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Autore: Dont_Cry_Kla    03/04/2013    2 recensioni
Vecchia storia, vecchio titolo. Perchè postarla di nuovo? Non è più pratico correggere semplicemente i capitoli della vecchia storia? No! Semplicemente perchè erano orribili e pieni di errori, gli errori di una ragazzina che non sono più. Spero dunque che qualcuno sia disponibile a leggere (di nuovo) questo parto di una mente malata (o semplicemente troppo sognatrice). Giusto un paio di precisazioni prima di cominciare:
1. La trama è mooooolto OOC, è probabile quindi che i personaggi possano essere diversi da quelli che vi immaginate e che possano fare o dire cose che nella versione originale non sarebbero possibili.
2. A causa del punto 1 potrebbero esserci linguaggi scurrili e/o temi delicati.
Il passato ci trova sempre, anche sull'Isola che non c'è e Peter questo non lo ha ancora capito.
Non è possibile fuggire dalla vecchia vita, nemmeno sull'Isola che non c'è, e questo Wendy dovrà capirlo da sola.
La verità è che l'Isola può essere un posto molto poco ospitale per un bambino che non accetta di essere cresciuto e per una ragazza che vuole cambiare le cose senza cambiare se stessa.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Campanellino, Capitan Uncino, Peter Pan, Wendy Darling
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Per vostra sfortuna sono tornata, lo so che è passato pochissimo tempo, ma voglio postare tuttti i capitoli a mia disposizione in fretta in modo da poter cancellare la storia vecchia.

***

Prologo secondo
Era tanto tempo fa...

L’ennesimo schizzo d’acqua mi colpì in viso, Mildred si alzò su uno scoglio per attirare la mia attenzione

-Peter! Dai tuffati con me- la sua voce grondante malizia, che per gli altri era come musica, giungeva alle mie orecchie come un ammasso di rumori indistinti, forse perché era un pesce, anche se a dirla tutta era davvero bella per essere un pesce, bhe non proprio un pesce: Mildred era una sirena; mezzo pesce e mezza umana, e neanche la metà migliore a dirla tutta, in certe situazioni avrei fatto volentieri a meno di quella faccia per sostituirla con qualsiasi altra parte del corpo.

Le sue urla si sentivano per tutta l’isola, meglio zittirla prima che mi vedessi costretto a tagliarle le corde vocali con lo spadino, e no, non era un doppio senso.

 - NO! Milly adesso non ne ho voglia, magari domani!!-

-Ma Pity è una vita che dici domani!- Bekie era uscita dall’acqua e mi guardava con uno sguardo che non si poteva definire innocente.

Anche lei come tutte le sirene era terribilmente superficiale non pensava ad altro che a divertirsi. Spesso pensavo che fossero davvero dementi, come ripeteva in continuazione Campanellino.  Chissà che fine aveva fatto. Era passato quasi un anno dall’ultima volta che l’avevo vista, assurdo come mi fossi staccato da tutto ciò che un tempo era la mia vita. Al porto girava voce che fossi morto, ed in parte era vero;  Peter Pan era morto quella maledetta notte in cui gli era caduto il mondo addosso. Non sapevo bene chi fosse la persona che si rifletteva nell’acqua in quel momento, ma di certo non era più il ragazzino che volava con le fate.

- Pete manda via questa stupida fata!-

Non capii bene chi fosse stato a parlare perché una folata di polvere dorata mi inondò il viso ed un piccolo esserino alato iniziò a parlare:

-Come temevo. Non voli nemmeno se ti inondo con la polvere di fata. Come ti sei ridotto?-

Campanellino. La mia Campanellino. La solita irritante Campanellino. Non l’avrei mai detto, ma mi era mancata.

-Da quanto tempo, allora è vero che chi non muore si rivede- Risposi. La guardai con molta calma, sapevo che prima o poi sarebbe venuta a cercarmi,  mi stupii che non l’avesse fatto prima o che non l’avessero fatto i bimbi sperduti, d'altronde se avessero voluto mi avrebbero trovato facilmente. Forse la mia fata glielo aveva impedito, sapeva come mi sentivo e per questo l’ammiravo, ma ormai doveva aver deciso che era il momento di tornare a casa.

-Noto con piacere che almeno la tua ironia non se ne è andata- Il suo viso era serio, qualcosa mi diceva che questa non era una visita di cortesia –Wow! Devi essere proprio disperato- disse indicando le sirene, che intanto continuavano a schizzarsi, incuranti di cosa accadeva intorno a loro  -Non sono così male, sorridono sempre e non fanno domande- ribattei

Camminai fino ad una spiaggetta isolata dietro il golfo delle Sirene, lì mi voltai verso di lei e le dissi: -Non tornerò a casa se è questo che vuoi dirmi-

-Tranquillo, non è per questo che sono qui-

-Sputa il rospo allora-

-Vedi si tratta di...Uncino- una fitta di dolore mi prese lo stomaco al sentir pronunciare quel nome. In quell’arco di tempo avevo provato sensazioni che non sapevo nemmeno di poter provare, ed erano tutt’altro che piacevoli  -Cosa ha fatto quel verme schifoso?- strinsi i pugni e non mi preoccupai di mostrare tutta la rabbia che opprimeva i miei polmoni da troppo tempo ormai. Inspirai profondamente e le feci cenno di continuare -Vedi… sull’isola ultimamente è arrivato un altro bambino sperduto, una ragazza precisamente…  Wendy, credo si chiami Wendy-

Un nuovo bambino sperduto sull’isola ed io non ne sapevo niente?

-Credo? Che vuol dire “Credo si chiami Wendy”? Non si usa più chiedere il nome ai nuovi arrivati?- una volta c’erano delle regole, regole che mi impegnavo a far rispettare, erano necessarie perché non si diffondesse il caos.

-Non se il “nuovo arrivato” non è affar nostro-

-Da quando i bambini che arrivano sull’isola non sono affar vostro?-

-Da quando non ce li portiamo noi-

 -E chi ce l’avrebbe portata? Uncino?- pronunciare quel nome mi faceva ancora male e soffrii ancora di più quando la vidi annuire.

-Meglio che te ne vada, non sono qui per risolvere i tuoi problemi- i suoi occhi si fecero tristi, e per un attimo smise di battere le ali, lasciandosi cadere, fino ad arrivare alla mia spalla, sapevo di averla ferita e sapevo che non se lo meritava, ere l’essere più vicino ad una madre che avessi mai avuto.

-Perdonami, tu non c’entri, sono io che procuro solo guai- Ci Avevo messo un po’ per arrivarci, ma negli ultimi tempi mi ero reso conto che tutte le sciagure che dovevano sopportare i miei compagni erano causate da me.

-Non è stata colpa tua. Te lo vuoi mettere in testa che è stato un incidente?- Mi rispose, come se mi stesse leggendo nel pensiero, tuttavia queste parole mi irritarono ancora di più: gli facevo pena e io non volevo la pietà di nessuno
-Non dire stupidaggini! Lo sanno tutti che è stata colpa mia. Lo potevo salvare! Potevo, ma non ne sono stato capace- una lacrima solitaria mi rigò il viso- Ed ora basta non voglio la tua pietà- Le lacrime continuavano a scendere contro la mia volontà, volevano vedere il sole da troppo tempo per trattenerle oltre.

-Tu non mi fai pena! Mi fai soffrire. Non vedi come ti sei ridotto? Stai perfino… crescendo- Pronunciò l’ultima parola quasi con disgusto. Un altra cosa vera, non ci avevo mai pensato, ci sarei dovuto arrivare da solo, i vestiti mi andavano strettissimi, la mia voce era cambiata, provavo desideri che fino a poco tempo fa trovavo disgustosi. Stavo crescendo. Ma com’era possibile?
-Non si può crescere qui- asserii solo per convincermi, ma nella mia voce non c’era niente di convincente -Certo che si può, guarda i pirati. Si cresce se si perde la voglia di giocare, la curiosità, l’innocenza. Mi dispiace dirlo ma tu queste cose le hai perse da un pezzo-

-Non dire sciocchezze.- protestai.

-Perché dovrei trovare questa tipa? E non dico che lo farò- speravo di cambiare discorso senza che ne accorgesse, e ci riuscii. Il suo viso si illuminò, sapeva che non ci avrebbe messo molto a convincermi –Vedi, dovresti convincerla a tornare a casa sua-

-Tornare a casa? Ma se è qui vuol dire che ci deve stare-

 -La sua storia non è come la tua: lei ha una famiglia che le vuole bene e che prima o poi soffrirà per la sua assenza, anche se il tempo passa in modo diverso. Non è giusto che per un momento di smarrimento rinunci alla sua vita- in effetti questa possibilità non l’avevo considerata, un'altra cosa alla quale non avevo mai pensato, per me questo era sempre stato l’unico mondo, invece ce n’era un altro: un mondo dove i figli crescevano con i genitori, un mondo dove si diventava adulti, un mondo che mi era appartenuto un tempo, ma tanto tempo fa che nemmeno ricordavo com’era fatto.

-Dove dovrei trovarla secondo te?- Lei doveva tornare a casa, volente o nolente, se aveva avuto la fortuna di poter essere felice nel suo mondo, non c’era motivo per cui avrebbe dovuto cercarla altrove. In fondo se Campanellino si prodigava così tanto un motivo ci doveva essere.

-C’è chi dice di aver visto un viso nuovo al porto, con i pirati- mi disse raggiante. Tanto al porto ci sarei andato comunque - E come faresti tu ad avere queste informazioni?

- Credi che una fata abbia solo polvere magica e un paio d’ali?-

-C’è altro?- domandai prima di congedarmi.

-Le somiglia Pete, te la ricordi?- rimasi impietrito dopo quella affermazione, un mare di ricordi presero il sopravvento, ricordi di una vecchia amicizia, dei primi sorrisi, dell’unica persona che a malincuore ho dovuto lasciare andare.

-Ci sono legami?-

-Forse qualche lontana discendenza, ma non ne sono sicura-

-È possibile che sia una trappola?-

-Non ne ho la certezza ma stai attento, di Hook non ci si può fidare-

Wendy, quel nome risuonava come un’eco lontano, il soffio di una vita passata, quanti anni erano trascorsi da allora? Cinquanta? Cento? Non ne avevo idea. Il tempo scorreva in modo diverso sulla Terra e le mie visite  in quel posto erano terminate da un po’.

Le feci cenno di andarsene, avevo bisogno di pensare, e mi voltai per fare ritorno al golfo ma lei mi chiamò: -Ah Piter, se scopro che sei andato di nuovo a ubriacarti al porto te la vedrai con me e sai cosa sono capace di fare- mi fu spontaneo sorridere, mi era mancata la sua apprensione.
Il sole era già tramontato oramai, a quell’ora la gente che di solito frequentava il porto era già troppo ubriaca per potermi essere minimamente utile, avrei fatto meglio ad aspettare il giorno dopo. Dopo aver racimolato qualche cosa da mangiare, andai a dormire, conscio che quella riunione non avrebbe avuto un bell’effetto sul mio riposo.

Nonostante non avessi dormito per niente quella mattina mi alzai di buon’ora, mi incamminai con la testa ancora in quella maledetta notte, non passava momento che non fosse tormentato da quei ricordi,  non c’era sogno che non avesse il suo viso. Mi ricordavo tutto, le urla, il coccodrillo, il sorriso malefico di Hook, lo sguardo terrorizzato di Campanellino, il sapore amaro del sangue nella mia bocca, il corpo di Matt privo di vita.

Matt era il mio migliore amico, ed era morto per colpa mia, se solo non mi fossi distratto, se solo gli avessi impedito di venire con me, se solo non mi fossi gettato in gioco più grande di me, in una battaglia da adulti, io che volevo essere giovane per sempre.
Feci cose che un bambino non avrebbe mai dovuto fare, supposi fosse stato lì che cominciai a crescere, quella notte la mia anima perse tutta la sua innocenza, si macchiò di un crimine che nemmeno il più vile dei pirati avrebbe dovuto commettere; quell’uomo pagò col sangue per qualcosa che non aveva fatto. Non mi perdonai mai per quello che feci. 

***

Ecco il mio Peter, che come è evidente sta crescendo, anche se contro la sua volontà. Mi sono sempre chiesta come mai i pirati e gli indiani crescessero e questa è la mia personale spiegazione della cosa. Anche Campanellino è diversa, è la figura materna della quale ogni bambino ha bisogno, e Pete non è escluso. 
Io ho finito, spero di sapere quello che ne pensate, perchè per migliorare c'è bisogno degli altri e non c'è niente di più triste che passare inosservati *tipo depresso con la bottiglia di Rumh in mano*

  
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