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Autore: Wiwo    21/10/2007    2 recensioni
Forse aveva cambiato anche lei qualcosa, scegliendo l’odio incondizionato. Forse era la sua prima vittoria. E forse era la sua prima sconfitta. Non riusciva a capirlo.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: i miei cari e preziosissimi Hyuuga, e ovviamente tutto il resto dei personaggi di Naruto, purtroppo non mi appartengono… Sigh… (Wiwo sospira) Ma li amo tanto comunque!

Questa fic è il risultato di quando la gente mi fa arrabbiare e devo sfogarmi, non vi spaventate! Enjoy!

 

DISPERAZIONE

 

Odiava, odiava, odiava. Hinata odiava e taceva. Com’era dolce il sapore dell’odio sulla punta della lingua, quando lo assaggiavi piano piano per la prima volta e poi ne diventavi dipendente, quando la consapevolezza di non poter più vivere senza quel mielato fluido in bocca si svegliava lentamente in te e ne diventavi succube, volontaria vittima dell’unico sentimento che era davvero eterno. Sì, odiare era la cosa più bella di questa vita. Tutte le strade si aprivano, l’autocommiserazione non era più un peccato, tutto il mondo iniziava a girare intorno a te e al motivo del tuo odio. Adesso capiva perché Neji aveva nutrito quel rancore profondo per tanti anni dentro di lui, e capiva anche che in realtà era il rancore a nutrire lui, dandogli la forza di continuare quella vita di schiavitù e servaggio in una famiglia che non gli rendeva giustizia. Ma poi qualcosa era scattato in lui, qualcuno l’aveva tirato fuori dalle paludi in cui si era invischiato e lui era cambiato, aveva messo da parte il suo odio per tentare di ricominciare da capo, e forse ci stava riuscendo, Neji, d’altronde la sua forza di volontà era incredibile come la sua forza fisica. Hinata si conficcava le unghie nei palmi, mentre pensava questo, fino a farne uscire sangue. Ce n’erano molte, di queste cicatrici, sui palmi delle sue mani. Lui, sempre stato così maledettamente abile, dotato, in lui c’era il vero sangue degli Hyuuga, altro che in lei, la primogenita della casata principale nata sbagliata, la cosina timida e arrendevole. Non doveva andare così, così era tutto sbagliato. Lui doveva nascere nella casata principale, con il suo carattere e la sua voglia di dominare, le sue abilità straordinarie, il suo orgoglio smisurato e i suoi occhi che sfondavano ogni difesa posta a protezione dell’anima. Non lei. Lei, per il suo modo di essere, sarebbe vissuta serena, nata nella casata cadetta,  all’ombra di Neji, in pace e armonia; avrebbe asservito ai suoi compiti senza lamentarsi, cosciente che quello era il suo posto, giusto per lei, fatto apposta per lei. Ma invece era su di lei che ricadevano le aspettative di quella maledetta famiglia che non era davvero una famiglia, ma solo un ammasso di gente con occhi così bianchi da sembrare vuoti, legati da legami di sangue e di odio reciproco. Ricadevano su di lei che detestava la battaglia e combatteva più con la sua paura di morire che con l’avversario in assetto d’attacco davanti alla sua figura tremante. Su di lei che detestava essere al centro dell’attenzione generale, che detestava la sensazione di tutti quegli occhi bianchi puntati giudicatori sulle sue azioni, sul suo comportamento, su chi frequentava, fino addirittura sull’accesso sprangato dalla disperazione della sua mente. Davanti a tutti questi errori irrimediabili, l’unica difesa era odiare, odiare con tutte le forze, perché erano cose che non potevano essere rimediate. Si può cambiare solo ciò che ancora deve venire, non ciò che ormai è passato, perso per sempre nella matassa arruffata del tempo. E quando pensava che forse allora anche lei poteva cambiare la sua vita, Hinata scuoteva la testa, amaramente consapevole del fatto che anche tutto ciò che ormai è passato e che non si può correggere in realtà continua a esserci, lascia comunque uno strascico nel presente, quello strascico che viene chiamato conseguenze. E le conseguenze di ciò che era successo erano che ormai lei era considerata come la buona a nulla incapace anche di cambiare la sua esistenza, perciò qualunque tentativo avesse fatto per imboccare un’altra strada sarebbe stato vano, perché nessuno l’avrebbe presa sul serio, o non le avrebbe permesso di farlo con la forza. Lei non era come Neji, non era come il genio del clan, che era riuscito davvero a cambiare sentiero da percorrere… ma forse no. Forse aveva cambiato anche lei qualcosa, scegliendo l’odio incondizionato. Forse era la sua prima vittoria. E forse era la sua prima sconfitta. Non riusciva a capirlo. Che era una vittoria lo diceva il suo io, la sua parte aggressiva rimasta segregata praticamente da sempre, e che adesso riemergeva acquistando forza dall’odio che divampava come fuoco greco nella sua anima. Che era una sconfitta lo dicevano le pupille gelate di Neji, che le sussurravano ogni volta che la vedevano che sbagliava, che capivano che cosa provasse, perché una volta anche loro erano incendiate dallo stesso fuoco, ma che l’odio finisce per incenerirti. E ogni volta che i loro occhi si incontravano, Hinata sentiva che quel fuoco distruttore (perché in realtà lo sentiva che la consumava, lo avvertiva chiaramente) si acquietava un poco, avvolto dalle correnti fredde che Neji portava con sé. Era in quei momenti che si sentiva confusa, che le venivano i dubbi più forti, che però poi sparivano dopo, quando era da sola, divorati dall’incendio in lei. Sospirò. Che senso ha vivere, se la vita che il destino ha scelto per noi è del tutto sbagliata? Perché cercare disperatamente di cambiare il corso delle cose, invano, quando crogiolarsi nell’odio e nell’autocommiserazione è immensamente più facile e meno doloroso? Questo era ciò che veramente non capiva. E nell’attesa di comprenderlo lasciava che il rancore e l’odio e la rabbia furiosa senza sbocco contro la vita e l’ordine del mondo continuassero ad avere il pieno possesso di lei. Continuava a odiare, odiare convinta di non avere più niente in cui sperare.

Ma in realtà, senza che lei ne fosse consapevole, un piccolo barlume di speranza e voglia di vivere e cambiare in lei c’era ancora. Piccolo, tenue e barcollante, ma c’era. E, perso nell’immensità dell’oceano di fuoco dal colore del sangue, continuava ad esistere imperterrito, perché la speranza non muore, non deve morire. La volta che verrà soffocato dalle fiamme sarà la volta che il cuore dolorante di Hinata cesserà di battere. Questo non doveva accadere, non poteva, ed è per questo che avrebbe tentato di spegnere quel fuoco in tutti i modi, senza desistere mai. Mai. E Neji sapeva di non scherzare, lui non scherzava su queste cose. L’aveva giurato a se stesso e l’avrebbe salvata.

_________________________

 

Ohayo’su! (l’anime di Pita-Ten ha contagiato anche Wiwo) Piaciuto questo (ennesimo) esperimento di sfogo-di-problemi-personali-attraverso-fic? Ma d’altronde se la gente non ha altro da fare che scassare l’anima degli altri mi dovrò pur incavolare senza prendere a insulti la persona a cui presto capiterà qualcosa causa innumerevoli accidenti ricevuti da me… Chi mi conosce sa a chi mi riferisco! Stragrrr… odio i rompicoglioni!

..Ma cambiamo argomento! Allora..

                Neji: Non ci credo. Mi hai messo unaltra volta con lei?!

(esitazione sospetta) …m-ma che dici? Non vedi che questa non lo implica necessariamente? È solo una tua impressione!

                Neji: Ti conosco ormai. Anche se non è evidente lo pensavi, vero? Io lo so.

…M-ma… ehi! Calmo, calmo! Cosa vuoi fare con quel juuken? Aiutooo!! (Wiwo fugge disperatamente inseguita da Neji furioso)

Puff, pant… Alla prossimaaaaah!

Wiwo

 

   
 
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