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Autore: PotterWatch    31/03/2013    2 recensioni
Non gli avrebbe lasciato nulla – nulla, se non il suono di quelle parole. [Prompt di juuhachi_go: X, Seishiro/Subaru, ti amo]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Seishiro Sakurazuka, Subaru Sumeragi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I can't even ask


La prima volta fu come innumerevoli altre; non cambiò nulla, e quasi non sentì.
Veniva da giochi non suoi, come venne più tardi dalla serie interminabile di idol che Hokuto ammirava su un piccolo schermo. Fu il primo elemento di una lunga serie, sempre identica a se stessa, tra fiabe di felicità eterna e spiriti abbandonati.
Fu la coppia di parole più abusata da chiunque, o qualsiasi cosa, accompagnasse i suoi primi anni. Subaru non capiva.
Sulla maggior parte delle persone, ai suoi occhi, avevano lo stesso effetto di un rituale – erano potenti come una formula, e forse, per altre anime più confuse, racchiudevano un potere spirituale.
Hokuto rideva sempre – eppure, al di là dei giochi, anche lei sembrava attenderle, come una porta su un futuro del tutto nuovo. Subaru la osservava, creando legami e paragoni con le altre persone.
Se non era una speranza o un sogno, l'amore era un male sordo ed inguaribile. Ben pochi, in ogni caso, sembravano percepirlo con la sua stessa chiarezza.
Pochi distinguevano gli usi molto più frequenti di quelle parole – inganno, giuramento vano, moneta di scambio.
Si domandava spesso il perché. Lui conosceva la crudeltà; per molto tempo, Subaru credette anche di conoscere l'abbandono delle vittime.
 

L'unica volta fu quella in cui non le sentì mai arrivare.
Subaru non sapeva più nient'altro; erano le parole che lo attendevano in fondo, oltre il corridoio, sullo stesso pavimento tormentato dai suoi passi. Non avrebbe saputo mai spiegare a se stesso – il tremito delle sue mani, il calore, la forza che lo stava trascinando senza sosta. Ogni singolo istante lo separava da una certezza.
Non capiva, poteva solo sentire. Qualsiasi cosa fosse, l'amore era invincibile, immensamente più forte di lui. Udiva solo i propri passi; non riusciva a ricordare di aver mai desiderato altro.
Fu l'unica volta in cui avrebbe voluto parlare e saputo per certo cosa dire. Avrebbe raccontato tutto e nulla, avrebbe scoperto anche ciò che di sé non sapeva ancora – avrebbe svelato qualsiasi cosa, a patto di essere fra le sue braccia. Non poté che rimanere in silenzio, mentre la realtà gli si ingigantiva addosso e lo costringeva al suolo.
Si diceva – ed era, in molti casi, tragicamente vero – che fossero parole in grado di restituire o spegnere una vita. Quando cadde, distrutto dal loro peso, se ne rese conto per sempre.
Da quel giorno, Subaru non smise mai di morire.


L'ultima volta gli cadde addosso come pioggia, ad alimentare le sue lacrime.
Le sue parole furono altri detriti e altre macerie, altrettanto fragili, e caddero inutili nel vento – se fosse stato a sentire, nell'urlo del mondo, Subaru non le avrebbe nemmeno udite.
Il destino non volle così. Erano entrambi caduti in un silenzio completo, in cui lui, da solo, si era impadronito di ogni senso – Seishiro si era portato via ogni attimo, l'inizio e la fine, nella presa ormai debole delle sue lunghe dita.
Da troppi anni per poterli contare, Subaru conosceva lui come il suo unico mondo; si accorse di nuovo di non averlo mai conosciuto abbastanza. Non gli avrebbe lasciato nulla – nulla, se non il suono di quelle parole. Avevano il suono dolce delle sue menzogne, lo aveva quasi dimenticato. Ma il suo tocco, l'ultimo calore, le labbra non mentivano.
Subaru volle crederlo, in un secondo di eternità. Volle illudersi di averlo vinto, di stringerlo del tutto a sé, nel modo in cui tanti sulla Terra avevano sempre sperato. Si impose di tenerlo, e non lasciarlo andare.
Seppe che Seishiro gli aveva detto ti amo. Da lì alla fine, Subaru non volle mai più sentire altro.

   
 
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