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Autore: fedenow    31/03/2013    5 recensioni
Gli piaceva pensare di odiare i compleanni. Per la verità, non li teneva in nessun conto. Non gli importavano. Erano uguali al giorno precedente e a quello seguente. Lui era uguale al giorno precedente e a quello seguente. Erano poco interessanti.
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Brian Molko, Stefan Osdal
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mezza tazza di nero bollente



MEZZA TAZZA DI NERO BOLLENTE




Si rigirò nel letto, ad occhi chiusi. Espirò profondamente. Si voltò un’altra volta. Accartocciò il collo per avvicinare il viso alle mani, si sfregò gli zigomi con i polpastrelli ruvidi. Aprì un occhio, scartò di lato con il corpo, mandò a ‘fanculo mentalmente la luce, sprimacciò svogliatamente il piumino intorno al busto. Sbuffò.
Sbuffò di nuovo. Allungò una mano verso il comodino, il libro che c’era appoggiato ruzzolò a terra, scansò una rivista, afferrò l’iPhone per guardarci l’ora. Mezzogiorno. Avrebbe fatto bene ad alzarsi. Rotolò supino. Si prese il tempo necessario per mettersi seduto, abituare gli occhi all’ambiente luminoso, buttarsi addosso una felpa perché dormire a marzo in maniche corte era fra le abitudini più stupide che avesse.

Direzionò passi svogliati verso la cucina, accese la macchinetta del caffè grattandosi il mento con la barba da fare, afferrò il barattolo del caffè e ne versò una generosa quantità nel cilindro metallico, lo fissò all’apparecchio e aspettò. Recuperò il Times dallo zerbino e il telefono dal groviglio di coperte sfatte, tornò in cucina, si versò una mezza tazza di caffè nero bollente. Si sedette al solito posto. Zuccherò la bevanda e ci soffiò sopra mentre distratto afferrava il proprio telefono. Era arrivato un messaggio di Helena.

. Ricordati che arriviamo all’una. A dopo.

Sorrise. Helena conosceva diversi - troppi - modi di incutergli un timore reverenziale, uno dei quali consisteva nel velare con un bonario ricordati le minacce che gli inviava tramite SMS. Ricordati che Cody arriva alle tre. Ricordati che questo weekend sono via. La versione interrogativa ti ricordi…, vero? era la più infida, e quella che meglio mostrava quanta poca fiducia, a ragione, riponesse nella sua memoria. In ricordati che arriviamo all’una bisognava leggere qualcosa come ricordati di fare da mangiare, di rendere presentabili la casa e te stesso entro l’una, altrimenti ti prendo a pugni. Sortiva quasi sempre l’effetto desiderato, era una delle tante magie di quella donna.
Fortunatamente di lì a pochi minuti sarebbe arrivata Hannette a riordinargli l’appartamento e ultimare i manicaretti che aveva iniziato a stipargli nel frigorifero il giorno precedente. Aveva cenato con le sue tartine, erano migliori di quelle che gli preparava abitualmente. Si ripropose di dirglielo.

Ricordò il motivo per cui aveva afferrato il cellulare. 31 marzo. Il compleanno di Stef. Aveva perso il conto di quanti ne avevano festeggiati insieme. I primi ubriachi e strafatti, poi feste più o meno intime con invitati più o meno di merda, qualcuno in tour, qualcuno in studio, qualcuno a bersi qualcosa con la voglia di riderci sopra, e qualcuno così, passato inosservato, un giorno fra tanti in cui ci si scambiava una telefonata o anche solo poche righe di testo con una qualche sincerità. Ciao, stronzo, auguri. Eh, stai invecchiando. Buon compleanno, regina di Svezia! Sai che odio le feste, non provare a invitarmi. Gli piaceva pensare di odiare i compleanni. Per la verità, non li teneva in nessun conto. Non gli importavano. Erano uguali al giorno precedente e a quello seguente. Lui era uguale al giorno precedente e a quello seguente. Erano poco interessanti.
Però Stefan era una di quelle persone a cui sentiva sempre il bisogno di fare degli auguri.
Sbloccò lo schermo, aprì la pagina bianca, selezionò il destinatario, si posizionò più comodamente sullo sgabello per scrivere meglio. Cercò il tasto da premere, si bloccò. Fissò il cursore lampeggiante. Era interrogativo.
‘Fanculo.
Sbatacchiò l’apparecchio sul tavolo, lo riprese in mano.

. Tanti auguri.

Cancellò.

. Buon compleanno, Stef!

Cancellò. Tentò delle varianti.

. Stef, lo sai che mi fanno schifo i compleanni ma volevo-

. Non so neanche perché ti scrivo visto che domani ci vediamo, però auguri.

. Che cazzo, auguri!

. Lo sai che sono dieci minuti che provo a scrivere qualcosa di intelligente ma non riesco a farti un decente augurio di compleanno?

Cestinò tutto irritandosi. Scrisse AUGURI marcato da un bel punto fermo. Non lo inviò pensando che l’amico l’avrebbe richiamato in trenta secondi chiedendogli se andava tutto bene, o se fosse incazzato.
Odiava fare gli auguri. No, non era vero. Odiava le frasi fatte a cui vengono affidati gli auguri. Ma odiava anche essere sincero quando non fosse strettamente necessario, cosa che lo portava a fissare quei dieci centimetri di pixel con aria di sfida e nessuna idea di tradurre in parole.

Potrei scriverti la verità. Potrei scriverti, che so, ‘grazie’. ‘Grazie’ e basta, perché con te non ho mai capito come continuare il concetto. Potrei dirti che sono felice che ci sei, che ti voglio bene. Potrei comporre una sbrodolata di complimenti, pure sinceri, ma finirei sempre con il chiedermi perché cazzo lo sto facendo proprio oggi perché tu, Stef, queste cose le sai già. Le sai sempre. Non hai bisogno di quattro parole che te lo confermino in canonizzati giorni dell’anno. Non ci siamo scambiati un regalo in venti anni e non ci è mai passato per la testa.
… Che si fottano tutti, Stef. Non ne abbiamo ancora le palle piene dopo tutto questo tempo e non mi interessa sapere perché. Funziona finché non cerchi di capire perché funziona. Noi continuiamo a funzionare, nel nostro modo disfunzionale.

Sospirò. Tamburellò sulla superficie liscia sotto le sue dita. Fece vagare lo sguardo per la stanza come ci fosse appena entrato. Doveva svuotare la pattumiera. Aveva riordinato bene le presine. Il piano cottura era un disastro. Guardò il muro bianco ricoperto dai conigli colorati che aveva appeso per Cody. Saltavano a destra e a sinistra raccogliendo le uova in grossi cestini. Ridevano. Erano orrendi.
Ghignò. Recuperò il telefono, digitò rapido.

. Buona Pasqua, Stefan!

Finì il caffè appena tiepido, aprì ad Hannette che iniziò a vagare per la casa come una furia, si lavò e vestì senza degnare lo specchio di uno sguardo, si buttò sul divano cantando i Black Keys. Era di buon umore.
Il cellulare trillò.

. FOTTITI, MI AMOR!

Rise, lanciò l’apparecchio sul divano di fronte, si scompose ulteriormente in mezzo a tutti quei cuscini.
Uguale al giorno prima, uguale al giorno dopo. Non era così male.







________________

… Abbiamo tutti colto il significato recondito, profondissimo, dell’intera faccenda, vero? Ottimo, posso quindi passare oltre. *coffcoffa di qua e di là*
Le ragioni per cui ho scritto questa cosa sono essenzialmente la mia discreta insofferenza verso le festività (i compleanni sono ancora fra le più carine) e la leggerezza che mi mette addosso Tim Burton, quello buono. Aggiungete un repentino attacco d’insonnia e il piatto è servito.
Buona Pasqua e buon compleanno di Stefan a tutti, se avete abbozzato un sorriso sono soddisfatta :*

   
 
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