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Autore: Anonimadelirante    04/04/2013    7 recensioni
“Dal mare...” mi disse una volta.
“Dal mare?”
“Dal mare.”
E la discussione finì lì.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ogni benedetto sabato. Su due.'
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Il cielo non importa.

 

 

Era un Capitano. Un Capitano, sì. Il mio Capitano.

L'aveva sempre detto, ma nessuno gli aveva mai creduto.

Vaneggiava.

Diceva di esser stato salvato da una fata, una donna o che altro non si capiva; ma quella, forse, era l'unica spiegazione plausibile.

Era stato sbattuto a riva dalle onde gigantesche di una delle grandi tempeste di Novembre e lo avevano trovato sul bagnasciuga , in fin di vita. Più morto che vivo.

Eppure era tornato in sé.

Il dottore lo dava per spacciato. Il prete aveva dato l'olio santo e le vecchie preparato il catafalco. Tutto come d'uso, in questo paese di naufraghi e di mare.

Naufraghi, s'intende, eravamo noi, quando stavamo a terra e ci chiamavamo così, per scherzo e per scaramanzia.

A volte, quando c'era il mare grosso e il meteo e le polizze delle assicurazioni ci costringevano a restare al porto, ci trovavamo lì , a ragionare. Lui arrivava, si sedeva davanti a un bicchiere, come noi, e ci parlava.

Vaneggiava.

A me, si rivolgeva volentieri: mi raccontava dei suoi ricordi, così, come gli venivano. Vaghi come la nebbia in mare: li inseguiva, ostinato e quelli si confondevano, era come se volesse prendere il fumo con le mani.Vaneggiava.

Parlava di una certa Vittoria, neanche fosse stata sua moglie.

Poi si era scoperto che era una nave. La sua nave.

Era convinto di averla posseduta veramente, una nave.

Diceva di essere un capitano, un capitano di non so quale marina. Nomi fantasiosi, esotici, di quelli che si trovano in corsivo sulle grandi marginature degli atlanti. Lungo la costa improbabile di permafrost di penisole bislunghe o laghi e fiordi frastagliati, tra i mari di ghiaccio, quelli sconosciuti, boreali.

Quando qualcheduno che non lo conosceva, gli chiedeva di dove fosse, da dove venisse, lui rispondeva con un gesto vago:

Dal mare...”

Proprio dal mare, sai?” disse anche a me, una volta, con furia. Non abbassai i miei occhi, non per spavalderia, ma perché mi avevano distratto i suoi, persi non so dove, liquidi, calmi nonostante il gesto impetuoso e stravolto che accompagnava la sua folle affermazione.

Eppure non mi riusciva proprio a non dargli retta. A sentirlo finiva sempre che il racconto e le voci del porto mi si confondevano, ed io non distinguevo più realtà da fantasia, canto da rumore.

Mi piaceva il mare, ma ero ancora giovane. Qualche volta dicevo di essere un pescatore, così per sentirmi legato al sale per un mestiere antico. Qualche volta, invece, dicevo che mi piaceva andare a vela. Per fingermi alla moda e non darmi spiegazioni. Tutto qui. … dirmi di mare, mi sembrava troppo. Non ero un Capitano.

Gli offrivo da bere, per avere la scusa di fare qualcosa da marinaio, con lui. Allora mi prendeva e mi trascinava sul molo, all'aria aperta. Sei ancora piccolo, mi diceva. Voleva sembrare arrabbiato, ma non lo era.

 

Fu una di quelle volte che me lo chiese. Mentre vomitavo l'anima oltre il pontile.

Sei mai stato alle grotte di Byron?”

No. non c'ero mai stato.

Non potevo perdermele.

Ci imbarcammo sulla sua Oleander che c'era aria di burrasca

Quando arrivammo in vista ,avevamo rischiato di essere sommersi dai cavalloni davanti alle Cinque Terre, un centinaio di volte : lo scoglio Ferale e lo Scoglio Galera sembravano tirati in secca dalla risacca per poi diventare fantastiche torri di schiuma e fumo d'acqua bianca .

Poi, sotto la muraglia del Castello Doria arrivammo .

 

Portovenere. Le grotte di Byron.

 

Siete mai stati in una grotta, una qualsiasi? E' tutta terra, sopra e sotto.

 

Qui è diverso, meglio: qui si spiega qualcosa che altrimenti rimane soltanto un simbolo, un ragionamento o, semplicemente, un sogno:

 

Il mare sta davanti a quelle lastre di falesia come ad uno specchio: frane di sale contro frane di pietra, blocco d'acqua contro blocco di terra, cristallo contro cristallo, pesce contro uccello, alga contro erba - senza mezzo : il cielo, qui, non importa : per quanto si spalanchi in meraviglia di luce trasparente, non esiste. In questa congiunzione primordiale, non esiste, non esiste ancora.

 

Qui - disse il mio Capitano- abita Sirena – quella che mi ha salvato- la mia sirena!

Victoria. Quella che mi ha stregato. Mi ha detto che, se volevo, potevo chiamarla così.

Chiamami così, sempre così, cantando, se vuoi, ancora e ancora, sopra e sotto il mare.”

 

Quando scendemmo dalla barca, infilando dalla Palmaria dritti nella piccola rada, barcollavo e dovetti star seduto per un po'. Mi alzavo per risedermi subito. Ridemmo di quello stato pietoso in cui mi ero ridotto: vaneggiavo! Che furia! Dove vai? Stemmo a ridere di me per un bel pezzo.

Tra le lacrime, ringraziai il mio Capitano del segreto: il prezioso talismano in forma di sirena, che unisce ciò che sta sopra e sotto ogni storia di mare e di naufragio, di vita e d'amore.

 

 

 

  
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