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Autore: Loveless85    24/10/2007    7 recensioni
E' la mia prima ff su Reid, e in generale su un telefilm, quindi siate clementi e commentate! Reid è appena rientrato a casa dopo una giornata di lavoro e viene consolato dalla sua vicina di casa...
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Spencer Reid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono appena rientrato a casa.
Ho appena salvato la vita a un ragazzino della seconda liceo. Ho ancora le mani sporche del suo sangue, si era tagliato i polsi.
Sono riuscito a salvarlo perché aveva lasciato il mio biglietto da visita sul tavolino prima ti tagliarsi.
So che è malato, ma quante persone ho messo in pericolo nel futuro? Qualcuno riuscirà mai ad aiutarlo? E perché si è rivolto a me?
Va bene, era stato ad una mia conferenza, ma perché proprio la mia? E proprio quel tema?
Non ho ancora acceso nessuno luce nell’appartamento. L’unica luce che filtra a rischiarare il salotto proviene dalla finestra che alla mattina ho lasciato aperta. Non ho la forza di alzarmi a girare l’interruttore.
Mi viene in mente mia madre e la sua malattia. Ho pensato che se lo avessi capito lo avrei aiutato a tenere sotto controllo i suoi impulsi, ma non è stato così. Che abbia sbagliato anche con mia madre? Che il cercare di capire sempre tutto non funzioni con le persone? Che abbia sbagliato tutte le mie scelte nella vita?
Qualcuno ha appena suonato il campanello.
Non ho voglia di vedere nessuno dei miei vicini di casa. Voglio rimanere solo. Se rimango in silenzio forse se ne và.
Un’altra volta.
Ecco il terzo dlin dlon.
E’ meglio se vado ad aprire.
Guardo appena dallo spioncino. Vedo solo una massa di capelli biondo scuro, ma so già chi è.
E’ Jessica, la mia vicina 24enne. L’unica del palazzo che ha la mia stessa età.
-Ciao Jess- mormoro appena intanto che lei entra come una folata di aria nell’appartamento.
-Ciao Reid. Ok che sei appena rientrato, ma la bolletta della luce che la paghi a fare?- mi chiede sorridendo appena ed accendendo la lampada sul tavolino accanto al divano.
Per farlo mi volta la schiena e non vede subito in che stato sono ridotti i miei vestiti.
Stupore. Ecco la prima emozione che traspare dal suo viso.
-Spencer, sei ferito?- quasi mi urla nelle orecchie mentre si avvicina per controllare se quel sangue è mio.
-No, tranquilla. Il sangue non è mio- mormoro mentre lei mi prende le mani per controllare di persona.
E’ strano.
Quando mi tocca è come se tornassi bambino. Con me ha quel modo di fare che sembra quasi materno. E’ dolce, ma determinata, decisa ma gentile. Insomma mi sembra di tornare quel ragazzino timido e bisognoso di coccole che ero. Non che adesso non ne abbia più bisogno, ma ho imparato a non farlo vedere. Ma non con lei. Lei sa quando ho bisogno  di un abbraccio, di una carezza…
Il respiro che aveva trattenuto fino adesso gli esce di botto e la tensione si allenta un po’.
Sembra stanca. D’altronde con il lavoro che fa mi stupire del contrario. Fare la cameriera non è proprio una passeggiata.
-Che ti è successo, tesoro?- mi chiede mentre mi guida verso il divano.
-Aspetta, vado a togliermi questa roba di dosso- mormoro mentre inizio a capire che anche lei si è sporcata di sangue.
Corro in camera e mi tolgo tutto tremando. Sono sotto choc. Non riesco a stare fermo il tempo necessario per slacciarmi le scarpe.
Dopo svariati tentativi ci riesco e tolgo anche i pantaloni.
Corro sotto la doccia. L’acqua è fredda ma non importa. Voglio solo che il sangue se ne vada. Prendo sapone e spugna ed inizio a sfregare con vigore il mio corpo, soprattutto le mani e i polsi, dove i segni di sangue fanno più fatica a togliersi.
Non so nemmeno quanto tempo è passato. Dieci minuti o forse un’ora.
-Tutto bene?- la sento gridare dal salotto.
-Si, sto arrivando e non ridere del mio pigiama!- gli urlo di risposta mentre indosso la biancheria intima e il pigiama che adoro.
E’ quello che mi ha regalato lei per natale. Sembra quello per i bambini. Azzurro e blu con degli orsetti da tutte le parti. Mi scappa un sorriso.
Tornato in salotto la trovo senza il cappotto, le scarpe abbandonate di fianco al divano e i piedi appoggiati al tavolino basso.
E’ così dolce messa in quel modo.
Credo che stia dormendo. No mi, sono sbagliato. Ha appena aperto gli occhi verdi e mi sta guardando.
-Adesso ti va di raccontarmi tutto?- mi chiede dolcemente mentre toglie i piedi dal tavolino.
-No. E’ lavoro- rispondo mentre mi siedo accanto a lei. Sa che lavoro per l’FBI e che non posso parlare di certe cose con lei.
Annuisce appena con il capo e si gira verso di me, piegando una gamba.
Mi osserva. Sento tutta la stanchezza di questi giorni calarmi addosso all’improvviso. E poi arriva anche la tristezza.
La guardo.
Senza sapere come mi ritrovo tra le sue braccia, semi sdraiato con lei sul divano.
Lei è sotto di me, a pancia in su, mentre io le sono sopra e la guardo ancora negli occhi.
Mi passa una mano tra i capelli. Ha capito che ho bisogno di coccole. Mi tira verso di sé e fa in modo che appoggi la testa contro il suo cuore, appena sopra al seno. Non siamo imbarazzati della posizione, ormai ci è divenuta naturale.
Il suo battito è forte e regolare.
È diventato uno dei pochi suoni che riesce a calmarmi.
Sento i miei occhi che iniziano a pizzicare. So che sto per piangere, ma non mi vergogno, non con lei.
Sento le prime gocce cadere giù dalle ciglia e scivolare lente sul mio viso pallido. Allo specchio non sembravo nemmeno io, ma il mio cadavere.
Sento Jess tirare un profondo respiro, poi inizia a cantare una ninna nanna.
Gliel’ho insegnata io qualche tempo fa.
Sento le parole rimbombare nel suo costato. Non so bene perché ma mi rassicura. E la sua voce. Appena sussurrata ma comunque cristallina e dolce.
Dovrebbe fare la cantante e non la cameriera.
Ma quando siamo insieme non discutiamo mai dei nostri rispettivi lavori. Io per il fatto della segretezza e lei perché dice che quando esce dal ristorante non vuole parlare di clienti, piatti o bicchieri.
Sta ancora cantando e le mie lacrime stanno ancora scendendo. Non le voglio fermare. So che mi faranno stare meglio.
Nascondo il viso contro la sua spalla e subito mi passa una mano sulla nuca. Mi fa quei grattini che adoro. Se fossi un gatto avrei già iniziato a fare le fusa da un bel pezzo.
Perché con lei mi sembra sempre tutto più facile? Cos’ha di così speciale da far cadere tutte le mie barriera con un solo sguardo? E meno male che sono un profiler!
Sento uno sbadiglio soffocato. Alzo il viso e la vedo con gli occhi chiusi.
-Forse è meglio se vai a dormire- gli sussurro con voce roca per via del pianto.
-No, stasera non ti lascio solo- e mi stringe di nuovo verso di sé. –E poi come faccio a resisterti con tutti questi orsetti che mi guardano con occhi imploranti? Ammettilo che tu non li coccoli mai!- mi dice con un sorriso mentre mi passa una mano sulla guancia per asciugare le ultime lacrime che mi cadono dagli occhi.
-Si, è vero, non li ho mai coccolati!-
-Ecco, allora questa sera resto, così fai il pieno di coccole pure tu!- esclama mentre ci sediamo. –Vado a fare una doccia veloce e torno già impigiamata!-
-Torni già che?-
_Impigiamata! Con il pigiama addosso! Dio Reid! E ti vanti di avere un QI di 187!- dice ridendo mentre si dirige al suo appartamento con le scarpe in mano.
Vuoto. Appena ha lasciato il salotto mi sono sentito vuoto, solo e triste.
Non dovrei affezionarmi a lei, con il mio lavoro la metterei solo in pericolo, ma ormai mi è entrata nel sangue.
Torna mezz’ora dopo, e io sono ancora qui sul divano, dove lei mi aveva lasciato.
-Ehi, eccomi qui!- e con un sorriso mi tende una mano.
La guardo e sorrido. Il suo pigiama è rosa con gli orsetti. Praticamente la fotocopia del mio solo al femminile.
-Non ridere del mio pigiamino!- esclama facendo un broncio delizioso.
-Non sto ridendo del tuo pigiama, è bello!-
Andiamo in camera e ci mettiamo a letto.
Neanche adesso siamo imbarazzati.
È già successo molte volte che dormissimo insieme, in uno o nell’altro letto.
Ci abbracciamo stretti e chiudo gli occhi, respirando il suo profumo di sapone alla vaniglia.
Adesso mi sento veramente a casa.
-Buona notte tesoro- gli sussurro contro la carotide.
-Buona notte piccolo mio- la sento rispondere.
Sto per cadere tra le braccia di Morfeo quando la sento mormorare un’ultima cosa che mi riempie il cuore di amore per lei.
-Ti amo mio piccolo genietto-

  
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