«È
questa.» borbottò Ayame tra sé, in un patetico tentativo di
autoconvinzione. E se poi non fosse stata quella… beh, ci avrebbe
provato, no?
«Sì, è questa scuola.»
Si passò rapidamente una mano esile tra i capelli sciolti, riflettendo
sul da
farsi.
Era arrivata davanti all’edificio nella cartina, ma ancora non si
vedeva
nessuno.
La piazza circolare davanti all'istituzione era stata lastricata con
pietre
grigie ottagonali, perfettamente incastrate nel formare simboli
geometrici
complicati. Le piastrelle sembravano brillare di una luce perlacea nei
raggi
tiepidi del mattino. La scuola non appariva esattamente come nei
depliant
colorati che le erano stati spediti - aveva un'aria quasi spettrale
e...
bizzarra.
Il grande spiazzo era circondato da alberi di ciliegio che allungavano
le
loro scure dita ossute verso l'alto. Gli edifici erano disposti a
semicerchio,
separati dalla piazza da un basso muretto candido e screpolato ed un
cancello
in ferro battuto. La cosa balzana riguardante quel complesso di
costruzioni
erano gli stili architettonici prettamente diversi. Il corpo principale
sembrava essere stato costruito in stile gotico, con pennacchi e guglie
che si
stagliavano contro il cielo troppo azzurro. La facciata era sostenuta
da
pesanti colonne in granito chiaro, alle quali si accedeva tramite una
scalinata
ripida e scomoda. Le porte erano in vetro colorato, fulgide e
misteriose dietro
gli spicchi d'ombra disegnati dai pilastri. In alto, si trovava un
orologio con
dei numeri romani, che sembrava scrutare austeramente lo spiazzo
inferiore.
Ayame rabbrividì lievemente. Nonostante fosse una persona sincera -
troppo
sincera - non avrebbe mai ammesso di aver inconsciamente sperato di
aver
sbagliato edificio.
Aveva sempre dubitato che ci fossero persone più incapaci di lei con
l’orienteering. E in effetti non era proprio un asso in quel genere di
cose.
Si rigirò la cartina tra le mani, appoggiando poi la valigia accanto ad
una
panchina verniciata di verde foresta svedese.
E il viaggio è appena incominciato pensò.
Ed era vero. Ora che aveva trovato la scuola, la aspettavano pesanti
lezioni,
interrogazioni, ricerche su dei tizi famosi per qualcosa che mente
umana non
riusciva a concepire.
Detestava il suo pessimismo cosmico.
Un certo Leopoldi o Leonardi¹ – non ricordava bene – glielo aveva
attaccato nel
periodo delle medie inferiori², quando studiava letteratura estera.
C’era un’unica spiegazione al fatto che fosse lì. La Kirigaoka Academy
non era
affatto una scuola comune.
Era speciale.
Speciale allo stesso modo in cui lo era lei e altre poche persone in
Giappone.
Li chiamavano esper. O almeno così aveva letto dalla lettera di
ammissione che
aveva ricevuto qualche mese prima. Accidenti, un esper!
Non era una cosa da tutti, considerato che gli esper erano dei veri e
propri
geni.
Ed era per questo che da due settimane non era riuscita a chiudere
occhio.
Chissà quale potere risiedeva in lei?
Quando lo aveva saputo di avere un potere speciale lo aveva detto
immediatamente a tutte le sue amiche, senza esclusioni.
Con un sospiro crollò sulla panchina.
Aveva anche considerato l’opzione che ci fosse un errore, che non
appena le
avessero fatto il test sarebbe risultata incompatibile e inutile.
E forse era così.
C’era sempre stato qualcosa di incrinato in lei, come se tutto ciò a
cui
tenesse fosse stupidamente rovinato per qualche assurda ragione. La
chiamava
sfortuna.
Fu proprio in quel momento che si accorse che qualcosa non andava.
La valigia.
Non era più lì.
Rimase cinque millisecondi ad osservare stupidamente il punto in cui la
valigia
era rimasta fino a pochi minuti prima. No, non era possibile.
Emise un urlo di frustrazione per poi correre giù per la strada a
cercare quel
fottuto bagaglio.
Shirō
emise un sospiro di frustrazione mentre lo schermo del computer si
faceva di nuovo nero. Una serie di codici bianchi cominciò a spuntare
sulla
superficie ormai scura - una serie di domini dei siti che stava
hackerando.
Si passò stancamente una mano sulla fronte, sentendo la testa
ciondolargli
per la stanchezza. Aveva le occhiaie e molto probabilmente il suo
colorito
avrebbe fatto invidia al latte, tant'era pallido. Abbassò la zip della
tuta da
ginnastica che portava quel giorno e ricominciò a maneggiare con aria
assorta i
fili e le prese di corrente.
«Non pensi che sia uno spreco?» Atsuya poggiò con veemenza la tazza in
ceramica smaltata lilla - la preferita d Shirō - sulla sua postazione
di
lavoro. Il liquido scuro all'interno (qualcosa che doveva somigliare al
caffé)
sciabordò quasi con aria minacciosa «Sprecare una bella giornata di
sole come
questa, intendo. Devo ricordarti che siamo in vacanza?»
Shirō gli lanciò un'occhiata indispettita, il suo sguardo glaciale
penetrò
attraverso le ciglia folte e chiare, per poi saettare rapidamente tra
Atsuya e
la tazza di caffè annacquato. Infine afferrò il manico del contenitore
e
trangugiò la bevanda calda senza battere ciglio.
«Non è da me dirlo» osservò mentre una espressione di disgusto gli
distorceva il volto «ma fa schifo come al solito.»
«La mensa è chiusa.» si difese Atsuya lanciandogli uno sguardo di
sottecchi, domandandosi ancora una volta come - nonostante fossero
gemelli -
potessero essere così diversi. Alzò le spalle con aria contrita e si
acciambellò con nonchalance sulla scrivania «Oh, avanti, preferisci
stare in
questo schifo di buco per tutto il giorno, piuttosto che goderti le
vacanze
finché puoi? Con tutto questo smog non si vedono tante belle giornate
chiare
come questa.»
Shirō si frizionò le tempie, scuotendo il capo con aria di chi stesse
spiegando
le tabelline ad un alunno recalcitrante. Atsuya tamburellò nervosamente
con le
dita sulla superficie del banco.
«Atsuya, cosa trovi difficile nelle parole "credito formativo"?»
Il ragazzo si passò una mano tra i capelli spettinati, si alzò nuovamente, misurando la stanza con lunghi passi ed infine si accomodò sul
balcone con aria di superiorità. Sbuffò.
«Ancora con questa storia?» si lagnò mentre appoggiava la schiena
contro la
parete e faceva dondolare la gamba all'esterno, contemplando con muta
meraviglia quella città grande e tecnologica che si estendeva ai suoi
piedi.
«Se hai crediti mangi meglio, non vai in ronda e, cosa ancor più bella,
troverai un lavoro migliore.» mormorò Shirō con la lingua trai denti,
battendo
rumorosamente sulla tastiera del computer. Fissò le cifre per qualche
istante e
poi cliccò il tasto destro del mouse cutting edge.
«Che idiozia. Chiunque pagherebbe oro per aver un Esper a suo
servizio.»
replicò Atsuya monocorde, osservando il
reticolo di strade incrociate, riempite dalle luci e dagli schiamazzi
delle
macchine. Si rilassò contro la pietra tiepida e sorrise lievemente.
«Nessuno pagherebbe per averne uno stupido.» esclamò Shirō mentre
finalmente riusciva ad accedere ai dati che stava cercando.
Scattò con aria
vittoriosa una foto con il suo PDA. Era un elenco di cifre ordinate che
illustrava gli introiti anormalmente alti di una società farmaceutica
della
prefettura di Fukuoka - un'azienda probabilmente finta, con un
indirizzo mail
delle isole Cayman che aveva rapporti con qualche signore della droga
presso il
quale presto ci sarebbe stato un raid.
Shirō incrociò le dita e si stiracchiò,
ruotando sulla sedia dello studiolo. I suoi occhi scivolarono per un
istante
sul suo gemello. Atsuya si era assopito sul balcone.
Con tenerezza lo spostò dalla finestra - cercando di non svegliarlo - e
lo
coprì con una coperta. Nonostante facesse caldo, era ancora marzo, e
lui voleva
possibilmente evitare di fargli buscare un raffreddore. Infine, Shirō
si
appoggiò al bancone, puntellandosi con i gomiti per lasciare che il suo
sguardo
vagasse lontano, sullo skyline freddo e rigido della città.
Poteva vedere gli edifici in cemento antracite, scuri e svettanti come
torri di guardia. Già un sottile velo di fumo iniziava a depositarsi a
livello
del terreno. Lo notò buffo.
La città appariva così moderna e lucida, con le sue vetrate riflettenti
e i
tetti irregolari, quasi artistici, delle case moderne fatte con
prefabbricati.
Le strade erano ampie e morbide e si snodavano come grandi fiumi pigri
in anse
longilinee e grigie. I pannelli solari erano ovunque: spuntavano sui
tetti
delle case piatte, accanto agli eliporti degli hotel, sui grattacieli
dai tetti
obliqui ed innovativi.
Le abitazioni erano ammucchiate una vicino all'altra, senza però
infrangere
una qualche costante misteriosa che sembrava permettere la convivenza
civile. I
settori più esterni dell'agglomerato urbano erano adibiti alle
fabbriche e agli
istituti di ricerca. La scuola, invece, si trovava proprio al centro di
tutto,
come un cuore pulsante, vigile. Lontano, vedeva innalzarsi alcuni archi
slanciati che costituivano una scultura di un artista di cui non
ricordava il
nome.
Da lì non riusciva a scorgere il porto, ma sentiva l'odore della
salsedine
aleggiare nell'aria umida, appiccicosa. Yokohama era un centro
nevralgico per
il commercio ed esso era il principale sostentamento per la sua solida
e
florida economia.
La città sembrava quasi un essere vivente malato, che sembrava
respirare a
fatica, vittima del proprio progresso tecnologico e dell'ipocrisia
umana. Shirō
sospirò. Dopo tutte quelle invenzioni, le persone non erano
ancora
riuscite a mettersi d'accordo per la salvaguardia dell'ambiente. Scosse
il
capo, esprimendo mutamente la sua indignazione.
Infine afferrò il telefono interno - affetto da un potente jamming³
perché
non potesse essere intercettato - e compose con titubanza il numero
della
preside.
¹
Ayame intende dire Leopardi, ma non se lo ricorda (?).
² Beh, allora. Le scuole giapponesi non sono come le nostre, perciò ho
preferito usare quelle della madrepatria, no? Praticamente ci sono vari
livelli. Potete considerare la Kirigaoka come una scuola
superiore-università
se preferite. Per maggiori informazioni cliccate qui.
³ Il jamming è una sorta di, uhm, tecnologia che permette di criptare o
disturbare (con lo scopo di impedire) le comunicazioni in un certo
range
d'effetto. Se vi state guardando Aldnoah.Zero avrete capito :3
the blitz loop this planet
to search way
only my RAILGUN can shoot it imasugu̴
// nessuno la caga perchè evidentemente non sapete cosa stia dicendo.
quanto amo railgun ♪
je sais, ho chiuso le iscrizioni un po’ presto, mi spiace
non sarei riuscita, in senso che se mi fossero arrivati altri oc non
avrei saputo cosa fare.
ne ho scartati, uhm… undici c:
mi spiace. se me ne fossero arrivati altri sarei stata indecisa e non
volevo proprio esserlo
ne ho scelti pochi infatti. otto, per la precisione.
certi erano davvero improponibili e certi altri… mi hanno lievemente
infastidita :3
lo dico ridendo, ma sapete leggere?
oppure vi preme più prenotarvi hiroto kiyama così avete un trombeur des
femmes?
Nomi Giapponesi, ho detto tutto.
e visto che questa idiota qui non sta a
farsi prendere per i fondelli ed ha ripetuto un milione di volte che
voleva oc giapponesi (per non venire fuori con le solite boiate tipo
‘Charlotte star’ o ‘Jessica sunshine’) ha deciso di non ripetere più e
eliminare gli oc che non avevano le caratteristiche richieste c:
e nonostante avessi richiesto fantasia per i poteri, pochi di voi
l’hanno avuta.
Un grazie particolare a Flock e la nee-san (Obviousely Sum).
La trama è ancora segreta, ma è già programmata, don’t worry. Ed è per
questo che ho scelto la metà degli oc di Underworld, perché li gestirò
meglio. infatti il plot è un po’ complicato, con tanti personaggi, una
cattiva psicopatica etc.
nill aveva pensato di fare anche una seconda stagione.
Ayame è il mio oc ed a me appartiene.
non vi dirò il suo potere, lo scoprirete tutti nei prossimi capitoli c:
anyway, come già saprete, io non sono una maniaca delle recensioni. mi
avete già aiutata molto con gli oc che mi avete donato. non mi
interessa se non passate a recensire ogni santo capitolo, non vi
penalizzerò. a me piace scrivere e mi diverto facendolo, le recensioni
sono solo una conseguenza.
nel prossimo capitolo introdurrò gli oc, quindi se volete che il vostro
pg abbia una compagna/o di stanza particolare, you can ask me. .u.
E niente. mi complimento con quelli scelti per l’oc. spero riuscirò a
renderli bien. :D
mi spiace, so di averne scartati alcuni di davvero validi, ma non ho
potuto farci nulla. o li prendo tutti o continuo la storia.
eccoli qui:
Yuki Suzuhara {Violence Doughnut} – Inazuma Sisters
Makoto Ishii {Syncrothon} – Gelb_
Megumi Furukawa {Teleport*} – NipaH_Girl
Tsubaki Kino {Chiaroveggenza} - _Aurara
Rin Megurine {Trick Art} – Summer38
Sho Shibuya {Variazione della temperatura} – FaGammaVoloso
Minako Shinju {Telecinesi} – Directioner_Inazumiana
Yoshiko Nishimura {Insulation} – Carly_chan
vi spiacerebbe confermare il ragazzo, please?
così sono più sicura. basta che scriviate nella recensione: ‘Il mio oc
sta con…’
oh, e compilate questo form (Che rompipalle che sono, right?):
autorizzo Rie a inserirlo/a nella storia
autorizzo Rie a fargli stringere amicizie con altri oc
autorizzo Rie a ferirlo, torturarlo ed ad ucciderlo solo sotto
richiesta (non credo farò, ma ucciderò i canon)
autorizzo Rie a inserirlo nella trama e farlo muovere come meglio
crede, sempre rispettandone il carattere.
* Per Asia, o meglio NipaH_Girl: ho assolutamente bisogno di una
Teleporter, perciò le ho messo teletrasporto, anche perché l’altra
abilità era già stata scelta. e avrà un ruolo molto importante nella
storia. va bene?
-Nota bene: dato che quest’opera è parzialmente ispirata a To aru
majutsu no index, è possibile che compaiano dei personaggi di questa
serie-
EDIT: allora,
cosa ne dite? ho aggiunto la parte dei gemelli fubuki per descrivere
meglio la
città e i luoghi in cui si svolgerà l'azione ;) vi è piaciuta la
descrizione?
se volete potete modificare la recensione per farmelo sapere. comunque,
questa
è yokohama del futuro - la
storia è ambientata nel futuro - come me la sono immaginata io. hahaha,
lo so,
gioco troppo a ratchet e clank, lol.