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Autore: melory_    04/04/2013    0 recensioni
Un ragazzo, ormai costretto a rimanere sulla sedia a rotelle dalla nascita, senza padre, senza amici. Anzi si, un amico c'è l'ha: Louis, l'amico immaginario, l'unico con cui riesce a capirsi e con cui dovrà affrontare tutti i suoi incubi. Quei maledetti incubi con combatte ogni notte.
Genere: Avventura, Fantasy, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Jaen si svegliò di soprassalto, spalancò gli occhi azzurri, sudava freddo, non sapeva dove si trovava, sentiva voci di vecchi, giovani, bambini che lo esortavano a fare qualcosa, ma che cosa?

 Tutto intorno a lui iniziò a girare, venne aspirato da una nube nera, come la pece, era orribile. Ogni notte la stessa cosa.  Incubi lo assalivano e lui non poteva fare nulla, solo aspettare l’ “attimo”, come lo chiamava lui, quel momento in cui veniva travolto dalla nube, certo era consapevole di ciò che gli accadeva, ma non sapeva spiegarlo, tanto brutto che era. Solo una domanda era quella che si poneva:
Perché?

Alle sette di mattina suonò la sveglia. Jaen si sistemò i lunghi capelli, che gli arrivavano fino alle spalle, neri dietro alle orecchie e spense la sveglia,  aveva un paio di occhiaie grandi e scure, non aveva dormito molto e voleva solo tornare a letto e non alzarsi per andare a scuola, lui la odiava.

Tutti i suoi compagni lo prendevano in giro perché doveva stare in carrozzella e non poteva correre, non era colpa sua, era nato con questa malattia, oramai ci conviveva. Non aveva idea di cosa fosse un salto, o come si faceva, non poteva nuotare da solo, senza l’aiuto di qualcuno.  A ginnastica, la professoressa gli diceva di stare fermo e non fare nulla, lui chiedeva di andare in bagno e piangeva, piangeva, forse per un quarto d’ora, intanto
 l’ insegnante si dimenticava della sua esistenza. Piangeva sempre, quando pensava che non poteva fare qualcosa e ci provava, piangeva quando un compagno di classe lo prendeva in giro, solo per la colpa di essere nato in quel modo, piangeva quando la gente lo fissava per strada e pensava tante di quelle cose brutte. Cose brutte come la morte che potrebbe colpirlo in qualsiasi momento, non osava nemmeno pensarci, ma coloro che lo circondavano, ne parlavano ogni giorno, Jaen non voleva intromettersi in quei discorsi. Forse era la paura che non glielo faceva fare, o forse, solo quella grande voglia di vivere che lo mandava ogni giorno avanti, senza il timore di sbagliare, perché sapeva che dopo ogni discesa c’è una salita, dopo ogni bugia c’è una verità e ogni sbaglio serve per imparare tutto quello che non studiamo a scuola.

Quella stupida di una malattia con cui viveva dalla sua nascita, quindi da undici anni.  La Spina Bifida, la sua nemica della vita. Fin da quando aveva otto anni ne faceva un sacco di ricerche, per la curiosità e vedeva tante cose brutte, poi chiudeva internet e si cimentava nei compiti. Jaen era un ragazzo intelligentissimo, curioso al massimo, se non fosse per il suo corpo avrebbe già scoperto un sacco di cose.
All’ età di cinque anni adorava la matematica e sapeva già fare delle moltiplicazioni abbastanza complesse, la geometria era la sua vita, come la storia dopotutto, andava in biblioteca a vedere libri nell’argomento e li leggeva per ore ed ore.

Le persone non lo conoscevano da questo lato, si divertivano solo a prenderlo in giro e basta. Adesso doveva iniziare un’ altra giornata – incubo.

Quindi, decise di alzarsi dal letto.

Spostò il suo corpo gracile sulla sedia a rotelle, prima mise le gambe aiutandosi con le mani, successivamente, spostò il fondoschiena sollevando, tutto il corpo e spingendosi con le mani, andava avanti, sino alla finestra, la pioggia picchiettava forte ed era ancora buio. La pioggia… non sapeva come affrontarla, la vedeva come una guerra. Le gocce erano tutte le persone, che facevano la lotta per chi arrivava primo a destinazione. Poi, vedeva in loro, la tristezza, quando scivolavano leggiadramente sul vetro, ormai morte, senza speranza. Si divertiva a seguirle con il dito, fino ad atterrare con loro sul davanzale in marmo bianco.

Decise quindi, di affrontare la sua giornata come quelle goccioline, pronte a morire facendo la guerra.

Sentiva sotto le sue mani ancora la stanchezza di una notte insonne. Si diresse in bagno e si specchiò il viso:
- Mmm,…anche di prima mattina riesco ad essere fantastico.-

Gli piaceva il suo bagno, tutto blu e celeste. Appena si entrava dalla porta, dinnanzi si aveva uno specchio enorme e lungo, poi, affianco, un lavandino in ceramica. Solo la vasca non gli piaceva, perché lui odiava fare il bagno, però amava se stesso.               

Ecco una capacità di Jaen, aveva molta autostima e forse era un po’ vanitoso, perché mai nessuno gli faceva complimenti, tranne sua madre, ma lei non contava, quindi se li faceva da solo. Non aveva amici, forse solo uno, Louis, l’amico immaginario.

Con Louis parlava sempre, gli diceva tutti i suoi segreti, poi si trovavano bene perché avevano la stessa età, undici anni. Se lo immaginava come lui voleva essere, un bellissimo ragazzo, con i capelli corti mori e gli occhi castani, in parte muscoloso e un po’ più alto.


Il suo amico era gentile e generoso, simpatico, un po’ arrogante, ma dolcissimo. Si fidavano l’uno dell’atro e si volevano bene. Certo, si volevano tanto bene, nella mente di Jaen.

-Si vede veramente che non ho dormito molto, quegli stupidi attimi. – disse fra sé e sé.

- Non fare così, spariranno con l’età , fidati di me, è solo un periodo. Adesso vai in cucina dalla mamma.- continuò il monologo con Louis.

Si diresse in cucina, in quella stanza dove vi era sempre odore di cappuccino, la mattina, la mamma lo beveva per colazione, al pomeriggio, per merenda lo beveva Jaen e la sera, veniva preparato quello per il giorno dopo.

La madre del ragazzo era una signora squisita, amava suo figlio, come amava il marito, morto in un incidente stradale, un tragico incidente che nessuno di loro dimenticherà.
Lei legava i capelli  lisci, biondi, in una coda da cavallo e teneva sempre un paio di occhiali argento davanti agli occhi cremisi.

-Buongiorno piccolo.- gli disse mentre lo spingeva sino al tavolo, con una voce triste.

- Buongiorno mamma, come stai?- chiese.

- Bene.- rispose secca.

Non aggiunsero altro a quella conversazione, Jaen e Louis sapevano che la mamma, se era triste, non andava disturbata. Il ragazzo fece colazione con il cappuccino e due biscotti, non aveva molta fame.

Si diresse in camera sua senza fiatare e prese gli indumenti puliti: un paio di jeans di colore scuro e una felpa rossa.

-Chissà cos’ha la mamma.- si disse.

-Non lo so, probabilmente è un po’ stanca di ricominciare la settimana.- si rispose.

-Forse, ehi Louis, sono contento di avere un amico come te.-

-Anche io, ma mi raccomando, la mamma non dovrà mai sapere della mia esistenza, altrimenti, ci potremmo separare e non rivedere…mai…più.- continuò a parlare con una voce strozzata, gli veniva quasi da piangere.

La mamma di Jaen non era mai venuta a conoscenza dell’amico del figlio, nessuno sapeva che la parte intelligente di Jaen era Louis e non lui.

Jaen da solo non era in grado di scrivere niente, nemmeno una strofa di una poesia, oppure fare un semplice disegno, nemmeno sillabare, nulla.

Il ragazzo si fece aiutare dalla mamma per vestirsi, si fece mettere le scarpe e quando venne preso anche lo zaino e la merenda, si diresse in macchina, con una faccia triste, perché sapeva quello che lo attendeva.

-Non fare così.- disse sua mamma mentre guidava – non ne vale la pena, sono degli imbecilli, fidati di me, prima o poi si stancheranno.-

-Non è vero! Non si stancheranno mai, si divertono così tanto, non riesco più a sopportarlo.- continuò Jaen.

“Dai ascolto a tua madre, prima o poi si stancheranno, fidati, lei ha sempre ragione.” Pensò Louis.

-Si hai ragione.- rispose bisbigliando.

-Hai detto qualcosa?- chiese la madre, vedendo il figlio nello specchietto retrovisore.

-Eh? No, no, nulla, non ti preoccupare.- concluse guardando il pavimento della macchina.

 

  
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