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Autore: Chisa    04/04/2013    1 recensioni
E se tutto il mondo ti crollasse addosso per colpa di un unico messaggio? Cosa faresti? Lotteresti e ti sacrifichereti o lo lascieresti cadere e tu precipiteresti con lui? Scopri cosa a scelto Erika una giovane ragazza di 18 anni!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                         UN LUNGO ARRIVEDERCI
 



Erika era sdraiata tra l’erba verde e cosparsa di foglie di mille colori, li vicino c’era la casa che lei e la sua famiglia usavano per andare in montagna. Era una casa molto grande, probabilmente in passato era stata una villa di qualche famiglia nobile, ora però apparteneva alla loro famiglia, suo padre l’aveva comprata per una miseria, avevano passato tutta l’estate a ristrutturarla. Era molto grande, aveva tre piani: uno sotto terra, uno al piano terra e uno superiore, le stanze erano circa venti. Al piano superiore c’era un grande terrazzo, che faceva il giro di tutto il piano, era fatto in legno pregiato si potevano vedere anche i nodi dell’albero a cui era stato tagliato, sia lei che i suoi fratelli avevano una stanza propria, la sua era al piano superiore ed era molto grande, aveva persino un caminetto e sulla parete che dava sul terrazzo. Aveva delle grandi finestre che illuminavano la stanza, fuori di lì c’era un panorama fantastico, le montagne regnavano sovrane e a Erika piaceva di sera guardare il cielo tingersi di rosa per poi lasciare spazio all’oscurità contrastata dalla forte luce delle stelle e della luna. Le stanze dei suoi fratelli erano più piccoline, lei si era presa quella più grande perché durante la ristrutturazione aveva aiutato di più.
Erika, se ne stava sotto il suo albero preferito, un ciliegio, il vento le accarezzava il volto roseo, i capelli biondi e lunghi illuminati dalla luminosa luce dell’aurora, e il vestitino estivo azzurro che al comando di quel vento svolazzava colorandosi di mille sfumature: indaco, blu, turchese, verde acqua e bianco. I piedi, accarezzati dai fili d’erba, erano sporchi di terra. Gli occhi cangianti erano rigati da lacrime che si facevano man mano sempre più frequenti. Tra le mani che erano diventate bianche a forza di stringere vi era il cellulare, le era appena arrivato un messaggio: “ho un tumore al cuore, mi dispiace”. Il mittente, la persona per cui Erika avrebbe dato tutto ciò che aveva di più caro… il mittente era il suo ragazzo, Marco. Le lacrime si facevano più copiose ogni volta che rileggeva quel messaggio e ripensava ai momenti passati assieme a quel ragazzo, le gioie i dolori, lui l’aveva scelta nonostante fosse derisa da tutti, non avesse amici e fosse considerata strana, lui l’aveva scelta e l’amava moltissimo, questo sentimento era ricambiato con la stessa intensità se non di più da parte sua, e ora che sarebbe morto lei non sapeva che fare la sua vita, che era stata salvata da lui non solo perché la rendeva felice, ma anche perché quando si stava per buttare giù da un ponte, lì vicino a casa sua, lui l’aveva afferrata e l’aveva salvata, le aveva fatto capire che la vita è anche gioia, felicità, emozione e più importante di tutti le aveva fatto capire cosa voleva dire amare qualcuno. Si asciugò le lacrime che però non volevano saperne di fermarsi, e piano piano si avviò verso casa. Sua madre, si era appena alzata e stava per preparare il caffè: “Buongiorno tesoro, vuoi il caffè?” Erika annuì lentamente, e sempre lentamente si sedette sul tavolo d’ebano della cucina, : “Sei uscita presto, dove sei stata?” sua madre era ancora girata di spalle, Erika deglutì e rispose con un filo di voce: “In giardino!” Era sul orlo di scoppiare a piangere, sua madre si girò: “Oh cielo, stai piangendo! Cosa è successo amore mio?” Erika che tratteneva le lacrime a malapena rispose: “Marco sta morendo e io non sono lì!” in quel momento, non riuscendo più a trattenere le lacrime, scoppiò in un pianto di bambino, nonostante lei avesse diciotto anni, sua madre la strinse forte e disse: “Amore mio cosa intendi per morire!?” Erika tra le lacrime singhiozzò: “Ha un tumore al cuore!” la madre gelò per una manciata di secondi, la sua bambina aveva bisogno di quel ragazzo. La strinse forte poi la rassicurò: “Sveglio papà e i fratelli poi partiamo!”
Erano tutti in macchina, una vecchia Opel Astra del 1997, la strada era piena di tornanti, e circondata da alti pini verdi che poggiavano su un tappeto di foglie colorate. La strada per arrivare a casa fortunatamente non era lunga. Erika scrutava fuori dal finestrino quel panorama, non prestandogli però molta attenzione perché la sua mente era altrove, era vicino a Marco di cui non aveva più notizie dalla mattina. Decise di scrivergli un messaggio:
                                          
                                           Ciao amore, sto arrivando dove ti trovi?

Ci vollero dieci minuti prima che il cellulare della ragazza vibrasse, a rispondere era il padre di Marco:
       
                       Scusa ma Marco si trova in ospedale al momento non può usare il cellulare.

 Erika si sentiva mancare, poi supplicò il padre, che stava guidando: “Papà dirigiti in ospedale, per favore!” il genitore annuì permette l’acceleratore diretto all’ospedale.
Erika entrò nel grande edificio dove si trovava il ragazzo e si diresse velocemente verso la portineria, quando arrivò aveva il fiatone: “Scusi signorina… sto cercando il mio ragazzo si chiama Marco, è stato ricoverato per un tumore al cuore… dove si trova?” La signorina guardò la ragazza e le fece un sorriso di compassione: “Mi dispiace tanto, si trova al quinto piano , la stanza numero 425.” Erika corse velocemente attraverso tutto l’atrio del piano terra di quell’ospedale, premette il bottone dell’ascensore ma questo tardava ad arrivare, allora decise di prendere le scale, corse velocemente su per le scale in marmo a passi ti tre scalini per volta, arrivò al quinto piano; non ce la faceva più ma si sforzò per l’ultima volta e cercò la stanza 425, finalmente la trovò si bloccò di colpo, fece un respiro profondo e diede tre colpetti alla porta azzurra di plastica, una voce gentile ma debole sussurrò: “Avanti” Erika, entrò lentamente, guardò il ragazzo e ebbe un tuffo al cuore a vederlo in quella situazione, era lì sdraiato su quel lettino, con le coperte bianche, in una stanza tutta bianca con delle tende anch’esse bianche da cui filtrava luminosa la luce del sole, che illuminava il volto pallido del ragazzo e i capelli castani. Erika trattenne le lacrime e gli si avvicinò, era rossa in volto per lo sforzo, Marco le sorrise: “Come va amore?” una lacrima rigò il volto della ragazza: “Perché piangi?” continuò il ragazzo, Erika controbatté: “Sei sempre il solito! Fai finta che vada tutto bene persino quando stai per morire. Sorridi sempre e non capisci che la situazione è seria!” lui sorrise: “Perché bisogna piangere? Capisco anche io che sto per morire, ma questo non vuol dire che bisogna essere tristi, in fondo mi dispiace lasciarti, ma non credo che bisogna vivere questa cosa come una cosa triste ma come un lungo arrivederci!” Erika scoppiò a piangere per la terza volta quella mattina: “Perché? Perché? Perché tu non piangi, non sei mai triste e vedi solo il lato positivo delle cose?” Marco sorrise ancora: “Perché credo di avere un dono! E poi se si vuole essere felici non bisogna mai guardare i lati negativi!” Erika lo guardo con gli occhi pieni di lacrime: “Ti amo!” “Anche io!”
 
La ragazza era seduta su una scomoda sedia in plastica azzurra e ferro, in un corridoio lungo e bianco illuminato da luci al neon, quella sopra alla sua testa non funzionava molto bene continuava a spegnersi e accendersi, Erika però non ci badava, i suoi pensieri erano altrove. Lungo il lungo corridoio c’erano delle grandi finestre quadrate, senza tende e con in bordi in plastica bianchi. Il pavimento era piastrellato con bianchi pezzi di marmo che luccicavano per via della luce emanata dal neon delle lampade. Erika fissava la porta azzurra davanti a sé, 425 era scritto sulla targhetta verde a fianco di essa, i medici le avevano detto che doveva lasciare riposare Marco, erano le 23: 30 e lei non aveva intenzione di andarsene nonostante il suo cellulare, che in quel giorno le aveva dato solo disgrazie, continuasse a vibrare nella tasca dei jeans azzurri, il mittente lo conosceva: suo padre. Un medico passò per il bianco corridoio, un uomo vecchio, sulla sessantina, ma comunque ben curato: occhi azzurri, capelli banchi, un po’ stempiato, alto, avrà avuto minimo 15 centimetri in più di Erika, le sue labbra fini erano piegate in un espressione triste, quasi di compassione, e a Erika dava suoi nervi. L’uomo le si avvicinò la guardò e le fece un sorriso finto, glielo si poteva leggere negli occhi, chissà a quante persone aveva rivolto lo stesso sguardo. Il dottore incominciò a parlare, aveva una voce profonda e con un pizzicò di tristezza: “Lei è una parente?” le chiese, Erika rispose con tono completamente diverso, più giovanile e preoccupato: “No, la sua ragazza!” lui annuì poi si sedette anche lui su una di quelle sedie cigolanti: “Posso parlare con i genitori?” lei scosse la testa: “Al momento sono andati a prendere le cose di Marco a casa, hanno paura che si annoi” il medico annuì: “Capisco, allora lo riferirò a lei: purtroppo abbiamo commesso un errore, al tuo ragazzo non mancano due settimane di vita come avevamo calcolato, ma è già fortunato se riesce a superare la notte…” a Erika venne un tuffo al cuore, non voleva, non poteva crederci, l’uomo continuò: “Ci vorrebbe un trapianto di cuore ma sfortunatamente non ci sono donatori… mi dispiace.” Poi si alzò e riprese la sua camminata in quel corridoio bianco, Erika lo fermò: “No…non.. non è possibile donarglielo?” il medico si girò: “Non ci sono donatori, bisognerebbe che qualcuno con il suo stesso gruppo sanguineo morisse nell’arco di un’ora.” “No, intendo io. Non posso donarglielo? Ho il suo stesso gruppo!” il medico si voltò di scatto: “Certo che no!  Lei è matta? Quale chirurgo ucciderebbe una persona?” Erika annuì: “Capisco!” il medico continuò la sua camminata, la ragazza guardò dentro la sua borsa, trovò carta e penna, e anche un coltello….

Marco si svegliò per colpa dei raggi di sole che entravano dalla finestra con le bianche tende spalancate, si sentiva bene, si guardò attorno e cercò il volto della ragazza che tanto amava, non lo trovò “ Sarà andata a mangiare qualcosa pensò” Poi trovò una lettera sul suo comodino che recitava così:


“ Ciao amore… se stai leggendo questa lettera allora è andato tutto bene, mi dispiace non poterti vedere sorridere, perché lo so che lo stai facendo, tu sorridi sempre.
Volevo dirti una cosa: sin dal primo istante in cui ti ho visto il mio cuore batteva forte forte, allora ho capito che eri diverso, che ti amavo, e così è successo, ora il mio cuore batte ancora, sempre per te, perché infondo sin dal momento in cui sono nata non era destino che battesse per te.
Ti devo ringraziare tu mia hai salvato la vita... mi hai fatta rinascere, ora toccava a me.
Puoi ancora sentirlo battere, basta che appoggi una mano sul petto!
Mi dispiace non averti salutato … ma infondo questo è un lungo arrivederci”



Il ragazzo che non aveva mai pianto in vita sua, si sciolse in un pianto isterico che bagnò quel foglio a quadretti e ne sciolse l’inchiostro.


Angolo della scrittrice:

Questa storia l'ho scritta per un copito di italiano dove la traccia si intitolava: Sacrificio per amore. Per me è questo il sacrificio per amore... certo ce ne sono di un pò meno drammatici, però direi che più sacrificio di questo non c'è! Spero vi sia piaciuta e, spero anche, di avervi strappato qualche lacrima! Grazie per la lettura e vi prego, se vi è piaciuta, di lasciare un commento. Abbiate pietà, è la mia prima storia originale! Grazie mille per l'attenzione! *^*
 

  
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