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Autore: __WeatherlyGirl    02/04/2013    6 recensioni
Cosa succederebbe all'NCIS se una ragazza arrivasse e sconvolgesse gli equilibri? Come reagirebbe il Team Gibbs? E, soprattutto, cosa dovrei fare, se quella ragazza fossi io?
Genere: Generale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altro Personaggio, Anthony DiNozzo, Leroy Jethro Gibbs, Un po' tutti, Ziva David
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Hey Gibblets! Scusate per la lunghissima
attesa, ma la scuola mi
ha impedito di postare il
capitolo prima.
Spero vi piaccia! Mi raccomando, recensite!
Always yours
__WeatherlyGirl



OCCASIONE PERSA, AGENTE DINOZZO

 


Tutto. E tutto era anche troppo. Sapevo troppo, non tutto. Il problema era che non dipendeva da me, non era una mia scelta; il saper tutto era una conseguenza al mio lavoro, a ciò che mi obbligavano a fare. Ma come l’avrei spiegato alla squadra? Forse non l’avrei mai fatto, non lo sapevo.

Quando Tony e Ziva tornarono dal bagno i miei occhi si fissarono, involontariamente, su di loro, notai il lieve sorriso sulle labbra di Ziva e la gioia che traspariva dagli occhi di Tony. Non avrei mai provato una simile sensazione nella mia vita, lo sapevo. Ma non ebbi il tempo di completare le mie elucubrazioni che Gibbs mi chiamò. Per un secondo credetti che avesse scoperto ciò che stavo facendo, ma poi, con mio grande sollievo, mi ricredetti

-Telefono,- mi disse, e mi indicò un telefono che squillava -è per te- continuò.

Sollevai titubante la cornetta, chi poteva mai essere?

-Anna?- sentii una voce dall’altro capo -Sono Josh, ti ricordi di me?-

Mi resi conto in quel momento di chi fosse Josh e di cosa significasse quella telefonata, un brivido di terrore mi scorse la schiena, Gibbs lo notò.

-Oh, Josh caro, come potrei dimenticarmi di te?- la frase convenuta

-Bene,- rispose lui con tono secco -adesso ascoltami bene, non muovere i muscoli del viso- Il mio corpo si irrigidì istintivamente -non così, esageri- continuò. Come avevo previsto mi stava osservando, fissai a lungo Ziva sperando che si accorgesse del mio malessere, ma lei non mosse lo sguardo dal computer.

-Bene, Anna, così va meglio. Che ne dici di vederci per un caffè?- ecco l’altra frase convenuta. Dovevo rispondere a tono

-Sono impegnata fino alle quattro, più un minuto. Ci incontriamo al solito posto?- 

-Sì, fammi avere anche un altro minuto- 

-Sarò lì- Riattaccò. 

Le mie azioni dovevano essere rapide, poiché ero sicura che Josh fosse lì a guardarmi, da qualche parte, e se avessi commesso un solo errore sarei stata finita. 

Avanzai verso Gibbs:-Devo p-parlare con il d-d-direttore- sillabai balbettando.

Il mio colorito doveva essere pessimo e il mio tono di voce era anormale, ma Gibbs non se ne accorse (o fece finta di non accorgersene) e mi fece cenno con la mano di andare. Stavo guadagnando l’altro minuto.

 

Entrai da Vance senza bussare, la segretaria mi aveva fatto sapere che mi stava aspettando, e lo trovai in piedi, davanti alla sua scrivania, che attendeva il mio arrivo.

Ci stringemmo cordialmente la mano e mi presentai, lui non disse una parola, ma mi fece cenno di sedermi. Si sedette dall’altra parte della scrivania e cominciò a masticare uno stuzzicadenti, come era suo solito, e scese un silenzio imbarazzante. 

Vance mi scrutava, cercando di capire cosa mi fosse successo e perché avessi quella faccia, io, nel frattempo, cominciai a tossire, fingendomi malata, per dare una spiegazione ragionevole al colorito ceruleo.

-Un bicchiere d’acqua, signorina Ruzzi?- disse improvvisamente. La sua voce mi scosse e tutto ciò che fui in grado di fare fu muovere il capo da una parte all’altra in segno di diniego

-Mi dica,- continuò -perché ha voluto parlarmi?- respirai profondamente dopo la sua domanda

-Ho bisogno di accedere all’archivio dei file secretati dell’NCIS- risposi tutto d’un fiato. Vance rimase molto colpito

-Ovviamente ha una buona ragione per chiedermelo- 

-Riguarda il caso Reynolds, voglio accertarmi di una cosa-

-Dai file secretati?-

-Sì-

-E cosa?-

-Una cosa. E’ solo un’idea, per ora-

-Del tipo?- 

-Riguarda sua moglie-

-All’NCIS?- 

-Sì-

Vance annuì distrattamente e sollevò una pila di carte, indicandomi di prenderne una dal fondo

-Ecco, me la passi- gliela porsi tenendo gli occhi fissi su di lui, la firmò e continuò a fissare il foglio.

-Questa storia non mi convince, signorina Ruzzi-

-Le assicuro che se trovo ciò di cui ho bisogno, il caso riceverà una svolta inaspettata- 

Mi porse il foglio e mi fece cenno di andare, quando fui sulla porta mi richiamò

-A proposito, sono contento che non abbia più la tosse- uscii dall’ufficio particolarmente imbarazzata.

 

Raggiunsi in pochi secondi l’archivio dell’NCIS, che si trovava a due piani di distanza. Era un ambiente umido, grande e buio, immaginavo fosse anche particolarmente polveroso e disordinato, invece era mantenuto con una cura impeccabile. “Noi della Young dobbiamo imparare qualcosa da questi federali!” pensai varcando il cancellino, dopo aver mostrato il permesso all’agente custode.

Mi passai una mano tra i capelli sospirando, poi mi voltai indietro per controllare di non essere seguita: nessuno. Avanzai con passi piccoli e veloci verso le scaffalature cercando di capire in che ordine fossero disposti gli scatoloni, con mia grande gioia notai che si trattava di ordine alfabetico, così, con lo sguardo, camminando lentamente, passai in rassegna gli scaffali cercando la lettera che mi interessava. Z, y, x...w...t...q...n, m, l...f, e, d! Eccolo! E accelerai, continuando a cercare quella scatola, la trovai facilmente:

 

Anthony DiNozzo

 

Recitava a grandi lettere quel nome, scritto in stampatello maiuscolo con un pennarello  nero dalla punta sottile, la grafia era piccola e precisa, non ero sicura però che fosse femminile. Mi alzai in punta di piedi e lo feci scivolare verso il basso, si trovava infatti sul penultimo ripiano. Quando fu in aria lo afferrai con entrambe le mani e lo appoggiai sul tavolo. Mentre sollevavo il coperchio, le mani mi tremavano leggermente, sapevo che mi sarebbe costato caro, ma la mia vita dipendeva da quegli attimi, ed era molto più importante della fiducia di Tony. 

Nella scatola vi erano alcuni documenti e due bustine di  plastica contenenti delle prove, presi una delle due ed i cinque fogli che mi servivano e infilai il tutto nella mia borsa. Poi richiusi la scatola, la rimisi al suo posto e mi allontanai in fretta, con la borsa contenente la mia condanna e la mente che non smetteva un istante di pensare.

 

Nella squadroom tutto era come l’avevo lasciato, anche la mia scrivania, benché ero certa che qualcuno della squadra l’avesse perquisita durante la mia assenza. Non appena mi sedetti Gibbs mi chiamò e mi chiese se avessi trovato qualcosa

-Purtroppo no,- risposi -ma valeva la pena tentare- Gibbs annuì 

-Camilla,- disse -la vedo particolarmente pallida-

-Non è nulla, ma credo che l’aria dell’archivio mi abbia infastidito un po’-

-Vada a prendere un caffè, si rimetta e poi torni. Ha dieci minuti- e mi fece cenno di andare

Capii in quel momento di essere tornata troppo presto perché potessero perquisire la scrivania e quindi Gibbs cercava di prendere tempo, ma dato che avevo un appuntamento con Josh ed erano le quattro meno cinque corsi verso l’ascensore senza dire altro.

Non appena ebbi premuto il pulsante sentii una mano sulla spalla che mi intimava di fermarmi, non ebbi bisogno di girarmi per sapere chi fosse, era Tony.

 

Josh mi aspettava al solito bar, seduto al solito posto, leggendo il solito giornale. Mi sedetti di fronte a lui tossendo un poco per fargli notare la mia presenza

-In ritardo di quindici secondi, Anna, non mi piace-

-Scusa, mi sono persa nell’archivio-

-Già...- sapevamo entrambi che stavo mentendo, ma nessuno di noi aveva intenzione di discutere, così andò avanti -Hai tutto?-

-E anche di più!- gli porsi il contenuto della mia borsa, lui passò in rassegna velocemente le carte e non degnò neppure di uno sguardo la bustina di plastica.

-Anna, hai fatto un ottimo lavoro, ma ora devi fare un’altra cosa-

-Josh, se solo tu mi dicessi qual’è il fine, potrei farla ancor meglio...- 

-Anna, ne abbiamo già parlato, ma lui tuonò interrompendomi:-Basta storie! Farai quello che voglio io! Il signore va eliminato al più presto- prese la giacca e si alzò, facendo cadere delle monetine sul tavolo per pagare i caffè. Mi lasciò assorta nei miei pensieri, confusa e indecisa, avrei solo voluto sapere perché, mi sembrava tutto così folle. Avevo scelto io di intraprendere quella missione per conto della Young, e per la prima volta me ne stavo pentendo. Chiamai il cameriere ed ordinai due caffè, poi mi volsi indietro.

Come previsto Tony era lì, seduto su una panchina che aspettava solo che mi voltassi, non appena gli feci cenno di avvicinarsi lui si alzò e mi venne incontro, sorridendo come sempre, ma non ero sicura che fosse veramente felice.

-Da quanto tempo sei qui?-

-Appena arrivato- disse sedendosi -di chi sono quei soldi?- aggiunse poi indicando le monetine lasciate da Josh

-Di quello che era seduto qui prima di me-

-Facciamo così, io prendo questi dieci centesimi e ne metto dieci dei miei- mise alcune delle monetine in una busta di plastica per le prove, poi le sostituì con le sue. In quel mentre arrivò il cameriere con i caffè

-Per chi è il secondo?- 

-Per te, sapevo che eri qui-

-Brava ragazza. Adesso parliamo un po’- Dopo che aveva preso i soldi di Josh io ero improvvisamente impallidita

-Camilla, chi era quello seduto qui?- voltai lo sguardo verso destra, mordicchiandomi il labbro superiore e respirando profondamente

-N...nessuno- bofonchiai -non lo conosco- Tony diede un colpetto di tosse, continuando a sorridere

-Camilla, davvero, chi era?- 

-Davvero Tony, non so chi sia e non mi interessa- e bevvi il caffé. 

-E se facessi analizzare i soldi da Abby che cosa scoprirei?-

-Che non lo conosco!- sbattei le mani sul tavolino tanto da farlo tremare, Tony sobbalzò

-Scusami,-

-Di cosa?-

-Per averti infastidita-

-Tu che ti scusi con me? No, hai ragione tu, devo smetterla.-

-Di fare cosa-

-Niente, stavo parlando da sola-

-Anche quello? Sei più strana di quanto pensassi-

-Ascoltami, Tony, devo dirti delle cose,-

-Sono qui- e si appoggiò con lo schienale alla sedia

-Stai attento, guardati le spalle e quelle dei tuoi cari, c’è qualcosa di più grande...- ma lui mi interruppe

-Non ne posso più dei tuoi discorsi, se hai qualcosa da dire dillo, altrimenti taci-

-Tony,- sospirai -lasciami in pace, non voglio né la tua compassione né il tuo aiuto e tantomeno la tua fiducia ormai. Ho perso la speranza, se non ti fidi di me non ci posso fare niente, ma sappi che faresti meglio a farlo-

-E’ una minaccia?-

-No, un avvertimento-

-E se non mi fidassi?-

-Peggio per te, Anthony DiNozzo. Peggio per te- e mi alzai allontanandomi

Non avevo alcuna intenzione di tornare all’NCIS, ora il mio compito era un altro.

Tony aveva avuto la sua occasione, avrebbe potuto rispettarmi, ascoltarmi, fare domande per capire, invece aveva ignorato tutto. Io avevo provato ad aiutarlo, ma era sordo ad ogni avvertimento e come non c’è più cieco di chi non vuol vedere, così non c’è più sordo di chi non vuol sentire. “Hai perso la tua unica occasione, Tony” pensai guidando e mi diressi verso nord.

 

La stazione di Washington D.C. era piena di gente che andava e che veniva, uomini con valigette partivano per tornare a casa, mentre altri venivano per lavorare. Non si riusciva quasi a camminare in quella confusione caotica, folle. Tra di loro vi era un uomo sulla sessantina, alto, con i capelli bianchi, era appena sceso dal treno proveniente da New York, aveva una valigetta blu con la targhetta col nome:

 

Anthony DiNozzo Senior

 

Si avvicinò al marciapiede e sporse un braccio per chiamare il taxi, aprì la portiera e vi salì

“All’Hilton” dichiarò.

Furono davanti all’albergo dieci minuti più tardi, pagò e scese. Ritirò la chiave alla reception e prese l’ascensore, non era solo, ma con lui c’erano un anziano signore che si fermò al quarto piano ed una ragazza. Non appena furono soli la ragazza lo colpì alla testa con un fermacarte e scese al quinto piano, lasciandolo steso esanime nell’ascensore.

 

Quella sera cenai da sola, nella mia stanza, avevo prenotato il room service:

-La solita cena alla stanza 506-.

   
 
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