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Autore: Piccolo Fiore del Deserto    02/04/2013    0 recensioni
Sofia è completamente persa a osservare la spessa nebbia che avvolge il paesaggio inglese, di là della finestra socchiusa, nella libreria in cui lavora. I suoi pensieri sono rivolti a un passato che non riesce a dimenticare, a un gelido giugno che ha portato l’inverno nel suo cuore, riducendola in polvere facile da spazzare via. Sofia soffre, ma continuando con quel suo atteggiamento non comprende che sta rubando qualcosa a se stessa. Sarà l’intervento di due persone speciali a farle capire che è arrivato per lei il momento di reagire.
[4° Classificata al contest "Leggere, come io l'intendo" di Emma Bennet]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Nickname autore: Piccolo Fiore del Deserto
- Nickname sul forum: _PiccoloFiore_
- Titolo: La finestra socchiusa
- Genere: Generale, introspettivo, sentimentale.
- Avvertimenti: one shot
- Rating: verde
- Pacchetto scelto (con citazione, canzone e prompt): Piccole Donne, Louisa May Alcott
citazione – Le finestre siamo noi a chiuderle male, le lasciamo mezze aperte quando aspettiamo il ritorno di qualcuno
Canzone – Enjoy the silence, Depeche Mode
Prompt: polvere, giugno, shakespeare
- Introduzione: Sofia è completamente persa a osservare la spessa nebbia che avvolge il paesaggio inglese, di là della finestra socchiusa, nella libreria in cui lavora. I suoi pensieri sono rivolti a un passato che non riesce a dimenticare, a un gelido giugno che ha portato l’inverno nel suo cuore, riducendola in polvere facile da spazzare via. Sofia soffre, ma continuando con quel suo atteggiamento non comprende che sta rubando qualcosa a se stessa. Sarà l’intervento di due persone speciali a farle capire che è arrivato per lei il momento di reagire.
- Note (eventuali): Ho scelto la citazione, trovandola più attinente alla storia che volevo proporre. Inoltre ho aggiunto un altro breve brano, tratto dall’Otello di Shakespeare, così da inserire meglio uno dei prompt a me assegnati. La citazione e le parole sono inserite in corsivo, e spero che siano fatte bene. Questa one-shot, in realtà, è legata a una futura long che vorrei scrivere non appena il tempo e l’ispirazione saranno dalla mia parte!







La finestra socchiusa



…chi piange per un dolore vano, ruba qualcosa a se stesso.
(Otello, W. Shakespeare)




Giugno non era mai stato così freddo per Sofia, appariva ai suoi occhi colmi di lacrime come un pallido inverno nel fiore dell’estate.
Dopo anni di sforzi, lacrime e momenti di vuoto, era riuscita a completare i suoi studi universitari, ottenendo il massimo dei voti per la gioia dei suoi genitori, che sorridevano raggianti e orgogliosi di lei come mai aveva notato, e per il proprio ego personale, così piccolo e a volte dimenticato.
Era felice, divinamente felice, e i suoi pensieri già si voltavano all’imminente estate che avrebbe trascorso in compagnia del suo Massimiliano, il ragazzo che in poco tempo aveva conquistato il suo cuore, accendendolo di una calda luce dorata e facendole vivere un sogno dal quale non avrebbe mai voluto svegliarsi.

Così presa dai suoi mille impegni, dai suoi progetti, dalla sua realizzazione personale, però, non si era veramente accorta che Massimiliano non era più lo stesso. A poco a poco, dopo tre intensi anni d’amore e di alti e bassi, sembrava essersi trasformato in uno sconosciuto: freddo e distante e sempre meno interessato a lei. Parlavano poco, litigavano spesso, e non era facile per lei sentirsi messa da parte preferendo altre amiche e conoscenti, e relegandola a semplice sfumatura sullo sfondo della sua esistenza.
Sofia ne soffriva e le sue incertezze aumentavano. Provava gelosia e rabbia che spesso riversava su di lui, pur non avendo vere prove che accertassero le sue sensazioni terribili. Era la sua voce contro quella di lui, i suoi pensieri contro quelli di Massimiliano, ma sentiva ancora una volta che i sentimenti che covavano nel suo cuore erano reali e presto si sarebbe scontrata contro una terribile realtà che non poteva accettare.

Massimiliano la confortava a volte, in altri casi l’accusava di non fidarsi di lui e forse era quella la verità: da quando Sofia aveva scoperto le sue menzogne, la sua mancanza di volontà di confidarsi con lei e renderla partecipe di ogni suo avvenimento importante e renderla parte integrante della sua vita, non riusciva più davvero a credere completamente alle sue parole.
Per lei, animo romantico in un mondo spietato, l’amore era un’altra cosa: era condivisione, sentirsi completi insieme pur essendo due persone distinte, era rendere partecipe l’altro della propria vita, delle proprie gioie e dei propri dolori, era sincerità non sporcata da bugie, era passione e rispetto che con il tempo però erano sbiaditi.

Massimiliano si sarebbe allontanato fisicamente da lei, come già lo aveva fatto con i pensieri. Era in procinto di trasferirsi in una città ancor più lontana dell’attuale, con la sua famiglia, e lei aveva la terribile e sconcertante sensazione che quella sarebbe stata la vera fine tra loro. La loro estate insieme sembrava svanire un giorno dopo l’altro, accolta dai suoi “no” e dalle attese infinite nelle quali l’aveva gettata, così preso dal trasloco e da una nuova vita che avrebbe passato lontano da lei. Le aveva promesso di trascorrere insieme un’intera settimana, ma poi – all’ultimo momento – rimangiava le sue intenzioni, adducendo scuse che pian piano prendevano la sfumatura della menzogna. Stava male, aveva da fare, non aveva soldi. Fatti che cozzavano con le parole, promesse svanite come un pezzo di carta nel fuoco. E, intanto, lei attendeva, speranzosa e comprensiva, ma nel suo cuore la tristezza adombrava i suoi sorrisi, e i suoi occhi si spegnevano come se non ci fosse più luce.


Giugno non era stato mai così freddo. Un gelo sferzante le era entrato nelle ossa, quando aveva letto quelle poche righe di un messaggio gelido, inviato da una persona vigliacca che per tutti quei lunghi anni aveva amato.


Non possiamo continuare a stare insieme. Ho bisogno di tempo per me, per riflettere su me stesso e su quello che voglio. Non voglio una storia a distanza, per ora. Forse tra qualche mese ci incontreremo di nuovo. Ora non posso essere il tuo fidanzato.


Le sue mani tremarono, il suo cuore prese a battere a un ritmo così sostenuto che temeva le scoppiasse nel petto, lacrime calde iniziarono a rigarle il viso, mentre teneva il cellulare tra le mani, leggendo e rileggendo quelle parole che non riusciva a comprendere, come se fossero scritte in una lingua straniera che non conosceva.
Non poteva perdere il suo amore. Non dopo che aveva accettato di buttarsi in una storia così importante. Anche lei aveva paura della distanza, anche lei avrebbe sofferto di non vederlo spesso, ma cos’è la distanza di fronte a un sentimento così forte come quello che provavano? Come poteva essere svanito così, nel nulla, come soffio di vento su una foglia caduta da un albero?
Scossa da un impeto convulso, digitò il suo numero e, quando udì la sua voce, ebbe un tuffo al cuore: lo sentiva già un perfetto estraneo, una persona che quasi provava disagio a parlare con lei, un vigliacco incapace di guardarla negli occhi per riferirle di persona parole che l’avrebbero uccisa. Non ci sarebbe stato alcun abbraccio finale per sostenerla, ma sarebbe rimasta immobile, da sola, nella sua stanza, spezzata da un pianto incontrollabile, e nella sua mente quelle accuse trasmesse tramite un mezzo gelido come il telefono. Lui, che aveva sempre giurato di non rinfacciarle mai nulla, ora l’accusava di ogni sua mancanza, di ogni suo piccolo o grande errore, additandola come la vera causa della fine della loro relazione. Lui ripeteva parole che lei stessa aveva proferito in momenti in cui la sua incapacità di credere in se stessa l’aveva spinta a pensare che sarebbe rimasta sola per sempre, allontanando tutti da sé. Lui la stava uccidendo con un’arma ben peggiore di una spada o una pistola: con parole che sferzavano letali contro il suo petto, distruggendole il cuore, impedendole di respirare e spingendola a credere che la vita non potesse più essere vissuta.

Giugno non aveva portato con sé il caldo sole che tanto amava, non c’erano raggi a scaldare la sua pelle, né a lenire il suo cuore sanguinante. Sofia si sentiva realmente sola e non riusciva a credere a come l’amore potesse svanire così all’improvviso, a come i fatti fossero diversi delle parole così facilmente decantate, a come il suo principe coraggioso e protettivo si fosse trasformato in un lampo in uno stronzo vigliacco che aveva giocato con lei, con i suoi sentimenti, e ora, dopo essersi divertito, l’aveva abbandonata in un angolo come una bambola ormai rotta.

La mia bambolina, così la chiamava, e non sapeva, in quei momenti all’apparenza così lontani, quanto fossero reali quelle semplici tre parole.

L’aveva spezzata, sbriciolata, e aveva gettato lingue di fuoco sui suoi resti malconci, e il suo corpo così fragile si era tramutato in polvere scura, che nessuno avrebbe mai raccolto.

Una bambola usata divenuta polvere che un refolo di vento avrebbe fatto disperdere nel cielo.



§§§



Una nebbia spessa si sollevava dal suolo, offuscando la vista. Un’atmosfera soffusa e sospesa nel tempo che non infastidiva Sofia, ma le permetteva di divagare con i pensieri.
Sedeva immobile all’interno della libreria in cui lavorava, con lo sguardo fisso e perso sulla finestra, cercando di intercettare una qualche forma umana o animale oltre quello strato biancastro e fantasticando su chissà quale storia o personaggio su cui scrivere. Adorava trascorrere i suoi momenti di vuoto e libertà china su di un libro o riempendo pagine bianche di pensieri che, con il tempo, potevano divenire brevi racconti o lunghi romanzi. Il suo sogno era di vedere il suo nome come autrice di un libro che avrebbe fatto bella mostra su uno degli scaffali di numerose librerie, ma non si sentiva ancora realmente pronta a fare il grande salto, che l’avrebbe portata a proporre le sue idee e i suoi progetti a una casa editrice.

«Un penny per i tuoi pensieri».
Una voce femminile alle sue spalle proferì quelle parole, distogliendola così dalle sue riflessioni. Sofia si voltò lentamente e incontrò lo sguardo azzurro cielo della sua più cara amica, Alice.
Le rivolse un leggero sorriso e poi scosse il capo.
«Nessun pensiero di grande importanza».
Alice ticchettò un dito sulle sue labbra, pensierosa, e poi replicò:
«Non sei mai stata brava a nascondere i tuoi pensieri né a mentire. Su, tira fuori quello che hai dentro e non dirmi che si tratta ancora di lui!».
Dallo sguardo colpevole di Sofia, Alice comprese di aver fatto centro e sbuffò, roteando gli occhi, esasperata.
«No, ancora Massimiliano no!» esclamò a voce alta, facendo voltare le poche persone presenti in quel primo pomeriggio novembrino. In effetti, la libreria era quasi del tutto deserta, fatta eccezione per alcune ragazze che ridevano tra loro, perse in chissà quali discorsi, e altre che sfioravano le copertine dei libri come se attendessero di udire una voce sottile che le attirasse a sé.
«Non è facile dimenticarlo» mormorò Sofia, abbassando lo sguardo a terra. Ogni volta che parlava di lui, seppur a distanza di diversi mesi, faceva fatica e i suoi occhi divenivano ben presto umidi, facili prede di lacrime incessanti. Neanche la distanza fisica le aveva permesso di rimuoverlo dai suoi pensieri e dal suo cuore.
«Sono passati mesi e lui non starà di certo soffrendo come te!» commentò Alice, seppur con nessuna cattiveria, ma per Sofia fu come uno schiaffo in pieno viso. Per una frazione di secondo incrociò di nuovo lo sguardo dell’amica, ma poi lo riversò di nuovo verso la finestra lasciata socchiusa, dalla quale entrava, di tanto in tanto, qualche spiffero d’aria.
«Scusami, Sofia, ma non sopporto di vederti soffrire per quello stronzo e vigliacco, per un ragazzo che non ha neanche avuto il rispetto e la decenza di dirti tutto guardandoti dritto negli occhi…» aggiunse, con genuina sincerità Alice, e nello scuotere il capo, ciocche di capelli dorati le sfiorarono come una carezza il viso.
Sofia guardò l’amica d’infanzia, con la quale aveva sempre condiviso tutto: ogni pensiero, ogni gioia, ma anche momenti di tristezza. Ammirò la sua bellezza solare e la sincerità con la quale era sempre solita argomentare, e poi le sorrise, con un pizzico di amarezza.
«Lo so, me l’hai detto tante volte e anch’io concordo. Mi ha solo usata, fintanto gli facessi comodo e, quando ha trovato altri amici…» si bloccò, reprimendo un triste pensiero che le affiorò improvviso, e poi riprese, «mi ha abbandonata come una bambola ormai rotta». Un fremito al cuore, e la sua voce si spezzò per qualche istante.
Massimiliano l’aveva davvero fatta sentire come un oggetto. Una bambolina con cui giocare nei momenti vuoti della sua frivola vita, quando quelli che considerava amici non avevano nessuna premura per lui, né lo andavano a trovare per trascorrere qualche tempo insieme. Poi, quando le cose erano cambiate, quando lui era tornato nella sua città natale, in mezzo al suo mondo, se ne era sbarazzato con scuse che stridevano con l’amore che diceva di provare.
Ma forse, in cuor suo, Sofia sapeva che era meglio così.
Sofia respirò a fondo, ricacciando indietro le lacrime e, quando ritrovò un poco di compostezza, tornò a parlare:
«So bene che devo andare avanti, che è stato meglio perdere una persona così, anziché proseguire in una relazione priva di fiducia, di capacità di comprensione, di omissioni e bugie, ma non riesco ancora ad accettarlo. Pensavo di aver trovato l’uomo della mia vita, con il quale realizzare il mio sogno più grande, una famiglia insieme, e invece…».
Non riuscì a proseguire. Chinò il capo cercando di nascondere il suo malessere di fronte ai clienti che, tuttavia, sembravano non degnarle d’interesse alcuno, e i lunghi capelli castani discesero a coprirle il viso, come un sicuro riparo da occhi indiscreti.
Alice rimase in silenzio, ma poi sfiorò il braccio destro dell’amica, in una carezza che profumava di comprensione e affetto.
«A tutti capita di commettere errori, e in amore non si sa mai cosa possa accadere. Per questo io non voglio innamorarmi seriamente, vivendo così le storie con più spensieratezza. Ma tu sei diversa.
Sei sempre stata una ragazza così romantica e sensibile, alla ricerca di quel vero amore che compare solo nelle favole Disney, ma sono illusioni, che ti portano unicamente a essere ferita, e gli altri se ne approfittano con crudeltà.
Tu sei sempre stata Jane, o la piccola, fragile, Beth, ed io Elizabeth o Jo…».
«Ma anch’io ho amato Mr. Darcy!» la interruppe Sofia, ritrovando un sorriso divertito.
«Chi non si è mai innamorata di quel figo? Peccato che non esista nella realtà» sospirò teatralmente e Sofia annuì, concorde. «Ma il discorso è un altro. Gli uomini indossano le palle, ma in realtà sono le donne a usarle. Guarda quel che ha fatto quel bambino montato di Massimiliano: tante belle parole, progetti per il futuro insieme, e poi? Poi ti ha lasciata con uno stupido messaggio. Sei stata tu che, pur con il cuore trafitto, lo hai chiamato, volendo, giustamente, una spiegazione migliore».
«Sì, lo so. Forse la sua è solo incapacità di comprendere ciò che vuole…».
Alice la bloccò con un’occhiataccia densa di una volontà di colpirla se non la smetteva con i suoi tentativi di proteggere quell’uomo che l’aveva ferita, e poi Sofia aggiunse:
«Eppure non riesco ad allontanarlo dai miei pensieri. Mi chiedo sempre cosa starà facendo e se gli capita mai di pensare a me. Ho paura di non riuscire più a trovare nessuno che mi ami veramente, ho paura di amare ancora».
«Non si può comandare il cuore, così mi hai detto sempre tu, e la romanticona per eccellenza non potrà mai smettere di amare» annuì alle sue stesse parole, ma poi scosse il capo e sollevò di nuovo gli occhi al soffitto. «Guarda cosa mi fai dire!» sbuffò spazientita. Alice aveva avuto un gran numero di uomini, ma solo per puro divertimento, mai nulla di serio. L’amore non faceva per lei, era solita dire, e non comprendeva appieno il romanticismo di Sofia, pur accettandola così com’era, senza critiche di sorta.
L’espressione di Alice, fece sgorgare una risata trillante, che sembrava provenire dal cuore di Sofia.
Poi un colpo di tosse richiamò le due amiche ed entrambe si voltarono verso un’acquirente, una giovane ragazza, che stringeva al petto un libro, come un fragile ma importantissimo tesoro.
«Ci penso io, ma poi torno da te» disse Alice e le lanciò un occhiolino di ammiccamento, donando poi la sua più completa attenzione alla cliente.
Sofia soffermò per un attimo lo sguardo su quest’ultima, analizzandola con sguardo curioso. I suoi occhi castani seguirono le mani della ragazza, che si stringevano attorno alla copertina, e poi si spostò sul suo volto. La vide sorridere timidamente all’esuberante allegria di Alice, e poi quando i suoi occhi si posarono sul libro che stava comprando, notò una luminosità speciale, che era tipica di chi cade letteralmente in amore per i libri, per la magia che riescono a donare, la fantasia, il sogno e anche l’esperienza che aiuta a crescere. Sì, per Sofia i libri non erano meri strumenti di lettura, bensì un mondo apparentemente lontano da quello reale, ma che permetteva al lettore di crescere, maturare e comprendere pienamente la propria vita. Spesso si ritrovava nei personaggi delle storie, e alcune frasi sembravano essere direttamente rivolte a lei, come se l’autore – non importa se ormai morto e mai incontrato – si stesse riferendo proprio a lei, ai suoi problemi, alle sue domande.
Sospirò e poi tornò a guardare fuori dalla finestra. Un refolo d’aria s’insinuò indiscreto sotto il maglione verde, sfiorando la sua pelle e facendola rabbrividire, eppure non osò chiuderla del tutto. Era come se ci fosse qualcosa a impedirglielo, un ostacolo nascosto che non riusciva a vedere né a oltrepassare.
Una forza invisibile le impediva di agire, come una metafora di ciò che il suo cuore stava affrontando.
«Eccomi qui! Dove eravamo rimaste?» domandò Alice, tornando al suo fianco. Sofia, prima di rispondere, seguì i movimenti della ragazza che usciva dalla libreria, scrutò i suoi lineamenti, il suo sorriso luminoso e quegli occhi grandi, dietro un paio di occhiali da vista, che sembravano già sognare chissà quale mondo in cui si sarebbe immersa a breve. Sorrise al pensiero, e poi la vide oltrepassare la porta e disperdersi nella nebbia.
«Pronto? Sofia ci sei? Yuhuu?»
Alice iniziò a sventolare una mano dinanzi agli occhi dell’amica, richiamandola verso di lei, volendo avere la dovuta attenzione.
«Sì?» domandò Sofia, facendo sbuffare con impazienza Alice.
«A volte mi chiedo come fai a sparire così facilmente nei tuoi pensieri, estraniandoti dalla realtà». Scosse il capo più volte, mentre Sofia la guardava con un sorriso divertito, come se le parole e le espressioni dell’amica le donassero un’incontenibile allegria. «Comunque stavamo parlando di Massimiliano» continuò, e Sofia avvertì una nuova stilettata al cuore, al solo udire quel nome. «È venuta l’ora di dimenticarlo, basta, niente più Massimiliano nella tua vita. Lui ha preso la sua strada e tu la tua. Siamo venute via dalla nostra bella Italia e tantissime miglia ci separano da lui. È il momento di tornare a vivere. E poi, diciamolo, anche se all’apparenza sembravate una bellissima coppia, e anche Andrea ed io lo pensavamo, analizzando i fatti in maniera più giudiziosa e obiettiva, eravate anche incompatibili riguardo ai vostri interessi. Lui innamorato perso della politica, dello sport, e tu? Il tuo cuore è sempre stato distante da quel mondo e, anche se in ogni storia si dovrebbe cercare di unire i propri interessi o comunque di accettarli, è logico che a lungo andare non rimanevano troppi argomenti di discussione».
Alice era proprio la voce della sua coscienza, che a lungo aveva cercato di assopire, pensò Sofia e la guardò mentre sventolava le mani, unendo i gesti al fiume di parole che riversava. Adorava l’amica, perché era sempre esplicita, senza sotterfugi, e anche se a volte mancava di un poco di delicatezza, non lo faceva mai per pura cattiveria. Non c’erano mai state grandi invidie tra di loro, ma sola ammirazione, perlomeno da parte sua. Sì, ammirava quell’amica alta e bionda, formosa e bella, che con un solo sorriso disarmava anche il più freddo degli uomini; quell’amica forte e sicura di sé, che cercava sempre di raggiungere i suoi obiettivi, senza soccombere alle sue paure – come lei – e che, in fondo al cuore, aveva un animo assai puro e una dolcezza che non poteva far scomparire tanto facilmente. Alice era così e avrebbe voluto averla al suo fianco per sempre.
«Di nuovo persa nel tuo mondo. Insomma!» esclamò, sbalordita Alice, e per un attimo sembrava anche un poco irritata.
«Oh, no, scusami davvero. Ti stavo realmente ascoltando e credo che tu abbia ragione. Eppure, anche se siamo così distanti, una parte di me teme o forse spera che torni ancora. È un pensiero che non so spegnere, una finestra che non so chiudere…».
Dicendo ciò, il suo sguardo scivolò di nuovo sulla finestra socchiusa, su quegli spifferi d’aria che, incessantemente, continuavano a entrare e sfiorare il suo corpo, facendola rabbrividire. Anche Alice seguì il suo sguardo, comprese le sue parole e i suoi pensieri, e fissando il vuoto affermò, con voce pacata:
«Le finestre siamo noi a chiuderle male, le lasciamo mezze aperte quando aspettiamo il ritorno di qualcuno…».
Sbatté le palpebre, come se non comprendesse di essere stata realmente lei a proferire tali parole. Sofia la guardò, inclinando appena il capo di lato. Erano parole che sembravano perfette per quella moltitudine di sentimenti che affollavano il suo cuore e il caos incessante dei suoi pensieri. Alice aveva ragione. Era solo colpa sua se non riusciva ad andare avanti, perché non aveva il coraggio di chiudere bene quella dannata finestra, di porre fine a un’interminabile attesa che non avrebbe mai riportato Massimiliano nella sua vita. E se anche fosse tornato, come del resto aveva detto lui, che motivo aveva di riprendere da capo la loro relazione? Si sarebbe mai fidata davvero di lui dopo un simile atteggiamento? Avrebbero risolto i loro problemi?
Forse tra qualche mese o anno ci ritroveremo, le aveva detto, alimentando così una fragile speranza che combaciava con il suo forte amore, ma cozzava con prepotenza con il dolore, la delusione, l’essere stata abbandonata da una persona che aveva giurato di amarla e con la quale aveva iniziato a fare progetti per un possibile futuro insieme.
Quelle parole erano un gelido refolo di vento che s’insinuava con prepotenza da quella finestra lasciata socchiusa da lei stessa.
«Devo averle lette in qualche libro, forse» mormorò Alice e poi soggiunse «comunque sta a te fare una scelta, Sofia. Chiudere per sempre con un passato che non può tornare, o struggerti con pensieri che possono solo ferire, o tornare da chi ti ha usata come un semplice giocattolino per poi abbandonarti».
I suoi occhi chiari fissarono quelli nocciola dell’amica, con serietà e determinazione. Sofia vi lesse tutta la sofferenza che il suo dolore causava anche nell’altra, il suo vero affetto nei suoi riguardi, la volontà di vederla finalmente reagire e tornare a vivere, a essere quella ragazza piena di sogni e d’amore di un tempo.
Non riuscì, però, a dire nulla e fu ancora una volta Alice a parlare:
«Siamo nella città di Shakespeare, ora. Stratford-upon-Avon si estende intorno a noi ed è la nuova casa. Ricordi? Era il nostro sogno venire qua, io, tu e quel matto di Andrea e ce l’abbiamo fatta. Goditi il nostro sogno realizzato, e affidati al grande Bardo inglese, chissà che non ti faccia comprendere davvero qualcosa».
Le strinse le mani per qualche secondo, poi si avvicinò al bancone principale della libreria e posò sulla superficie un libro. Si voltò momentaneamente verso Sofia e poi si allontanò, andando a controllare se qualche cliente avesse bisogno del suo aiuto o valido consiglio.
Sofia rimase sola a vagliare il loro discorso, i suoi problemi, gli ansiti del suo cuore, ma ben presto fu come richiamata dal libro che l’amica aveva lasciato sul bancone. Si avvicinò di qualche passo e notò grandi lettere dorate sulla copertina, che tracciavano un nome conosciuto, proprio del suo scrittore preferito, il Bardo inglese che, pocanzi, aveva citato la sua più cara amica: Otello, una delle sue opere preferite.
Sofia lo prese tra le mani, con cura. Aspirò il profumo della carta, le emozioni indescrivibili che anche quel momento un libro poteva donarle, e poi iniziò a sfogliare velocemente le pagine, bloccandosi su un particolare che le saltò all’occhio. Alcune frasi erano state sottolineate con un leggero tratto di matita, era appena percettibile, e anche se la cosa la turbava sempre – poiché per lei era errato macchiare le pagine di un libro in quel modo – iniziò a leggerle mentalmente, nel più completo silenzio.

“Quando non c'è più rimedio è inutile addolorarsi, perché si vede ormai il peggio che prima era attaccato alla speranza.
Piangere sopra un male passato è il mezzo più sicuro per attirarsi nuovi mali.

Quando la fortuna toglie ciò che non può essere conservato, bisogna avere pazienza: essa muta in burla la sua offesa.

Il derubato che sorride, ruba qualcosa al ladro, ma chi piange per un dolore vano, ruba qualcosa a se stesso.”

Sofia ne restò vivamente turbata, e lesse più volte quelle parole del Doge, nella terza scena del primo atto. Era come se Shakespeare alleviasse il suo cuore, ancora una volta le sue parole si dimostravano sagge, e Alice era stata il tramite per raggiungere quella nuova consapevolezza.
Si fermò a ragionare su quel testo, su quanto fosse affine al suo stato d’animo. Erano mesi che piangeva su un male passato, erano mesi che il suo cuore non guariva, e che si era persa in una realtà dove non comprendeva il suo ruolo. Da quando Massimiliano era sparito dalla sua vita, senza lasciare più traccia, aveva attraversato una serie di momenti: delusione, rabbia, lacrime e incapacità di comprensione. C’era poi stato un senso di odio, forse non reale ma dettato dalle emozioni che la invadevano. C’erano stati sorrisi e una volontà di fregarsene di lui e far qualcosa per se stessa. Si era buttata, realizzando un sogno che coltivava da una vita, aveva ritrovato dei momenti in cui era riuscita a ridere di cuore, e l’oscuro passato era per un attimo svanito dalla sua mente, per poi tornare a gravare come un pesante macigno sul suo cuore. Alla fine, aveva compreso che non era per nulla guarita, anzi, non riusciva a comprendere chi realmente fosse e cosa volesse. Doveva ricostruire da capo i suoi sogni, doveva affrontare una nuova paura che la spingeva a non volersi più gettare tra le braccia dell’illusorio amore che ammaliava tutte le opere del suo più amato autore, e si sentiva vuota e persa.
Tuttavia la realtà era un’altra. Sofia non era sola. Aveva amici, che le erano stati continuamente vicini, aveva nuovi sogni da realizzare, e forse con il tempo e un poco di perseveranza avrebbe lenito ogni dolore, fino a riuscire di nuovo a credere in quel forte sentimento che spesso, negli ultimi mesi, si era ritrovata a sbeffeggiare, in cui non riusciva più a credere realmente.
Continuare a piangere su un male passato, l’avrebbe realmente portata a subire altri dolori, e avrebbe rubato qualcosa a se stessa: la capacità di gioire delle piccole cose che la vita poteva ancora donarle, di realizzare i suoi sogni, di trovare un nuovo importante amore che forse avrebbe guarito del tutto le ferite del suo cuore, e l’avrebbe portata di nuovo a gridare al mondo quanto fosse bello l’amore, il vero amore.
Sofia chiuse il libro e lo posò di nuovo sul bancone. Sfiorò la copertina, come una leggera carezza, e ringraziò in silenzio il suo adorato Bardo. I suoi occhi vagarono per tutta la libreria, incontrò quelli dell’amica e si ritrovò a sorridere, una serenità nuova che sorgeva dagli occhi e le illuminava il volto.
Una nuova sferzata di aria gelida le sfiorò il viso, ma non faceva più male. Trasse un profondo respiro e, colta da una nuova determinazione, chiuse la finestra, lasciando fuori il gelo e il passato.
Proprio in quel momento si aprì il portone principale e, quasi a dimostrare quanto fosse veritiero il detto “chiusa una porta” – o forse nel suo caso, una finestra – “si apre un portone”, entrò un uomo di una discreta bellezza: alto e moro, e quando Sofia incrociò il suo sguardo, si perse nel mare più profondo.
Da quel momento doveva iniziare una nuova vita per lei. Non ci sarebbe stato più nessun Massimiliano e avrebbe ritrovato se stessa.














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Questa storia ha partecipato al contest "Leggere, come io l'intendo" di Emma Bennet, classificandosi 4°! Vi lascio il suo giudizio! E la ringrazio profondamente!


4° classificato: La finestra socchiusa, di Piccolo Fiore del Deserto (_PiccoloFiore_). Piccole Donne, Louisa May Alcott
- Grammatica: 10/10
Non credo ci sia molto da dire, fondamentalmente non ho trovato nessun errore dal punto di vista grammaticale, complimenti XD
- Lessico e stile: 9.5/10
Anche per quanto riguarda il lessico e lo stile da te utilizzati non ho molti commenti da fare, visto che ho trovato il lessico - nè troppo aulico, nè troppo basso - perfettamente adeguato al contesto, e il tuo stile è, in sintesi, senza dubbio efficace. L'unico appunto che vorrei farti è di fare attenzione ai periodi, a volte troppo lunghi e contorti, altre troppo brevi, composti anche solo da un'unica frase: magari cerca di essere più 'equilibrata' ^^
- Contenuti: 7.5/10
Un punteggio più basso per quanto riguarda la trama da te sviluppata, visto che - purtroppo - non brilla per originalità, anzi: la ragazza dal cuore spezzato, che è stata usata e poi lasciata, è un canovaccio abbastanza trito e ritrito, e diciamo che non ho trovato elementi di innovazione che potessero distinguere la storia.
- Utilizzo della canzone o della citazione: 9/10
La citazione che hai utilizzato è perfetta per la storia da te raccontata e vi si adatta alla perfezione; purtroppo non posso darti il punteggio pieno visto che, all'inizio, ne hai utilizzato un'altra non presente nel pacchetto >.<
- Utilizzo dei prompt: 3/3
Qui, invece, ti meriti il punteggio pieno visto l'adeguato utilizzo di tutti e tre i prompt ^^
- Gradimento personale: 8.5/10
La storia non sarà originalissima, come ho già detto prima, è vero, ma io l'ho apprezzata indubbiamente. Mi è piaciuto molto come hai caratterizzato la protagonista, e in particolare mi ha colpito anche Alice, che è evidente come sia dotata di un bel caratterino ^^
Essendo un argomento trattato più volte, ho dovuto penalizzarti per quanto riguarda i contenuti, ma per quanto riguarda il gradimento personale non ho nulla da contestare: mi sono sentita molto vicina a Sofia, sei riuscita a scrivere una storia e a inventare un personaggio in cui è facile rivedersi, perché d'altronde chi è che non ha sofferto per amore almeno una volta? Ti faccio i miei complimenti per l'empatia di cui devi essere dotata :)
Unico appunto per cui ti ho abbassato un pochino il punteggio perché non mi ha convinto del tutto: perché i protagonisti - che vivono in Inghilterra - hanno nomi italiani? Sono emigrati? Si sono trasferiti lì? O li hai scelti a caso semplicemente? Questa è l'unica nota un po' stonata ^^''
- Totale: 47.5/53






So perfettamente che l'originalità non è un punto forte di questa storia, anzi affronta un argomento trito e ritrito, eppure quando ho letto quella frase e quando ho scritto questo breve racconto, è emerso ciò, anche a causa dei sentimenti che provavo in quel momento.
Voglio aggiungere solamente che si tratta di un estratto di una Long che ho intenzione di scrivere appena possibile, e che Sofia e Alice sono italianissime, ecco perché, nonostante si trovino in Inghilterra hanno nomi italiani!
Spero che vi possa piacere, nonostante pecchi di originalità :)
Ah, non l'ho riletta, ho deciso di lasciarla così come è stata valutata! 
   
 
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