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Autore: musa07    02/04/2013    4 recensioni
" Quando Takeshi gli rubò il primo bacio a tradimento, il giocatore di baseball credette seriamente sarebbe morto per fulminamento di sguardo da parte dell’altro.
- Non ero ancora pronto! – aveva biascicato Gokudera più impacciato che arrabbiato in verità."
Ciaossu! Rieccomi qui a continuare l’esperimento già iniziato. Stessa identica formula dell’altra volta quindi solo che in questo caso, la mini one-shotina sclero barra vaneggiamento primaverile è completamente incentrata sulla nostra adorata 8059.
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hayato Gokudera, Takeshi Yamamoto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciaossu! Rieccomi qui a continuare l’esperimento già iniziato. Stessa identica formula dell’altra volta quindi solo che in questo caso, la mini one-shotina sclero barra vaneggiamento primaverile è completamente incentrata sulla nostra adorata 8059.
Anche in questo caso ci sarà un excursus temporale. Ma non giornaliero, si tratterà bensì di un vero e proprio viaggiare su e giù nel tempo, nell’arco dei dieci anni e quindi, anche per questa volta, preparatevi alle mie vaneggiate, sperando di non farvi venire il mal di mare^^
Ah, quasi dimenticavo: vi avviso che sono in vena di superlovelove, quindi entrate a vostro rischio e pericolo diabete^^

 
 

“ QUANDO … PARTE II”
 

 

Quando se lo vide tornare da una missione con quella cicatrice sul mento, Hayato dovette andare in camera loro, tirare all’incirca un miliardo di pugni sul muro imprecando e infierendo contro il mondo interno per sfogare la sua rabbia ma anche la paura e la tensione, prima di ritornare di là da lui, posare nuovamente lo sguardo e una carezza sul volto del suo adorato e notare – non senza una punta di orgoglio – che ora il viso di Takeshi – se possibile – era ancora più intrigante e stuzzicante di prima.
 

Quando lo fecero per la prima volta - durante un giorno di vacanza da scuola - prima di iniziare, per stemperare un po’ il comprensibile nervosismo, nella penombra della stanza di Yamamoto, rimasero a lungo abbracciati stretti-stretti sotto le coperte, dove Hayato volle sapere il perché e la storia di ogni singola e minima cicatrice sul corpo di Takeshi.
Con suo sommo ed enorme stupore erano quasi tutte imputabili al baseball.
Compresa quella in cui il ragazzo dal sorriso eternamente stampato in faccia era caduto da un albero per recuperare un suo fuoricampo.
 
 
Quando si trasferirono a vivere insieme in quella che sarebbe stata la loro prima casa, la sera – alla fine dell’estenuante trasloco – mentre facevano il letto, Hayato perplesso chiese a Takeshi: - E queste chi ce le ha regalate? – notando la fantasia sul tessuto delle lenzuola.
Si sentì rispondere un divertito: - Dino. Così ha detto non sentirai troppo la mancanza di Lambo. –
A Gokudera, sempre più perplesso, fissando i disegni di mucche stilizzate che saltellavano felici su uno sfondo verde, sfuggì – per l’ennesima volta – il senso dello humor del giovane Cavallone.
A Yamamoto parve di sentirgli dire qualcosa come: - Santo Hibari. –
 
 
Quando lo fecero per la prima volta, Takeshi lo pregò all’incirca un migliaio di volte di fermalo nel momento in cui avesse sentito troppo male.
Solo a vedere l’espressione misto preoccupata misto dolce nei suoi occhi nocciola, Hayato si sentì riempire completamente di lui.
Gli lanciò un’occhiata fintamente esasperata, dandogli uno scappellotto in testa.
Gokudera semplicemente moriva dalla voglia di sentirsi una sola cosa con lui.
Dicasi lo stesso di Takeshi.
 
 
Quando dovevano partecipare alle riunioni nel Quartier Generale Vongola, Hayato gli permetteva di indossare la cravatta solo quell’attimo prima di entrare in stanza, quando ancora si trovavano in ascensore. Da soli.
Allora Gokudera, vedendo la figura del suo adorato amore riflessa sullo specchio lottare una battaglia persa contro quel nodo che proprio non ne voleva sapere di collaborare, si girava verso di lui e, con agili ed esperti movimenti, gliela sistemava in un battibaleno.
Che poi fingesse di non vedere come Takeshi si sbottonasse sempre il primo bottone della camicia – come aveva sempre fatto anche con la divisa del liceo -, quello Hayato non seppe spiegarselo mai.
 
 
Quando Hayato – in qualità di temibile e rispettato braccio destro di Tsuna – dava inizio alle assemblee, inforcando gli occhi da vista e girando lo sguardo su tutti fino alla fine posarsi su di lui, chiedendogli di verbalizzare, per un attimo Gokudera doveva levare gli occhi al Cielo con un piccolo sospiro.
A vedere l’espressione sorniona sugli occhi e le labbra del suo compagno, Hayato si sarebbe scommesso l’anima con il Diavolo che Takeshi stava fantasticando su mille modi e maniere per farlo suo su uno di quei tavoli.
 
 
Quando durante l’incursione a Base Melone, il gruppo degli esploratori si divise in due a causa degli spostamenti della base prodotti da Irie, Takeshi, levando gli occhi sopra di sé a vedere come Hayato si diede tanta pena di tendergli la mano - anche quando il Senpai gli urlava di spostarsi da lì per evitare di vedersi il braccio tranciato di netto -, si limitò a sorridere.
Era uno dei suoi soliti sorrisi a beneficio e uso esclusivo del suo unico amore.
 A dirgli che andava tutto bene, che si sarebbero trovati di nuovo fuori da lì.
A comunicargli con lo sguardo che non si sarebbe liberato di lui tanto facilmente ora che si erano trovati.
A dirgli con uno sguardo che valeva più di mille parole, che lo amava più della sua stessa vita.
 
 
Quando alla sera Hayato lo raggiungeva a letto avvicinandosi a lui a cercare il calore del suo abbraccio, Takeshi gliene faceva sempre dono.
Si voltava verso di lui non appena sentiva che il Guardiano della Tempesta gli appoggiava la fronte sulla schiena, in una muta richiesta.
Quando lo sentiva girarsi, Gokudera levava gli occhi verdi verso quelli nocciola di lui e vi naufragava dentro.
Entrambi non avrebbero barattato quel momento di piccola quotidiana intimità tra loro con niente altro al mondo.
 
 
Quando Takeshi gli rubò il primo bacio a tradimento, il giocatore di baseball credette seriamente sarebbe morto per fulminamento di sguardo da parte dell’altro.
- Non ero ancora pronto! – aveva biascicato Gokudera più impacciato che arrabbiato in verità.
 
 
            Quando il papà di Takeshi, bussando alla stanza del figlio - dopo quella che l’uomo non poteva sapere essere stata la loro prima notte - e non ottenendo risposta, preoccupato vi fece capolino con la testa, sorrise teneramente.
Quel ragazzo che aveva preso tanto in simpatia aveva la testa appoggiata sul petto di suo figlio.
 I due ragazzi erano stretti, ancorati l’uno al corpo dell’altro e l’espressione di entrambi era rilassata e serena mentre si godevano il meritato riposo.
Sorrise di nuovo l’uomo.
Che poi fece finta di ignorare i segni inequivocabili sui corpi di tutti e due e i fazzoletti sparsi per la stanza, quello fu un altro discorso.
 
 
Quando qualche ragazza aveva tanto ardire di bofonchiare e chiedere un appuntamento a Gokudera durante il cambio dell’ora, Takeshi, che sedeva sempre in ultima fila in classe, levava
il viso sonnecchioso dal banco e voltava lo sguardo verso quell’insolito quadretto.
Un po’ per compassione nei confronti della povera malcapitata di turno, un po’ per togliere Tsuna dall’apnea, un po’ – tanto – per gelosia, il Guardiano della Pioggia si alzava dal suo posto e si dirigeva verso il banco del suo adorato a cercar di risolvere la situazione.
Non la risolveva mai più di tanto perché – inevitabilmente – l’amica che accompagnava la ragazza si rivolgeva a lui e proponeva un’uscita a quattro.
In quei casi, il Juudaime doveva fare una vera e propria fuga verso i bagni per non pisciarsi addosso dal ridere.
 
 
 
Quando, durante lo scontro tra Guardiani per il possesso degli anelli, Takeshi l’aveva dovuto guardare scannarsi contro Bel, avrebbe dato tutto quello che aveva per poter prendere il suo posto. L’unica cosa che aveva potuto invece fare era stata quella di pregare in cuor suo e fidarsi ciecamente dell’abilità di Hayato, del suo intuito, della sua presenza di spirito, sperando che lo stramaledettissimo orgoglio del dinamitario lo facesse uscire da quella maledetta biblioteca prima che fosse troppo tardi.
 
 
 
Quando la mattina - ma sarebbe stato più giusto dire: il pomeriggio - dopo la loro prima notte insieme Takeshi aveva cercato di svegliare Hayato depositandogli una piccola scia di baci, fino ad arrivare al volto del suo adorato e bisbigliargli all’orecchio un dolce e al contempo divertito: - Sveglia dormiglione. – Gokudera si era rigirato nel suo letto, stiracchiandosi e sentendosi incredibilmente bene. Calmo e rilassato come da tempo non capitava.
- Che ore sono? – gli avrebbe chiesto mentre l’osservava distendersi al suo fianco.
- Le quattro. – fu la risposta di Takeshi.
- Della mattina? – domandò svogliatamente sbadigliando.
- Del pomeriggio. – fu la replica divertita dell’altro mentre faceva intrecciare le dita alle sue e Gokudera strabuzzò gli occhi a quella rivelazione.
- Cucciolo, hai fame? –
- Fissato del baseball, come mi hai chiamato scusa? –
Di nuovo lo scappellotto giù per la testa come la sera prima.
- E dai Hayato, ti prego: lasciami essere dolce. –
E Hayato non aveva potuto replicare in nessuna maniera …
 
 
Quando capitava avessero una giornata di riposo, passavano l’intera mattinata a letto a chiacchierare, leggere, ridere, ricordare ricordi passati, fare colazione, cambiare posizione un miliardo di volte, coccolarsi, dedicarsi l’uno all’altro, scambiarsi sguardi con i quali si comunicavano ogni desiderio, intenzione, richiesta immediatamente colta ed esaudita dall’altro, meravigliandosi a volte di come – anche se fossero passati già dieci anni da quando stavano insieme – riuscissero a emozionarsi ed eccitarsi per un tocco quando questo diventava più audace mentre Takeshi si avvicinava ancora di più a Hayato con il suo sorrisetto sghembo e gli toglieva gli occhiali e la tazza di the fumante dalle mani per poggiarli per terra.
E accorgersi solo quando il sole tramontava, che la giornata era passata.
 
 
Quando era stato il turno di Takeshi di scontrarsi per il possesso dell’anello della Pioggia, Hayato l’avevo guardato cadere, rialzarsi, lottare.
Aveva visto come lo sguardo del suo fissato del Baseball si era perso per un attimo nel vuoto, nell’incredibilità, nell’assurdità della situazione …
Poi di nuovo, il sorriso … La determinazione negli occhi nocciola e alla fine quel girarsi verso di loro, a strizzarli l’occhiolino mostrando l’altra metà dell’anello ora in suo possesso.
 
 
 
Quando camminavano per i corridoi della scuola, inutile dire che le ragazze presenti si voltavano verso loro due, ridacchiando nervosamente e dandosi di gomito.
Per non parlare di quando aveva iniziato a girare quella strana voce che diceva che Yamamoto e Gokudera della 2 – A passavano tanto tempo insieme.
Inutile dire che i sospiri e i trip mentali delle ragazze a immaginarsi quei doni degli dei insieme, si fecero ancora più inisistenti e numerosi.
 
 
Quando quella volta, mentre lo attendeva all’uscita di scuola dopo allenamento, Hayato fu abbordato da un gruppo di ragazze, inutile dire che Takeshi – vedendo la scena da lontano – sentì una morsa comprimergli lo stomaco.
Tuttavia, tale morsa allo stomaco – a mano a mano che si avvicinava – andò affievolendosi per lasciare spazio a una diabolica vendetta a danno delle molestatrici.
Gokudera si sentì cingere la vita nel solito tocco delicato e sicuro e – anche se di schiena – riconobbe il profumo dello shampoo di Takeshi e il profumo dei suoi capelli ancora bagnati dalla doccia.
- Disturbo? – sentì la voce di Yamamoto arrivargli alle orecchie sorniona ma anche con una punta di malcelato fastidio.
Vide negli occhi delle ragazze passare un velo di delusione.
- Ecco lo sapevo: stanno insieme. E figurarsi se due così non stavano insieme. – bofonchiò una di queste amareggiata.
- Non vorrai deluderle spero. – gli aveva sussurrato mellifluo a un orecchio Takeshi prima di voltargli il viso verso il suo, sollevargli il mento verso di sé e – fissandolo negli occhi con uno sguardo che non ammetteva replica – abbassare il volto verso il suo e appoggiargli le labbra morbide e calde sulle sue, comunicando così alle ragazze presenti il suo pieno possesso nei suoi confronti.
Vedere Takeshi geloso aveva sempre il suo perché e Hayato se la rise sotto i baffi, perdonandolo anche per quella volta.
 
 
 
Quando facevano l’amore le prime volte, che lo appoggiasse delicatamente sul letto o che lo girasse verso la parete – fosse questa degli onnipresenti bagni di scuola o degli spogliatoi, che conoscevano ormai ogni loro singolo sospiro e gemito mescolato – Takeshi usava sempre una dolce e attenta impazienza.
L’impazienza dell’inesperienza sarebbe svanita con gli anni per lasciare posto alla consapevolezza dei loro corpi, ma la dolcezza e l’amorevole attenzione che lo spadaccino avrebbe usato sempre e comunque nei confronti del suo compagno, sarebbero rimaste invariate.
 
 
Quando la scemucca aveva indirizzato il bazooka dei dieci anni verso Takeshi e Hayato, si era trovata la sua versione futura di fronte, anche se per solo cinque minuti, voleva crogiolarsi in quell’abbraccio della versione adulta del suo amore.
Era la solita stretta calda e avvolgente e, senza accorgersene, iniziò a strusciarglisi contro.
E il Takeshi versione TYL dovette fare uno sforzo enorme per non afferrare per mano il suo cucciolo e rinchiudersi dentro con lui in uno dei bagni di scuola per i restanti tre minuti e mezzo di tempo.
 

Quando cucinavano insieme manifestavano anche in questi casi l’amore incondizionato l'uno verso l’altro.
Dicasi lo stesso di quando Hayato suonava il pianoforte o di quando Takeshi scendeva in un campo da baseball con una mazza in mano.
 
 
Quando capitava che per stare in casa, Hayato prendesse in prestito qualche sua felpa, Takeshi non resisteva alla tentazione di riempirlo di baci e coccole.
Gokudera cercava di schivare – stoicamente – quelli assalti insultandolo.
Che poi lui semplicemente adorasse sentire come il profumo della pelle di Yamamoto fosse così intriso in quei vestiti tanto da farlo sentir nel suo abbraccio semplicemente indossando qualcosa del suo adorato amore, questo non l’avrebbe ammesso mai neanche sotto tortura.
 
 
Quando pensarono di essersi fatti miseramente sgamare da Ryohei durante la pausa pranzo mentre Takeshi aveva delicatamente appoggiato le labbra su quelle di Hayato mentre si trovavano distesi sotto a un ciliegio in fiore a godersi il primo sole primaverile, il boxeur – che stava facendo il giro della Scuola di corsa per la quinta volta - si era semplicemente limitato a scavalcarli con un salto urlando qualcosa sul fatto di essere estremi.
 
 

 
 
FINE ( ma forse anche no^^ …)
 
 
E chiudo con gli schiamazzi di Ryohei altrimenti non mi fermo più e continuerei all’infinito ^////^
Come sempre grazie a voi che avete letto fino alla fine.
   
 
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