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Autore: ValeA    31/03/2013    8 recensioni
«Io non sono pazzo.» disse atono. «Sarò logorroico, eccessivamente vivace, lunatico ma NON SONO PAZZO.» ad ogni parola il suo tono diventava sempre più elevato. La mia paura non faceva altro che crescere, se prima riusciva anche ad rassicurarmi, ora era tutto il contrario.
«I-io...» tentai di dire, le parole mi morirono in bocca.
Mi stava osservando in silenzio, aspettava che continuassi e il suo sguardo minaccioso mi obbligò a farlo.
«N-non p-penso c-che t-tu s-ia p-pazzo» conclusi balbettando.
La sua mano era ancora attorno al mio collo, lo stringeva e mi mancava quasi il respiro. Non aggiunsi altro per paura, dalla sua espressione avevo capito che non l'avrebbe tolta molto presto. Lo guardavo, il mio sguardo era più una supplica a lasciarmi andare. Con l'altra mano, quella con cui precedentemente mi aveva alzato il viso per far scontrare i nostri volti, mi fece una carezza.
Voltai il mio viso dal lato opposto, fu un grosso sbaglio. Lo fece arrabbiare ancora di più.
«Tu lo pensi.» affermò. «LO PENSI.» la stretta al mio collo fu sempre più salda.
Genere: Dark, Generale, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Revenge'
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Revenge

 
 
«La leggenda racconta che quella casa è maledetta. Vi abitavano dei ragazzi che avevano la nostra stessa età e sono morti misteriosamente lì dentro. Si dice che chiunque abbia provato ad entrare lì non è mai uscito.» raccontò Cassie sicura delle sue parole.
Non avevo mai creduto ai fantasmi e neanche alle case impossessate, penso che siano frutto dell'immaginazione di gente che non avendo niente di meglio da fare, spaventa chi invece ci crede. Devo dire la verità? Sono una fifona.
Mi ritrovo con le mie amiche in camera mia, è venerdì sera e abbiamo organizzato un pigiama party. 
Niente piume dei cuscini che svolazzano per la stanza, niente film dell'orrore, niente giochi di società. 
Eravamo solo quattro ragazze che dopo un'intensa settimana di studio avevano deciso di svagarsi un po'. Cosa c'è di meglio se non una serata tra amiche?
«Smettila Cassie.» Jessica le impedì di parlare. Lei ci credeva e non amava fare questi discorsi. «Cambiamo argomento.» mi scongiurò, sapeva che l'unica persona che poteva dissuadere Cassie ero io. 
«Sì, ha ragione Jess.» iniziai a parlare ma Cassie con la mano sinistra mi tappò la bocca mentre con la destra cercò di prendere un altro trancio di pizza. 
«No.» le spostai la mano dal mio viso, ero diventata oleosa per colpa sua. 
«Cassandra Louise Roberts.» la richiamò Victoria, fino a quel momento non aveva ancora parlato. «Il tuo modo di mangiare è davvero disgustoso.» lei era la pignola del gruppo, conosceva tutto il galateo a memoria e ci teneva ad essere sempre perfetta in ogni occasione.
Però in questo caso non si poteva dare torto a Vic, Cassie aveva tutto il pomodoro della pizza appiccicato in faccia e le mani unte di olio.
Quest'ultima sbuffò.
«Goditi un po' di più la vita e rompi di meno il ca...» non riusci mai a finire quella frase, Vic le tirò la bottiglietta di acqua vuota e la colpì in pieno viso. «Ma sei scema?!»
«Smettetela voi due.» le interruppi.
A livello caratteriale erano l'opposto e puntualmente finivano sempre per baltibeccare per qualsiasi cosa, anche per la più stupida.
«Alice ha ragione. Tu mangia e tu lasciala mangiare.» disse Jessica indicando prima Cassie e poi Vic. 
Jess era la più calma di tutte, la più ragionevole ma ormai le nostre due amiche le facevano perdere la pazienza facilmente.
«Posso continuare il mio racconto?» domandò la bionda dopo aver dato un enorme morso alla sua fetta di pizza.
Jess mi implorava con lo sguardo di dirle di no. «Non vi fate influenzare da quella fifona.» continuò sempre la bionda.
Mentre aspettava una risposta, prese un bicchiere d'acqua e si versò della cocacola.
«Sì.» rispose Vic anche per me. «Tutto pur di non vederti nutrire come un maiale.» Jess sospirò sconfitta, la bionda invece sorrise e poi ruttò in faccia a Vic. 
«Cassie!» la rimproverai. Certo che lei i litigi se li andava a cercare però!
Vic stava cercando di controllarsi ma sapevo che mentalmente la stava maledicendo in tutte le lingue di sua conoscenza. E ne conosceva molte!
«Che c'è?» faceva la voce di chi non aveva nessuna colpa. 
Mi chiedevo come avessi fatto a sopportarla per tutti questi anni, in fondo le volevo un gran bene ma faceva esasperare anche la persona più paziente di questo mondo.
Vic si riprese dal suo stato di trance e rivolse di nuovo l'attenzione a noi comuni mortali. 
«Non possiamo parlare degli ultimi gossip? Lo sai che Ursula LaDonna ha tradito il capitano della squadra di basket con il capitano della squadra di nuoto?» cercò di deviare il discorso per non riprendere il precedente, quello dei fantasmi.
«Lo sanno tutti...» Victoria era anche la persona più aggiornata di questo mondo. «Ha tradito il suo ragazzo anche con gli altri capitani delle squadre avversarie, uhm... circa tre.» appunto, quei particolari oltre lei penso che non li sapesse ancora nessuno.
«Solo una pettegola come te poteva sapere certe cose.» oggi Cassie si stava cercando la rissa.
«Non sono pettegola, solo aggiornata.» si difese dall'accusa della bionda.
«Ok, non mi interessa di Ursula.» concluse il discorso. «Vi propongo un gioco.» si prospettava qualcosa di interessante. 
Tutte la invitammo a parlare e Jess sembrava sollevata perchè non aveva ancora ripreso il discorso, si stava illudendo.
Conoscevo abbastanza bene Cassie da sapere che nel suo "gioco" il discorso precedente ci calzava a pennello.
«Andiamo in quella casa e dimostriamo a Jessica che non c'è nulla da temere.» ecco, appunto.
Jessica scosse la testa convulsamente. «Non se ne parla. Io lì non ci metto piede.» non poteva di certo obbligarla.
«Non credo sia una buona idea...» cercai di aiutare Jessica per farla uscire da quella situazione.
«Quella casa è disabitata da decenni! Non ci andrei mai... Sono allergica agli acari della polvere.» si tirò fuori Vic, Cassie sbuffò.
«Sei allergica a troppe cose.» la beffeggiò.
«Purtroppo non sono allergica alla tua presenza.» rispose a tono. «Sono costretta a sopportarti.» 
Ma non se ne rendevano conto che si rendevano davvero insopportabili così?
La serata era iniziata nel migliore dei modi, stavamo cenando e chiaccheravamo tranquillamente. Perchè dovevano per forza rovinarla?
«Va bene, facciamo così.» si mise a pensare. «Io e Alice ti dimostriamo che non succederà nulla. Tu resterai all'esterno con Miss Perfettina.» neanche quella mi sembrava una buona idea. 
Anche se non ci credevo, avevo lo stesso un po' di paura. Era pur sempre una casa abbandonata.
E se ci fosse stato qualche malvivente? Qualche barbone? Qualche maniaco o drogato?
«Perchè invece come tutte le ragazze che fanno pigiama party non ci vediamo un film?» proposi, inoltre la temperatura all'esterno era qualche grado sotto zero.
«Ti tiri indietro anche tu? Va bene, vado sola.» mi faceva venire anche i sensi di colpa.
Non poteva lasciarla andare senza nessuno che l'accompagnasse, se si ci nasconde davvero un serial killer?
Sapevo che me ne sarei pentita, che ci cacceremo nei guai ma decisi di andare con lei. «Va bene, vengo con te. Non più di mezz'ora però.» se i miei genitori sarebbero tornati dalla cena di lavoro più presto del previsto e non mi trovavano in casa, mi potevo scordare di uscire con le mie amiche fino ai miei diciotto anni. Per fortuna mancava solo un anno e mezzo.
«Sei la migliore.» e mi porse la sua mano facendola scontrare con la mia. «Andiamo.» si alzò dal pavimento, si rimise le sue scarpe e prese il suo giubotto. Tutte le altre facemmo la stessa cosa, non avevamo scelta.
Cassie avrebbe fatto comunque di testa sua.
Jess era già terrorizzata, leggo paura nei suoi occhi. 
Rivolsi il mio sguardo a Cassie, da lei scorgevo solo desiderio. Era eccitata. Non vedeva l'ora di arrivare lì e dimostrare qualcosa a me, a Jessica e a Victoria.
Quest'ultima era disinteressata, questa situazione le era del tutto indifferente.
«Siete troppo silenziose...» commentò "l'amante dell'avventura".
Che cosa dovevamo fare? Uscire col megafono da casa mia ed annunciare cosa stavamo per fare?
Ce lo sconsiglierebbero tutti di entrare lì. Anche chi diceva di non crederci alla leggenda e alle varie dicerie, non aveva voglia di entrare, qualcosa li bloccava. Perchè "quel qualcosa" non fermava anche Cassie? Perchè lei doveva essere sempre l'eccezione?
Ci stavamo cacciando solo in un grosso guaio, secondo me.
Nessuno badò più del dovuto all'affermazione della bionda coraggiosa, solo Vic sospirò profondamente per far capire che era già al limite della sopportazione.
Perchè non avevo delle amiche normali? Era troppo chiedere di farle andare tutte d'amore e d'accordo anche solo per una volta?
«Alice, non sei eccitata?» perchè, non si direbbe che sono emozionata di andare in quella vecchia casa?
«Certo.» risposi. «Non si nota?» fui troppo sarcastica.
Vic sorrise. Lei e Jess, un giorno, dovrebbero farmi un monumento per tutte le volte che io ho accompagnato Cassie nelle sue folli avventure dopo che loro si sono tirate sempre indietro, per un motivo o per un altro.
Quelle "folli avventure" erano davvero parecchie.
Una volta c'eravamo inoltrate a notte fonda a scuola perchè la biondina doveva consegnare un compito e doveva metterlo nel cassetto del professore per non rischiare un'ennesima insufficienza. Ovviamente era andata male, ci avevano scoperti.
Un'altra volta, sempre colpa di Cassie, ci siamo persi in un bosco in una gita scolastica. La gita per noi finì prima del previsto, ci rispedirono a casa.
E ne erano succese tante altre, sempre perchè io cercavo di assecondarla.
«Siamo arrivate.» questa vecchia casa non è molto distante da casa mia, si trova al fondo della strada ed è isolata rispetto alle altre abitazioni.
Nessuno dei miei conoscenti aveva mai osato metterci piede.
Quando eravamo piccoli, io e dei coetanei del quartiere, giocavamo spesso a calcio e quando la palla andava a finire oltre, non avevamo mai osato andare a recuperarla.
Quel luogo incuteva timore a chiunque.
Jess e Vic si sedettero in un muretto poco distante, io e Cassie eravamo sempre più vicine al cancello.
La vidi arrampicarsi, io demoralizzata feci la stessa cosa.
Ora ci trovavamo dalla parte opposta, eravamo già nel territorio che ospitava tante variazioni di una stessa leggenda.
«Cassie...» la mia voce era tremolante, già ero spaventata. Non eravamo neanche al portone imponente d'ingresso. «Cassie.» ripetei più decisa, per quanto mi fosse possibile.
«Dimmi.» lei era assolutamente tranquilla, rilassata. Sembrava fosse a suo agio, come se quello fosse il suo habitat naturale.
«P-per qu-quale...» inghiottì la mia saliva e cercai di non mostrarmi spaventata. «Per quale motivo quei cinque ragazzi morirono?» lei precedentemente aveva detto che la causa era misteriosa ma forse l'aveva solo affermato per non spaventare di più Jessica.
«Non lo so.» ora ero davvero preoccupata. Non sapevamo a cosa stavamo andando in contro.
Eravamo davanti quell'enorme portone.
«Pronta?» mi chiese Cassie. 
No, non lo ero. Volevo tornarmene a casa.
Mi voltai verso le mie amiche in lontananza, erano sedute e ci stavano osservando. Per il freddo si erano strette in un abbraccio, feci un cenno con la mano per indicare che fosse tutto ok e loro ricambiarono con lo stesso gesto. «Pronta.» 
La porta non era del tutto chiusa, fu facile accedere dentro la casa.
Era tutto buio, una puzza di chiuso invadeva le mie narici e mi strinsi un po' a Cassie.
Non volevo perdermi in quell'enorme casa, con lei mi sentivo un po' di più al sicuro.
«Non si vede nulla.» quella stessa constatazione già l'avevo fatta anch'io. «Aspetta...» sentì dei rumori strani e poi una piccola lucina blu illuminò un piccolo pezzo della stanza in cui ci trovavamo. Aveva preso il suo cellulare.
«Prendi anche il tuo, facciamo più luce così.» fui rapida, in due secondi presi ciò che mi aveva detto e lo tenni saldamente tra le mie mani.
«Beh, da dove iniziamo questo tour?» tour? Davvero lei stava prendendo tutto così con leggerezza?
Era troppo tranquilla lei o troppo fifona io?
«Da dove vuoi, facciamo in fretta però.» speravo di uscire il più presto da lì.
«Ok, seguimi.» iniziai ad andarle dietro, neanche lei conosceva quella dimora un tempo abitata. Non potevo chiederle dove mi stesse portando.
In questo momento non stava succedendo nulla di preoccupante, questo mi mise un po' più di sicurezza per continuare.
Il fatto che per ora non ci fosse nessun maniaco, drogato o qualcosa del genere era positivo. 
Ma quanto era positivo pensare che non ci fossero solo perchè anche loro erano spaventati da ciò che poteva esserci in quella casa?
«Questo dovrebbe essere il salotto.» mi guardai per bene attorno, c'erano due divani al centro della stanza, una libreria contenente pochi libri e la maggior parte erano sparsi sul pavimento e due o tre quadri enormi che penzolavano dal muro. Non riuscivo a scorgere altro.
Mentre andavo avanti, seguendo il percorso che stava facendo Cassie, inciampai su me stessa. 
Mi rialzai e ritornai di nuovo accanto a Cassie. Ero inciampata su una vecchia lampada, ero sicura che prima non ci fosse. 
Di fronte i due divani c'era un enorme camino, la biondina si avvicinò.
Tra le sue mani aveva preso delle fotografie, quelle si trovavano sulla sporgenza del camino.
«Guarda Alice.» mi disse estasiata. «Erano davvero dei bellissimi ragazzi.» mi avvicinai curiosa, nessuno aveva mai parlato di quei cinque ragazzi e non avevo mai sentito una loro, anche breve, descrizione fisica o caratteriale.
«Hai ragione.» appurai che Cassie non aveva del tutto torto. Le foto erano in bianco e in nero, pure sbiadite col tempo ma la loro bellezza si notava lo stesso.
Presi tra le mie mani una foto, quella che secondo me era meno rovinata. Li scrutai bene.
Erano uno più bello dell'altro, c'era un ragazzo tra tutti che mi colpì. Era il suo sguardo.
Non aveva nulla di strano ma era diverso, tutti nella foto sorridevano come se fossero felici ma quel ragazzo, quello che mi colpì, non sembrava stesse sorridendo sinceramente, sembrava che il suo sguardo nascondesse qualcosa. 
Si trovava al centro della foto, dei capelli gli incorniciavano il volto e qualcuno era tirato all'insù, gli occhi erano sicuramente chiari come del resto la sua pelle. Accanto, alla sua destra c'era l'unico biondo tra tutti, dietro un ragazzo con i capelli più scuri e una lieve cresta e poi dal lato opposto al ragazzo che mi incuriosiva c'erano un ragazzo riccio e un ragazzo con i capelli quasi rasati.
Guardai anche le altre foto, quel ragazzo aveva sempre quello sguardo di chi nascondeva qualcosa.
Volevo capire se quell'espressione strana ai miei occhi la notavo solo io e così domandai a Cassie se per lei non c'era nulla di strano.
«Cosa dovrebbe esserci di strano?» evidentemente era solo una mia immaginazione.
In quel momento sentì come se qualcosa si fosse aggirato nella stanza, nella nostra vicinanza.
In un certo senso mi sentivo osservata, ascoltata.
Sarà una mia impressione.
Posai le foto e continuai a seguire Cassie che riprese a camminare. «Andiamo al primo piano.» 
Ci trovavamo nelle scale, stavo salendo il primo gradino quando però ebbi la sensazione di essere attraversata da qualcosa di freddo.
C'era qualche vecchia finestra aperta, sicuramente sarà stato il venticello che aleggiava nell'aria quella sera. Cassie era sempre tranquilla, non mostrava nessuna emozione in particolare. 
Appena arrivammo al giusto piano non potei non notare le sei porte. 
Il mio cellulare vibrò e io sussultai, pensavo che mi fosse arrivato un messaggio, magari di Jessica e Victoria che si erano scocciate di aspettare, però notai che invece era colpa della batteria. Era scarico, nel giro di dieci minuti si sarebbe spento.
«Facciamo presto. Il mio cellulare è scarico, non avremo più luce.» era anche una scusa per uscire di lì al più presto.
«Tranquilla, abbiamo il mio.» come non detto.
La prima porta era aperta, era il bagno.
C'era un box doccia macchiato di rosso, sicuramente sangue. Rabbrividì a quella scena, io odiavo la vista del sangue e solo il pensiero che quel liquido rossastro appartenesse ad uno dei cinque ragazzi, mi mise in soggezione. Ero molto più terrorizzata, adesso.
Il lavandino era sporco, portava le macchie di due mani e un cortello era poggiato accanto, lo specchio era per metà distrutto. 
Guardai attentamente, vidi la mia figura e per un millesimo di secondo vidi anche un'altra figura che mi osservava e sorrideva.
Era quel ragazzo.
Sussultai, se ne accorse anche Cassie che si stava guardando attorno e mi chiese che cosa avessi visto. «Penso di aver visto quel ragazzo della foto.» lei mi guardò per capire se la stessi prendendo in giro. 
Quando capì che ero seria, scoppiò a ridere. «Oh ma andiamo! I fantasmi non esistono, Alice.» io ero sicura di ciò che avevo visto, anche se il tutto era durato solo qualche secondo.
Non le badai più di tanto ed uscì da quel luogo, avevo una sorta di ribrezzo.
Chiunque avesse commesso quell'omicidio di massa, era stato davvero senza cuore. Era un gesto atroce.
La porta però ad un certo punto si chiuse, cercai di aprirla e penso che lo stesso stesse provando a fare la bionda dal lato opposto.
«Alice, non è divertente. Apri subito.» mi disse, dal suo tono si poteva notare anche che era arrabbiata.
«Non l'ho chiusa io.» l'avvisai.
«Non si può essere chiusa da sola.» ad un certo punto la sentì urlare. 
Non era un urlo di rabbia, era di paura, terrore.
Qualcosa non andava, stava per succedere qualcosa di brutto. Me lo sentivo.
«Cassie.» iniziai a chiamarla per sapere cosa stava succedendo. «Cassie, mi senti?» io sentivo le sue urla ma lei sembrava invece non ascoltare me. «Cassie!» urlai più forte, cercavo in tutti i modi di aprire quella maledetta porta, rimaneva chiusa come se fosse sigillata.
Mi ci buttai contro più di una volta, non cedeva anzi rimaneva chiusa.
Mi sentivo debole, impotente. La mia amica urlava ed io non potevo in nessun modo aiutarla.
«CASSIE!» urlai più forte che potei, non sentivo più nulla da parte sua.
La porta si era sbloccata, aprì.
Iniziai a piangere, delle calde lacrime scendevano lungo il mio viso quando vidi la scena che mi si presentava davanti.
Cassie, la bionda coraggiosa, era stesa in una pozza di sangue sul pavimento.
Il coltello che prima era poggiato sul lavandino, ora si trovava conficcato al centro del suo petto e un pezzo della sua stessa maglietta bianca era stretta lungo il suo collo. Pugnalata e soffocata, questa era stata la sua fine.
Mi gettai senza pensarci sul suo corpo. 
La mia migliore amica non poteva essere morta, aveva solo sedici anni e mezzo e tutta una vita ancora avanti a sè.
In quella casa non c'era nessuno, non avevamo sentito nessuno. Ed ora l'assassino dove era?
Guardai verso la finestra del bagno, era troppo piccola anche solo per farci passare un bambino.
Iniziai a tremare, cercai di riprendere il mio cellulare ma mi cadde dalle mani più di una volta.
Appena ci riuscì a mantenerlo fermo, si spense. 
Avevo paura, volevo solo uscire al più presto da lì.
Non sapevo chi o cosa aveva ucciso la mia migliore amica, ma quella stessa cosa o persona poteva uccidere anche me.
Presi il cellulare di Cassie, si trovava poco distante dal suo corpo. Pigiai un tasto a caso per far luce.
  *Sei carina, lo sai? Anche la tua amica lo era.*
Lanciai il telefono in aria, non era possibile.
Non era possibile che ci fosse scritto quel messaggio, era stato sicuramente frutto della mia immaginazione.
Anche se spaventata, dovevo riprendere quel cellulare. Era la mia unica fonte di luce.
Essendo avvolta nel più totale buio, cercai alla cieca l'aggeggio elettronico, nel frattempo sentivo scorrere dal mio viso copiose lacrime.
Speravo solo che domani mattina non appena mi sarei svegliata, avrei realizzato che questo è solo un brutto sogno. Ma in questo momento avevo anche la consapevolezza che non sarei neanche arrivata al giorno dopo.
Cassie era stata ammazzata, ora era il turno della mia dipartita.
Dopo svariati secondi, riuscì a trovare il cellulare, lo riaccesi per vedere se il messaggio c'era veramente.
No, non c'era nulla.
Possibile che lo avessi solo immaginato?
Mi catapultai alla porta per uscire ma si chiuse due secondi prima che ci riuscissi. 
Cazzo, avrei fatto la stessa fine di Cassie proprio in questo momento.
Cercavo di capire chi potesse essere a bloccare la porta, non c'era nessuno. Oltre me e il corpo privo di vita di Cassie, non c'era nessuno in quel bagno.
Una fioca luce illuminò la stanza, come diavolo era possibile?
Mi guardai attorno, il cellulare iniziò a digitare tasti da solo. 
Non riuscivo a muovermi, ero come se fossi paralizzata. 
*Ti fa paura la morte?* mi risvegliai dal mio stato di trance, i miei occhi era incollati allo schermo. Ero incredula.
Ho sempre sostenuto che i fantasmi non esistevano, ma come potevo spiegare questo?
L'acqua del lavandino iniziò a scorrere, mi voltai e vidi che sul muro, col sangue di Cassie, era stato scritto "Rispondi".
Mi appoggiai al muro opposto, ero spaventata. 
«Ti fa paura la morte?» sentì pronunciare da una voce.
Non riuscivo a capire da dove provenisse, la luce della stanza si spense di nuovo. Sobbalzai più di una volta, ero stanca.
Portai le mie mani sul viso per coprirmi, mi accucciai su me stessa affondando il viso tra le mie gambe. Le lacrime uscivano dai miei occhi sempre più velocemente, i singhiozzi erano sempre più udibili.
«Non aver paura.» la luce si riaccese, alzai la testa quando mi sentì sfiorare da qualcosa. Vidi una mano che era rivolta nella mia direzione, lentamente spostai lo sguardo su tutto il corpo. Avevo paura di arrivare al viso, non sapevo chi potesse essere. Non voglio vedere la faccia del mio assassino, col dubbio sarei morta più serenamente, forse. «Guardami, non aver paura.» 
La sua voce era rassicurante, dolce e gentile. Come se non mi volesse fare del male ma salvare da tutta quella situazione.
Con un po' di sicurezza riuscì ad alzare lo sguardo verso il suo viso. Sbiancai non appena vidi a chi apparteneva.
Non poteva essere, non poteva essere lui. Era impossibile.
I suoi occhi erano fissi nei miei, mi guardava aspettando una qualsiasi mia reazione che non arrivava perchè troppo scioccata. I suoi capelli erano scompigliati, i vestiti impeccabili ma con schizzi di sangue su tutta la maglietta bianca e il suo sguardo era sereno.
Non c'era quella malizia che avevo intravisto nelle foto.
Non appenai realizzai che il ragazzo davanti a me era proprio quello delle foto, mi appiattì ancora di più verso il muro.
Lo sentì sorridere. «Non aver paura.» ripetè per la terza volta.
Per quanto fossi spaventata, la sua voce riusciva anche a tranquillizzarmi.
Si abbassò alla mia altezza e mi guardò negli occhi. 
«Mi dispiace per la tua amica.» con quelle parole mi aveva riportato alla realtà, Cassie non c'era più e io mi trovavo in un bagno con uno sconosciuto che dovrebbe essere morto. «Sono Louis.» disse tranquillamente, come se fosse normale trovarsi in una stanza con un cadavere.
Io lo guardavo, non riuscivo ad aprir bocca neanche per dire il mio nome. «E tu dovresti essere Alice.» annuì, come faceva a sapere il mio nome? Certo, ero stata chiamata per nome da Cassie.
«Perchè l'hai uccisa?» domandai, non so neanche con quale coraggio. Ero sicura che fosse stato lui, non c'era nessun altro in quella casa oltre lui. La mia voce uscì simile ad un sussuro ma so che l'aveva sentito.
«Si stava impicciando troppo in cose che non la riguardavano.» dalle sue mani scorsi del sangue, mi scostai dalla sua vicinanza. «Ma si è battuta bene per essere una ragazza.» scherzò.
Provavo ribrezzo, come poteva scherzare su una cosa simile? Feci per alzarmi ma fui bloccata per un polso dalla mano del ragazzo, era fredda. Lo scostai malamente, mi faceva schifo.
«Non ho intenzione di ucciderti.» cercò di rassicurarmi.
Nonostante sapessi ciò che aveva fatto, nonostante tutto però non riuscivo ad avere completamente paura di lui.
«Perchè?» che domanda stupida.
«Perchè sei diversa da lei, a te non interessa sapere come siamo morti tutti e cinque.» lo guardai negli occhi, era la verità. «Lei sapeva troppo.»
Le lacrime iniziarono di nuovo a scendere dal mio viso, non riuscivo più neppure a controllarle. 
Si avvicinò a me e poggiò il suo pollice sotto i miei occhi per asciugare le lacrime. Sapevo di non potermi fidare, aveva ucciso una ragazza innocente solo perchè secondo lui sapeva troppo, ma i suoi gesti erano quasi dolci.
«Non piangere.» mi ordinò. Non riuscivo a smettere. Adesso il suo sguardo era duro. «Pensi che io sia cattivo?» 
«N-no.» risposi incerta, avevo paura di una sua reazione violenta.
«Menti.» mi riprese. «Tu lo pensi.» lo vidi irrigidirsi, strinse una mano a pugno.
La sua espressione da dolce e rassicurante era passata ad essere fredda e cattiva.
Avvenne tutto in un secondo, la sua mano era avvolta al mio collo e lo stringeva abbastanza da farmi male.
Iniziai a gemere dal dolore ma lui non aveva intenzione di mollare. «Ti prego, lasciami.» lo supplicai.
«Pensi che io sia pazzo, vero?» Sì, lo penso ma non avevo il coraggio di rispondere affermativamente. 
Con l'altra mano mi alzò il viso che tenevo basso e fece scontrare di nuovo i nostri occhi.
I suoi occhi erano freddi e i miei, un po' più scuri dei suoi, erano pieni di terrore.
«Io non sono pazzo.» disse atono. «Sarò logorroico, eccessivamente vivace, lunatico ma NON SONO PAZZO.» ad ogni parola il suo tono diventava sempre più elevato. La mia paura non faceva altro che crescere, se prima riusciva anche ad rassicurarmi, ora era tutto il contrario.
«I-io...» tentai di dire, le parole mi morirono in bocca. 
Mi stava osservando in silenzio, aspettava che continuassi e il suo sguardo minaccioso mi obbligò a farlo.
«N-non  p-penso c-che t-tu s-ia p-pazzo» conclusi balbettando.
La sua mano era ancora attorno al mio collo, lo stringeva e mi mancava quasi il respiro. Non aggiunsi altro per paura, dalla sua espressione avevo capito che non l'avrebbe tolta molto presto. Lo guardavo, il mio sguardo era più una supplica a lasciarmi andare. Con l'altra mano, quella con cui precedentemente mi aveva alzato il viso per far scontrare i nostri volti, mi fece una carezza.
Voltai il mio viso dal lato opposto, fu un grosso sbaglio. Lo fece arrabbiare ancora di più.
«Tu lo pensi.» affermò. «LO PENSI.» la stretta al mio collo fu sempre più salda.
Scossi la testa per quel poco che mi era possibile, tra una lacrima e l'altra.
«Ti fa paura la morte?» a quella domanda rabbrividì. Era ovvio che precedentemente l'avesse fatta lui ma non avevo voluto ammetterlo a me stessa, pensavo che fosse impossibile. Ma quante cose non avevano senso in quel momento?
«Un po'.» avrei voluto rispondere "Tantissimo" ma volevo apparire il meno debole possibile. Non volevo dargli quella soddisfazione.
«Un po'?» ci pensò un attimo. «Anche se ti dicessi che non uscirai viva da qui?» sapevo di non uscire, ci avevo perso quasi ormai le speranze. Ma questo non mi impediva di sperarci.
«Sì.» mi sorpresi io stessa dalla mia sicurezza. Ero impassibile.
Lasciò la sua presa su di me, le sue mani tornarono lungo il suo corpo. Mi accasciai a terra, respirando affannosamente.
Lui era in piedi di fronte a me. «Cosa sei?» chiesi.
«Sono morto, molti anni fa.» rispose tranquillamente.
«Sei un fantasma?» si sedette comodo accanto a me. Poggiò una sua mano sulla mia gamba ma la ritrasse subito dopo capendo il mio fastidio al suo tocco. 
«Sì, se preferisci definirlo così.» era ritornato calmo, non c'era più quella cattiveria di prima.
«M-ma non può essere.» mi guardò curioso di sapere cosa mi stesse passando per la mente. «I fantasmi sono quasi invisibili, ti oltrepassano, non possono toccarti.» spiegai ciò che io sapevo.
Rise, il suono della sua risata non era sgradevole. «Magari pensi anche che dovrei aggirarmi per la casa con un lenzuolo bianco.» mi spiazzò con la sua risposta.
«Non ho mai creduto nei fantasmi.» per questo mi sembrava tutto un po' surreale.
«Hai creduto male.» aveva ragione Jessica ad averne paura, era convinta che esistevano. Una volta aveva anche detto che all'età di otto anni ne aveva percepito uno, avevamo sempre riso a quel suo ricordo. Era impossibile per noi pensare una cosa del genere.
Pensando a quel ricordo, mi vennero in mente le mie amiche. Erano lì fuori, aspettavano me e Cassie.
Ed adesso una di noi non c'era più e io non sapevo per quanto ancora ci sarei stata in vita.
«Anche i tuoi amici sono dei fantasmi?» mi chiedevo dove fossero, perchè lì era venuto solo lui.
A quella domanda si irrigidì, capì che forse era meglio star zitta per una buona volta. La sua espressione cambiò di nuovo, era difficile capire cosa stesse pensando.
«No.» disse duramente.
Forse perdere i suoi amici per lui era stato un grave colpo, era anche da solo in questa versione di "vita", probabilmente per questo per lui era un discorso tabù.
Non è piacevole la solitudine, in questo caso "eterna".
«Come è successo?» intendevo come erano morti, lui l'aveva capito.
Ora era arrabbiato, stavo sbagliando a parlare di nuovo.
«Non devi dirmelo se non vuoi...» cercai di rimediare.
«Te lo dirò.» alzò il suo viso verso di me, i suoi occhi erano inquietanti e la sua espressione nascondeva malizia. «Ma ogni cosa ha le sue conseguenze.» annuì senza capire che intendesse.
Si mise più comodo, con una mano sistemò le pieghe dei suoi pantaloni neri. Stava perdendo tempo.
«C'eravamo conosciuti a scuola, frequentavamo una scuola privata a Londra e decidemmo di vivere tutti insieme.» iniziò il suo racconto. «Ognuno abitava in cinque città diverse, trasferendoci qui era più facile frequentare le lezioni. Eravamo tutti amici ma Harry era il ragazzo con cui andavo più d'accordo, avevamo una buona intesa.» si bloccò, mi squadrò per qualche secondo e poi continuò. «Con lui parlavo di tutto, sapevo di potermi fidare ma gli altri ragazzi guardavano male questa nostra amicizia.» il discorso sembrava farsi più interessante man mano che procedeva. Però non capivo cosa c'entrava con la morte di tutti e cinque. «Pensavano che ci fosse qualcosa di più. Ci prendevano in giro, sai quante cose orribili ho dovuto sopportare per un anno?»
Lo scrutai. «No...» risposi alla sua domanda.
«Tantissime ma pensavo che prima o poi sarebbero finite. Invece non fu così, ogni giorno era sempre peggio. Era diventato un incubo anche solo uscire dalla mia stanza, le voci si erano sparse per tutto il college, per tutta la città.» era ferito, il suo tono di voce era arrabbiato. «Harry era più calmo e paziente e sapeva passarci su, io no. Un giorno, circa un anno dopo, ebbi uno scontro con Zayn. Eravamo arrivati alle mani e ad insulti pesanti. In me cresceva la voglia di metterlo a tacere per sempre, a lui e agli altri due.» stavo iniziando a capire qualcosa, lui diventava sempre più minaccioso mentre raccontava.
«Vuoi davvero sapere la fine di questa storia?» 
«Sì.» ormai ne avevo sentito metà, volevo sapere il resto.
«Ok.» sospirò e riprese il suo racconto. «Due giorni dopo quel diverbio la situazione era precipitata, io ed Harry venivamo isolati come se fossimo malati, come se avessero paura di essere contagiati. Angela, la ragazza di cui ero innamorato, rideva di me.» oltre la sua rabbia, riuscivo a scorgere anche la sua sofferenza. Aveva passato dei brutti momenti.
«Angela iniziò a frequentare Liam, ero infastidito dalla loro relazione. Una sera non ci vidi più, ero accecato dalla rabbia, dopo un ennesima litigata con tutti loro, arrivai quasi ad uccidere Liam e il problema era che non mi sentivo neanche in colpa.» ecco la parte che mi spaventava. «Non so come successe ma quella stessa notte li uccisi. Uccisi Zayn, Liam, Niall e perfino Angela.» sbarrai gli occhi. Ma in quel racconto mancava la morte del suo amico Harry e la sua.
«E che successe dopo?»
«La mattina dopo rientrò Harry a casa, era appena tornato da Holmes Chapel dopo aver passato il fine settimana con la sua famiglia. Appena entrò in salotto si mise ad urlare per ciò che gli si presentò davanti, io stavo dormendo in camera mia e appena lo sentì, scesi. Io capì che quello che era successo l'avevo commesso davvero io. Capì che non era solo un incubo che avevo fatto durante la notte. Anche Harry capì tutto.» gli poggiai una mano sulla sua spalla per incoraggiarlo, il suo corpo era freddissimo. «Vedevo paura nei suoi occhi, ribrezzo. Aveva paura di me, il suo migliore amico.»
Dal suo viso iniziai a vedere scorrere delle lacrime che cercava di ricacciare indietro. Come poteva un fantasma, un essere senza anima, piangere?
«Gli chiesi di far finta di nulla, di mantenere il segreto. Lui la pensava diversamente, voleva denunciare tutto alla polizia. Non potevo permetterlo, la vedevo come una forma di tradimento dal mio migliore amico e così con un coltello che trovai a pochi passi da me, quello stesso coltello che usai la sera prima, glielo ficcai nella schiena mentre stava per uscire di casa, gli diedi circa cinque coltellate.» ero spaventata, aveva commesso un omicidio di massa «Sapevo che mi avrebbero arrestato e nel peggiore dei casi condannato a morte, decisi di togliermi la vita anche io. Avevo perso tutto. Il mio migliore amico, la ragazza di cui ero innamorato, tutto.» e suicida.
Ritrassi istintivamente la mia mano dalla sua spalla, lui notò la velocità e il motivo di quel gesto.
«Per questo ho ucciso Cassie.» a differenza sua, io non trovavo il nesso logico. «Angela Kelton era sua zia, la sorella di sua nonna.»
Cassie ogni tanto mi aveva parlato di questa sua presunta zia morta in età prematura ma non pensavo che tutto fosse collegato con l'omicidio di questa casa.
«Lei sapeva qualcosa ma era a conoscenza di una versione sbagliata.» Cassie aveva già organizzato di entrare in questa casa, aveva già organizzato tutto. 
Dovevo immaginarlo, dovevo prevederlo. «Cercava questa.» dalla sua tasca dei pantaloni tirò fuori una catenina con un ciondolo, era in argento. Il ciondolo era aperto, nascondeva dentro due foto. «Era di Angela.»
Cassie mi aveva trascinata lì con l'inganno, sapeva che non l'avrei lasciata da sola.
In realtà a lei non interessava di mostrare a Jessica che non c'era nulla di cui aver paura, lei doveva recuperare la collana. E non ne capivo neanche il perchè.
«Mi ha mentito.» sussurai.
«Per questo non mi fido più di nessuno.» rispose il ragazzo di fronte a me.
Voltai uno sguardo verso il corpo di Cassie, Louis fece lo stesso e poi guardò di nuovo me. 
«Mi dispiace farti fare la sua stessa fine.» non appena compresi il senso delle sue parole, rabbrividì.
«Come?» speravo di uscirne viva, aveva anche detto di non farmi del male. Solo per rabbia mi aveva minacciato qualche minuto dopo.
Ora avevo la consapevolezza che la mia fine stava per arrivare. Nel giro di pochi secondi.
«Ti avevo avvisato che venir a conoscenza della storia aveva delle conseguenze.» dovevo stare più attenta alle sue parole, mi sono fatta accecare dalla voglia di sapere. «Questà è la tua conseguenza.»
Cercai di uscire da quel bagno, la portà era ancora bloccata.
Lui era calmo, impassibile. Si mise in piedi e si chinò poco dopo verso il corpo inerme di Cassie, estrasse il coltello dal suo corpo e con estrema tranquillità si voltò verso di me.
«Angela.» disse, con l'altra mano teneva ancora il ciondolo, lo posò accuratamente nella sua tasca. «Harry.» disse guardando l'arma e puntandola verso di me. «Cassie.» disse sorridendo, era pazzo. Un folle. 
Si avvicinava lentamente verso di me, io mi spingevo sempre più indietro finchè non arrivai a toccare la porta che mi bloccava il passaggio. «Sarebbe più bello farti scappare per tutta la casa ed io che ti verrei dietro per ucciderti.» aveva dei seri problemi, se prima riuscivo in un certo senso a compatirlo, ora capivo perchè il suo amico Harry lo aveva preso per pazzo. Louis, l'assassino di tutte quelle persone e di se stesso, era incondizionatamente fuori di testa.
Molto probabilmente lo sapeva anche lui per questo prima se l'era presa con me in modo esagerato, non riusciva ad accettarlo questo suo disturbo.
«Purtroppo non ho voglia di perder tempo.» era vicinissimo a me, mi stavo arrendendo alla mia imminente morte.
«Tu, Alice.» ora avevo capito perchè disse tutti quei nomi prima. Aveva usato contro di loro quell'arma per ucciderli ed ora la stava per usare contro di me. «Mi stavi simpatica.» mi baciò una guancia.
Le sue labbra, al contrario di tutto il resto del suo corpo, erano calde. Calde e morbide.
«Mi dispiace.» mi pugnalò alla pancia. Caddi a terra per il dolore, estrasse il coltello dal mio corpo.
Si mise alla mia altezza, mi guardò negli occhi. Si avvicinò al mio viso, questa volta le sue labbra vennero direttamente a contatto con le mie. Mi aveva appena lasciato un piccolo bacio a stampo.
«Sei pazzo.» era quello che pensavo, stavo per morire. 
Non avevo più nulla da perdere.
Un altro pugnalata, questa volta vicino al mio petto.
Chiusi gli occhi, facevo fatica a tenerli aperti.
L'ultima cosa che vidi fu che dal suo viso fuoriuscì una piccola lacrima dall'occhio sinistro, forse fu solamente una mia allucinazione.
Estrasse di nuovo il coltello, un altro colpo e questa volta fu quello decisivo.
Chiusi di nuovo gli occhi, forse questa volta per sempre.




 

Note dell'autrice:

Questa storia non so da dove sia uscita, mi ero messa in testa di voler scrivere un horror ed è uscita questa schifezza e non so neanche con quale coraggio io, alle 5.10 di mattina, sia qui per pubblicarla :D
Sì, sono davvero le 5.10 e non mi sono svegliata prestissimo, a dire la verità non sono ancora andata a letto! 
Sono stata alla veglia di Pasqua e sono tornata a casa tardi, poi volendola pubblicare, ho perso tempo a correggerla ed eccomi qui :)
Premetto che non essendo sveglia al cento per cento, non assicuro che non ci siano errori, anzi penso che ce ne sono molti sparsi un po' ovunque. #Scusatemi
Pooooi ci tenevo ad aggiungere che io non sono assoutamente contro i Larry, per me è una bella amicizia ma se un giorno si rivelasse amore io li sosterrò sempre, ci tenevo a dirlo perchè mi sembra giusto sottolinearlo :)
Poi che altro dire? Ah sì, ero indecisa su chi mettere protagonista, poi ho deciso nel momento che stavo scrivendo e poi è venuta giù tutta la storia ;)
Non voglio annoiarvi quindi cercherò di essere il più concisa possibile, anche perchè dovrei andare a letto!
Mi è venuto in mente un seguito, se questa storia piacerà, sono contenta di scriverlo quindi perchè non farmi sapere cosa ne pensate con una recensione? *-*
A differenza di Waiting New Year's Day, questa la scriverò mentre per chi ha letto quella shot sa che volevo farne un seguito, lo scriverò ma non ora. In estate, quando la scuola finirà ed io avrò molto più tempo a disposizione per la scrittura, anche perchè sono gli ultimi mesi di scuola, gli impegni scolastici sono di più e non mi pare il caso di iniziare una nuova storia che ogni aggiornamento sarà ogni tre settimane, ad esempio :)
Forse mi sono dilungata un po' troppo!
Buonanotte Buongiorno <3

Valentina <3
 

Ps.  Auguriii di Buona Pasqua :D

  
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