla stanza del padre di Mirei, lei corse disperata verso al porta ma io la trattenni e non la feci entrare, avanzai nella stanza e vidi accasciato sul tatami l’uomo che da quella torrida estate mi aveva permesso di lavorare al suo fianco.

Mirei entrò dopo di me come se sapesse già cosa era successo, come se nella corsa disperata verso la stanza avesse intuito che qualcosa non andava.

Si chinò sul corpo del padre e piangendo asciugò la ferita da cui la spada che lo aveva colpito era stata estratta.

Nelle ore seguenti, la casa divenne ancora più silenziosa e scura del normale, le persone che lentamente andavano a recare omaggio alla stanza del signore, mi regalavano occhiate sospettose e accusatorie. Presto mi sarei dovuto difendere dalla calunnie di qualcuno, anche se tutto mi sarebbe andato bene se solo Mirei avesse smesso di piangere, almeno per un momento.

Cercai innumerevoli volte di aprire la porta della sua stanza ma lei, relegatasi nel silenzio, sembrava aver smesso di essere se stessa.

La prima volta che la sentii di nuovo parlare fu quando Akito, le fece visita  per pochi minuti e quando usci sembrava distrutto non solo nell’anima ma anche fisicamente, tuttavia non ebbi tempo di poter pensare a lui fui portato da alcuni capi della famiglia nelle segrete della casa.

Non so per quanto tempo ci rimasi, so solo che successero molte altre cose prima della fine di cui io non ebbi notizia…

Il rumore della pioggia che aveva cominciato a cadere interruppe il mio sogno e incubo nel passato e mi ritrovai di nuovo nel luogo che poco prima avevo lasciato e che ora con l’aiuto della pioggia sembrava ancora più freddo e desolato.

La voglia di sapere cosa era successo durante la mia prigionia mi spinse a rompere il silenzio.

“Cosa successe tra voi due, in quei giorni?” chiesi ad Akito

L’uomo continuava a guardare la lapide bianca ma poi cominciò a raccontare perdendosi nei ricordi come me prima…

“Cercai di evitarla in quei giorni, ogni volta che la guardavo mi sentivo male.

Una sera la trovai nella mia stanza, era orma l’ombra di se stessa,tuttavia il volto scarno e scavato non diminuiva la sua bellezza.

Mi parlo, mi chiese per quale motivo l’avevo evitata per così tanto tempo, mi chiese cosa realmente suo padre aveva deciso prima di morire, perché era suo volere eseguire l’ultima volontà…

Fu quello a farmi arrabbiare, le inveii contro, le disse che lei non aveva mai provato nulla di serio per me, che era stato tutto un gioco dell’estate e del caldo.

Me n’andai lasciandola sola, probabilmente incredula per le mie parole…e poi lei, uscita dalla stanza, ti vide correre nel giardino e ti seguì…il resto lo conosci anche tu…” concluse.

Ricordavo che quella sera scendeva una fredda pioggia come adesso; una volta scappato dalle prigioni fuggii attraverso il giardino ma nel correre vidi lei che mi seguiva…

Mi fermai, con il desiderio di rivederla almeno per un ultima volta, e sperando che questo mi fosse concesso, ma non lo fu…

Akito ci aveva seguito, e non era il solito uomo di cui Mirei spesso mi parlava, calmo e dolce; quello che vedevo davanti a me era il giovane arrabbiato e innamorato che per quell’amore aveva perso molto ed era pronto a difendere l’unica cosa che gli rimaneva.

Portava due delle spade del signore, la più bella e la più amata, me ne lanciò una velocemente prima di avventarmi contro; colpiva alla cieca, senza timore di ferirsi o di distruggere tutto ciò che ci circondava, ma la sua rabbia era la mia forza.

Un uomo che combatte con rabbia, anche se animato dallo spirito dell’odio era cieco ad ogni arte della spada e della lotta,  e non mi fu difficile colpirlo e atterrarlo, diverse volte.

Mirei cercava senza sosta di fermarci ma sembrava che il suo amato volesse finire quel duello con la morte di uno dei due.

Finalmente Akito si stancò e la giovane  chiese spiegazioni…gli occhi dell’uomo si abbassarono “Sono stato io, “ disse alla fine.

Il viso di lei si contrasse… “Lo sapevo gia” disse “Il modo in cui tu evitavi il mio sguardo, le mie carezze, me stessa; sapevo che eri stato tu.”

“Non volevo, perderti, tuo padre aveva deciso che non ero adatto a sposarti che invece lo era, il suo più fidato consigliere…” disse guardandomi ed io distolsi lo sguardo colpevole.

E poi rivolgendosi a lei “Non avrei sopportato che anche tu mi lasciassi…anche se ora tu non mi perdonerai”

Queste furono le ultime parole, che uscirono sussurrate dalla  sua bocca, prima di prepararsi ad attaccare; un ultima volta violentemente…anch’io lo feci, alzai la spada e correndo verso Akito e cercai di colpirlo…

Ma la cosa che mi ritrovai tra le braccia poco dopo non fu il ragazzo, ma l’esile e straziato corpo mi Mirei.

La giovane per far smettere quella follia si era intromessa nel combattimento finendo ferita da entrambe le katane; in pochi minuti, io e Akito, avevamo perso l’unica cosa a cui tenevamo.

L’unica che mi permetteva ancora di vivere senza abbandonarmi all’inerzia di una vita senza significato.

Il viso contratto della ragazza era rivolto verso il suo amato che la teneva sorretta insieme a me, accarezzandole il viso, entrambi i volti erano rigati dalle lacrime e dalla pioggia.

Due mesi, furono due mesi di lunga agonia per Mirei, due mesi lunghi per tutti, per Akito era rinchiuso in città e per me che stavo accanto alla ragazza ogni attimo del mio tempo.

In quei giorni di agonia della giovane cercai di poterla aiutare; chiesi più volte al nuovo capofamiglia di portare via la ragazza per poterla curare meglio, ma l’uomo mi negò sempre la possibilità, come se la sua intenzione fosse quella di sbarazzarsi il più presto possibile della giovane.

Una di quelle volte, arrabbiato, mi scagliai contro di lui.

“Perché non volete aiutarla?” gli urlai tenendolo per il collo del kimono.”

“E’ una figlia illegittima. Non lo sapevi?” disse guardandomi negli occhi

“E’ il simbolo del tradimento di mio padre. Quel folle aveva voluto tenerla con se, portando disonore su tutti noi.”

Accecato dalla rabbia lo colpii in pieno volto e l’uomo cadde a terra senza smettere di sorridere.

“Non otterrà altro da questa famiglia”

Me n’andai ma quando mi fui seduto al fianco di Mirei nella sua stanza, non ebbi il coraggio di guardarla negli occhi.

Lei prese debolmente la mia mano tra le sue.

“Non prendertela con Nii-sama, lui ha sofferto tanto. Quando sua madre morì mio padre si rifugiò tra le braccia della donna che poi divenne mia madre e lui si è sentito tradito”.

“Nessuno può far morire qualcun altro per questi motivi, è tuo fratello Mirei-chan”

Lei non rispose alla domanda, e io che coglievo che c’era qualcosa di profondamente sbagliato in quella situazione non potevo smettere di parlarne, ma ella mi interrompeva sempre e mi chiedeva di narrarle ancora e ancora le storie dei miei libri.

“Hiro-chan…quella storia…”mi disse un mattino

“Quale?”

“Quella dei due ragazzi…raccontamela ancora”

Ero titubante ma…”I due giovani, una notte si videro in segreto e consumarono il loro amore; ma il marito di lei, li scopri e folle di rabbia…decise di ucciderli tutti e due.”

La ragazza sposto lo sguardo dal mio viso ”E ci riuscì?” chiese

“Si…ma l’autore pur condannando le due anime ideò un finale particolare per la loro storia”

Mirei a quel punto mi guardò “Saranno per sempre trasportati da una vento come forte come lo era stata la loro passione, per sempre….insieme.”

La giovane  sorrise e io capii di cosa aveva realmente bisogno.

Dopo infinite richieste il capofamiglia mi diede una altra udienza, mi accontentò ma con la condizione che dopo la morte di Mirei avessi lasciato la casa per mai più ritornare; accettai senza troppo pensieri, niente ormai mi legava a quell’infelice luogo.

Fu così che un giorno di solenne calma, si presentarono alla porta della casa, due uomini che tenevano in custodia Akito.

L’uomo sembrava non cadere sotto il dolce sguardo di Mirei, ma la giovane lo costrinse a guardarla negli occhi.

“Akito-kun…io ti ho gia perdonato” disse con un sussurro

“Ma tu hai bisogno di un altro perdono, che io non posso darti” e poi gli parlo ancora, felice.

Li lasciai da soli; ma ad una certa ora sentii Akito urlare fuori dalla stanza di Mirei, il suo nome dell’amata, mentre veniva portato via.

Più tardi tornai da lei, e quando vidi il colore del suo viso, capii che era arrivata allo stremo.

“Hiro-kun,” mi chiamò debolmente ed io corsi da lei “Promettimi una cosa”

“Quando stare qui, in questa casa, non avrà più senso per te, promettimi che tornerai da lui.”

La guardai perplesso.

“Promettimi che tornerai da tuo padre, che sarai felice”

“Mirei-chan, io…”

“Promettilo” disse più forte

Sorrisi trattenendo le lacrime “Tornerò da lui, a casa mia”.

La ragazza mi regalò l’ultimo dei suoi sorrisi, splendido come la prima volta che l’avevo vista e, che avevo iniziato ad amarla.

Venni richiamato al presente un ultima volta dal suono scrosciante della pioggia, che continuava a cadere regalando a quel luogo triste il sapore della vita.

“ Mi aveva detto che ci saremmo rivisti” disse Akito “E io per dieci anni ho sperato che assurdamente, dentro di me, di poterla vedere vivere.

Prima di vederla un ultima volta, avevo desiderato tanto sentire il suo corpo caldo, e di vederla accanto a me, ma quando le mi fu davanti, non seppi cosa dirle…”

“Ma lei lo fece” lo interruppi “Ricordi cosa ti disse?” chiesi allontanandomi e camminando verso l’uscita.

“Si” rispose

Risentii dentro di me la sua voce pronunciare quella frese quasi che si fosse rivolta a tutti e due….”Non temere ci rivedremo, un giorno mi troverai…se non sarà in questa vita sarà in un'altra…”

 Uscii dal luogo dove ella riposava, lasciando Akito da solo.

Mi diressi verso il porto di Kyoto che negli ultimi dieci anni, era diventato molto più grande e affollato, ma che stranamente quel giorno sembrava deserto; mi diressi verso una delle banchine e salii sul pontile della barca a cui era attraccata.

Mentre la nave salpava e si allontanava ebbi il tempo di scrutare un ultima volta la città che in quegli anni sembrava cambiata più di quanto non avrei immaginato e salutai casa mia e mio padre che ancora la custodiva

Volsi lo sguardo, sulla silenziosa casa di Mirei che s’intravedeva in lontananza, rividi in un attimo tutti i momenti che avevo passato in quel posto e poi il mio sguardo cadde sulla campagna scura, dove lei riposava…il luogo in cui avevo l’avevo trovata.

 

 

-Kun: vezzeggiativo che si aggiunge, generalmente, ai nomi maschili.

-Chan: vezzeggiativo che si aggiunge, generalmente, ai nomi femminili

Yukata= Kimono più leggero di quello normale e utilizzato nelle feste estive.

Futon=  è un materasso usato al posto del letto, composto principalmente da strati di cotone.

Nelle antiche usanze giapponesi i bordi di lino erano di colori diversi per differenziare le caste di appartenenza.

Furisode= è il kimono più formale per una ragazza nubile e viene indossato quindi nelle occasioni più eleganti: per festeggiare la maggiore età (a gennaio del 20° anno), per un matrimonio, per la prima cerimonia del tè dell'anno

Nii-sama: nii è riferito al fratello mentre -sama è un titolo onorifico.           

 

  
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