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Autore: AddictiveDistortion    30/03/2013    1 recensioni
Myungsoo era il bianco.
Sungyeol il nero.
Mai mischiarli ma accostarli.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: L/Kim Myungsoo, Lee Sungyeol
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Myungsoo aveva tutto ciò che qualsiasi essere dal sesso ed età indefinite al mondo potesse desiderare: era bello, giovane, intelligente, di famiglia non troppo povera ma a cui non uscissero i miliardi pure dal buco del culo. Più perfetto di così crepavi, che potevi volere di più dalla vita?

 
 La voglia di viverla. Perchè avere una vita che sembra non avere pecche all'esterno quando stai morendo internamente poteva essere qualcosa di insuperabile da soli, un ostacolo insormontabile, che Myungsoo lo fissava dal basso e si diceva che mai per niente e nessuno avrebbe potuto provare a scavalcarla, quella montagna, quella fottuta montagna che si ergeva innanzi a lui e sembrava non finire mai, cazzo, era infinita, altissima, una fitta nebbia ne oscurava la cima e quasi la censurava, insomma Myungsoo, sei una marionetta in mano ad un destino che non sai manovrare, è il vento che ti manovra, Myungsoo, non hai che fare, tu, proprio nulla: sai solamente guardare ad occhi spalancati per poi socchiudere quelle palpebre rassegnato e dirti che è inutile sperare, nemmeno un cane vorrebbe aiutarti a scalare passo per passo quel monte, potrai SEMBRARE perfetto ma dentro fai schifo, sei vuoto, neanche hai la voglia di provare, sei una stramaledittissima bambola, la volontà si disgusta a sfiorarti e vaghi ... vaghi ... vaghi intorno a quella montagna che sta sempre lì e non si smuove di un pelo, non è invisibile, è vera e REALE e ti fa paura. 
 
Quella paura che ti prende nelle viscere e ti scuote e quasi ti rende immobile, hai la mente immobile e non riesci più a pensare razionalmente, ti trovi nella valle defunta e nel rigor mortis delle sinapsi, non colleghi più, non sai più se sei vivo o morto: sei in mezzo ad una folla incredibile di gente e ti appaiono tutti privi di coscienza, anime trasparenti e senza colore che camminano in ogni lato, angolo, strada, viuzza e sei circondato, ti spingono, ti urtano, ti fanno del male, non sai più se senti il dolore o se tutto è insapore, inodore, strizzi gli occhi per capire ma non capisci e ti chiedi come ci possa essere qualcuno là fuori in quei sentieri freddi ... qualcuno per te, fatto per te, che possa stare con te, che sopporti te, che tolleri qualsiasi difetto e tu ne hai tanti, sai di averne tanti, ma non talmente tanti da essere peggiore degli altri, che schifo, almeno tu sai di averne eppure non trovi un povero pezzente disposto a camminarti vicino, camminano ovunque  ma nessuno ti cammina vicino e ti sforzi, ti sforzi di camminare tu vicino a loro  ma niente, non ce la fai, ancora non ce la fai, sei ancora troppo ingenuo, hai paura della verità e non vuoi che la verità ti sia svelata, vaghi, vaghi, la luce non la vuoi vedere, non esiste, la luce te la sei sepolta dentro ... 
 
E poi mani mani mani, mani che scavano e tentano di portarti e di irradiarti del sole e dell'emozione, del calore, del colore, del sapore, del gusto, del profumo di una vita che pensavi fosse impossibile e semplicemente un'utopia di libri, canzoni, poesie, film e immagini con cui ti avevano imbottito a tre anni e da quel momento in poi eri stato così felice, non vedevi l'ora di crescere per avere quello che avevano loro in quei cazzo di libri, sembravano colmi e scoppiavano di gioia ma non è come dicono loro, non lo è, non capiscono loro che vuol dire quando a vent'anni sei già morto e non sai cosa fare, non sai dove andare, non sai cos'è e perché, com'è e dov'è, non sai cosa domandarti e non sai come rispondere a quelle cose che non riesci nemmeno a chiederti, mani e dita allungate e affusolate che ti afferrano, ti trasportano e ti trascinano in superficie ed è aria, aria pura e pulita e limpida che spasmi per riempirtici i polmoni ed è aria nuova, non riesci neppure a definire la sensazione di sentirti depurato fino alla punta dell'intestino tenue che ti si attorcigliava costantemente quando sbattevi contro i muri di città ed è aria, aria, aria e un viso nuovo che non sai decifrare e catalogare non c'è niente da fare è come se quelle iridi brillassero e sembrano quelli di un cerbiatto è così bello e rassicurante meraviglioso e ti fa venir da ridere di quant'è bello e strano è proprio strano bello ma non sai chi è e non sai da dov'è venuto però adesso è lì con te e grazie di essere comparso cerbiatto ma scapperai anche tu io lo so che scapperai. 

 
Cala il sipario e Myungsoo avverte ancora quella mano dal palmo caldo e la punta delle dita fredde che gli facevano un po' il solletico e lo facevano stare bene. Chissà per quanto aveva dormito quel pomeriggio e chissà come cristo aveva fatto a svenire in mezzo alle strisce pedonali pure se s'era fermato apposta per vedere se effettivamente un taxi di quelli cessi gialli l'avrebbe investito volentieri. 
 
 
Non puoi dormirescappare per tutta la vita ...
 
 
Ed era una voce piuttosto nasale, se l'aspettava più roca, più profonda, più sensuale ed invece era come quella di un bambino, più parlava e più si rompeva, acuta e chiara, interrotta da un ridacchiare sommesso e ancora dita che gli sfioravano la fronte e la scoprivano dal ciuffo di capelli che spesso gli pungeva gli occhi e gli disturbava la visuale di quell'universo che aveva preso ad odiare con intensità pari a bruciarsi da solo, Myungsoo, quelle dita non bastavano mai, ne voleva di più, voleva di più, voleva essere toccato di più ... 
 
E le dita scivolavano dalla fronte e seguivano la linea fin troppo retta del naso, schioccavano sulla punta di questo e percorrevano il profilo della labbra, giù per il mento e intanto risalivano per la fossetta incavata delle guance, solletico e rideva, le dita s'affossavano ancora di più e si contorceva sul letto sconosciuto e nonostante tutto familiare, immerso in una stanza che era lo specchio di quello che aveva sempre desiderato ma mai ammesso a sé stesso, era il contrario e l'opposto di quello che dava a vedere, quel sorriso gommoso e luminoso e di caramelle che era quell'esemplare di bambi di fronte a lui che continuava a mettergli le mani in faccia, non si vergognava, sprigionava luce e luce che non sembrava mai e poi mai accecante ma rassicurante, completa di tutte quelle sfumature che non avresti mai visto se non quando avessi scelto veramente di vedere: era suo ed era complementare parallelo contraddittorio ma suo si vedeva che era suo era ovvio che fosse suo quel ragazzo era suo doveva essere suo cazzo se era suo era suo e passavano i giorni s'era fatto un pizzico di male cadendo ma quel ragazzo era suo l'aveva salvato e adesso la vita di Myungsoo era sua e lui era suo. 
 
La ferita al capo non sembrava più pulsare e picchiettare sul cervello quando era la sua di bocca a carezzare la benda con quelle labbra carnose ma non volgari, la ferita al cuore non sembrava più sanguinare quando era il suo orecchio a controllare i battiti e calmati Myungsoo non puoi eccitarti così non puoi e attento Myungsoo non puoi pararti le chiappe con la tachicardia Myungsoo ... Lui lo sa. La consapevolezza che lui lo sapesse e potesse rifiutare e giudicare e infrangere quella fragile patina di lucentezza che il più piccolo si era creato lasciando cadere ogni muro e ancora che lo atterriva fino ad abbandonarlo morente su delle rozze strisce pedonali metà scorticate in un giorno di inizio primavera ... 
 
 
Sungyeol lo sapeva.
 
 
Sungyeol era il bianco.

 
Myungsoo il nero.
 

Mai mischiarli ma accostarli.
 
Insieme
Le diverse facce

Della stessa medaglia

 
 
 
Non ci sono mai montagne troppo alte, soltanto soli troppo deboli da sollevarsi tanto per illuminarne la cima. 
  
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