Salve salvino, bel popolino! *schiva
una sedia*
Questa fic tratta di un fandom a me molto caro, ovvero Assassin’s Creed *annega
nella sua bava*.
Spero apprezziate le OS, in caso contrario, fatemi pure vostro prigioniero xD.
La storia è ispirata ad Assassin’s
Creed: Brotherhood e ne romanza un po’ gli avvenimenti.
La storia ha partecipato al contest multi-fandom “Potrebbe risultare
interessante” sul forum di EFP, classificandosi sesta.
Ciancio alle bande, and enjoy!
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Aracoeli
[…]
La
maestosa struttura di Castel Sant’Angelo sorgeva alla fine del ponte,
osservando la città di Roma dall’alto della sua imponenza. Dall’altro lato del
lungo ponte in pietra, Ezio Auditore da Firenze avanzava in direzione della
residenza papale. Cappuccio alzato, sguardo fisso sulla sua meta, il volto
imperlato di sudore, la mano destra pronta a far scattare la lama, compagna di
tante pericolose avventure. Auditore era deciso: doveva vedere il Papa e suo
figlio Cesare, e non si sarebbe fermato davanti a niente e nessuno.
“Bella giornata. C’è il sole, gli uccelli volano allegri.. La cosa si risolverà
senza troppi problemi.” pensò Ezio, continuando il suo cammino. Arrivato
davanti all’enorme portone dell’antico castello, si fermò, guardandosi intorno
con sguardo vigile. Due guardie papali, con l’armatura al completo e le
alabarde alla mano, sorvegliavano l’ingresso, pronte a fermare gli intrusi.
Ezio le guardò per un poco, scrutando nel profondo delle loro anime. Poi un
sorrisetto beffardo si stampò sul suo volto, e senza smuoversi minimamente,
avanzò. Superato il portone, si guardò indietro, e notò che le guardie non
avevano mosso un muscolo verso di lui. “Perfetto..” disse tra sé e sé,
proseguendo con fare sicuro il suo percorso. Salì poi le enormi scale in marmo,
passando per le prigioni da cui aveva tirato fuori la sua amata Caterina
Sforza, sorridendo beffardamente anche in questa occasione. La sua mente non
poteva concedersi distrazioni, si ripeteva, mentre continuava a salire le
scale, diretto verso gli appartamenti di Alessandro VI.
Quando arrivò davanti alla porta della stanza del Pontifex, non fece in tempo a
presentarsi alle guardie, che la porta si aprì di scatto, ed un uomo dai folti
capelli neri e la barba incolta, lo squadrò dall’alto in basso.
“Ah, Ezio Auditore.. Mi fa piacere vederti. Hai fegato a venire.”
“Salve, Cesare.” – disse Ezio, freddo come il ghiaccio – “Se hai finito con i
convenevoli, fammi entrare.”
“Ma certo, accomodati.” Disse il Borgia, facendo segno ad Ezio di entrare.
Gli appartamenti papali erano favolosi. Oro dovunque, tavoli in legno di faggio
a tre zampe, “come vuole la tradizione”, tende color verde smeraldo, ricamate
in pura seta.
“Che lusso!” – esclamò Ezio, ammirando i fastosi interni – “Peccato che
probabilmente non vivrete abbastanza per godervelo.”
“Non ci spaventano le minacce, lo sai bene.” Cesare chiuse il discorso,
scortando Auditore attraverso le imponenti camere papali.
“Ecco qua, tutta la famiglia Borgia al completo!” lì indicò l’uomo dai capelli
corvini.
Ezio li osservò attentamente, vigile come suo solito. Su un grande trono, tutto
placcato in oro, stava seduto l’uomo più potente d’Italia, Rodrigo Borgia,
padre di Cesare, conosciuto da tutti come il Pontifex Maximus, Alessandro VI.
Accanto a lui, sua figlia, la ragazza più bella che avesse mai solcato il
terreno italiano, Lucrezia Borgia. Uno sguardo deciso, ma al contempo
ammiccante, fu quello che la donna riservò ad Ezio, che sembrò ricambiare,
seppur fuggevolmente.
“L’Ordine è stato molto preciso, mi auguro che anche tu lo sia stato.” proruppe
Cesare, rompendo il silenzio che si era creato.
“Ovviamente.” rispose Ezio, rimestando con una mano sulla cintura. Il segnale
era chiaro, si preparava ad estrarre qualcosa..
“Eccola
qui.” disse poi, estraendo dalla sua lunga veste bianca un sacchetto, che al
solo tocco da parte di Ezio, prese a brillare di una luce intensissima, quasi
accecante, al punto che il Papa dovette proteggersi la vista, seppur con scarsi
risultati, dato il riflesso che emanato dai preziosi che portava sulle mani.
“Questa è lei?” chiese Cesare, osservando quella meraviglia fotonica.
“Sì, Cesare.. È lei.” Rispose Ezio, posando il sacchetto su un tavolo lì
intorno.
“Sentito, padre? La Mela dell’Eden è nostra!” esclamò il primogenito, a voce
così alta che le guardie del piano si allarmarono ,precipitandosi nella sala,
solo per essere scacciate malamente dal Papa con un gesto della mano.
“Il piano è compiuto.. L’Ordine sarà contento.” disse Rodrigo, guardando
estasiato la Mela dell’Eden.
“Se è per questo, lo sono anch’io, padre..” intervenne Lucrezia, scostandosi
dal seggio paterno e avvicinandosi ad Ezio, in modo lento e cadenzato, facendo
strusciare gli strascichi del suo lungo abito blu sul pavimento dorato.
“Complimenti, Ezio.” disse infine, accarezzando la barba appena accennata del
fiorentino.
Ezio, allora, si calò il cappuccio, lasciando vedere per la prima volta tutto
il suo viso agli astanti. Con fare deciso, ricambiò la carezza della bionda,
fissandola negli occhi, più azzurri del mare, per poi sussurrarle teneramente:
“I patti sono patti, amore mio..”
E le loro lingue si unirono in una danza frenetica.
[…]
“NOOOO!” un
urlo disumano interruppe la quiete della notte, per quanto poca potesse
essercene, del rifugio di Monteriggioni.
Nel piccolo stanzino nel quale si erano messe a dormire, Rebecca Crane si
svegliò di soprassalto, fiocamente illuminata dalla luce della luna che si
rifletteva attraverso una piccola finestrella nella parete.
Respirando affannosamente, la ragazza si toccò la fronte e si rese conto di
aver sudato.
Ancora in preda allo shock, Rebecca si sentì sfiorare alle spalle, e
sussultando, si girò, scoprendo con sua somma gioia, che si trattava di Lucy
Stillman, la sua compagna di stanza.
“Ehi.. stai bene, Becca? Che cosa è successo?” chiese la ragazza, con un tono che
difficilmente poteva essere più apprensivo.
“Chi diavolo è che urla così a quest’ora di notte?” chiese Shaun Hastings,
facendo capolino dalla porta.
“Shaun, non è il momento! Tu torna nello stanzino qui accanto e dormi, lascia
stare Rebecca!” tuonò Lucy, fulminando lo storico con lo sguardo.
“Mia nonna me lo ripeteva sempre: ‘Fatti sempre gli affari tuoi, Shaun, fatti
sempre gli affari tuoi!’ Sai una cosa, nonna? Avevi ragione!” protestò seccato
Shaun, tornandosene nel suo stanzino.
“Scusalo... Allora, mi dici che problema c’è?” domandò Lucy a Rebecca, ancora
allarmata da ciò che era successo.
“Lucy, io..” – iniziò l’informatica, cercando di controllare i suoi respiri,
ancora molto affannati – “Ho avuto un incubo.”
“Immaginavo fosse un incubo la causa di tutto, sei una spugna!” le disse Lucy,
accarezzandole la fronte.
“Ecco,
tieni.” disse Lucy, porgendo un asciugamano a Rebecca, dopo averla aiutata a
sciacquarsi il viso.
“Grazie, Lucy.” rispose lei, sorridendo, per quanto fosse possibile farlo. Le
due ragazze si sedettero su degli sgabelli, circondate dalle maestose e
imponenti statue degli Assassini del passato, in mezzo alle quali torreggiava
la rappresentazione marmorea di Altair Ibn La-Ahad.
“Allora,
ti va di raccontarmi questo incubo?” domandò Lucy, cercando di mettere Rebecca
a suo agio.
“Beh,
ecco, è stranissimo da dire..” – iniziò Rebecca, cercando di concentrarsi per
ricordare – “Non saprei come dirlo, quindi lo dico e basta: ho sognato Ezio.”
“Cosa?” Lucy era incredula, e glielo si poteva leggere a distanza di metri.
“E
non è tutto: nel mio sogno, Ezio... Ezio ci tradisce.”
“Come?” chiese Lucy, alzandosi di scatto.
“Hai sentito bene. Ezio ci tradisce, e consegna la Mela ai Templari. E poi,
appena prima di svegliarmi, l’ho visto baciarsi amabilmente con Lucrezia.”
Ricordò Rebecca, con aria rassegnata.
Lucy, intanto, stava girando perplessa per la stanza, per poi fermarsi sotto la
statua di Wei Yu, l’Assassino cinese, prima di commentare il tutto dicendo:
“Hai ragione, è un sogno stranissimo. Ci sono molte cose poco chiare… Ma in
fondo è solo un sogno, anche se scioccante, no?” Era chiaro l’intento di Lucy
di distrarre Rebecca dai suoi cattivi pensieri, e per farlo sarebbe stata
disposta anche a stare in piedi tutta la notte. Se c’era una cosa che odiava,
era vedere star male le persone a cui teneva. Non lo aveva mai permesso in vita
sua, e certamente non avrebbe iniziato ora, non quando c’era in gioco il
destino del mondo intero. Mentre Rebecca si calmava pian piano, Lucy pensò a
quanto le sarebbe dispiaciuto non vedere più le loro facce: c’era Rebecca,
esperta di computer dal passato movimentato, c’era Shaun, il maggior esperto di
storia antica che avesse mai conosciuto, sempre pronto a sdrammatizzare con il
suo umorismo inglese (non a caso, il caro Shaun veniva dal Regno Unito), e poi
c’era Desmond. Desmond Miles. Il ragazzo
ribelle per eccellenza. Lucy si ripromise di non scordare mai i momenti
trascorsi alla Abstergo, con Desmond costretto ad andare avanti e indietro tra
la sua camera da letto e la sala dell’Animus. Quella notte si erano alzati
tutti, meno che lui. Giustamente, pensò Lucy. Desmond era quello che dormiva
meno di tutti, sottoposto com’era alle lunghe ed estenuanti sessioni di memoria
dell’Animus 2.0. Non sarebbe stato assolutamente il caso di fargli la morale,
la mattina dopo.
“Ben ritrovato, Des.” esclamò Rebecca, mentre Desmond si alzava dall’Animus, di
ritorno da una sessione di memoria.
“Ehi! Abbiamo già finito?” chiese lui, mettendosi in piedi.
“Scherzi? Sei lì dentro da ore!” gli rispose Rebecca.
“Sul serio? Wow, come passa il tempo!”
“Già. Dai, ora vieni, Desmond. Si mangia!”
“Arrivo.” –disse Desmond, prima di fermare Rebecca tenendole un braccio –
“Rebecca.. Sei sicura di star bene? Hai una faccia che … brrr. Ma hai dormito
stanotte?”
“Sì! Beh, un po’…” rispose lei, timidamente.
“Qualcosa non va?” le domandò Desmond, preoccupato.
“Ehm, ecco..”
“Ehi,
voi due! Che fate, venite a mangiare, o continuate a fare salotto laggiù?” la
voce stentorea di Shaun li interruppe.
“Arriviamo, Nostro Signore dei Fornelli!” rispose Desmond, ridendo.
“E
per finire, il piatto forte di casa Hastings: caviale rosso!” disse Shaun
fiero, avanzando verso il piccolo tavolino pieghevole attorno al quale erano
seduti tutti gli altri con un vassoio di metallo tra le mani e un grembiule da
chef attorno alla vita.
“Accipicchia, Shaun! Ci vizierai così, lo sai?” gli disse Lucy.
“Beh, mamma Hastings lo cucinava spesso, e io le ho rubato la ricetta. E poi,
non ingrassa per niente, quindi mangiate pure!” rispose Shaun, sedendosi a sua
volta.
“Certo che il cibo italiano è davvero buono!” disse Desmond, assaggiando un po’
di caviale dopo averlo disteso su una fetta di pane.
“Ehi, e io non mi merito nulla?” protestò Shaun.
“Ehm, ragazzi..” la voce mesta e seria di Rebecca interruppe l’allegria di quel
momento, facendo voltare tutti a guardare la ragazza.
“Io devo dirvi una cosa..” iniziò.
“Senti, Rebecca, se non ti piace dillo subito, okay?” le disse Shaun,
aspramente.
"Shaun! È una faccenda seria!” lo sgridò Lucy, perfettamente cosciente di
ciò che l’amica stava per dire.
“Ecco, io.. Stanotte ho avuto un incubo. Uno di quelli brutti, intendo.
Normalmente non mi interesserebbe dirvelo, ma credo che stavolta dobbiate
saperlo anche voi. Lucy mi ha svegliata, e lei lo sa già. Comunque, stanotte ho
sognato Ezio. E prima che possiate commentare, nel mio sogno Ezio era un
Templare infiltrato, e consegnava la Mela a Cesare.” disse Rebecca, a testa
bassa per la vergogna.
“Tu hai sognato cosa?” domandò incredulo Desmond.
“Quello che hai sentito, Des. Era questo che stavo cercando di dirti prima.
Dovevi saperlo, visto che sei tu quello a più stretto contatto con Ezio, tra
noi.” rispose Rebecca.
“BUAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH!”
Fu
chiaro a tutti che quello che aveva riso era Shaun.
“Scusa, Rebecca, scusa. È troppo divertente!” disse lo storico, quasi in
lacrime dalle risate.
“Che stronzo!” disse Rebecca, alzandosi di scatto e andando via, incollerita.
*Toc Toc*
“Chi
è?” chiese Rebecca dall’interno del suo stanzino.
“Rebecca, sono io.. Shaun.” fu la risposta.
“Vai via!” gli urlò la ragazza.
“Volevo
parlarti. Volevo chiederti scusa per prima.”
“L’hai fatto, ora vattene!”
“E dai, su. È poco originale persino per te! Dammi un’occasione, almeno!”
“D’accordo, entra.” disse infine Rebecca.
[…]
“Shaun…
Ora basta. È passato.” disse Rebecca, dopo quelli che secondo lei erano stati
interminabili minuti di conversazione. Stranamente, pensò lei, l’amico era
riuscito a rimanere serio tutto il tempo. Da ciò, aveva capito che voleva
davvero il suo perdono.
“Oh, bene. Quindi.. Facciamo pace?” chiese Shaun, con il più infantile dei
sorrisi stampato sul volto, e con il mignolo alzato.
Rebecca non rispose, limitandosi a ricambiare il sorriso e stringere il suo
mignolo attorno a quello di Shaun.
“Perfetto. Ora mi sento meglio!” disse l’inglese, raggiante.
“Shaun” – lo chiamò Rebecca – “ Ho una domanda da farti.”
“Dimmi.” rispose lui.
“Perché Ezio è apparso proprio a me e non a Desmond? Voglio dire, dopotutto è
l’antenato di Des, non il mio!”
Shaun rifletté per un poco, massaggiandosi il mento, poi rispose:
“Bzzz! Terra chiama Rebecca, ci sei,
rispondi, passo! Bzzz!”
Poi si avvicinò all’amica, picchiettandole la fronte con il pugno.
“C’è nessuno lì dentro? Avanti, Becca, ragiona! Desmond vede già Ezio, grazie
all’effetto osmosi. E chi è che sta più vicina a Desmond quando è nell’Animus?
Tu. E se ciò non ti bastasse, ti dico anche che Ezio in qualche modo sa di non
poter apparire a Des, altrimenti lui non crederebbe a ciò che vedrebbe,
scartandolo e definendolo come un’illusione ottica. Ma se Ezio è apparso a te,
vuol dire che il pericolo è serio. Quindi, i casi sono due: o Ezio è davvero un
traditore, oppure stava cercando di mandarci un messaggio.” concluse Shaun,
gesticolando apertamente e mostrando una notevole abilità retorica.
“Uhm, giusto! Sai, Shaun? Non sei davvero stupido come vuoi far credere!” gli
disse scherzosamente Rebecca, dandogli un tenero bacio sulla guancia.
Passarono i giorni, e con essi le settimane e i mesi, eppure era diventato
praticamente impossibile per Rebecca riuscire a dormire la notte. Appena si
addormentava, ecco che sognava di nuovo tutto: Ezio a Castel Sant’Angelo, che
tradisce di Assassini e consegna la Mela dell’Eden ai Templari.
La povera ragazza non ne poteva più, e quindi decise che non avrebbe più
provato a dormire. Passava le sue giornate accanto a Desmond quando lui era
nell’Animus e non beveva altro che Red Bull di giorno e caffè di notte.
Un giorno, improvvisamente, all’interno del rifugio, ci fu un blackout.
“Meraviglioso, fantastico, straordinario! I Templari ci hanno scoperti,
maledizione!” tuonò Shaun, impaurito.
“No, Shaun, tranquillo. I radar non ne segnalano la presenza. Deve esserci
qualche problema con i relè.” spiegò Lucy.
“Vado a vedere io.” disse Desmond, infilandosi orologio ed auricolare e
lasciando il rifugio situato in quello che una volta era il santuario di Villa
Auditore.
Il rifugio venne illuminato poco dopo, segno che Desmond aveva riattivato i
relè, restituendo corrente al rifugio.
Quando tornò di sotto, notò che Rebecca era crollata davanti all’Animus.
Probabilmente il misto di taurina e caffeina non era bastato a non farla
dormire, pensò.
Evidentemente, nessuno di loro se n’era accorto, complice anche la grande
oscurità in cui si trovavano fino a pochi minuti prima.
[…]
In mezzo al buio più totale,
all’improvviso, Ezio le si parò davanti agli occhi. Non era il solito sogno,
non c’era Castel Sant’Angelo, nessuna guardia, nessun Borgia, nessuna Mela.
Solo loro due. Ezio ad un tratto le parlò. La sua voce era chiara, nitida,
forte.
“Attenzione. La donna cerulea è il nemico. Estirpiamo le erbacce. Attenzione.
La donna cerulea è il nemico..”
[…]
“Riuscite
a svegliarla, ragazzi?”
Quando Rebecca aprì gli occhi, si trovava sul tavolo dove di solito mangiavano.
“Uh.. Ragazzi, perché sono sul tavolo? Non è mica un’operazione!” protestò
Rebecca, ancora assonnata.
“Si, hai ragione.” – disse Lucy, ridendo – “È che Shaun ha fatto la massaia
mentre dormivi, ed ha messo a lavare tutte le federe e le lenzuola.”
“E come hai fatto, se non c’era la luce?” gli domandò Rebecca.
“Merito suo!” disse Shaun, infilandosi un casco da minatore in testa.
“Vi presento Light! Ultimo prototipo uscito dai laboratori Hastings. Caschetto
da minatore in diversi colori e modelli, con tanto di lanterna incorporata.
Affrettatevi, le offerte sono limitate!”
“Ehm..
Già.” commentò Lucy.
“Comunque,”
– riprese Rebecca – “Ho di nuovo sognato Ezio. Stavolta però il sogno era
diverso. Mi ripeteva sempre la stessa frase: Attenzione alla donna cerulea. La donna cerulea è il nemico.”
“Che assurdità è questa?” disse Desmond, che faticava a capire.
“La donna cerulea, eh?” – Shaun
iniziò a girare in tondo, massaggiandosi il mento per riflettere – “Ceruleo
vuol dire azzurro, quindi.. La donna azzurra.. La donna azzurra.. La donna
azzurr.. Ehi, ma per chi ci ha preso, per dei bambini? E poi, mi spiegate come
diamine facciamo a trovare Puffetta a Monteriggioni?”
“Se non altro, abbiamo capito che Ezio non è un traditore.” commentò Rebecca.
“Forse si riferisce a un particolare della persona!” proruppe Lucy.
“Che?” chiese Desmond.
“Avanti, ragazzi, pensateci. Ceruleo vuol dire azzurro. La donna cerulea. La
donna con gli occhi cerulei. Ovvero, Lucrezia Borgia. Facile, no?” disse Lucy,
fiera di sé.
“Sai una cosa Lucy? Non fa una piega!” disse Shaun.
“Quindi, Desmond, se abbiamo dedotto bene, dovresti vedere qualcosa di strano
tra Ezio e Lucrezia, dentro l’Animus.” concluse infine Rebecca.
Ma niente di strano venne rilevato, stando ai racconti di Desmond e alle
analisi storiche di Shaun. Secondo loro, la bionda e cerulea figlia del Papa si
limitava a “far girare la testa all’Italia intera” e “spassarsela in segreto
con il suo spasimante, Pietro Bembo.”
“E allora chi diamine è questa donna
cerulea?” chiese Shaun, nervoso.
“Shaun, io non ci penserei più se fossi in te. Voglio dire, la Mela è ancora
nelle mani di Ezio, e ieri ho visto dove l’ha nascosta. Domani si va a
prenderla, ragazzi! Abbiamo finito!” disse Desmond, raggiante in viso.
[…]
La
cripta della Basilica di Santa Maria in Aracoeli. Era lì che Ezio, nel lontano
1507, aveva nascosto la Mela. Quindi i ragazzi avevano ragione. Il fiorentino
non era un traditore. Il preziosissimo manufatto era ancora lì, dopo tanti
anni, segno che i sogni che tormentavano Rebecca erano un messaggio, come già
dedotto da Shaun tempo prima. Quello che i quattro faticavano a capire era il
destinatario di questo messaggio, e soprattutto, chi fosse questa donna cerulea da cui avrebbero dovuto
proteggersi.
“Allora
io vado, ragazzi..” disse Desmond, fissando l’altare posizionato al centro
della cripta.
“E ti pare il caso di restare qui imbambolato? Logico che vai!” disse Shaun.
“Fa’ attenzione, Des.” gli disse Rebecca, sfiorandogli il gomito, preoccupata.
La Mela era proprio lì, davanti a loro. Tutto quello che restava da fare, era
avvicinarsi all’altare e prenderla. E doveva farlo Desmond. Solo lui poteva.
Non sapeva bene il perché, ma sentiva che lui soltanto poteva assumersi tale
responsabilità.
Il ragazzo tese la mano, tremando come una foglia.
Desmond toccò la Mela.
La luce provocata dal suo tocco, era estremamente potente, che tutti furono
costretti a proteggersi gli occhi.
Quando il bagliore cessò, i quattro videro qualcosa che andava ben oltre ogni
loro più remota fantasia.
Giunone.
La moglie di Giove. La Sovrana degli Dei.
Non era un fantasma, o un’illusione. Era reale, ed era davanti a loro.
“Bravo. Hai fatto ciò che dovevi. Quasi.” disse la dea, rivolgendosi a Desmond.
D’un tratto, Giunone tese la mano e disse:
“La Mela.”
Desmond gliela mostrò, tremante, nonostante non si fidasse del tutto. A dire la
verità, gli sembrava che qualcuno gli avesse mosso la mano contro la sua
volontà.
Giunone sfiorò il manufatto, per poi scomparire e dire:
“Fai il tuo dovere. Elimina la minaccia.”
“Cosa?” Desmond era confuso.
Improvvisamente, notò che il suo corpo non rispondeva più ai suoi comandi. Le
sue gambe non rispondevano agli stimoli del suo cervello, andando avanti per
conto proprio.
“Shaun, che mi succede?” chiese spaventato.
“Nulla,
tranquillo Des!” rispose Shaun, che poi si rivolse a Rebecca, dicendo:
“In realtà non ho idea di che gli sia preso, ma è divertente.”
Rebecca parve totalmente assente, e continuava a guardare Desmond, che
lentamente si avvicinava ai suoi amici.
Ad un tratto, la mano destra, la mano della lama, si mosse da sola.
“Eh?” Desmond non capiva che stesse succedendo, quando..
Zac.
La lama di Desmond si era infilzata nello sterno di Lucy.
E lui non poteva farci niente, se non guardare impotente.
Non furono proferite parole, nulla poteva uscire dalle bocche dei ragazzi.
Lucy ormai era a terra, in un mare di sangue. Morta.
Senza che potesse capire cosa avesse appena fatto, gli occhi di Desmond si
fecero vitrei, e il ragazzo perse i sensi.
“E
questa?” disse Shaun, raccogliendo dal pavimento una lettera, ricoperta di
sangue.
Tremando in preda al terrore e allo shock, lo storico aprì la busta:
“Questa.. Questa è la calligrafia di Lucy!”
“Warren,
la missione sta per terminare.
Desmond ha scoperto dove si trova la Mela. Domani andremo a prelevarla. Per
fortuna non hanno idea dei nostri piani. Non sanno che ho intenzione di
tradirli e consegnarti il manufatto. C’è un problema, però: non sono più così
sicura della mia copertura. Ezio Auditore è apparso a Rebecca in sogno. Le sta
dicendo la verità. Io sto cercando di depistarli, ma devo fare i conti con la
loro tenacia e con il cervello fino di Shaun. Quell’inglese è tanto intelligente
quanto sono squallide le sue battute.
Che il Padre della Comprensione ci
guidi.
Lucy.”