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Autore: Manuccio    31/03/2013    0 recensioni
In un cielo grigio e spento di fine febbraio, le abnormi grigie nuvole correvano indisturbate. Il vento fungeva loro da sussidio per muoversi sempre con maggior celerità, ma ostacolava il volo di alcuni uccelli, che avevano un compito assai importante e speciale da portare a termine.
Uno stormo di gufi si levava, infatti, al di sopra dell' anonima, povera cittadella di Flower Corner, tenendo strette alle zampette delle lettere, scritte accuratamente a mano dal vicepreside della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.
*
E' proprio in questo villaggio che comincia la nostra storia, ambientata nel medioevo, in cui vedremo lo svilupparsi della comunità magica e di coloro che, scopriremo in un secondo momento, sono gli antenati dei nostri eroi. Quali misteri nasconde la famiglia Peverell? E quali intrighi nascose la guerra tra elfi e maghi?
Chi leggerà, vedrà.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Introduzione – In un angolo di Flower Corner

In un cielo grigio e spento di fine febbraio, le abnormi grigie nuvole correvano indisturbate. Il vento fungeva loro da sussidio per muoversi sempre con maggior celerità, ma ostacolava il volo di alcuni uccelli, che avevano un compito assai importante e speciale da portare a termine. 
Uno stormo di gufi si levava, infatti, al di sopra dell' anonima, povera cittadella di Flower Corner, tenendo strette alle zampette delle lettere, scritte accuratamente a mano dal vicepreside della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.
Molti bambini uscivano dalle case per osservarli e li additavano meravigliati, sperando che se ne avvicinasse qualcuno per cercar di carezzarlo. Le madri, nei loro grandi e sobri scialli, esortavano i propri figli a rientrare, ma rimasero a loro volta incantate da quell'enorme stormo. 

«E' un presagio diabolico!», urlò qualche prelato. «Il signore Iddio vuole punirci, rovinando gli già scarsi raccolti in questi tempi 'sì ardui! Fate ammenda dei vostri peccati! Bruciate gli eretici e gli adoratori di Satana! Agite nel nome del nostro Signore e Salvatore! Accogliete il suo verbo! Il tempo della Sua venuta è ormai vicino!»
La cittadina di Flower Corner era, infatti, caratterizzata da un'incredibile attività religiosa, e, secondo i preti, anche da un'incessabile affluenza maligna, per cui, ogni notte, venivano bruciati in un grande rogo, nella tetra piazza centrale, almeno un paio di presunti maghi.
Soltanto due sere prima, si era verificato un agghiacciante spettacolo senza precedenti.
L'aria notturna era gelida e penetrava nei polmoni dei presenti - ovviamente tutti i cittadini del villaggio, nessuno avrebbe mai perso una tale occasione di intrattenimento - come un pugnale e le stelle rimanevano al di sotto delle loro grandi coperte ovattate, impedendo alla loro luce di rischiarar le orribili gesta e le ottuse mentalità di quelle genti. 
Soltanto il vasto rogo, con il suo prorompente calore e la sua grande luminosità, offriva sussidio agli occhi e alla pelle degli spettatori.
Padre Durke Hillycast, molto anziano ed estremamente segnato dalle linee dell'età, supportato da un assiduo frequentatore della sua chiesa, Vynce Brawn, un uomo tarchiato e sgradevole, scortò una donna e un giovanotto nelle immediate vicinanze della montagna infuocata. Entrambi i presunti eretici erano stati legati ed imbavagliati qualche ora prima con inaudita violenza.
La donna era accusata di aver fatto levitare un oggetto sotto gli occhi dell'intero mercato cittadino, mentre l'uomo era stato visto "far tornare alla vita" una pecora del suo gregge, azzannata da un lupo nella mattina.
Gli occhi di tutti erano puntati su di loro, al che padre Durke parlò, seguendo le parole di una pergamena:
«Siete accusati di pratiche oscure e maligne, di intenzionale piegamento delle leggi della natura alla vostra volontà. Gli stregoni, gli adoratori di Satana, come ci insegna la Sacra Bibbia, vanno messi al rogo, e il sangue ricadrà su di loro. 
Tuttavia, la grazia e la misericordia del nostro glorioso Signore è immensa, come lo è quella di Gesù Suo figlio.
Avete l'opportunità di pentirvi e, se la vostra anima sarà sincera, il Cristo potrà decidere di accogliervi ugualmente tra le Sue braccia, malgrado dobbiate in qualsiasi modo pagare con la morte gli indicibili peccati da voi commessi. Ultime parole?», chiese, rivolgendosi all’uomo legato ed imbavagliato.
L'aiutante del prete, a queste parole, tolse il bavaglio all'uomo, che continuava a dimenarsi tra le corde. Immediatamente, egli urlò: «SONO INNOCENTE! SONO INNOCENTE! MIA MOGLIE  È INCINTA, VI PREGO, SONO INNOCENTE! MAUD! MAUD!», il ragazzo continuava a scalpitare, mentre i suoi biondi e incrostati di sporco capelli ricci a danzavano ininterrottamente sul capo imperlato di sudore. Gli occhi azzurri e la carnagione chiara sembravano già bruciare per quanto forte egli si dimenava.
Tra la folla, un urlo spezzò la quiete generale: «Hugh! Hugh!», una fanciulla dai lunghi capelli mori e con un grande pancione urlava tra i singhiozzi. Irruppe dalla folla e corse vicino al suo compagno. Lo strinse - seppur le muscolose braccia di lui fossero saldamente legate da corde - sotto gli acquosi occhi di uno smarrito padre Durke.
Dopo uno sguardo interrogativo da parte di Vynce, il padre ritrovò il pugno fermo.
«Via, stupida ragazzina, se non vuoi essere messa a morte anche tu, e con te la mostruosa prole che porti in grembo.», eruppe il prete, disgustato, cercando di allontanarla, ma vanamente, a causa della sue gambe inferme e delle sue deboli e rachitiche braccia.
«Demone? No, padre, la prego, frequentiamo la messa alla domenica... la prego... non lasci mio figlio orfano e me vedova... la prego....», continuava a ripetere la giovincella, tenendo stretto il fanciullo, che, intanto, non riusciva a proferir parola poiché scosso da inauditi singhiozzi.
«Se ne vada!», ribadì lui, e ordinò al suo aiutante di trascinarla via. Ella rifiutò di separarsi dall'amante e, in un eccesso di spavalderia, schiaffeggiò l'uomo che cercava di scacciarla. 
Il prete, alterato e paonazzo per l'affronto subito, seppur indirettamente, le inveì contro: «Bene! Vorrà dire che bruceremo anche la puttana del demone! E' incinta di un mostro, sarà meglio eliminarlo prima che porti spiriti maligni con se dall'inferno!!»
«NO! MAUD, NO! SCAPPA!», urlò il giovane, ritrovando subitaneamente la voce. 
La ragazza si rese conto improvvisamente del pericolo e cercò di sfuggirne, ma Vynce Brawn la afferrò prontamente, intrappolandola nella morsa delle sue braccia. Soffocò le sue grida con una mano ed impose nuovamente il bavaglio ad Hugh.
«Non scordarti di toglier loro questi fazzoletti dalle sudici labbra, prima di buttarli nel fuoco a cui hanno ambito in questi anni di vita deviata. Tutta la popolazione deve sentir le urla.», impose padre Durke, mentre il volto scavato, rugoso e dalla pelle floscia si apriva in un sorriso marcio e sdentato. 
«Bene, ora rimuovi il bavaglio di quest'altra strega. Speriamo che almeno lei cerchi la redenzione. Cosa mai è successo a queste anime perse?... Signori e signore...», alzò la voce, inclinandosi verso la folla circostante. «... ecco come ci si riduce a non accettar la chiamata del Cristo ogni giorno nei nostri cuori.», concluse, fingendosi amareggiato. 
I presenti, che guardavano la scena in un silenzio tombale, con un'agitazione ed eccitazione palpabili, scoppiarono in cenni di assenso generali. 
Vynce Brawn sbavagliò la donna di un'incredibile bellezza, dai capelli lisci che le arrivavano fin quasi al fondoschiena, argentei, e  dagli occhi quasi purpurei... ma, forse, era soltanto il riflesso del fuoco che donava loro questa particolare sfumatura sinistra. Indossava abiti d'un rosso sfavillante, che le conferivano un aspetto regale. 
«Ultime parole?», chiese il padre, accigliato.
Ostentando lo stesso sguardo disgustato che aveva mantenuto per l'intera scenetta dei due amanti, la donna in rosso non fiatò.
In compenso, un grande rantolo si levò dalla sua gola e la sua saliva, racchiusa in un grumo, andò ad infrangersi contro il viso di padre Durke.
«LEI! COME OSA! VYNCE, BRUCIALI, SUBITO! TUTTI! », l’urlo del prete troneggiò nell'intera cittadella di Flower Corner.
I tre eretici vennero buttati furiosamente nel rogo, al che il prete si rivolse alla folla: «Osservate, miei cari, quale terribile sorte incontra chi si oppone alla legge di Dio. Redimetevi! E non abbiate paura di denunciare atti di magia e stregoneria! Il diavolo ci tenta, ma è nostro compito... nostro... Vynce, perché non urlano?! Ti avevo detto di sbava...», si interruppe, voltandosi nuovamente verso il rogo, notando che gli eretici rimanevano perfettamente integri, seppur avvolti da lingue infuocate. I due amanti erano allibiti quanto il padre, mentre la donna in rosso rideva di gusto.
«Sciocchi!», urlo quest'ultima. Estrasse una bacchetta dal suo lungo abito e al suo minimo tocco su di essa il fuoco che divampava attorno a lei e alla coppia di fanciulli si spense.
La donna in rosso si liberò delle corde con un altro, svelto, colpo di bacchetta. Avanzò nella piazza: «Stupeficium!», urlò contro padre Durke, e un lampo di luce rossa saettò contro l'uomo, che cadde a terra privo di sensi. Ripeté la formula e anche Vynce Brawn si ritrovò svenuto.
«Scappate, scappate!», urlò la strega ai due amanti che continuavano ad urlarle ringraziamenti.
La folla che assistette al rogo scappò nelle proprie case, cercando rifugio, impaurita.
Da quel giorno non si seppe più nulla della donna in rosso. C'è chi dice che fosse la concubina del diavolo, chi una strega di nome "Guendalina la Guercia", che continua a salvare maghi e streghe - o presunti tali - dal rogo, in tutta la Gran Bretagna. 

Il piccolo Aberforth se ne stava seduto sulle sponde del fiume adiacente all' orfanotrofio. S
olo, come sempre. 
Seppur di bell'aspetto ed accattivante sin dalla tenera età, veniva tenuto a debita distanza da bambini e bambine, perché ritenuto troppo "strano". Si chiedeva spesso cosa ci fosse di male nell'essere strani, e alle volte era perfino grato di esserlo.
"E menomale che sono strano! Almeno sono diverso da voi massa di idioti!", pensava.
Gli piaceva far sussultare l'acqua  del fiume con la sola, pura forza della mente. Qualche volta era riuscito persino a far scaturire lunghe lingue di liquido dalla distesa del fiume, che si attorcigliavano su se stesse, levitando a mezz’aria. Questo però riusciva a farlo solo quando era particolarmente triste o arrabbiato. Erano quelli i momenti in cui le sue, come piaceva a lui definirle, "doti" , erano al loro culmine. Sapeva di possederle sin dai sette anni d'età, e sapeva anche che non poteva farne sfoggio in presenza d' altri se non voleva guadagnarsi il titolo di adoratore di Satana e un posto speciale sul rogo. Lui non credeva molto in Dio e nelle cose che gli imponevano le suore dell'orfanotrofio, ma non per questo si metteva ad adorare il diavolo. Le sue doti erano venute da sé, non aveva fatto nessun patto con nessuna divinità mistica, eppure sapeva che i preti della città mandavano al rogo anche persone che chiaramente non possedevano nulla di magico.
Finalmente era arrivato il giorno del suo undicesimo compleanno, in una cupa giornata di fine febbraio. Aveva aspettato per molto questo giorno, sperando di ricevere regali e auguri dai bambini, che, magari, avrebbero potuto farlo giocare con loro, anche solo per un po'. Ma nessuno se ne era ricordato, neanche le suore. Cosa si era aspettato, in fondo? Anche loro erano sempre a disagio, in sua presenza, e non smettevano di tenergli gli occhi addosso, come se stesse meditando di fare qualche pazzia. Soltanto suor Celestria, la suora madre, se ne era ricordata e gli aveva portato una fetta di diriola, accompagnata da un appiccicoso bacio sulla guancia, appena si era svegliato.
La suora era molto vecchia, eppure ancora arzilla e spesso cadeva in dissapori con le consorelle, a causa delle sue opinioni contro-corrente. Paffuta e dai lunghi capelli bianchi sempre coperti da un copricapo, era l'unica persona che mai gli avesse voluto bene, quasi come una madre. 
Il bambino, scrutando il sole ormai completamente tramontato, capì che era ormai quasi giunta l'ora della preghiera della sera, prima di riunirsi nella Sala Grande e mangiare tutti insieme.
A malavoglia si allontanò dal suo fiume, il suo angolo preferito, dove poteva essere sé stesso senza paura, e si impose di tornare all'interno dell'orfanotrofio. 
Corse come un razzo verso la porta nel retro di un lungo corridoio,  che distava una cinquantina di metri dal fiume. Anche se non gli piacevano i bambini e la maggior parte delle suore, l'orfanotrofio era ricco di posti da esplorare, essendo l'antico castello di un Lord. Inoltre, la biblioteca era vastissima, amava sfogliare gli antichi libri risalenti fino a quasi due secoli prima della sua nascita, 1000-1100, e sentire il profumo delle antiche pagine inondargli le narici. Rivoltò la biblioteca in cerca di libri sulla magia o che gli spiegassero le sue doti, ma tutto quel che trovò furano rituali su come bruciare una strega o un mago evitando la loro fuga.
Prima di andare a pregare, ad ogni modo, voleva portare i bei fiori che aveva raccolto sulle rive del fiume a suor Celestria, nella sua stanza nella Torre del Sacro Cuore di Gesù.
Salì le scale in tutta fretta, e una o due servette gli urlarono: «Per l'amor del cielo, non correre per il castello!»
Arrivò alla torre, salì una stretta scala a chiocciola e fece per bussare alla porta di legno marcio della suora, quando sentì delle voci.
Malgrado non capisse molto, udì distintamente il suo nome, pronunciato da qualcuno che, senza dubbio, doveva esser suor Loreena, la giovane novizia con occhi da ossessiva compulsiva che sembrava odiarlo. 
Poggiò allora l'orecchio sulla porta e origliò le loro parole.
«.. Celestria, non puoi continuare a difenderlo, quelle maledette lettere stanno cascando dappertutto... è un mago, uno stregone, chiamalo come vuoi, c'è scritto chiaro e tondo qui.. è figlio del Diavolo... non avreste mai dovuto prenderlo quella notte...»
«...Loreena, come puoi dire questo, Aberforth è solo un bambino...», ecco suor Celestria.
«...ma presto diventerà un adulto, ed è meglio sbarazzarsene prima che diventi una minaccia, prima che il potere del Diavolo prenda il completo possesso di lui.. Celestria, Loreena ha ragione! Come fai ad essere così cieca!», concordò una voce che doveva appartenere a suor Muriel, ma non ne era sicuro. 
«...Muriel, non anche tu... potrebbe essere solo uno stupido scherzo dei bambini...»
« Celestria! Sappiamo entrambe che il giorno in cui ci fu affidato, la lettera nella sua culla diceva chiaramente che era un mago! Un figlio del demonio! Abbiamo cercato di cambiarlo, eppure quei deviati sono tornati a cercarlo!», intervenne una quarta voce che Aberforth non riconobbe. 
«Dobbiamo prenderlo! Adesso!», urlò un'altra voce ancora.
«No! Non ve lo permetterò! Ho giurato di tutelarlo davanti a Dio finché non avesse trovato dei genitori!»
«Se non vuoi farlo tu, lo faremo con l'aiuto di padre Durke, Celestria!», scalpitò suor Loreena.
«No, padre Durke no, ti prego, Loreena... è solo un bambino...», la voce della suora madre si spezzò in un singhiozzo.
Aberforth si raggelò nel sentire il nome di padre Durke. Volevano metterlo al rogo per stregoneria. Qualcuno aveva inviato loro una lettera che lo smascherava. Cosa poteva fare? Rimase immobile lì, ogni movimento bloccato. Le voci si fecero sempre più sommesse e premette  maggiormente il suo orecchio alla porta, finché con un tremulo cigolio essa si spalancò.
Gli occhi delle suore gli furono subito addosso.
«Ab! NO!», urlò suor Celestria, mentre le sue consorelle urlavano di acchiappare il figlio del demonio, che già progettava di ucciderle.
Aberforth chiuse gli occhi, in attesa dell'impatto dei grassocci corpi delle suore sul suo esile fisico , che però non arrivò mai. Sentì, invece, un gran rumore di legno spezzato e tonfi della caduta di corpi su altri. Quando riaprì le palpebre, tutte le suore giacevano svenute in un angolo del pavimento di quercia, mentre l'unica rimasta in piedi, suor Celestria, afferrava quanti più soldi potesse e un paio di lettere sulla sua scrivania.
«Suor Celestria... lei è una...?», chiese Aberforth, meravigliato, incapace di completar la frase.
«Sono solo una suora... un po' speciale», gli sorrise lei, tra le lacrime. 
Corse verso di lui e lo abbracciò forte, prima di mettergli in mano le gli oggetti prelevati.
«Corri, Ab, e non fermarti mai. Segui quello che ti dice questa lettera. Tu sei un mago, Ab! Un mago! Vai ad Hogwarts, diventa un grande! Fa che io sia fiera di te, piccolo mio! Non parlare con nessuno, Ab, ti prego. Ora scappa! Scappa!», gli sussurrò la dolce suora in un orecchio.
Aberforth, terrorizzato dalle parole che aveva sentito pronunciar dalle suore precedentemente, non se lo fece ripetere due volte e, sciolto l'abbraccio, corse via il più velocemente le sue gambe gli permettessero. 
Solo quando arrivò tra le strade buie della cittadella, a circa un chilometro dall'orfanotrofio, ebbe il coraggio di fermarsi. Aprì la lettera e la lesse un centinaio di volte prima di carpirne il vero significato.
Sarebbe dovuto andare 150km più a nord prima di prendere la "passaporta" con la quale si sarebbe "smaterealizzato" nella sua nuova scuola.
Ma questo solo tra poco meno di sei mesi.. Ma era un viaggio lungo e non sapeva quanto tempo gli sarebbe occorso per arrivare alla meta. Decise, allora, di mettersi in viaggio fin da subito. 
"Hogwarts, scuola di magia e stregoneria... sto arrivando. Suor Celestria, non ti deluderò.", pensò il piccolo Ab, certo di aver trovato il suo posto nel mondo.

  
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