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Autore: Diomache    22/10/2007    11 recensioni
Certi giorni si vivono da semplici spettatori, altri da attivi protagonisti della scena che chiamiamo vita.
House è convinto che la cosa più bella e conveniente sia starsene in disparte e guardare con l’occhio ironico di chi la sa lunga i protagonisti che si arrabattano sul palcoscenico delle loro giornate. E magari ridere di loro.
Ma arriva sempre il momento in cui bisogna ricredersi.
Perché quel giorno era diverso. House si rese conto che per quel giorno avrebbe potuto fare uno strappo alla regola, alzarsi dalla sua poltroncina di osservatore cinico e calzare finalmente il palcoscenico, accanto lei, come attore co-protagonista, e riprendersi ciò che era suo.
Ciò che era sempre stato suo.
Il problema è che queste illuminazioni arrivano sempre quand’è troppo tardi.
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allison Cameron, Greg House, Robert Chase
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Non mi ricordo dove, ho letto che il tempo calma i ricordi

Ciao a tutti.. lo so è un po’ che non mi faccio più viva qui nella sezione dedicata al nostro amato House perdonatemi.. calo d’ispirazione. Fino ad ora. Infatti ieri sera ho avuto un flash, un’ispirazione così forte che non ho potuto lasciarla solo vagheggiare nella mia mente stile piccione e anche se ho la febbre e non potrei scrivere, ho buttato giù comunque  quest’idea.. è una one-shot perché in questo momento non posso fare nulla di più impegnativo dato che ho ben due long stories da terminare.. (perdonatemi ho la febbre da una settimana e la scuola che non mi lascia molto tempo per me!!)

Beh vi lascio alla storia è veramente qualcosa di poche pretese me ne rendo conto, solo mi piacerebbe sapere che ne pensate perché al livello stilistico mi ha preso parecchio ed ho cercato di buttarla giù per il meglio.

Sia clementi, l’ho scritta con 38.3 di temperatura corporea ;)

Antefatto: la storia si ambienta dopo una qualsiasi mia precedente ff, quindi presuppone che House e Cameron hanno iniziato una relazione, e come loro Cuddy e Wilson.

Focus on: tutto è visto secondo i pensieri di House.

Un bacio particolare ad alcune delle migliori scrittrici della sezione: Apple, _Vally_, Marghe999,Martozza, Nike87, Preoziosoele…  e a tutti coloro che seguono questa sezione e l’arricchiscono con le loro storie stupende!

Buona lettura

Diomache

 

Your Wedding Day

 

 

 

Non mi ricordo dove, ho letto che il tempo calma i ricordi. Confonde nella nostra mente volti, luoghi , situazioni, persone e sentimenti. Così, piano piano noi dimentichiamo, la nostra mente nasconde tutto ciò che del passato ci faceva così male e il dolore passa. Ecco quello che si intende quando si pronunciano le classiche, stupide parole: devi andare avanti.

È la seconda volta nella mia vita che sperimento quanto tutto questo sia profondamente sbagliato.

Non è vero, il tempo non cancella tutto. Certe cose rimangono e rimangono per sempre.

Ad esempio credo di non poter mai dimenticare il profumo del caffè di Cameron, quando la domenica mattina si alzava presto e si metteva ai fornelli. Io la prendevo in giro ogni volta e lei ogni volta roteava gli occhi, rispondeva alle mie battute con un sorriso e mi buttava le braccia al collo.

Sono le piccole cose quelle che si dimenticano più difficilmente. Le parole, i gesti, le grandi confessioni d’amore distesi sul letto all’ombra della luna, quelle rimangono nel cuore ma nella mente se ne disperdono i contorni.

Invece il suo modo di scrivermi ‘ I want you’ sulla schiena, mentre io guidavo in moto, quello no, non lo scorderò mai.

E allo stesso modo, mentre lei cammina, lentamente, verso di lui, con gli occhi sereni ma lucidi, mi riviene in mente di nuovo, crudelmente, per non so quale assonanza, quel pomeriggio d’estate in cui la pioggia sembrava avercela con noi e c’aveva beccato proprio mentre tornavamo a casa, in moto.

 

 

Io m’ero fermato, vicino ad un piccolo parco,  nella oscura speranza di un riparo.

E intanto pioveva e lei continuava a parlare, dicendo che lo aveva immaginato, che avremmo dovuto partire prima, che mi stava bene perché non le davo mai retta. Non avevamo trovato nessun riparo, la pioggia aveva imperversato su di noi per tutto il tempo, anche lì, dove gli alberi non facevano niente se non un piccolo schermo alle gocce che ci aggredivano senza pietà.

Però, in compenso, io avevo trovato il mondo di chiuderle la bocca.

Mi avevano esasperato le sue chiacchiere, così, senza pensarci nemmeno tanto, l’avevo stretta a me e l’avevo baciata. Ricordo ancora il suo respiro fremere quando, con la schiena contro un albero, mi aveva sussurrato. “Greg.. tu sei pazzo..”

La pioggia scivolava lungo il suo viso regalandole un aspetto quasi surreale. Non le avevo risposto, solo, l’avevo baciata di nuovo. Ai piedi di quell’albero, sotto la pioggia, ci eravamo amati, con passione, rabbia, come se tutto risvegliasse in noi la voglia dell’altro che non riuscivamo mai a sopire. Alla fine non pioveva più.

E lei mi guardava, inclinando la testa di lato. Gli occhi lucidi ma d’amore, non di pioggia. “Ti amo.”

 

 

Sento un piccolo scossone e finalmente quei ricordi se ne vanno. Poi una stretta forte ma delicata mi prende l’avambraccio e mi costringe a voltarmi nella sua direzione.

È Wilson.

Quasi avevo dimenticato che siede accanto a me.

“Ehi” mi dice, con un sorriso mesto. Alla sua destra, Lisa Cuddy. Stanno insieme da otto mesi ormai. Più o meno da quanto avremmo potuto stare insieme io e lei.

“Tutto bene?”

Non rispondo. Altri dolorosi ricordi.

 

 

“Greg, tutto bene?” stava ai piedi del letto, con lo sguardo triste. “ti prego. Lo so che soffri ma..”

“Allora lasciami in pace.” Le aveva urlato tante e tante volte, stringendo tra le mani quell’odiosissima gamba.

Mi dispiace, Allison. Per tutte le volte che ti ho respinta, che ti ho trattata male, che ti ho allontanato da me.

 

Ma lei scompare velocemente da sotto i miei occhi. C’è di nuovo Jimmy al mio fianco e sono di nuovo in quella chiesa, non a casa mia. Annuisco, con poca convinzione.

“Sono orgoglioso di te.” Mi dice, aumentando l’intensità della stretta.

“Perché ho messo la cravatta?”

Lui abbozza un sorriso. Beato lui. Io non ho nemmeno la forza di fare battute decenti.

Per ora mi riesce solo ricordare.

 

 

“Dovresti metterti la cravatta se vuoi fare bella figura” La sua voce era suonata un po’ indispettita.

“Sempre che io voglia fare bella figura.”  Mi era sempre piaciuto provocarla e vederla nervosa, come quel giorno, mi ispirava ancora di più.

“Gli piacerai.” Stranamente, non aveva accolto la mia sfida. Stava appoggiata all’architrave della porta con lo sguardo languido e un po’ addolcito. “Anche lui non porta mai la cravatta.” Lo diceva con un tono quasi nostalgico, di rimpianto. Come si parla delle persone morte.

“Oh. Già mi piace tuo padre.” Avevo risposto.

 

 

Due mesi dopo Luck Cameron era morto di tumore. Era malato da tre anni.

Lei non me ne aveva mai parlato. Era qualcosa che riguardava solo lei. Un mondo suo, circoscritto nei suoi occhi e nel suo dolore. Io non ne facevo parte e forse nemmeno ne avevo il diritto. Io la escludevo dal banale dolore della gamba e lei di rimando mi tagliava fuori dal suo. In quell’occasione capii quanto può fare male essere allontanato dalla persona a cui si tiene di più.

Capii Cameron, in quel momento.

Non mi aveva parlato del suo problema (esattamente come facevo io con la gamba) e questo mi faceva stare male (esattamente come soffriva lei). 

Mi chiesi, improvvisamente, con la forza bruta di un pugno, se lei lo avrebbe detto a lui.

A Robert Chase, il suo futuro marito.

Lo guardai e seppi la risposta.

Sì.

A lui l’avrebbe detto.

Eccola. Sta passando proprio accanto a me, sottobraccio a suo zio paterno, con gli occhi lucidi di chissà quale sentimento, il sorriso timido ma dolcissimo, come sempre. Mi guarda, intensamente, rallentando il passo. È bellissima e questo mi provoca un piccolo, intenso dolore.

Potevo averla io. Poteva essere mia. Era mia. Non ricordo nemmeno perché ora non lo è più.

 

 

“Ti odio!!” la sua voce però mi risuona ancora nelle orecchie. “Sei un egoista!!”

“Lo sapevi.” La mia voce, crudele, che infrangeva il suo dolce cuore. La volevo ferire, questa era la verità. La volevo punire perché .. mi amava. Perché il suo amore aveva addolcito il mio cinismo, il mio distaccamento verso i pazienti. Non ero più io, non mi sentivo più il bastardo che volevo essere. Ero una persona migliore e ne avevo paura.

“Certo che lo sapevo! Ma ti amo!” quegli occhi. No, non li dimenticherò mai. Esprimevano odio e amore, con la stessa intensità.

“Guarda in faccia la realtà. Che futuro hai con me? Io non cambierò mai, Allison. Continuerò a ferirti, a farti piangere. Sono così. E non riesco più a sopportarlo.”

“Io sì.”

La sua caparbietà mi aveva quasi commosso. Si aggrappava alla nostra storia come se fosse un salvagente, in un oceano. E forse lo era.

“Io ti amo così.- aveva insistito. – non mi importa, Greg, non m’importa.”

“Ma a me sì!!!” la mia voce aveva superato la sua in volume e forza, e di molto.

Ne fu scossa.

“Io ci sto male! Non riesco a vederti piangere per colpa mia, è così difficile??? Ma nello stesso tempo.. non posso.. cambiare..”

Silenzio.

Poi, la sua voce tremante: “Mi stai lasciando?- il suo respiro affannoso, il suo petto che si alzava e si abbassava velocemente, seguendo l’angoscia e il battito impazzito del cuore.- dimmelo chiaramente. Adesso.”

Avrei potuto fermarla in qualsiasi modo. Sarebbe bastato un ‘no, io..’ e lei non si sarebbe mossa di lì. Io l’amavo e avrei avuto il diritto di farlo, di fermarla, lo dovevo a lei e a me stesso.

Ma non feci assolutamente niente. Non confermai ma neppure negai quello che aveva detto.

Il rumore della porta che sbatteva mi risuona ancora nelle orecchie. Se n’era andata. Per sempre. La sento ancora, la rabbia che aveva messo nel chiudere la porta di casa mia.

Era corsa per le scale, poi a casa sua e, qualche mese dopo, di nuovo nel letto di Chase. All’inizio quell’idea mi aveva fatto sorridere. Di nuovo tra le braccia dell’inglesino. Ma come poteva quel ragazzo essere cos’ senza spina dorsale da accoglierla ogni volta che lei lo voleva? Quel pensiero mi cullava.

All’inizio la loro storia era stata puramente di sesso, quindi non avevo motivo di temere. Era come se, anzi, mi tranquillizzasse tutto ciò. Con Chase non avrebbe mai potuto fare qualcosa di serio, quindi ero contento che stesse con lui piuttosto che con qualcun altro.

Poi mi accorsi che non era più così. Quella consapevolezza mi giunse una mattinata d’inverno, gelida come il vento di montagna e terrificante come l’inferno. Vidi Chase parlare di Cameron a Foreman. Naturalmente non si era accorto che io ero presente e che stavo origliando tutto.

Gli luccicavano gli occhi come un bambino, sorrideva come un ebete e gesticolava facendo discorsi assurdi.

L’amava.

Probabilmente da sempre.

Deglutendo quasi di terrore, mi accorsi che lui non l’avrebbe fatta scappare.

Da quel giorno il pensiero di Cameron fu più di un’ossessione per me. Pensavo a lei continuamente, realizzando che l’avevo persa, realizzando che lei era di Chase, ormai. Eppure non riuscivo ad avere risentimento nei suoi confronti, non riuscivo ad odiarla per aver iniziato tanto presto una storia, dopo aver rotto con me. Dopo il nostro amore travagliato che lei aveva melodrammaticamente definito come l’amore della sua vita.

Ero orgoglioso di lei, nonostante tutto. Era stata capace di ricominciare.

Quello che io non avrei mai saputo fare.

 

 

Lei mi fissa, ora, stretta nel suo abito da sposa. Vorrei vedere un atteggiamento di sfida nei suoi occhi, ma non ne trovo.

Lei è ancora qui accanto al banco di legno dove sono seduto io. Si è fermata.

Chase, dall’altare, scambia uno sguardo d’apprensione con Foreman, seduto al primo banco.

Lo vedo chiaramente e quasi mi viene da ridere. Di cos’hai paura, inglesino? Che te la porti via? Che lei adesso, qui, davanti a decine di persone ci ripensi, mi getti le braccia al collo e scappi via con me?

No, è tua adesso.

Un anello al dito e una bella promessa te la faranno trovare a casa quando tornerai dal lavoro, nel letto la notte, e nella tua vita, sempre.

Ma ricordati, non sarà mai veramente tua.

Avrai il suo corpo e tutta la sua lealtà. Ti amerà, imparerà ad amarti.

Ma non avrai lei. 

Suo zio le dà un piccolo strattone. Ci sono ancora cinque passi all’altare, non è accanto a me che si deve fermare. Lei sembra riscuotersi ma non toglie gli occhi dai miei.

Un piccolo mormorio percuote tutta la chiesa mentre lei mi sussurra. “Non pensavo che saresti venuto.”

Altri ricordi…. La stessa frase, detta da me, però, mesi prima.

 

 

“non pensavo che saresti venuta.”

Era il compleanno di mia madre. Io ed Allison avevamo litigato fino allo sfinimento la sera prima e francamente non pensavo che si sarebbe presentata, soprattutto perché erano volate parole grosse. Mi erano volate parole grosse.

“I mio posto è qui.” Disse lei, invece, spiazzandomi completamente.

 

 

“Sono venuto- rispondo io, lì, davanti a decine di parenti ed amici e alla chiesa strapiena.- perché il mio posto è qui.”

La vedo sgranare gli occhi.

A questo punto non so più che cosa potrebbe accadere.

Mi sento perso, inquieto. Perché l’ho fatto? Sapevo che l’avrei fatta sentire in difficoltà…  Così le sto facendo solo del male. Voglio davvero punirla perché lei sarà felice con un altro uomo?

Cameron abbassa lo sguardo, quasi attonita. Poi lo rialza e mi sorride. “Già.” Dice, semplicemente.

E continua a camminare verso Robert Chase. L’australiano tira un sospiro di sollievo e le sorride apertamente non appena si avvicina a lui. Vedo Allison lanciargli uno sguardo rasserenante e un bellissimo sorriso.

Avrei potuto impedire tutto questo?

Forse sì.

Nel profondo del mio cuore avrei tanto voluto che lei si fermasse davvero e davanti a tutti, confessasse di amare solo me. Era la verità.

Ma di nuovo si è dimostrata più intelligente di me.

 

 

 

Ho sempre odiato i pranzi di nozze. Sono lunghi ed estremamente noiosi. Lo confesso, quelli di Jimmy li ho saltati tutti a piè pari, mentre questo non mi sono sentito di snobbarlo e sono rimasto. Sono rimasto per lei. L’ho osservata per tutto il pranzo, spiandone i gesti e i sorrisi e alla fine non ho mangiato quasi nulla, nutrendomi solamente di quegli sguardi univoci e sterili.

Finché non sono uscito. Il rito delle foto era decisamente troppo per me.

Adesso sono appoggiato alla ringhiera dell’enorme terrazzo del bellissimo e lussuosissimo ristorante. Lo sguardo è perso nello spettacolo del paesaggio invaso dalla bellezza del sole.

Sento alcuni passi. Non voglio voltarmi.

“Va via Jimmy.” La mia voce suona brusca ma non me ne faccio un problema. Wilson capirà.

Non accenno a girarmi almeno finché non vedo qualcosa di brillante e panna, appoggiato alla ringhiera, accanto a me. Non posso crederci. I miei occhi si girano ed incontrano di nuovo lei.

Il vento le scompiglia i capelli sciolti ma impreziositi da piccole rose bianche che le donano anche di più, se possibile, quell’aria angelica per cui basterebbe, in realtà, solamente lo sguardo.

Allison inclina il capo di lato. “Perché.” Mi chiede, semplicemente.

“Perché odio le foto.”

Lei sorride, un po’ amaramente. “Mi prendi in giro?”

Sbuffo  “è così difficile capire che non mi va di parlarne?”

Lei abbassa lo sguardo verso l’orizzonte, appoggiandosi alla ringhiera. “Continui a scappare, Greg.” Sentire il mio nome, detto di nuovo da lei, in quel modo.. mi procura ancora un vuoto allo stomaco, nonostante siano passati ormai diversi mesi.

“Non potevamo stare insieme, Allison.” Voce bassa, intensa. Ma non riesco a guardarla negli occhi. 

“Non è vero.”

Questa volta la guardo. Mi stupisco quando mi accorgo che non c’è traccia di commozione in lei.

“Era tutto troppo sbagliato. Forse non lo eravamo noi, ma lo era la realtà intorno a noi.”

“Tu dici sempre che è la realtà ad essere sbagliata e che è nostro compito correggerla.”

Continui a combattere Cam? Con un abito bianco addosso e una fede al dito?

“Non avevamo futuro.- continuo io, a bassa voce.- ma ti ho amata, Allison.” Quelle parole mi sfuggono senza che io possa fare nulla. La vedo sussultare questa volta. Continuo. “ E mi sono reso  conto di non essere capace di darti quello che meriti.”

“Quindi mi hai salvata?” è ironica, ferita. “dovrei anche ringraziarti, alla fine!”

Nego con il capo. “Adesso mi odi ma..”

“Sì, ti odio.” Conferma stringendo le labbra.

Senza accorgermene appoggio una mano sul suo avambraccio.. lei mi regala uno sguardo indecifrabile. “Io..- sussurro.- non voglio che tu mi odi.”

Idiota.

Idiota.

“Ma non voglio nemmeno che mi ami.”

Sorride, sarcasticamente. “Non ti amo.- ha la voce rotta e questo mi fa ancora male.- non ti amo.”

“Ma stai piangendo..”

“Non sto piangendo.”

“Hai gli occhi ludici. Ti trattieni solo per non rovinarti il trucco…”

“Se sto così è perché questo dovrebbe essere il giorno più bello della mia vita..”

“E non è così?”

Sospira. “Lo è.- mente?- ma avrò nel cuore sempre la consapevolezza che poteva essere …- migliore?- diverso..”

“Prima però potevi farlo.- la sfido, la provoco, non posso farne a meno.- potevi mandare tutto a monte.”

“E perché?- dice, incredula.- perché far soffrire anche lui? Non siamo già in troppi a soffrire, House?”

Ha ripreso a chiamarmi così. Era un po’ che non pronunciava il mio cognome. “Ma che cosa vuoi, Cameron?” la ripago, con la stessa moneta.

“Te. Volevo te.”

“Hai detto di non amarmi.”

“Infatti  è così.”

“Ma vuoi me.” Puntualizzo, sorridendo, intenerito dalle sue contraddizioni.

“Ho detto volevo, non voglio. Adesso voglio Robert. Davvero, Gr.. House. E sono felice. Sul serio.”

Ah, Allison.

Felicità.

Come suona vuota adesso questa parola. “ è giusto. Chase ti ama. Non devi volere altro.”

Senza volerlo ho acceso la miccia di una bomba. “Io ti amavo, House.” Me lo grida quasi in faccia, senza pensare che potrebbero sentirci tutti.  “E TU che cos’altro volevi?”

Cala uno strano silenzio. Un doloroso silenzio. C’è riuscita di nuovo. Lei ci riesce sempre.

Ha la strana capacità di mettermi con le spalle al muro, di voltare le mie frasi facendomene capire l’assurdità, di rigirare ciò di cui l’accuso inesorabilmente verso di me. Non so rispondere alla sua domanda, non so che dire. Boccheggio: “Non potevo più vederti soffrire, perché non riesci a capirlo?”

Lei rimane impassibile.

“Io volevo la mia vita con te.- riprende il contegno, la sento. Ora non trema più.- era con te che volevo condividere questi momenti.. vedevo me e te nel futuro .. ma tu hai rovinato tutto.”

“E lui? Perché proprio lui” pronuncio quelle parole e me ne pento un secondo dopo. Sento vibrare la gelosia nel mio cuore e dal suo sguardo capisco che è vibrata anche nella voce. “Era solo sesso tra di voi, non credere che non l’abbia mai capito. E poi improvvisamente lo sposi!?”

Lei distoglie lo sguardo, sorridendo malinconicamente. “All’inizio era così. Poi ho capito che… mi ama… e... è dolce, comprensivo. E.. forse hai ragione.- la guardo, incredulo.- lui mi ama e non devo volere altro. Col tempo imparerò ad amarlo anch’io.” Mi aveva fatto male dirle quelle parole. Sentirle da lei mi ferisce ancora di più. Forse le ha dette apposta per ferirmi.

“Però voglio che tu sappia che - esita, fissandomi con i suoi profondi occhi verdi.- che non lo amerò mai come ho amato te.”

Allison..

Lei abbassa lo sguardo, come cercando la forza, il coraggio.

Lo trova.

Si avvicina con impeto a me, prendendomi per la giacca e in un ultimo, proibito e dolorosissimo bacio, congiunge le sue labbra alle mie.

Sento che questa sarà l’ultima volta.

La stringo a me, più forte, di nuovo, di più, ci baciamo, con rabbia, passione, dolore, furia, per quel nostro amore, soffocato di nuovo, quell’amore che non avevamo mai potuto vivere completamente se non per un breve periodo.

Il più bello, comunque, della nostra vita.

Quando si stacca da me vorrei stringerla di nuovo. Faccio per avvicinarla ancora ma lei si ritrae negando con il capo. Poi mi sorride, e vedo in quel sorriso tutto quello che per la mia stupida natura ho perso e non avrò più.

“Addio, Greg.” Sussurra, sorridendo.

Lei mi regala un ultimo intenso sguardo, poi, toccandosi la pesante, bollente fede d’oro che porta al dito, si allontana lentamente.

Le cose veramente belle nella vita non durano per sempre. L’amore vero, la rosa vera della passione non campa in eterno e pensare che quella ci guiderà tutta la vita è un’assurdità. Il matrimonio non accomuna due persone che si amano alla follia.

Il matrimonio unisce due persone simili, che si vogliono bene e che possono passare l’una accanto all’altro la loro esistenza.

Non tu ed io, Allison. 

Esce dal ristorante anche lo sposo. Alza lo sguardo e vede me appoggiato alla ringhiera. Sento l’ostilità nei miei confronti, sento che sta per arrabbiarsi, sento che forse sta per capire quello che è successo pochi secondi prima… e mi viene troppo da ridere.

“Auguri, inglesino!- alzo il bastone a mo di brindisi.- e figlie femmine!”

Allison si gira verso di me, con un sopracciglio inarcato. “.. Non erano figli maschi?!”

“Per carità! Se dovete procreare almeno fate in modo che siano femmine e che non somiglino al padre!!

Questo strappa un sorriso ad entrambi. La tensione si è sciolta.

Cameron mi sorride. “Ci vediamo fra due settimane, dottor House.” Mi dice con leggerezza come se la conversazione di poco prima non ci fosse mai stata.

Con uno sguardo quasi ebete le rispondo. “Non così in là, dottoressa Cameron. Non mi ricordo di averti assegnato tutto questo tempo. E vedi di non stancarmi troppo il maritino, lo voglio in forma per quando tornerà, altrimenti chi mi metterò a torturare?”

Ride.

E il mio stomaco è come se subisse di un nuovo un forte allucinante pugno.

Ride e se ne va dalla mia vista a braccetto con lui, lasciandomi il ricordo di quello sguardo, di quel sorriso che mi aveva fatto tremare. Incredulo resto a sorridere, solo, appoggiato alla balaustra come un idiota.

“Che diavolo è quel sorriso?”

La voce di Jimmy mi coglie di sorpresa, lo ammetto.

Si appoggia lì vicino a me. “No, è inutile che adesso torni serio, ti ho già visto. Sorridevi. E date le circostanze non mi sembra molto appropriato.. insomma te lo ricordi o no che hai chiuso per sempre con Cameron?”

Mi volto verso di lui con un sorriso altamente equivoco.

“Per sempre? Tornerà tra due settimane, non due anni luce.” ripeto fingendomi sorpreso e facendogli aprire la bocca per l’incredulità.

Capirai se James Wilson il campione dell’infedeltà matrimoniale non avrebbe capito al volo quello che volevo dirgli. “Ma..”

 

 

Fine

 

 

 

Ho messo il termine “Incompiuta” proprio per questo. Il finale resta aperto, potete vederci quello che volete, o un inizio serio per Cameron e Chase oppure un House che stuzzicherà la nostra Cameron all’infinito e chissà che non si riprenderà ciò che era suo.. ai posteri l’ardua sentenza (per dirla con Manzoni)..

per il momento fatemi sapere che ve n’è parso del mio delirio influenzale!!

Baci

Diomache.

 

 

  
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