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Autore: cioshua    03/04/2013    3 recensioni
Dal primo capitolo:
"Gelsomino. Questo fiore la rispecchiava perfettamente. Io me la ricordo. La prendevo sempre in giro per il suo nome e per il colore della sua pelle. Ero stato io a darle quel soprannome, da bambini, e ricordo che tutti a scuola la prendevano in giro. Tranne quelle amiche che aveva, che le ripetevano che erano tutti gelosi.
E in effetti, avevano ragione: Jasmine aveva due occhi da far invidia al cielo più limpido e lunghi capelli neri che le scivolavano per tutta la lunghezza della schiena. C’era molto di cui essere gelosi.
Ricordo il profumo di gelsomino della sua pelle e dei suoi capelli. Ricordo quando mia madre le aveva fatto una corona di gelsomini mentre parlava con la sua. Ricordo quanto sua madre ci tenesse che lei fosse sempre pulita e composta, e ricordo quando arricciava il naso mentre noi giocavamo con la terra. Ricordo quando la prendevo in giro chiamandola ‘Girasole’ o ‘Tulipano’ ma lei non ha mai davvero compreso la bellezza di quei due fiori e del perché la chiamassi così.
E adesso, nonostante rimpianga ancora di averla fatta scappare, resto immobile a fissare il mio Gelsomino andare via un’altra volta."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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A Chiara.




Ho sempre pensato che le giornate primaverili fossero fatte apposta per me. Gli alberi in fiori, le belle giornate, l’allegria della gente che a sua volta ti trasmette allegria. Mi è sempre piaciuta.
Erano da molti anni che non tornavo a Bradford, ma niente di quel posto era cambiato. Le stesse persone scontrose, gli stessi parchi non funzionanti e la solita monotonia. Andiamo, è Bradford. Dopo tre anni vissuti a Londra, come posso pretendere di farmi piacere di nuovo questa città?
Mi ha spinto a tornare nella mia città natale la notizia della malattia improvvisa di ma cugina Erica; una notizia che ha spiazzato tutta la famiglia.
Così eccomi nella vecchia e cara Bradford a fissare annoiato i miei parenti: nonni, zii e cugini tutti riuniti per ‘festeggiare’ la malattia di mia cugina.
Non c’è nulla di più deprimente per me degli ospedali. Sono tristi, freddi, grigi e puzzolenti. Orribili.
Cammino per i corridoi senza una vera meta, contando le piastrelle ad ogni passo, proprio come facevo quando venivo a trovare zia Sue qui da bambino.
Mi ritrovo davanti una macchinetta per il caffè. Perfetto, un caffè ci sta benissimo dopo solo tre ore di sonno e una e mezza di volo. Traffico con i tasti della macchinetta e dopo alcuni minuti riesco ad avere il mio caffè bollente.
Soddisfatto, torno nella sala d’attesa aspettando che le infermiere si decidano a farci entrare.
Guardo le facce che mi stanno accanto: le mie sorelle sono cresciute, sono più grandi e mature. Le mie cugine sono delle belle ragazze, e come ogni ragazza, stanno attaccate al cellulare. I miei cugini sono cresciuti anche loro e sfoggiano soddisfatti la loro maturità e il loro ‘autocontrollo’ in una situazione delicata come questa. I miei zii chiacchierano tra di loro di quanto tutti siamo cresciuti bene, e di quanto eravamo monelli da bambini. Le mie zie, accanto a me, parlano fiere di quanto io sia diventato un bel ragazzo. Sono sempre stato il nipote preferito di tutte, e lo sono ancora.
-…e vi ricordate quando da piccolo Zayn giocava sempre con quella sua amichetta? – dice una di loro. Appena sento nominare il mio nome inizio ad ascoltare per davvero la conversazione.
-Oh sì, come si chiamava? – chiede un’altra. Non riesco ancora a capire di cosa stanno parlando, perciò mi avvicino e mi intrometto nella conversazione.
-Io me la ricordo. – ammette un’altra ancora. Mi dà un pizzicotto sulla guancia e io le regalo un sorrisone, uno di quelli che loro amano tanto, che mi fanno apparire ancora come un dolce bambino innocente. –La chiamava Gelsomino.
Sbam. Un tuffo al cuore. Al nominare quella persona migliaia di ricordi si sprigionano nella mia mente.
Avevamo 5 anni, giocavamo con la terra nel giardino sul retro di casa mia. Gliene tirai un mucchietto sulla gonna, sporcandola. Lei si mise a piangere e corse nella veranda, dove le nostre madri stavano tranquillamente parlando. La rincorsi per tutto il giardino implorandola di scusarmi, ma lei mi tenne il broncio per ben tre giorni.
Avevamo 7 anni, eravamo nella piscinetta di gomma che suo padre ci aveva montato nel suo giardino e lei, approfittando del fatto che non sapessi nuotare, mi faceva continuamente andare giù. Le nostre madri ci chiamarono, dicendo che c’era una sorpresa per noi. Allora abbandonammo la nostra ‘piscina’ e dopo esserci asciugati alla meglio corremmo in soggiorno.
La madre di Jasmine, Mary, mi diede una spada in legno fatta apposta per me. Appena la vidi mi brillarono subito gli occhi.
Mia madre invece sistemò sui capelli corvini di Jasmine una corona di gelsomini. Lei la adorava.
E da quel momento giocavamo sempre allo stesso modo: lei era la principessa da salvare e io il suo principe.
Avevamo 10 anni, qualcosa dentro di me cambiò non appena mi disse di essersi fidanzata. Eravamo piccoli, quello era il suo primo fidanzatino e io ero geloso, perché sapevo che quel bambino mi aveva rubato la compagna di giochi, e così fu in effetti.
A 13 anni Jasmine si iniziò ad interessare alle cose che a tutte le ragazze piacevano,lasciando me e la mia spada di legno da parte. Non eravamo più gli stessi, eravamo cambiati entrambi. Io avevo riposto l’arma e lei i fiori.
A 15 anni mi presi una cotta per lei. Avevamo solo un anno di differenza, e per me era perfetto: ero convinto che per avere una relazione la ragazza doveva essere più piccola del ragazzo,e così andava bene. Delle sue amiche mi dissero che anche lei ricambiava, così ci fidanzammo.
Poi però scoprii che quella non era solo una cotta. A sedici anni ero innamorato di Jasmine e lei lo era di me, era tutto perfetto. Amavo ogni singola parte di lei e ogni sfumatura del suo carattere.
A 17 anni decisi di coronare il mio sogno e lasciai Bradford per trasferirmi a Londra, lasciando lì i miei amici, i miei parenti e la mia Jasmine.
-Ora ricordo! La figlia dei Nelson! Era proprio una ragazzina graziosa…- la voce di mia zia Beth mi fa sbloccare. Mi alzo di scatto ed esco dalla sala d’attesa, camminando velocemente per i corridoi dell’ospedale.
Dovevo dimenticare. In quei tre anni ero riuscito a lasciarmi tutto alle spalle, adesso non potevo permettere che i ricordi prendessero il sopravvento.
Mi fermo improvvisamente quando alla fine del corridoio vedo una figura che mi scruta attentamente, con le sopracciglia inarcate.
Capelli neri raccolti in una crocchia, carnagione bianca come il latte che ricorda un fantasma. Occhi spenti,color ghiaccio.
La figura fragile e sottile spalanca gli occhi e la bocca. La stessa cosa faccio io. Non è possibile, non adesso che ho dimenticato, no.
-Gelsomino. – sussurro. La ragazza scappa via, lasciandomi in confusione con i miei pensieri.

Gelsomino. Questo fiore la rispecchiava perfettamente. Io me la ricordo, lei. La prendevo sempre in giro per il suo nome e per il colore della sua pelle: gelsomino. Ero stato io a darle quel soprannome, da bambini, e ricordo che tutti a scuola la prendevano in giro. Tranne quelle poche amiche che aveva, che le ripetevano costantemente che erano tutti gelosi.
E in effetti, avevano ragione: Jasmine aveva due occhi da far invidia al cielo più limpido e lunghi capelli neri che le scivolavano per tutta la lunghezza della sua schiena. C’era molto di cui essere gelosi.
Ricordo il profumo di gelsomino della sua pelle e dei suoi capelli. Ricordo quando mia madre le aveva fatto una corona di gelsomini mentre parlava con la sua. Ricordo quanto sua madre ci tenesse che lei fosse sempre pulita e composta, e ricordo quando arricciava il naso mentre noi giocavamo con la terra. Ricordo quando la prendevo in giro chiamandola ‘Girasole’ o ‘Tulipano’ ma lei non ha mai davvero compreso la bellezza di quei due fiori e del perché la chiamassi così.
Ricordo tutto di lei, ricordo ogni sfumatura del suo carattere.
E adesso, nonostante rimpianga ancora di averla fatta scappare, resto immobile a fissare il mio Gelsomino andare via un’altra volta.




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Eccomi con l'ennesima fan fiction.
Questa FF non è come le altre,
dove i due si incontrano,si odiano e poi si amano,NO.
E' diversa e vi prego di non copiarla.
A breve la posterò nel mio altro account: http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=240216.

Quindi tenetelo d'occhio.

La sto postando in questo account perché
per adesso nell'altro ho troppe storie incomplete
e devo sbrigarmi a finirne alcune.
Fatemi sapere che ne pensate,ci tengo.



Ecco Jasmine:



  
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