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Autore: eriicuccia    03/04/2013    0 recensioni
(...)Il loro rapporto era un instancabile cercarsi, un continuo separarsi destinato ad un inevitabile ritrovarsi.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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... Un racconto nato così, un po' all'improvviso, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate :) 




Era girata a fissare il panorama che scorreva veloce. Un susseguirsi di alberi, piante, serre, vigneti, tutto dipinto di quei colori spumeggianti della primavera, di quelli che lasciano sempre un po’ stupiti per la loro bellezza. Ma per lei non c’era alcuno spazio per pensare a tutto ciò che la circondava, la testa pulsava un martellante ed unico pensiero, pensiero che avevo un preciso paio di occhi, labbra, tratti definiti e una voce che sembrava riecheggiare nelle sue orecchie. Erano stati così vicini, ma non erano riusciti ad incontrarsi ed ora si crogiolava nel rimpianto di non averlo riveduto dopo tutto questo tempo e la malsana soddisfazione per non avergliela data vinta, per non averlo cercato. Fra loro due era sempre così, lo era sempre stato e, probabilmente, avrebbe continuato ad esserlo. Nessuno dei due aveva il coraggio di chiudere definitivamente la loro storia, allo stesso tempo nessuno dei due aveva il coraggio di abbandonarsi all’altro senza remore, senza paure.
La strada scorreva veloce, e allo stesso tempo la sua testa ripercorreva implacabilmente i ricordi definiti di una giornata, di quella giornata. Federica era così, si perdeva nei suoi pensieri e sembrava assente, ricoperta da una sottile patina che le permetteva di interrompere per un po’ le comunicazioni con il mondo, soprattutto quando si parlava di lui. Il suo nome cercava di pronunciare meno possibile, lo faceva sembrare più lontano, più un sogno … ma era vero, vero come il cuore che sembrava avere un singulto quando sentiva qualcuno che aveva il suo stesso profumo, vero come tutte le esperienze che avevano condiviso, come i litigi che finivano in porte sbattute ed imprecazioni, vero come si ritrovavano ogni volta con uno sguardo.
La strada scorreva, il vento le muoveva i capelli e accarezzava il viso, una musica malinconica sembrava ricordarle in ogni secondo le differenze con quella giornata. Ogni volta il ricordo le scaldava il petto e le guance, un sorriso malinconico nasceva sul suo viso perché tutto quello non c’era più.

“Qui c’è un posto bellissimo” un sussurro. Un soffio di fiato per creare un ponte fra i suoi pensieri e gli altri.

“Ah, si?”

“ Ci sono stata quest’ estate … “ ed era inutile spiegare con chi, superfluo spiegare perché si era incupita appena avevano preso quella strada. Federica aveva gli  occhi fissi in quelli di Martina; in Martina si scatenava uno strano turbinio di sentimenti contrastanti, se da una parte c’era quella calda sensazione per l’amica che aveva trovato una persona che la facesse sentire così piena, così bene, dall’ altra questo sentimento era sopraffatto da una terribile irritazione per lui che le aveva fatto tanto male, che era riuscito a rompere Federica in mille pezzi, a farla crollare senza preoccuparsene.

“Federica …” il tono di Martina risuonava un po’ come un rimprovero: doveva andare avanti, non poteva continuare a perdere tempo e affetto per chi non lo meritava affatto.

“Lo so “ Federica si girava verso il finestrino abbassando gli occhi colpevole. Sapeva come l’ amica reputava lui, sapeva anche che, in parte, aveva ragione. Ma lei non c’era in quei momenti. Non era lì quando si erano scambiati il primo bacio in quel vialetto isolato ancora piccoli, inesperti ed emozionati; non era lì quando lui non poteva fare a meno di serbare rancore verso di lei che si era fidanzato con un altro; non era lì quando camminando sulla spiaggia al buio della notte lui le aveva preso la mano e aperto il cuore: “mi manchi”, un sussurro semplice, ma intriso di tutto l’ affetto che continuava a spingerlo verso di lei;  non era lì quando avevano litigato così forte cucinando una torta da uscire con le gambe tremanti e i visi accesi di rabbia e l’ illusoria promessa di non volersi ritrovare più. Era la più grande bugia che entrambi avessero mai detto. Il loro rapporto era un instancabile cercarsi, un continuo separarsi destinato ad un inevitabile ritrovarsi. I litigi erano perlopiù provocati dalla paura di avvicinarsi al punto di non riuscirsi più a separare, cosa per adesso obbligata dalla distanza dei posti in cui vivevano. Lui Roma. Lei Napoli. Avevano sempre promesso di non stabilire alcun rapporto a distanza: li avrebbe uccisi più della separazione, sapere di aversi, ma non potersi vivere li avrebbe distrutti più della consapevolezza di appartenersi, anche se separati.

“500 gradini – lido” Il cartello aveva colpito l’ attenzione di Federica catapultandola in una giornata passata, più calda e soleggiata, in una macchina non azzurrina, ma rossa, non il suo amico a guidare, bensì lui, lei non seduta al fianco del guidatore, ma dietro di lui. Non indossava converse, jeans e felpa, ma un leggero vestitino bianco ricamato per coprire l’allegro costume giallo;  lui, così diverso dal suo amico che vestiva jeans, camicia e maglioncino, portava un costume bianco a mezza gamba e una maglietta a maniche corte blu, di quel blu che si posava così bene con la sua pelle abbronzata  e gli occhi verdi. La musica non era così malinconica, ma forte, rumorosa e assordante.

Erano passati 230 giorni da quel caldo mattino d’ Agosto, ma nessun dettaglio aveva abbandonato la sua mente. Erano partiti insieme a solito gruppo di amici alle 10 e mezza, si erano fermati a fare benzina e poi via per quella giornata di mare diversa da tutte le altre.
“Come stai?” Loredana le chiese preoccupata, perché cosciente che l’amica soffriva di mal d’auto; lui la osservò dallo specchietto retrovisore alzandosi gli occhiali sulla testa: “Che succede? Stai male? Hai la nausea? Se si, dimmelo. Mi fermo subito. Che hai?”
Un leggero sorriso le deformò le labbra: la sua dolce preoccupazione la faceva sentire importate, era sempre iper-premuroso se si trattava di lei. Loredana osservava silenziosamente la scena che rendeva l’ ennesima volta esplicito l’interesse di lui verso Federica, proprio l’unica che sembrava rendersene meno conto . Federica era sempre insicura, troppo, al punto di dubitare di qualsiasi cosa la riguardasse, non riusciva proprio a riporre alcuna fiducia in sé, nei suoi pregi, in qualsiasi sua capacità. Non si rendeva proprio conto di quanto qualcuno potesse amarla, era sempre lì, disposta a dubitare che gli altri potessero trovare un motivo, una qualche ragione per provare affetto verso di lei. Non riusciva neanche a capire quanto lui fosse interessato a lei, non si accorgeva di tutte quelle attenzioni che agli altri apparivano così esplicite, proprio non capiva. Ma erano entrambi così. Entrambi provavano ad apparire sicuri, provavano a non dimostrarsi dipendenti da quei piccoli gesti e sguardi che si riservavano, provavano a raccontare agli altri che tutto ciò era solo una grande bugia. Provavano a mentire. Ma era l’ennesima cosa che avevano in comune: non ci erano proprio capaci. E lo dimostrava lei ogni volta che arrossiva sorridendogli, ogni volta che si abbandonava alle attenzioni di un altro solo per vederlo innervosirsi ed avvicinarsi a lei; lo dimostrava lui quando aveva fatto due volte avanti ed indietro con la macchina solo perché lei potesse uscire o quando in discoteca l’aveva tirata via da un ragazzo che le si era avvicinato. Erano sempre così determinati a non capire quanto ci fosse fra di loro e devastati dall’intensità di ciò che sentivano.
Parcheggiata la macchina si avviarono verso la spiaggia, scesero quei faticosi cinquecento gradini e si sistemarono sulla sabbia chiara, calda ed affollata. Sembravano una coppia “vecchia”, una di quelle che stanno insieme da anni: i loro movimenti erano sincronizzati, gli uni in funzione di quelli dell’altro. Si guardavamo perdendosi, isolandosi da qualsiasi cosa potesse accadere all’esterno, il mondo sembrava essere rinchiuso nell’incontro fra quelle pozze ambrate e quelle gemme verdi, in quei piccoli scherzi che si facevano, nelle battute che si scambiavano e le coccole nascoste. Sembrava impossibile credere che quei due non fossero una coppia. Ma quella era la realtà. Nessuno dei due aveva il coraggio di agire, troppo timoroso di interrompere quel fragile e precario equilibrio fatto di troppe cose non dette, troppe paure non rivelate, troppo affetto non confessato.

“Fede” gira la testa lentamente verso Martina, riprendendo bruscamente contatto con la quotidianità. Martina sapeva di doverla distogliere da quei ricordi che riguardavano lui e aveva trovato la prima scusa a disposizione: “patatina?!” Federica morse la patatina ingoiandola velocemente sperando che alla stessa velocità avrebbe potuto ingoiare i suoi ricor
di. 

  
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