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Autore: _KyRa_    01/04/2013    13 recensioni
Osservava la sua figura leggermente ondulata su quella superficie cristallina, mentre la sua mente ripercorreva ogni singolo attimo, facendole venire improvvisamente voglia di mandare tutto al Diavolo.
“Stai pensando se farti un bel bagno fresco o dire addio a questo mondo?”
Quell'improvvisa domanda la spaventò. Si voltò nella direzione di quel suono e notò che un ragazzo dal volto già visto sostava di fronte a lei, poggiato con la schiena al muro del ponte. Tra le dita della mano destra teneva una sigaretta a metà, mentre la sinistra era rifugiata nella tasca dei suoi jeans.
La scrutava con ironia, osò pensare con sarcasmo, ed un lieve sorriso sostava sulle sue labbra rosee.
“Il bagno non era fra le mie ipotesi, ma potrei farci un pensierino.”
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Turning points'
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ciao


Twenty
Crossroads





Il mondo sembrò crollargli addosso. Si sentì strappare il respiro che, spezzato, gli era rimasto. Aveva sentito un colpo al cuore, durissimo, dal quale non era certo di riuscire a risollevarsi. Non sapeva quali parole pronunciare, ad un tratto sembravano incredibilmente inutili. I muscoli parevano intorpiditi, incapaci di muoversi e si sentì tremendamente stupido. Aveva cominciato a credere in qualcosa che in pochi secondi si era dissolto nell'aria, come l'oggetto più inutile del mondo. In pochi secondi era stato sminuito ciò che sentiva di aver creato con la persona che improvvisamente si era accorto di amare in un modo del tutto strano ed incondizionato. Si sentiva semplicemente ridicolo per avervi solo creduto.

Con il briciolo di forza di volontà che gli era rimasta, si voltò lentamente verso Ingie, la quale aveva il viso segnato dalle lacrime – che all'improvviso non gli facevano più male, ma lo facevano solamente infuriare di più – e la osservò con tutta la delusione che in quel momento provava per lei.

È vero?” le domandò con un filo di voce. Una parte di lui sperò che la ragazza gli urlasse che era uno scherzo, che non era reale ciò che il così detto Luke aveva appena finito di dire. Eppure, per la prima volta, la mora non disse una parola. Lo stomaco sembrò volerlo dilaniare con talmente tanta violenza che quasi dovette piegarsi su se stesso. Tutto ciò che si ritrovò a fare fu annuire appena con occhi delusi, stanchi, arrabbiati e vuoti. “Bene.” soffiò. Non riusciva nemmeno a parlare.

Prese a camminare quasi a fatica verso la porta dello studio, passandole affianco. Fece ben attenzione a non sfiorarla nemmeno per sbaglio – quello stesso corpo che aveva stretto a sé fino a pochi istanti prima. Ora gli sembrava tutta una stupidissima favola. Sentiva di essersi risvegliato da un lungo e bellissimo sogno ed essere tornato con i piedi nella realtà; quella cruda, quella egoista, quella cattiva.

Tom.” fu un sussurro quello della ragazza, che provò ad afferrargli incerta un braccio.

Lui lo allontanò come scottato e non si voltò, convinto che avrebbe solamente alimentato il suo dolore. Guardarla negli occhi non poteva più fargli solamente bene. Quando si chiuse la porta dello studio alle spalle e si ritrovò solo nel buio, riprese a respirare. Si portò una mano tremante all'altezza del cuore e quasi morì nel percepire lo stesso dolore che aveva provato con Ria.





***





Le lacrime non smettevano di scorrere copiose sul suo viso, eppure lei non aveva emesso nemmeno un gemito, un verso, nulla. Tutto stava accadendo in maniera così inaspettata e violenta che quasi si chiese se fosse reale o stesse solamente sognando.

Sollevò gli occhi lucidi sul ragazzo che ancora sostava di fronte a lei e non seppe dire cosa provasse in quel momento, se non una voglia incontenibile di correre nello studio per dare a Tom spiegazioni che non conosceva nemmeno lei.

Come –” cominciò per poi deglutire, incapace di parlare. “Come mi hai trovato?”

Domanda più stupida non poteva porla, ma non sapeva davvero cosa dire.

Una foto.” rispose Luke. Ingie non ebbe bisogno di ulteriori chiarimenti; sapeva benissimo quale fosse la foto cui si riferiva. “Mi devi delle spiegazioni.”

Ingie non riuscì a non pensare che avesse ragione. Aveva il diritto di ricevere spiegazioni; d'altronde aveva abbandonato tutto e tutti senza dire nulla.

Lo so.” mormorò.





***





Erano tornati in centro. Ingie non aveva proferito parola in taxi, esattamente come Luke. Le lacrime le si erano seccate sul viso, ma il suo sguardo era ancora spento, perso nel vuoto, mentre la sua mente ricreava solo immagini del chitarrista. Si chiese cosa stesse facendo, cosa pensasse di lei e pregò tanto che l'armonia che erano riusciti a creare non fosse saltata in aria, benché sapeva fosse impossibile. Non avrebbe mai creduto che prima o poi la verità sarebbe venuta a bussare alla porta, senza preavviso. Forse, intimamente, aveva sperato di non doverla mai affrontare; forse aveva sperato che ignorandola non si sarebbe mai fatta viva. Era stata incredibilmente stupida.

Sedevano in un bar. Erano le undici e mezza di sera ma la gente sembrava ancora in grado di fare passeggiate con amici, fidanzati, parenti. Tutti parevano così felici e spensierati attorno a loro, che provò un sottile senso di invidia. Fissava il proprio bicchiere d'acqua – tutto ciò che era riuscita ad ordinare, solo per educazione – posato sul tavolino all'aperto e non osava sollevare lo sguardo su quello che – era vero – era ancora il suo fidanzato.

Prima di fare domande su questo Tom, vorrei che mi spiegassi dall'inizio tutto quanto.” Quella frase aveva spezzato improvvisamente il silenzio, facendola sobbalzare. “Cosa ti è passato per la testa fuggendo a questa maniera?” Ingie non rispose; continuò ad osservare il bicchiere di fronte a lei. “Ingie.” richiamò la sua attenzione il ragazzo, portandola a sollevare lo sguardo su di lui.

Fu come rivederlo per la prima volta. Gli occhi azzurri puntati addosso le risvegliarono una serie di ricordi che ormai parevano sopiti e sepolti. Ricordò quanto fosse innamorata di lui, prima di scappare, eppure ora che gli sedeva di fronte, non provava nulla, se non nostalgia e affetto.

Rifletté ancora qualche istante prima di cominciare a parlare.

Non lo so.” rispose. “Ero sconvolta per la morte di Tom, lo sai bene.”

Dosò ogni parola.

Anche i tuoi erano e sono sconvolti. Non ci hai mai pensato?”

Sei venuto a farmi la paternale?”

Ti devo ricordare che sei sparita senza dire niente nemmeno a me?”

Aveva tremendamente ragione, non poteva dire il contrario. D'altronde, non aveva alcun diritto di dargli contro; si era comportata da ragazzina ribelle, immatura e scapestrata. Aveva ignorato ciò che avrebbero potuto provare i suoi genitori, aveva ignorato anche le esigenze del suo fidanzato, benché fossero relative. Si era comportata in modo deplorevole, lo sapeva, ed era il pensiero che l'aveva sempre tormentata, fino a quell'istante, e del quale aveva parlato solo con Tom.

Volevo solamente cambiare aria. Stavo soffocando.” mormorò, colpevole.

Sei scappata nel momento più brutto per i tuoi.” ribatté Luke, severo. “Nemmeno un biglietto, un messaggio.”

In che lingua devo dire che ero sconvolta?”

Non è una giustificazione.” L'aveva ripresa con tono talmente duro che per un momento non seppe cosa rispondere. Era vero, continuava ad arrampicarsi sugli specchi. Non aveva attenuanti. “Hai idea di quanto tua madre stia male?”

Sì, lo so. Non c'è bisogno che tu me lo venga a dire.”

Perché hai ignorato tutte le nostre chiamate e i nostri messaggi?”

Volevo stare da sola.”

Potevi tranquillizzare tua madre, dirle che stavi bene e che volevi solo un momento per te. L'avrebbe capito.” Ingie si prese la testa fra le mani, poggiando i gomiti sul tavolino bianco. “Potevi dire qualcosa a me.”

Cosa avrei dovuto dirti? Mi avresti seguita in ogni caso.” sbottò la ragazza, tornando a raddrizzarsi sulla sedia, nervosa.

Sono il tuo ragazzo, d'altronde ne ho il diritto.”

Ingie posò lo sguardo sulle proprie mani giunte sul tavolo. In pochi secondi si era ritrovata in una situazione che difficilmente le avrebbe offerto vie d'uscita. Il suo ragazzo era seduto di fronte a lei, molto probabilmente ignaro di ciò che era successo fino a quell'istante con Tom. Poteva essere considerato un vero tradimento? Ovviamente sì. Era vero, se n'era andata, abbandonando ogni cosa e chiunque, ma non aveva mai rotto con lui. Certo, poteva sembrare scontato, ma Luke non pareva dello stesso avviso. Quando era scappata da New York, non aveva pensato minimamente di lasciarlo. La sua mente era talmente occupata dalla vicenda con suo fratello, che non aveva avuto il tempo materiale per decidere di lei e Luke. Poi aveva conosciuto gente nuova, fra cui Tom, e le cose si erano evolute nella prospettiva di una nuova vita. Forse aveva erroneamente dato per scontato che non l'avrebbe mai più rivisto, che lui si sarebbe rifatto una vita. Evidentemente aveva preso una bella cantonata ed ora si trovava in un problema molto più grande di lei.

Io non volevo fare del male a nessuno. Specialmente alla mia famiglia.” sussurrò, sentendosi tremendamente in colpa. “In quel momento, avevo il cervello in blackout.”

Potevi chiederci aiuto.” disse il biondo, con sguardo più dolce. “Sapevi che io ci sarei sempre stato per te.”

Non lo volevo.” ribatté lei. “Te l'ho detto, volevo solamente stare da sola e riflettere su ciò che mi era accaduto. Non volevo tornare nella stanza di mio fratello e piangere, sentendomi perennemente in colpa per ciò che era successo.”

Si è trattato di un incidente. La colpa non è di nessuno. I tuoi genitori lo sanno perfettamente.”

Ma hanno perso comunque un figlio a causa mia. Nessuna scusa sarebbe mai abbastanza.”

Le sembrò di tornare a parlare con Tom di quell'inspiegabile situazione e dei suoi sentimenti contrastanti. Ricordava le parole di conforto che aveva usato per lei; ricordava come in pochi secondi l'aveva fatta stare meglio. Ora, di fronte a Luke, si sentiva nuovamente vuota, incompresa, per quanto il ragazzo cercasse di fare il possibile.

Se tornassi a casa, tua madre sarebbe la donna più felice del mondo.” le disse.

Ingie abbassò lo sguardo, riflettendo. Le mancava sua madre, dannatamente. L'idea di riabbracciarla e non lasciarla più andare era qualcosa che la faceva inevitabilmente emozionare. In quel periodo, aveva cercato di sopperire a quella mancanza grazie alla figura di Simone. Doveva ammettere che la donna si era rivelata di grande aiuto, di grande supporto morale. Ma, ovvio, non era sua madre.

Come posso ripresentarmi a casa come nulla fosse, dopo quello che è successo e dopo la mia fuga? Capisci che ho solamente peggiorato le cose?” domandò esausta.

Tua madre ti ha già perdonata. Vuole solo rivederti.”

Quelle parole la toccarono nel profondo. Certo, sapeva che sua madre l'adorava, sapeva che ci sarebbe sempre stata per lei, ma sentirsi dare una garanzia talmente importante era stato quasi inaspettato e lungimirante.

Non mi guarderà mai più con gli stessi occhi.” mormorò con voce spezzata, mentre altre lacrime si accumulavano sul suo sguardo.

Questo, lo dici tu.” Luke le posò una mano sul braccio, facendola quasi sobbalzare, come scottata. Erano mesi che non sentiva il suo contatto. “Se torni, potrete aiutarvi a vicenda. È ciò di cui avete bisogno.”

Ingie si allontanò lentamente dal suo tocco, per non dare troppo nell'occhio, e si prese qualche attimo di silenzio.

La sua vita era giunta nuovamente ad un bivio. Cos'avrebbe dovuto fare? Aveva immensamente paura. Tornare a casa e rivedere sua madre sarebbe stato per lei indispensabile; ciò avrebbe significato anche abbandonare Tom e probabilmente non rivederlo mai più. Sapeva benissimo che il ragazzo sarebbe stato furioso con lei, per il fatto che non gli avesse mai parlato dell'esistenza di Luke, e ne avrebbe avuto tutto il diritto. Si sentiva nuovamente divisa a metà, benché il bisogno di riabbracciare sua madre, in quel momento, prevalesse su tutto.

Voglio solo un po' di tempo per pensarci.” sussurrò, senza guardarlo negli occhi.

Quanto tempo, Ingie? Non te ne sei preso già abbastanza?”

Non era arrabbiato e ciò fu un bene.

Voglio solo poter parlare con i ragazzi, tutto qui. D'altronde mi hanno dato ospitalità fino ad oggi, mi sembra il minimo.”

Luke la scrutò per qualche istante, come pensieroso.

D'accordo.” si arrese in fine. “Parla con loro, fai quello che devi fare.” Ingie annuì appena. “Solo una cosa vorrei sapere, ancora.” La mora percepì il cuore accelerare il suo battito. “Tom che ruolo ha in tutto questo?”

Era la domanda che aveva temuto fino a quell'istante. In pochi secondi la sua mente fu affollata di infinite domande. Come si era cacciata in quella situazione? Cosa gli avrebbe risposto? Cos'avrebbe dovuto fare?

Sospirò appena.

Tom –” cominciò, insicura. “Luke, Tom è colui che mi ha aiutato a rialzarmi.” ammise.

E in che modo, posso saperlo?”

Lo guardò attentamente negli occhi e poté leggere tantissime sfumature differenti: paura, sarcasmo, curiosità, consapevolezza. Forse immaginava. Forse immaginava cosa lei e Tom avessero condiviso fino a quell'istante, ma non voleva ammetterlo a se stesso.

Sai, quando sono arrivata in Germania, quasi avevo perso la mia vera identità. Non ero più me stessa; volevo solamente ricominciare una nuova vita. Volevo gettarmi il passato alle spalle e, come l'ho fatto con la mia famiglia...”

L'hai fatto con me.”

Ingie lo osservò per secondi che le parvero interminabili, con espressione colpevole. Ora che l'aveva di fronte, si sentiva ancora più insensibile, piccola, indegna del bene che ancora le voleva.

Io –” provò a parlare nuovamente. “Credevo di –”

Non riuscì a terminare la frase.

Sai, Ingie...” Lo scrutò interrogativa. “Io ti ho sempre amata e continuo a farlo tutt'ora perché in tutto questo tempo non ho mai smesso di cercarti. In tutto questo tempo forse mi sono illuso che anche tu stessi pensando a me. Per me l'amore è anche comprensione e perdono. Io posso provare a comprenderti, Ingie.” Si ritrovò a boccheggiare. Tutto si sarebbe aspettata, ma non quelle parole. “Posso sforzarmi di pensare a quanto sia stato difficile per te tutto questo. Posso sforzarmi di giustificare qualsiasi cosa tu abbia fatto in questi mesi.” Percepiva nelle ossa la difficoltà con cui parlava; lo vedeva combattuto. Sapeva che una parte di lui lottava per ignorare la rabbia che in realtà provava e solo in quel momento si rese realmente conto di quanto la amasse. “Posso sforzarmi di pensare che sia, in un modo del tutto strano e curioso, normale che tu ti sia attaccata a qualcuno durante la lontananza da casa tua, dalla tua famiglia e da me. Io posso farlo, questo sforzo.” Aveva parlato per tutto il tempo con una lentezza disarmante, deglutendo più volte il dolore che provava. Ingie si sentiva una nullità e si chiese cosa avesse fatto per meritare ancora l'amore di un ragazzo così buono. “Dipende solo da te.” concluse con grande fatica.

Gli occhi di Ingie si riempirono nuovamente di lacrime.

Tom significa molto per me.” mormorò con un filo di voce, cercando di strozzare i singhiozzi.

Non poteva più sopportare il suo sguardo, senza sentirsi in colpa. Non sapeva come confessargli la verità.

Vide Luke annuire lentamente con espressione vuota.

Ho capito.” sussurrò. “Lo immaginavo.” sorrise poi tristemente. “Io sono venuto qui per trovarti e riportarti alla tua famiglia. Manterrò la promessa fino all'ultimo. Fra qualche giorno riparto; sta a te decidere se venire con me o no.” Si alzò dalla sedia ed Ingie percepì una violenta morsa allo stomaco nel vedere i suoi occhi umidi. “Sei libera di scegliere, Ingie.” fu l'ultima cosa che disse prima di darle le spalle ed incamminarsi lungo il marciapiede, lontano da lei.





***





Per la prima volta, apprezzò il vuoto ed il silenzio che regnavano all'interno dello studio.

Sedeva stancamente sul divano – nessuna luce ad illuminare il salotto, solamente quella lunare – con una bottiglia di birra in mano. Lo sguardo era perso, davanti a sé, apatico mentre le gambe poggiavano pesanti sul tavolino di fronte.

Sapeva che se n'erano andati; si era affacciato dalla finestra e li aveva visti abbandonare la villa in taxi. La morsa che aveva percepito allo stomaco fu solamente l'ennesima; per quanto ne sapeva, la mora avrebbe persino potuto decidere di non mettere più piede allo studio.

Bevve un altro sorso di birra, senza distogliere lo sguardo dal televisore spento. Si sentiva un idiota.

Improvvisamente, il rumore di chiavi nella serratura catturò la sua attenzione, senza però smuoverlo dalla sua posizione statica e dimessa. Il suono dei tacchi sul pavimento gli fece dedurre si trattasse proprio della ragazza e non seppe dire se ne fosse sollevato o meno. Lo udì alle sue spalle, farsi sempre più vicino, ma lui era deciso a non muovere un muscolo, fino a che non distinse una sagoma scura davanti a lui, illuminata per metà dalla luna. Posò lo sguardo vuoto su di lei, senza proferire parola, come attendendo una qualsiasi sua reazione. Ora, averla davanti faceva ancora più male di quanto ricordasse.

Aveva il viso distrutto – per quel poco che riusciva a distinguere attraverso l'oscurità – forse da un pianto interminabile. Improvvisamente, non gli importava.

Possiamo parlare?” mormorò Ingie, con voce ancora tremante. Pareva incredibilmente stanca.

Di cosa vorresti parlare?” domandò lui, spaventosamente tranquillo ma pur sempre freddo. Anche lui si sentiva stanco.

Ingie non rispose e ciò che udì per almeno un minuto fu il silenzio.

Mi dispiace.” disse poi lei, con voce rotta. “Avrei dovuto dirti di lui.”

Sì, avresti dovuto.” Quella sua risposta gelida l'aveva momentaneamente zittita. Lui, nel frattempo, si era di nuovo portato la bottiglia alla bocca, bevendo le ultime gocce di birra rimaste, prima di poggiarla sul pavimento. “Toglimi una curiosità.” esordì nuovamente, senza guardarla. “Come hai fatto a venire a letto con me per tutto questo tempo, sapendo di lui e tenendomelo nascosto?” Aveva posato nuovamente lo sguardo su di lei. “Proprio tu, che hai tanto criticato Ria.”

Non paragonarmi a lei.”

Perché non dovrei? D'altronde hai fatto la stessa cosa a Luke.”

Le circostanze erano diverse.”

Non c'è un cazzo di diverso!” Tom si sollevò di scatto dal divano, cominciando a camminare nervosamente per il salotto con le mani alle tempie. “Come hai fatto a guardarmi negli occhi, a toccarmi, sapendo di nascondermi una verità così grande?!”

Riuscì a scorgere un luccichio negli occhi di Ingie, segno che stava nuovamente piangendo.

Tom, ti sembrerà assurdo ma avevo paura.” sussurrò la mora.

Di cosa?! Di cosa avevi paura?! Che non ti avrei più accolta nel mio letto?”

Non parlare così, questo non sei tu.”

Neanche quella che mi trovo davanti in questo momento sei tu.” La ragazza non replicò, probabilmente colta sul fatto. “Sai cosa mi fa più male, Ingie? Il fatto che ci eravamo promessi di dirci tutto. Credevo ti fossi aperta completamente con me, che ti fidassi.”

Mi fido di te, Tom. Sei la persona di cui mi fido di più.”

Non mi sembra. Hai avuto infinite occasioni per dirmi la verità. Non l'hai mai fatto.”

Non volevo rovinare ciò che stavamo costruendo.”

Sapevi cosa mi è successo con Ria. Sapevi quanto per me fosse importante la sincerità. Nemmeno questo ti ha fatto riflettere.”

Ingie abbassò momentaneamente lo sguardo, prima di tornare a scrutarlo, colpevole.

Ho sbagliato. Mi dispiace davvero tanto. Non so, il fatto che volessi ricominciare da capo, forse mi ha fatto perdere il contatto con la realtà. Forse mi ha fatto illudere di poter dimenticare o addirittura cancellare parti della mia vita.” soffiò ormai invasa dalle lacrime. “Non avrei mai voluto farti del male. Tu non lo sai.” La voce le tremò. “Non sai quanto io tenga a te. So di non riuscire a dimostrarlo ma tu sei diventato... Importante.” Tom ignorò il pesante magone che gli si era formato in gola, senza preavviso. Quelle parole gli avevano fatto più male del previsto, nonostante volessero essere consolatorie. “Talmente importante che, sì, ho completamente accantonato l'idea di Luke. Per l'ennesima volta mi sono comportata da bambina immatura e ho ferito le persone attorno a me. Ma nulla di tutto ciò era premeditato. La verità è che non è vero che a vent'anni so perfettamente cosa fare. Devo ancora crescere, avevi ragione tu.”

Tom tacque per un istante prima di replicare.

Io mi sono fidato di te.” mormorò, cercando di mascherare la voce rotta. “Ero appena uscito da una situazione dalla quale credevo di non risollevarmi più. Con te, mi sono gettato nuovamente nel vuoto. Con te ho voluto riprovare a vivere emozioni, senza avere più paura. Mi sono rimesso in gioco e tu non hai pensato nemmeno per un attimo di essere sincera con me. Te ne sei fregata.”

No, Tom, non è vero. Sono stata sincera su tutto con te. È vero, ti ho tenuto all'oscuro della cosa che forse più ti riguardava, in qualche modo, ma non l'ho fatto con cattiveria.”

Sai, mentire su una cosa simile è molto difficile. Il fatto che tu ci sia riuscita con così tanta facilità mi turba.”

Ingie chiuse gli occhi e voltò il viso alla sua sinistra. Tom, dal suo canto, provava emozioni sempre più contrastanti: rabbia, delusione, dolore, affetto, amore. Una parte di lui avrebbe solamente voluto abbracciarla, dimenticare tutto, avere la forza di passare sopra quell'ennesima delusione. Il suo cuore però era stanco di riceverne.

Quindi hai intenzione di non perdonarmi.” sussurrò la ragazza, consapevole.

Che senso potrebbe mai avere? Non potremmo tornare ad avere il rapporto che avevamo prima.”

Pronunciare tali parole era doloroso ma era ciò che si sentiva di dire in quel momento. Cercò di ignorare lo sguardo addolorato e pieno di lacrime di Ingie; era furioso con lei. Era furioso perché aveva mandato all'aria ciò che di bello avevano costruito. Aveva mandato all'aria tutto quanto, senza la minima fatica, e ciò l'aveva ferito più di ogni altra cosa.

Bene, allora credo tu debba sapere che Luke mi ha chiesto di tornare in America. Gli avevo domandato un po' di tempo per riflettere e parlare con voi ma, viste le circostanze, a questo punto non ho più alcun motivo per aspettare. Non sarei comunque più gradita in questo studio.”

Non respirò per istanti che gli parvero interminabili. Quella notizia era giunta con una tale velocità da destabilizzarlo violentemente. Il suo cuore prese a battere furioso in petto all'idea di non rivedere Ingie mai più. Era davvero ciò che voleva? Voleva chiudere così con lei? Al momento, il suo orgoglio e il male non gli permettevano di comportarsi diversamente.

La scelta è tua. Come sempre.” mormorò, prima di darle le spalle e abbandonarla in salotto. Salì le scale con una certa velocità, prima di chiudersi in camera sua – dove non aveva più messo piede se non per vestirsi – e poggiò la schiena alla porta.

Desiderò solamente svegliarsi da quell'incubo.





***





Quella mattina era giunta con una lentezza insopportabile. Aveva trascorso le ore a girarsi nervosamente nel letto, senza chiudere occhio nemmeno per sbaglio. Aveva persino sentito rientrare i ragazzi verso le tre e mezza e non aveva preso sonno fino a quell'istante. Erano le otto ed aveva sopportato fin troppo di rimanere a letto, fissando il soffitto. Stare su quel materasso si era rivelato più difficile del previsto; i cuscini, le lenzuola, ogni cosa era ancora impregnata dell'odore del chitarrista e ciò le aveva fatto incredibilmente male.

Si sedette con un lieve sospiro e poggiò la schiena sulla testata, alle sue spalle. Lo sguardo fisso nel vuoto.

Cosa poteva fare? Non esisteva nulla in suo potere che fosse in grado di ottenere il perdono del ragazzo, lo sapeva. L'aveva guardato attentamente negli occhi, la sera prima, e vi aveva letto troppa delusione.

Chiuse i suoi, poggiando la testa all'indietro.

L'idea di fare le valigie le faceva venire voglia di piangere ancora più forte. L'idea di abbandonare tutto e tutti era insopportabile. Un'intima parte di lei sperava ancora che Tom la raggiungesse, che le pregasse di restare. Forse l'avrebbe messa ancora più in difficoltà con la scelta, ma per lo meno avrebbe saputo che l'aveva perdonata. Inoltre, come avrebbe spiegato quella situazione agli altri? Loro non conoscevano nulla del suo passato; avrebbe dovuto spiegare tutto dall'inizio.

Si sfregò il viso con le mani, in segno di disperazione, per poi scendere dal letto. Indossò una semplice tuta ed uscì dalla camera. Gettò un'occhiata veloce alla porta di Tom e, scuotendo la testa, prese a scendere le scale. Quando fece la sua entrata in cucina, per poco non inciampò sui suoi stessi piedi. Tom e Bill erano seduti al tavolo, uno di fronte all'altro, con espressioni fin troppo serie in volto. Improvvisamente, si sentì tremendamente fuori luogo e desiderò sparire seduta stante nel momento in cui entrambi si voltarono verso di lei. Non seppe decifrare lo sguardo di Bill, ma fu colpita da quello di Tom. Aveva occhiaie profonde ed un'aria così stanca che si sentì ancora più male. Dedusse che nemmeno lui avesse dormito quella notte e che, probabilmente, Bill era stato informato.

Vado in palestra.” parlò Tom, rivolto al fratello, il quale annuì tristemente.

Il moro si alzò dalla sedia e, non appena le si avvicinò, Ingie percepì una morsa fortissima divorarle il petto. Le passò affianco senza toccarla ma la scia di profumo che si portò dietro fu per lei quasi uno schiaffo in pieno volto. Si torturò le mani scambiandosi uno sguardo con Bill che nascondeva infiniti significati ancora ignoti; si sentiva in colpa anche nei suoi confronti e non un fiato riusciva a farsi largo fra le sue labbra.

Vieni a sederti.” Era quasi sobbalzata a quella sua uscita. Il tono non era stato né distaccato né amorevole; pareva piuttosto tranquillo. Si avvicinò titubante a lui, fino a sederglisi affianco. Non proferì parola, semplicemente attese che fosse lui il primo a parlare. E tremò quando la guardò attentamente negli occhi. “Tom mi ha detto tutto.” le disse. Ingie, per niente sorpresa, mosse appena il capo. Era giusto così. “Dire che sono colpito è poco.” Non rispose. “Vorrei prima dirti che mi dispiace per tuo fratello. Non immaginavo una cosa simile.” Ingie lo osservò qualche attimo, prima di annuire lentamente. “Però, Ingie, mi dispiace anche per mio fratello.” Sapeva che la parte brutta del discorso sarebbe arrivata; d'altronde se lo meritava. “La cosa che più mi ha fatto male è che mi avevi promesso che non l'avresti fatto soffrire.”

Ingie chiuse gli occhi qualche secondo per poi scuotere nuovamente la testa.

Bill, ti giuro, non...”

Lo so, non l'hai fatto con cattiveria. Sei stata superficiale però. Lo sapevi, che prima o poi la verità sarebbe venuta fuori e che gli avrebbe fatto male.” Ingie annuì per l'ennesima volta. Sembrava incapace di parlare, di reagire. Non ne aveva più la forza e sapeva di aver sbagliato, quindi era inutile tentare di difendersi. “Ingie, io non sono qui per giudicarti, non è il mio ruolo. Penso che tu abbia già riconosciuto il tuo sbaglio. E nonostante io sia arrabbiato perché ho visto mio fratello star male di nuovo, vorrei che tu non te ne andassi.”

Quell'ultima frase la prese talmente in contropiede che si trovò a sollevare lo sguardo su di lui con espressione corrucciata.

Come?” domandò, sentendosi incredibilmente stupida.

Sì, insomma, l'hai ferito ma non posso nemmeno ignorare il bene che gli hai fatto in tutti questi mesi. Con te è rinato, Ingie, e non posso non essertene grato.” Ingie percepì un nuovo magone farsi strada nella sua gola. “Con te è riuscito a mettere una pietra sopra il nome di Ria. Con te ha riprovato a fidarsi della gente. Inoltre sarei un bugiardo a dire che non mi sono reso conto di come vi guardiate.” La mora si trovò a sorridere lievemente, in imbarazzo. “Non ho intenzione di giustificare questo tuo errore. Ma non voglio nemmeno condannarti. Non faccio mistero del fatto che ho sempre desiderato che tu e mio fratello vi metteste insieme; non so, ho sempre pensato che in qualche modo tu fossi quella giusta, per quanto burbera, strana e una marea di aggettivi simili che ora mi farebbe perdere solo tempo. Sai, è come se vi foste salvati a vicenda. Sarebbe un peccato buttare tutto all'aria, no?”

Ingie si sentiva talmente spaesata, presa alla sprovvista, che per un attimo non seppe come rispondere. Non era in grado di esprimere il piacere che le parole di Bill le avevano fatto. Certo, nascondevano un retrogusto amarognolo, malinconico e un po' deluso, ma erano tremendamente propositive.

Non mi aspettavo queste parole da te. È giusto che tu sia deluso, per ciò che ti avevo promesso, ma ti ringrazio per quello che mi hai detto. Per me è davvero qualcosa di speciale, che mi porterò dietro sempre.” I suoi occhi si inumidirono. “Io ho provato a parlare con Tom. Gli ho chiesto scusa, ho fatto tutto ciò che potevo ma non è servito. L'ho visto davvero amareggiato ed è giusto che sia così. Sinceramente non so cos'altro potrei fare per farmi perdonare. Bill, io prima o poi sarei dovuta tornare a casa; mai come adesso ho bisogno di rivedere mia madre.” Una lacrima le sfuggì al controllo, che subito scacciò con un dito. “Certo, partire sapendo che Tom mi ha perdonato sarebbe meraviglioso. Ma l'idea di farlo e non vedervi più...” Strozzò un singhiozzo, portandosi una mano al viso e nascondendo altre lacrime che non smettevano di scorrere lungo le sue guance. Riportò lo sguardo sul vocalist. “Mi sento tremendamente legata a lui.”

Lo so.” sorrise appena Bill, comprensivo.

Io non so se ce la faccio.” mormorò, prima di scoppiare nuovamente a piangere. Non avrebbe mai immaginata di farlo davanti ad uno dei componenti della band che non fosse il chitarrista. Il suo orgoglio gliel'aveva sempre impedito. E si sorprese quando percepì le braccia del ragazzo avvolgerla con affetto. “Non dovresti consolare me. Sono stata scorretta con tuo fratello.” sussurrò stringendo però la sua maglia per trovare quel poco di conforto e supporto che in tutte quelle ore terribili le era mancato.

Sentì Bill ridacchiare appena, carezzandole la testa.

Tutti facciamo degli sbagli.” ribatté lui. “L'importante è rimediare.”

Non saprei come farlo.” sospirò lei, senza staccarsi dall'abbraccio. Nemmeno Bill probabilmente lo seppe perché non proferì parola. “Ho visto il suo sguardo, Bill. E vorrei non rivederlo mai più. Sapere che ora sta di nuovo male per causa mia è troppo.”

Posso provare a parlarci io.”

Ingie sollevò di nuovo la testa e posò lo sguardo inondato di lacrime sul viso di Bill.

Davvero?” chiese con un fil di voce. Il vocalist annuì serio. “Bill, io –”

Non sapeva cosa dire. Non si sentiva nemmeno degna di quell'aiuto che le stava offrendo.

Tom sa essere molto testardo, ma solitamente mi ascolta. Per lo meno, posso provarci.”





***





Inutile dire che gli innumerevoli tentativi di Bill furono un fiasco dietro l'altro. Fortunatamente, Ingie non si era illusa di ottenere risultati soddisfacenti. Il suo cervello le aveva suggerito, fino a quel momento, di prepararsi al peggio, così da non giungere disarmata a ciò che stava realmente succedendo.

Ivan le sedeva davanti con la fronte corrugata e gli occhi increduli. Alla parola licenziamento aveva quasi cambiato colore al viso già pallido. Gli sforzi per farle cambiare idea erano stati troppi e vani. Ingie, ormai, aveva le idee chiare: soggiornare in Germania non aveva più senso. Era la verità, ciò che la teneva ancora radicata a quel paese non le rivolgeva nemmeno la parola, quindi domandarsi perché rimanere era qualcosa di istintivo.

Ingie, io – non so, mi hai preso in contropiede.” mormorò Ivan una volta raggiunta la porta del negozio, pronta per andarsene per sempre. “Non so cosa dire.”

Non devi dire niente, Ivan. Sono io che ti devo ringraziare. Grazie al lavoro che mi hai offerto, sono riuscita a risollevarmi da una situazione drastica. Quindi non posso fare altro che portarti nel cuore, davvero.”

Pronunciare quelle parole era stato più doloroso del previsto ed il magone minacciava di farla crollare nuovamente. Eppure, cercò di essere forte. In quei pochi giorni, non aveva fatto altro che piangere e si sentiva stanca, impotente. Sentiva che le lacrime erano finite; ne aveva versate troppe.

Senza aggiungere altro, lo abbracciò con tutto l'amore che potesse esprimere. Ivan era una persona che, nonostante tutto, aveva occupato un ruolo importante nella sua vita. Abbandonare quel negozio si era rivelato più difficile di quanto si fosse immaginata.

Si liberò dall'abbraccio e gli sorrise tristemente.

Mi mancherai, Ingie. Davvero.” disse il ragazzo, guardandola attentamente negli occhi. Lo sguardo era tremendamente addolorato. “Lavorare con te è stato divertente.”

Anche tu mi mancherai, Ivan. Mi raccomando, fai il bravo.”

La voce le si ruppe e bastò quello per far sì che il ragazzo l'abbracciasse di nuovo. Questa volta, una nuova lacrima sfuggì al suo controllo, incontenibile.

Era inevitabile. Aveva costruito rapporti forti in quei mesi ed il distacco aveva fatto da testimone a tutto l'affetto che aveva trovato in Germania.

Si staccò nuovamente dal ragazzo e, dopo avergli sorriso un'ultima volta, abbandonò il negozio alle sue spalle, senza mai voltarsi indietro.





***





Ti aspetto in aeroporto domani.


Chiuse gli occhi, sospirando.

Luke le aveva inviato quel messaggio subito dopo essere venuto a conoscenza della sua decisione. L'aereo sarebbe decollato alle undici del mattino ed alle undici del mattino avrebbe detto addio ai ragazzi ed alla Germania per sempre.

Non era pronta. Non era pronta a tornare a New York, non era pronta a rivedere sua madre ma, più di ogni altra cosa, non era pronta per lasciare Tom. La cosa che le faceva più male era che non le aveva mai più rivolto parola dall'ultima discussione. La loro vita allo studio era proseguita nell'indifferenza più totale, per lo meno da parte del chitarrista. I silenzi durante i pasti erano stati agghiaccianti e i ragazzi – ormai tutti consci di ciò che era accaduto e di ciò che ancora doveva accadere – non si erano permessi di fiatare. Nessuno aveva provato a rompere il ghiaccio; avevano semplicemente passato il tempo a discorrere di cibo e clima. Dire che la tensione si tagliava col coltello era un eufemismo.

Sospirò nuovamente.

Non poteva lasciare Tom a quella maniera. Lo amava, lo amava disperatamente e tutto ciò che stava accadendo nella sua vita sembrava volesse remare contro di lei, contro i suoi sentimenti, facendola soffrire ancora una volta. Aveva cominciato a pensare che non potesse essere possibile una sua realizzazione personale, che non fosse possibile per lei essere felice.

Doveva fare qualcosa, ma non sapeva cosa. Ormai, le aveva provate tutte.

Si alzò dal letto con gesti nervosi ed uscì dalla sua stanza fino a che non si trovò di fronte alla porta del chitarrista. Il cuore prese a battere più velocemente nel suo petto e la paura dilagò. Quasi ci ripensò, fino a che una voce nella sua testa le urlò che era ingiusto cedere. Doveva combattere per ciò che amava, era quello che i suoi genitori e suo fratello le avevano sempre ripetuto.

Prese coraggio e bussò un paio di volte.

Chi è?” domandò il ragazzo da dietro il legno, facendola rabbrividire.

Si prese qualche secondo.

Ingie.” soffiò poi, timorosa della sua reazione.

Udì un breve silenzio che la fece quasi sperare.

Puoi andare all'Inferno.”

Buttò la testa all'indietro quasi con disperazione. Avrebbe dovuto immaginare una risposta simile.

Tom, lo so che sei furioso con me. Ma, ti prego, fammi entrare.” parlò speranzosa e stanca.

Perché dovrei?” rispose lui freddamente.

Perché domani mattina parto, lo sai. Potremmo non rivederci mai più e non posso sopportarlo, che tu ci creda o no. Non posso partire così.”

Non cambierebbe nulla.”

Fammi almeno entrare.” insistette lei. “Ti prego.” mormorò poi.

Non udì altro e credette quasi che si fosse messo a dormire, ignorandola, ma poi sussultò non appena sentì la porta aprirsi. Apparve davanti a lei in tuta con sguardo serio ed impenetrabile. Avrebbe tanto voluto baciarlo e mandare tutto al Diavolo.

Beh?” le domandò impaziente.

Posso entrare?” chiese di nuovo lei.

Tom sollevò gli occhi al soffitto e, dopo un grande sospiro, si fece da parte. Ingie, tremante, gli passò affianco fino a che lui non chiuse nuovamente la porta.

Che vuoi?” parlò ancora, alle sue spalle.

Quando si voltò verso di lui, lo vide con le braccia conserte e lo sguardo distrutto.

Quello che vorrei è che tu mi perdonassi ma so che è impossibile.” ammise.

Mi hai preso in giro per cinque mesi. Non so come vorresti che mi comportassi con te. Vuoi che ti prenda e ti sbatta di nuovo sul mio letto? Mi spiace, non ce la faccio.”

Tu pensi davvero queste cose quando mi parli così?”

E tu?”

Lo sai che le penso.” Attese. “Ti ho detto che sei la cosa più importante che mi sia capitata in questi mesi.”

Tom sospirò con sarcasmo, per poi incamminarsi verso il letto.

Smettila con queste stronzate.” commentò continuando a darle le spalle.

Non sono stronzate, è la verità. Ed il fatto che tu lo metta ancora in dubbio mi ferisce molto.”

Tom si voltò di nuovo verso di lei, questa volta nervoso.

Anche tu mi hai ferito, Ingie. Lo sai perfettamente.” ribatté con il dolore negli occhi.

Ed io ti ho detto che ho sbagliato e che non è stata mia intenzione. Dimmi come posso rimediare.”

Non puoi farlo.”

Perché no? La tua è una presa di posizione.”

Non sminuire ciò che hai fatto, Ingie.”

Non lo sto sminuendo. Sono stata ipocrita, codarda, cattiva, tutto quello che vuoi. Accetto tutto. Desidero solamente che tu mi dica cosa posso fare per farmi perdonare.”

Nulla ho detto.”

Ingie restò qualche secondo ad osservarlo tristemente. Sapeva che il chitarrista stava soffrendo, lì davanti a lei; glielo leggeva negli occhi. Era una ragione in più per la quale non mollare.

Tom, tra poche ore parto. Mi vuoi dire che saresti veramente in grado di lasciarmi andare così? Dopo tutto quello che c'è stato?”

L'hai rovinato tu.”

Io ci credo ancora.”

Io no, non ce la faccio.”

Ingie gli si avvicinò mentre lui indietreggiò automaticamente.

Tom, non ti allontanare da me, ti prego.” le tremò la voce e poté leggere la stessa emozione nello sguardo del chitarrista. “Io non posso sopportare l'idea di partire e non vederti più.”

Tanto doveva andare comunque a questa maniera. Prima o poi saresti tornata dalla tua famiglia e forse è meglio così. Non vedersi più potrebbe essere la soluzione.”

No, Tom.” Gli si avvicinò di nuovo e questa volta riuscì a toccarlo. “Guardami negli occhi.” lo pregò mentre lui cercava di distogliere lo sguardo ed allontanarsi dalla sua salda presa sulle braccia, senza successo.

Ingie, vattene, allontanati.” le disse lui, agitandosi. Continuava a non guardarla.

Guardami.” insistette lei.

Magone. Occhi umidi.

Ingie, non rendere le cose più complicate.” Udì la sua voce rotta e seppe che provava lo stesso tormento. Gli strinse le mani, mentre lui cercava di divincolarsi senza troppi sforzi dalla sua presa ferrea. “Ingie.” ripeté con voce strozzata.

Ho bisogno di te, Tom.” Non avrebbe mai immaginato di pronunciare tali parole. Non avrebbe mai immaginato di gettare l'orgoglio sotto le scarpe e spogliarsi di ogni difesa davanti a lui. Si era mostrata debole, inerme. Gli aveva fatto capire che senza di lui era fragile, instabile. “Ho bisogno di sapere che ci sarai ancora, che non abbiamo buttato all'aria tutto ciò che abbiamo condiviso.”

Ingie, ti prego.”

Dammi una certezza. Dimmi che per te è ancora importante.”

Quando vide gli occhi umidi del ragazzo, il suo cuore percepì un dolore troppo forte da sopportare.

Mi stai facendo male, Ingie.” sussurrò, facendole sgranare gli occhi. “Sto percependo di nuovo un dolore che non volevo provare e che mi spaventava. Se veramente tieni a me, lasciami andare.” Il suo cuore quasi si era fermato e le sue mani avevano lasciato quelle del chitarrista, all'improvviso bollenti. Quasi faticava a respirare e desiderò che ciò che stava udendo fosse un brutto incubo. “Forse è l'unico modo per farmi stare meglio.”

Si allontanò lievemente da lui, incredula.

Tu davvero stai rinunciando a tutto? Davvero, Tom?” soffiò con voce spezzata dalle lacrime che avevano di nuovo ripreso a scorrere lungo il suo viso. “Hai davvero tutto questo coraggio? Perché io non ce l'ho.” pianse silenziosamente. “Ho paura di salire su quel cazzo di aereo e non essere sicura di risentirti.” Gli occhi lucidi di Tom continuavano a darle la speranza, oltre che il dolore. “Hai questo coraggio? Sì o no?”

Il silenzio che ne derivò la spaventò a morte.

Sì.”

E fu in quel preciso istante che la sua anima morì.





***





Camminava per quell'aeroporto svuotata di ogni sua essenza. Le occhiaie profonde – resti di una notte insonne e crudele – troneggiavano sul suo viso, così come la stanchezza ed il dolore palpabili. I ragazzi, alle sue spalle, camminavano in silenzio, ma sapeva che uno solo provava realmente le sue stesse emozioni. Quando vide Luke in lontananza fare un gesto con la mano, si fermò e si voltò verso di loro, conscia del fatto che il momento che più aveva temuto – quello degli addii – era giunto.

Si schiarì la voce per evitare di scoppiare a piangere prima del previsto.

Io... Vi ringrazio davvero tanto.” La voce tremò. “Con voi ho passato dei mesi stupendi. Mi avete ridato la gioia di vivere, mi avete aiutato quando più ne ho avuto bisogno. Siete stati la mia famiglia e mi avete accettata da subito con un affetto che mai potrei ritrovare nella mia vita.” Si asciugò una lacrima che le era sfuggita al controllo. La morsa allo stomaco era dolorosa, insopportabile, quasi le impediva di respirare. Non era ancora riuscita a guardare Tom. “Credetemi quando vi dico che vi voglio davvero bene e che per me siete importanti ed un pezzo significativo del mio cuore.”

Non ce la fece. Scoppiò a piangere e fu lieta di sentire le braccia di Gustav stringerla calorosamente. Si aggrappò con forza alla sua maglia sfogando la sua paura, il suo fallimento, tutto ciò che la tormentava.

Con te ho passato momenti stupendi, sono sincero.” le mormorò all'orecchio. “Mi hai fatto ridere tanto, Ingie, e le nostre chiacchierate rimarranno sempre con me.”

Strinse gli occhi. Come avrebbe potuto abbandonarli? Per un momento desiderò tornare indietro nel tempo.

Quando fu stretta da Georg, sorrise amaramente, senza frenare quelle gocce salate che erano diventate protagoniste di quei giorni.

Mi hai fatto davvero divertire, Redhead.” soffiò. “Grazie.”

Anche tu, Ingie. Ti prego, non sparire. Hai i nostri numeri.”

Si chiese se fosse stato possibile farlo. Improvvisamente le sembrava tutto così inutile che le veniva voglia di urlare.

Quando passò a Bill, strozzò un singhiozzo.

Grazie, veramente.” bisbigliò al suo orecchio, riferendosi al grande aiuto – seppur vano – che le aveva dato con Tom. “Grazie per avermi compreso fin da subito.” Lo strinse più forte che poté e sorrise appena percependo quanto ricambiasse quel gesto.

Non mollare, Ingie.” Quel sussurro la sorprese. Sapeva a cosa si riferisse. “Fallo per me.”

Chiuse gli occhi addolorata.

Vorrei promettertelo, Bill, ma ho paura di deluderti di nuovo.” mormorò tristemente.

Quando abbandonò il corpo del vocalist smise di respirare per un momento. Tom la guardava distrutto, combattuto – lo sapeva – e privo di parole. Lei non riuscì a muoversi, davanti a lui. Continuò semplicemente a piangere in silenzio.

Tutto ciò che potevo dirti, l'ho detto.” sussurrò tremante. “So che, ora come ora, è inutile che aggiunga altro. Solo una cosa, però. Pensaci. E se un domani ci riuscirai, perdonami.” Non riusciva ad aggiungere altro. Non riusciva più a sostenere il suo sguardo, non riusciva più ad averlo così vicino senza poterlo toccare. “In ogni caso, grazie, Tom. Per tutto.” La voce le si era rotta prima che finisse la frase e si portò una mano al viso, cercando di strozzare i singhiozzi. Poi tornò a guardarlo con fatica poiché le lacrime impigliate fra le ciglia le impedivano di vedere limpidamente. “Ti sarò sempre grata per ciò che hai fatto per me.” gli sorrise appena, cercando di ingoiare il groppone. Gli occhi del ragazzo non la abbandonavano e lei non riusciva a capire che cosa avesse intenzione di fare. Sperò fino all'ultimo che la prendesse, la stringesse a sé e la baciasse, ma tutto ciò non avvenne. Forse si era illusa fino alla fine di avere il suo lieto fine, come in tutti i film che aveva guardato e che aveva sempre criticato. La realtà era ben diversa. La realtà le faceva schifo e le ricordava quanto miserabile fosse l'essere umano. Il silenzio del chitarrista pesò più di ogni altra cosa. Sapeva che non la stava guardando con odio ma con dolore, eppure non riusciva ad accettare di lasciarlo senza una sua ultima parola. Non seppe quanto tempo stesse immobile davanti a lui, in attesa del minimo gesto, del minimo cambio d'espressione, ma l'avviso del check-in giunse al suo orecchio come una bomba atomica. Era giunto il momento. “Ciao, ragazzi.” disse senza fiato, per poi dare loro le spalle.

Allontanarsi il più velocemente possibile da loro era l'unico modo per raggiungere Luke senza il minimo ripensamento. Quando lo affiancò, gettò un ultimo sguardo a Tom, che ancora la guardava smarrito, come non si fosse ancora reso conto di ciò che stava accadendo.

Sussurrando a se stessa un ti amo mai pronunciato, lo abbandonò forse per sempre.





***





Il mal di stomaco persisteva, così come il dolore al cuore che non accennava a sparire.

L'aveva lasciata andare, senza dire una parola. L'aveva lasciata andare senza confessarle ciò che provava realmente per lei. Si era lasciato sfuggire l'occasione per colpa della delusione, dell'orgoglio, e ora si sentiva terribilmente male. Ora che non l'aveva più accanto, ora che aveva visto l'aereo salire in cielo, aveva percepito la sua reale assenza con una forte fitta al petto che gli impedì di respirare per un momento. Come se si fosse risvegliato da un sogno, si era reso conto che lei non c'era più ed il tempo per parlare era finito.

Strinse i denti, cercando di ingoiare il groppo che aveva in gola. Accanto a lui, sapeva che suo fratello lo stava scrutando per cercare di capire cosa la sua testa gli stesse dicendo.

Sei un idiota, Tom.”

Quell'uscita lo fece voltare verso di lui con la fronte corrugata.

Cosa?” domandò smarrito.

Era davanti a te! E tu non hai fatto niente, non hai mosso un muscolo, non le hai detto una parola.” esclamò, gesticolando furiosamente. “Ha pianto tutte le lacrime che aveva in corpo, ha messo da parte dignità ed orgoglio, ti ha detto tutto ciò che poteva dire per farsi perdonare e tu? Niente. Come fai, Tom? Come cazzo fai?”

Quelle parole lo toccarono nel profondo. Sentirle pronunciare da suo fratello, con gli occhi fissi nei suoi, era ancora più doloroso perché si rendeva conto, maggiormente, di quanto vuoto era stato.

Non ce l'ho fatta, Bill.” mormorò colpevole. “Era troppo.”

Era troppo che cosa?! L'amore che provi per lei?! L'amore che provate l'uno per l'altra?! Cristo, Tom, svegliati! Sei così acuto per tutto e quando ti si presenta l'occasione per dimostrarlo cadi in questo modo! L'hai persa, Tom, lo sai?!” Tom chiuse appena gli occhi. “Tutto perché sei un orgoglioso del cazzo! Hai accettato cose peggiori, ti sei piegato con quella stronza di Ria e non riesci a farlo con Ingie?! Dio, non ti capisco!”

Con quell'ultima imprecazione, Bill si allontanò rabbiosamente da lui, dirigendosi verso l'uscita dell'aeroporto dove gli altri ragazzi li attendevano.





***





Era stato il viaggio più lungo della sua vita. Testa poggiata al sedile, sguardo abbandonato al di là dell'oblò, lacrime ancora fresche sul suo viso. Aveva trascorso quelle dodici ore a ripensare al loro addio e continuava a ripetersi nella mente che tutto ciò era ingiusto. Luke, al suo fianco, non le aveva detto nulla per tutto il tempo. L'aveva lasciata da sola con il suo dolore per rispetto, lo sapeva, e gliene era grata.

Quando i suoi piedi toccarono il suolo americano, un'emozione incontenibile la pervase. Cinque mesi dall'ultima volta che aveva respirato l'aria newyorchese, cinque mesi dall'ultima volta che aveva visto la sua famiglia. Cinque mesi dall'incidente.

Prese un bel respiro e salì sul taxi che l'avrebbe condotta a casa. Questa volta il viaggio fu di breve durata, nonostante lei avesse sperato in un traffico devastante per guadagnare altro tempo. All'improvviso, tutti quei mesi le parvero insufficienti e l'idea di rivedere sua madre, ora, le fece paura.

Spesso, chiedere perdono è arduo.

Inspiegabilmente si considera una bassezza, un'umiliazione bella e buona. Ma si è mai commesso un errore più grande di se stessi? Così tanto da mozzare il fiato? Più grande di ogni altra umiliazione?

Lei sì. Lei lo aveva fatto.

Ed assieme a se stessa, aveva ferito le persone più importanti della sua vita, senza riflettere, senza pensare a loro, da perfetta egoista.

E per questo doveva chinare la testa, raccogliere il fardello dei propri sbagli ed affrontare chi aveva ferito.

Ingie stava per farlo.

No, non l'aveva capito subito; aveva agito d'impulso fin dall'inizio, commesso madornali errori e continuato a commetterli, senza rendersi conto del dolore inutile che stava procurando ad altre persone.

La nostalgia ardeva dentro di lei come un tizzone, che la dilaniava giorno dopo giorno.

Ed era la nostalgia l'unica spiegazione per cui si trovava di fronte a quella casa, intenta a torturarsi le mani umide mentre esitava sul prossimo passo da compiere.

Non sapeva cos'avrebbe trovato dall'altra parte. Accettazione? Rifiuto? Un cinquanta percento di possibilità pesante come un macigno.

Ingie si sentiva sempre più ansiosa e la tentazione di girare sui tacchi e correre via era opprimente; ma non poteva farlo, non di nuovo. Era giunto il momento per lei di accantonare i suoi timori, per una volta nella vita.

Preso un bel respiro, quindi, pigiò con l'indice quel dannato pulsante, il quale la pose, con un trillo, di fronte ad uno spaventoso bivio.


  
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