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Autore: lady hawke    02/04/2013    6 recensioni
Fili e Kili, benché siano cresciuti insieme e siano fratelli non si somigliano affatto. Uno ha una folta criniera di capelli biondi, gli occhi azzurri e una barba degna dei suoi avi. L'altro è un po' più alto di quanto dovrebbe essere un nano, bruno e con gli occhi scuri, e una barba che non ne vuole sapere di crescere folta. Nessuno sembra dare importanza a questo fatto, e nessuno sembra essersene mai interessato. Ma se solo Kili osasse chiedere, scoprirebbe probabilmente che la sua storia è un po' diversa da come gliel'ha sempre raccontata mamma Dìs...
Genere: Drammatico, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fili, Kili, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note: Questa storia è nata sotto una furia creatrice che non mi spiego. L’ho amata e odiata insieme, perché mi odio quando porto me stessa ai confini del drammatico e oltre. Mi odio perché io scrivo di malinconie e di vaccate colossali, di norma, non di drammi shakespeariani. Eppure sono qui. Io e Elena, altrimenti conosciuta su EFP come Charme, abbiamo sempre pensato che Kili fosse DAVVERO troppo simile a suo zio Thorin per esserne il nipote. La minilong che vi propongo nasce da quella che è una fissazione di due persone con una potente malattia per lo Hobbit. Non me ne vogliate. Ringrazio Elena e Viola per essere state la mia morbidissima coperta di Linus.

"A questo ha portato fare ciò che desideravo."

C’era qualcosa di diverso nel raggiungere Brea senza la sorella. La presenza di Dìs, la chiacchierona, imperialista, dispettosa e regale Dìs, portava spesso alla disperazione il mancato Re sotto la Montagna, ma faceva passare velocemente il tempo. L’estate precedente aveva sposato Pirli, un nano originario di Gabilgathol, dove sostavano durante la bella stagione, e a quel punto pretendere che lei svernasse con il resto dei discendenti di Durin sarebbe stato sciocco.
Sapeva che era felice, pronta a riempire le orecchie del marito di chiacchiere e richieste assurde, e questo gli bastava. Aveva perso il morboso attaccamento che aveva per lui, e anche questo, considerò Thorin, era un fatto positivo. Sentì Dwalin grugnire, accanto a lui: il suo compagno d’arme non era un grande amante del quieto vivere di Brea, delle dolci colline. Difficile apprezzare spazi così morbidi se sei abituato alle montagne.
- Non capisco perché siamo sempre qui. Ci saranno ben posti migliori, nella Terra di Mezzo.
- Non secondo Gandalf.
- Gandalf potrebbe essere gentile e venirci incontro. – sbottò Dwalin, scocciato. – Qui non c’è molto da fare.
- Vista la sua capacità di scomparire e apparire a suo piacimento è meglio tallonarlo da vicino sui suoi itinerari soliti. – rispose Thorin, ponendo fine alla discussione, dato che, in ogni caso, Brea si stagliava davanti a loro.
Raggiunsero con calma il Puledro Impennato, dissellarono i pony e si prepararono a sistemare le loro cose nelle stanze. Con gli anni i nani di Durin erano diventati clienti così abituali che finivano per rimettere piede sempre nelle stesse stanze; era una cosa che non disturbava affatto Thorin, perché gli regalava un discreto senso di continuità. L’inverno lì sarebbe stato più mite, avrebbero rallentato i ritmi di lavoro, occupandosi per lo più del commercio di oggetti già forgiati, e avrebbero più facilmente ricevuto notizie dagli altri nani sparsi per la Terra di Mezzo.
- Voglio sperare che Gandalf si farà vivo alla svelta. – disse Dwalin, laconico.
- Hai fretta? Non vorrai infastidire Balin e i suoi studi. Sai che gli serve calma e tempo.
Dwalin grugnì qualcosa e scese di sotto, lasciando il mancato Re sotto la Montagna da solo. Il nano si guardò intorno, riprendendo famigliarità con quel piccolo ambiente, poi scese di sotto a sua volta e si avviò per le vie della città, dove sperava di riuscire ad anticipare Gandalf. Il sole era ancora alto, e di certo nessuno si sarebbe sorpreso nel vedere Thorin Scudodiquercia vagare in solitudine, poiché tutti sapevano che non era creatura avvezza alla compagnia.
- Silenzioso più del solito, il tuo cammino. – Gandalf gli si stagliò davanti a lui improvvisamente, e al nano scappò un mezzo sorriso.
- Potremmo parlare in pace, almeno. – rispose Thorin con un mezzo sorriso. Dìs era sempre stata una piantagrane, per nulla impressionata dall’autorità di Gandalf il Grigio. “Se si vestisse meglio almeno eviterebbe di sembrare un mendicante” era solita dire, incapace com’era di tenere a freno la lingua.
- Cosa di cui sono estremamente grato. – il mago fece un cenno ed entrambi iniziarono a passeggiare insieme per Brea. Erano uno strano duo, e l’enorme cappello di Gandalf non faceva che rendere più grande il dislivello tra le due figure che, nonostante ciò, parlavano da sempre come due pari.
Entrambi si aggiornarono sulle rispettive novità dei luoghi che avevano attraversato nei mesi trascorsi, dei nani che avrebbero raggiunto Thorin a Brea per svernare e di quello che combinavano gli uomini con i loro regni traballanti. Benché detronizzato, o meglio, benché Thorin non fosse mai salito sul trono o avesse indossato una corona, era da sempre molto stimato da suoi parenti e da tutti coloro che avevano vissuto ad Erebor, circondati dallo splendore. Thorin era divenuto una sorta di reliquia vivente, tutto ciò che rimaneva di un regno perduto.
Gandalf conosceva bene il cuore dei nani, e conosceva la pena che provava un cuore ferito e dilaniato nell’orgoglio; per questa ragione aveva la delicatezza di non entrare mai in argomento con il suo amico. Dentro di sé sapeva che prima o poi lui avrebbe tentato l’impresa di riottenere il suo regno. Ma i tempi dovevano maturare, e quello non era ancora il momento.
Il primo incontro con Gandalf si portò dietro una pioggia battente che mise inspiegabilmente di buon umore Balin, ma rese ancora più cupo Dwalin. Nori e Dori li avrebbero raggiunti a giorni, e il clima non li avrebbe fatti arrivare né presto, né di buonumore. Non c’era molto da fare se non sistemare i bagagli, fumare la pipa, controllare che tutto fosse in ordine e… Thorin imprecò, scoprendo che non era così. Uno dei cassoni che aveva portato con sé dalle montagne era irrimediabilmente danneggiato e non avrebbe sopportato un nuovo viaggio senza cadere a pezzi. Riusciva ad immaginare chi fosse il colpevole del misfatto: Dwalin perdeva del tutto la poca grazia che possedeva quando era contrariato, ed era probabile che se la fosse presa con oggetti inanimati. Meglio quello che prendersela con sconosciuti in una taverna, del resto.
- Dwalin, ricordami di non affidarti niente di diverso da armi, al prossimo viaggio. – fu la prima cosa che disse all’amico quella sera alla taverna, mentre cenavano.
- Perché mai?
- La tua grazia da troll lascia troppa desolazione dietro di sé.
- E’ successo anche con parte della mia roba. – rispose Balin, con un sorrisino.
- Allora è proprio un vizio…
Dwalin squadrò entrambi con aria scocciata, e porse tutte le sue attenzioni al suo piatto.
Il nuovo giorno non portò sole, ma vento gelido e altra pioggia; era il clima ideale per rimanersene chiusi al caldo, ma era difficile per Thorin rimanere fermo a crogiolarsi in totale inattività, perciò approfittò della lunga giornata per cercare qualcuno in grado di sistemare di danni di Dwalin, perché se i nani se la cavavano alla grande con il metallo lo stesso non si poteva dire per il legno. Coprendosi la testa con il cappuccio del mantello si mise per strada alla ricerca di un falegname che potesse trovare una soluzione per la loro malagrazia. Non si stupì di trovare in poco tempo un’insegna che pareva fare al caso suo, si mise al riparo sotto la tettoia ed entrò.
Si stupì però nel vedere una ragazza, all’interno della bottega.
- Buongiorno. – salutò. – Posso aiutarvi?
- Solo se vi intendete di falegnameria. – rispose Thorin, scettico.
- Non dovrei perché sono una donna?
La giovane era bassina, e dietro all’alto bancone di legno sembrava ancora più piccola; ciò non le impediva però di sembrare irrimediabilmente offesa.
- Le vostre non sono le mani di chi è abituato al lavoro pesante.
Sorpresa, la giovane nascose le sue mani nelle tasche, come se il piano su cui le aveva tenute appoggiate fosse divenuto rovente. – Un ebanista non fa lavori pesanti, fa lavori di precisione e con grazia. – rispose con fare compito, come se recitasse una poesia mandata a memoria.
- Chi è, Yule? – una voce maschile si fece sentire dal retrobottega, facendo sussultare la giovane.
- Un nano che credo ci abbia scambiati per falegnami. – urlò la ragazza, voltandosi. – Un errore comune. – disse poi rivolgendosi a Thorin con un sorrisino.
L’uomo che aveva parlato uscì dal retrobottega, e si rivelò un ragazzo giovane con i capelli spettinati. – Di cosa aveva bisogno?
- Ho delle casse da trasporto molto danneggiate da riparare. – spiegò il nano.
- Oh, be’, non credo sia lavoro per noi, noi… - iniziò il ragazzo.
- … fate lavori di precisione e con grazia. – ripetè Thorin, sotto lo sguardo attonito della ragazza. – In tal caso vi chiedo la cortesia di suggerirmi un vostro collega da cui recarmi.
Fu una frase che creò imbarazzo. I due giovani si lanciarono occhiate, sperando che fosse l’altro ad aprire bocca. Thorin, che era un artigiano a sua volta, capì il perché.
- Naturalmente se voi non siete in grado di fare il lavoro sono costretto a rivolgermi ad altri, ma immagino che a Brea l’ebano non sia merce molto apprezzata.
- L’ebano no, ma noi lavoriamo anche altro legno. Tutti lo sanno, vero Galdor? – fu la pronta risposta della ragazza, felice di mettere in imbarazzo lo straniero.
Thorin, dal canto suo, fece di tutto per reggere il colpo al suo amor proprio e al suo orgoglio, e cercò di non sembrare scalfito. – A voi la scelta, dunque.
- Portate la vostra roba domani, dovrei riuscire a fare il lavoro in ogni caso. – rispose il ragazzo.
- Dovremmo. – corresse Yule.
Thorin accennò un inchino ed uscì. Non si sorprese affatto quando fu di nuovo Yule ad accoglierlo il giorno dopo. – Dunque avevo capito bene, ve ne occuperete voi.
- Sono brava quanto mio fratello. – sbottò. – Anche se poi il merito è sempre suo.
- Lasciate che sia io a giudicare, poiché sarò quello che vi pagherà.
- Ieri non sapevate nemmeno di che si occupa un ebanista. – insistette lei, con alterigia.
- Sono un artigiano anche io, e riconosco un lavoro ben fatto da uno che non lo è. Così come apprezzo che venga fatto in tempo.
Yule colse la frecciata. Una cattiveria che le veniva rivolta per l’atteggiamento che lei aveva avuto il giorno prima e quel giorno stesso.
- Sono brava e veloce come mio fratello. Voi non avete mai tardato una consegna?
- Mai in vita mia. – furono le solenni parole di Thorin, prima che uscisse.
Passò almeno una settimana senza che Thorin Scudodiquercia si facesse vivo, impegnato ad accogliere Dori e Nori, a tenere buono Dwalin e a gestire con l’aiuto di Balin i loro affari. Un inverno a Brea poteva essere ben fruttuoso per gli affari se ben gestito. Durante quel periodo Yule lavorò con il fratello per il loro sconosciuto cliente, e fu solo chiacchierando con dei conoscenti che capirono di avere avuto a che fare non esattamente con l’ultimo dei nani.
- Oh, hai fatto la supponente con un re mancato. – rise il ragazzo, una sera mentre cenavano. – Complimenti a te.
- Che ne potevo sapere. Mica ha una corona in testa. E anche quando è proprio questo il suo problema: non è re.
- Non ti pare indelicato? – non era sorpreso dai giudizi affilati della ragazza, ma quella sera sembrava proprio in vena di commenti velenosi.
- Di sicuro so che gli manca per essere re, Galbor: cortesia e affabilità. – insistette Yule, svuotando il suo bicchiere.
- Pretendi troppo per un nano.
- No, temo di pretendere il giusto.
Ciononostante il lavoro era lavoro, e Yule si occupò con cura del suo; sistemate le scheggiature, rimpiazzati i pezzi di legno troppo danneggiati e inchiodato tutto a dovere, non rimaneva che carteggiare e dare una mano di vernice. Un’attività che avrebbe richiesto precisione e che lei trovava rilassante.
Thorin ebbe sfortuna, il giorno in cui si ripresentò dai due ebanisti per sapere a che punto erano i suoi bagagli: Yule si era appena piantata una scheggia di legno di castagno nel polpastrello dell’indice, e non era mai molto di buon umore quando questo accadeva.
- Ah, siete voi. – lo accolse, succhiandosi il dito. – La vostra roba non è ancora pronta, mi dispiace.
- Siete una ritardataria, dunque. – fu l’unico commento del nano.
Yule fece per rispondere, ma siccome il suo problema principale era il fastidio che aveva per quel maledetto castagno, preferì ignorare Thorin e recuperare un ago con cui liberarsi del problema.
Thorin rimase in silenzio, osservandola mentre armeggiava con il piccolo ago e l’espressione concentrata: notò anche il lampo di soddisfazione che attraversò i suoi occhi scuri mentre riusciva nella sua piccola impresa.
- Perdonerete l’attesa, ma ho avuto qualcosa di più importante di cui occuparmi.
- Avete una giustificazione per il ritardo? – chiese Thorin, mentre faceva cadere lo sguardo sulla mano di Yule. Incuriosita, anche la ragazza lo abbassò, scoprendo con sorpresa che doveva essere stata poco delicata, e che ora il suo polpastrello sanguinava; se lo mise in bocca, lievemente imbarazzata.
- Si può sapere perché vi disturba così tanto che io abbia messo mano alle vostre cose? – sbottò la ragazza, sfilando l’indice dalla bocca.
- Non è il caso che ce le mettiate, se dovete ridurvi così.
Yule alzò gli occhi al cielo. – Sono sciocchezze, capita. Voi non vi siete mai ferito forse con il metallo che lavorate?
- Solo quando me lo puntavano addosso altri. – rispose Thorin, regale.
- Ah, voi sapete tutto, immagino. Già. – Yule girò attorno al bancone e si avvicinò a Thorin. – Se proprio ci tenete a saperlo il lavoro è in ritardo perché il legno era così rovinato che lo si è dovuto sostituire. Nemmeno fossero passate per le mani dei troll, quelle casse. Che diavolo ci avete combinato?
Thorin ragionò sulla possibilità di lasciare che Dwalin si occupasse della faccenda, visto che ne era il responsabile. Gli avrebbe risparmiato la scocciatura, anche se in fondo sapeva che questa era una sua incombenza.
- Saperlo vi renderebbe il lavoro più veloce?
- Cielo no, ero solo curiosa. – sbottò la giovane, tornando dietro al suo bancone, irritata. – Ad ogni modo ormai è solo questione di vernice, deve asciugare bene, se volete che resista alla pioggia. Due giorni se ci sarà sole, tre se nel mentre pioverà. – spiegò distrattamente. Non aveva voglia di sentire su di sé lo sguardo indagatore del nano, perciò aveva preso un punteruolo e si era messa ad incidere un piccolo pezzo di legno, futura parte di un qualche intarsio.
- Sanguinate ancora, sapete? – furono le parole di Thorin, prima di uscire. Yule si guardò la mano e scoprì che il nano aveva ragione. Per l’ennesima volta era sparito senza salutare, come se la bottega dei Chorster fosse proprietà sua. Sperò con tutto il cuore in due giornate di pieno sole, in modo da risolvere quella commissione il prima possibile. E siccome sperò con tutte le sue forze, piovve per tre giorni.
  
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