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Autore: Alyce_in_Wonderland    04/04/2013    4 recensioni
Nessuno fila mai Sachiko (la madre di Light) e sua sorella Sayu. Cosa ne è stato di loro dopo la morte di Light? Vanno d'accordo, sopportano insieme tutte le sventure che gli sono capitate fra capo e collo.... Oppure al dolore non c'è mai fine?
One-shot ambientata un anno dopo la morte di Kira-Light. Sachiko Yagami, la madre di Light, è distrutta dal dolore e si limita a sopravvivere; è riportata nel presente dall'arrivo di sua figlia Sayu, che non la pensa proprio come lei ed è determinata a lasciarsi alle spalle un passato e una famiglia che detesta.
Aveva paura, ora; paura di perdere anche l'ultimo legame con la sua famiglia, per quanto fosse marcia e distrutta e allo sbando. Dopo, quando anche Sachiko se ne fosse andata, sarebbe davvero rimasta sola a combattere contro i fantasmi del passato. Sarebbe rimasta sola a cercare di accettare quello che Light aveva fatto.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri personaggi, Light/Raito, Sayu Yagami, Soichiro Yagami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano giorni, ormai, che Sachiko Yagami non accendeva la televisione. Era stata più volte sul punto di farlo, ma si era sempre trattenuta: menzogne, si diceva.

Non poteva credere che il suo Light fosse... no, meglio non pensarci. Avrebbe tanto voluto chiedere conferma a Soichiro, come aveva fatto tante volte prima, quando le notizie che le passavano erano confuse e terribilmente scarse, quando le avevano detto soltanto che suo figlio era stato arrestato con l'accusa di essere Kira. Non una parola di più, non una spiegazione. "Light-kun potrebbe essere Kira", le aveva detto Soichiro una sera, affondando il viso nella poltrona, distrutto. Aveva sentito un brivido gelido percuoterle il cuore, e si era attenuato poco per volta, ma senza mai andarsene del tutto. Il suo Light, così perfetto ma al tempo stesso così distante. E, si era resa conto, era questa la cosa che le faceva più paura: Light avrebbe potuto davvero essere Kira, e questa era una cosa che solo una madre poteva sapere.

Non l'avrebbe mai detto a nessuno, a costo della vita, ma lei sapeva. La luce fredda nei suoi occhi che c'era sempre stata, ma a volte aveva dei guizzi improvvisi... Fremeva, ogni tanto, quando un criminale appariva in televisione, davanti a un'ingiustizia, salvo poi affievolirsi, e Light sorrideva e le rivolgeva una delle sue occhiate da figlio modello. "Tutto a posto, mamma". Erano diventati sempre più distanti, da quando aveva cominciato l'università, ed era normale, certo, che si costruisse la sua vita.

Le rare volte in cui metteva piede a casa la salutava a malapena, preso com'era dalle sue indagini, e allora Sachiko provava un impeto di tenerezza per quel figlio

così bello, così intelligente, così tutto, e si diceva che no, non poteva essere. In quei momenti era contenta di una felicità malinconica, perchè il successo di Light implicava che avesse sempre meno tempo per lei, la madre ormai anziana, che non poteva dargli più nulla nè insegnarli nulla di nuovo. Erano lontani i tempi in cui rimboccava le coperte a suo figlio e incoraggiava estasiata gli straordinari risultati scolastici, i successi nello sport. Aveva trovato comunque una certa stabilità negli ultimi anni, si era abituata al vortice chiamato vita che aveva risucchiato via da casa, via da lei, Light e Sayu e Soichiro. Se ne erano andati, semplicemente, e poi tutto le era crollato addosso di nuovo dopo il rapimento di Sayu. I motivi restavano vaghi nella mente di Sachiko, e el resto, cosa può importare a una madre? Ne sapeva quanto gli altri, di Kira e della giustizia mondiale e delle indagini della polizia giapponese:quasi niente, in realtà. Soichiro non le diceva nulla, e forse il suo affetto con il tempo si era affievolito. Era invecchiata, in quegli anni, le rughe erano apparse anche sul suo viso. Curioso, da giovane l'idea della vecchiaia le appariva così astratta, una cosa che sarebbe capitata in teoria agli altri, ma non a lei. Invece ora era vedova e vecchia, tremendamente vecchia dentro. Si sentiva soffocare nella casa dove dietro ogni angolo, sopra ogni oggetto aleggiava ormai una patina di tristezza, il ricordo delle persone che erano state e non c'erano più: Light bambino che sorrideva in una vecchia fotografia incorniciata, Soichiro che sedeva a tavola leggendo il giornale, apparteneva tutto al passato.

Ora il calore di giugno faceva scricchiolare il pavimento in legno, gli uccelli e le cicale cantavano nel minuscolo giardino; la vita andava avanti, ma per Sachiko Yagami si era fermata definitivamente un mattino d'estate, quando le televisioni di tutto il mondo avevano mostrato il corpo di suo figlio crivellato di colpi. Tutta l'umanità si sgolava, si interrogava: come era possibile che il capo della polizia giapponese fosse stato Kira per tutto quel tempo? Questa domanda pendeva sul capo di Sachiko, che però non riusciva a dare una risposta. Tutto era possibile, ormai, ma lei era così stanca. Si limitava a tenere pulita e in ordine in casa. Era un'abitudine difficile da perdere, dopo averlo fatto tutti i giorni per oltre trent'anni, con l'unica differenza che ora non era più utile a nessuno. Pura abitudine, utile per tenersi la mente occupata e non pensare a nulla almeno per un po'. Movimenti collaudati, che avrebbe ormai potuto svolgere a occhi chiusi: aprire il frigorifero, passarne le ante con una pezza umida, poi passare al tavolo, all'orologio a muro appeso alla parete; girare il foglio del calendario, controllare se qualche impegno richiedesse la sua presenza (era molto difficile che ciò accadesse, in realtà), leggere il giorno e il mese. 23 giugno 2013, un giorno senza significato di un mese senza significato come tanti altri. Finite le pulizie Sachiko sedette sul divano e chiuse gli occhi. Faceva molto caldo ed era quasi sul punto di addormentarsi quando suonò il campanello.

"Mamma, sono io" disse una voce nota, la voce di sua figlia Sayu. Aprì e si trovò davanti quasi un'estranea, una donna alta, pesantemente truccata e con gli occhi nascosti dagli occhiali da sole.
"Ciao, mamma. Ho pensato di venirti a trovare. Posso entrare?" disse.
"Vuoi un tè?" chiese Sachiko, precedendola in salotto. "Sì, grazie" rispose lei, poi si sedette e si tolse gli occhiali.
"Come va, mamma?" chiese, e sapevano entrambi che non era una domanda buttata lì per caso. C'era un fiume di sottintesi, dietro a quelle due semplici parole.
"Tutto a posto" disse Sachiko. "Tutto come al solito. Come vuoi che vada?" Sayu distolse lo sguardo. La sua strategia era di cercare di evitare il più possibile gli argomenti spinosi, chiunque fosse il suo interlocutore. A questo scopo aveva anche cambiato cognome, all'insaputa della madre: da Sayu Yagami era diventata Sayu Yoshida.
"È pulitissimo qui dentro, mamma. Non avrai mica passato la mattina a pulire come una matta?" domandò Sachiko, passando il piede sul pavimento lucido di cera, osservando le federe del divano e dei cuscini lavate e stirate di fresco. "Il dottore ti ha detto che non devi sforzarti troppo, lo sai."
"Non mi sono stancata" mentì Sachiko.
"Comunque vacci piano" riprese la figlia, rabbonita. "Come vanno le cose qui attorno? Stanno tutti bene?"
"Tutti chi?" pensò la donna, ma capì che non era un pensiero da esprimere a voce alta. Per la tranquillità di entrambe. "Sì" disse. "Non c'è molto da fare. Comincia a fare caldo..."
"Lo so" disse lei.
"La tua schiena, Sayu?"
"Va" rispose lei, con una smorfia di sopportazione. "Mi fa male ogni tanto, ma prendo le medicine e posso camminare per un bel po'. Hai pranzato, mamma?" chiese. "No, ora preparo qualcosa" disse la donna. "Riposati, faccio io." Sachiko osservò che Sayu ricordava ancora la disposizione degli oggetti in cucina, che non era cambiata nel tempo. Quella casa viveva nel passato.
Sayu era diventata molto bella, osservò con un tuffo al cuore. "I miei due figli, così belli. Così intelligenti" le venne in mente, da un remoto passato, solo per un attimo. Quando si riscosse Sayu le stava chiedendo qualcosa. "Tutto a posto, mamma?" Siediti, dai. È pronto" disse, e mise in tavola il cibo.
"Non c'era molto in casa" si scusò. Sachiko si sforzò di mangiare anche se non aveva per nulla fame.
Sayu, invece, giocherellava con il cibo, costruendo piccole colline di riso bianco e colloso che poi disfava con le bacchette, come faceva da piccola... Solo che allora era allegra, mentre adesso lo faceva come se i chicchi bianchi le avessero fatto un gran torto personale. Evidentemente era nervosa per qualche motivo, pensò Sachiko. Motivi per essere nervosa poteva averne finchè voleva, ma probabilmente
stava prendendo tempo e coraggio per dirle qualcosa.
"Ecco, mamma... Volevo dirti..."
"Parla pure, tesoro" la incoraggiò lei.
"Ti ricordi quando ti ho parlato di Hiroshi? Il ragazzo che lavora con me in redazione?" Annuì. "Ecco, noi... stiamo insieme da un po'. È così buono... Non l'hai mai visto, aspetta..."
Frugò nella borsetta, tirando fuori diversi oggetti prima di trovare un pezzetto di carta sgualcito e porgerlo a sua madre.
"Ecco." Lei lo scrutò, senza vederci nulla di speciale. Un viso come tanti, capelli a spazzola, camicia bianca; un semplice impiegato, come ce n'erano tanti.
"Sono contenta per te, Sayu." disse.
"Non è tutto" disse lei, arrossendo un pochino. "Insomma, fra noi le cose sono molto avanti. Stiamo pensando di sposarci." Sayu vide l'espressione della madre, un misto di stupore e delusione, e capì di dover battere il ferro finchè era caldo.
"Anzi, non è che lo stiamo pensando, ormai siamo abbastanza sicuri. Dovremmo sposarci verso agosto..."
"Così presto?" si stupì Sachiko, incapace di mettere a fuoco i pensieri.
"Mi dispiace di averti dato così poco preavviso, mamma." disse, e poi chinò il capo e arrossì, aspettandosi un'esplosione. Invece sentì solo qualcosa sfiorarle i capelli, poi sua madre sospirò. "Sayu..."
"Cosa c'è, mamma?"
"Non ti sembra troppo presto?"
"No, mamma, per niente. Sono sicura... Mi fido di Hiroshi. Staremo bene insieme. Me lo sento."
"Ho paura che tu stia facendo le cose troppo in fretta."
"In che senso, mamma?"
"Vuoi solo dimenticare quello che è successo... Costruirti una vita per conto tuo, smettere di pensare a Light-kun e a Soichiro e agli altri, non è così?"
"Non è quello che vogliono tutti?" disse, e ora la sua voce era dura. "Tutti vogliono smetterla di pensare a Kira, a quel pazzo megalomane..."
"Non parlare così di Light-kun" la interruppe Sachiko.
"Allora ammetti che lo era?" disse Sayu. Sua madre scosse la testa. Non riconosceva più la sua dolce Sayu in quella donna così dura e determinata.
"Non lo so, Sayu. Non lo so" disse, e c'era tanta tristezza nella sua voce che per poco non si mise a piangere.
"Sì, lo era. Ha ammazzato un'infinità di persone con quel quaderno senza provare un briciolo di rimorso. Quello... lui... era un mostro."
"Era tuo fratello" disse Sachiko. Sayu scosse la testa.
"Io non ho fratelli" disse. "O almeno, non più. Vedi?" Aprì il portafogli e le porse la carta d'identità. In alto, spiccavano gli ideogrammi che rappresentavano la sua nuova identità. La sua nuova vita. "Sayu Yoshida, vedi, mamma? Non Sayu Yagami." Sua madre si portò una mano al cuore.
"Come hai potuto, Sayu? Perchè? Tuo padre non te l'avrebbe mai permesso."
"Forse no" accosentì lei. "Ma non posso permettermi di andare in giro con il cognome Yagami. Tu... non hai idea di come mi vedeva la gente. Di come mi trattava...Guardate, arriva Yagami, la sorella del mostro! Una cosa del genere. Vivere così là fuori, sapendo quello che ha fatto mio fratello, è quasi impossibile. E comunque Hiroshi mi ama... Mi ha dato una seconda possibilità. Non posso rifiutare."
"Temo che tu stia sbagliando, Sayu. Non puoi tagliare fuori la tua famiglia così:"
"La parte marcia della mia famiglia, quello sì, posso farlo e lo farò. Io non ho mai avuto un fratello, e quanto a mio padre, grazie, ma preferisco ricordarlo il meno possibile."
"Sayu..." si limitò a gemere Sachiko. Piangevano entrambe, ora.
"Tu... ci sarai... al matrimonio?" chiese Sayu, fra i singhiozzi.
"Non posso" rispose Sachiko, dolcemente. "Non posso venire a vedere mia figlia che sposa il primo che passa finendo col rovinarsi la vita. Tu meriti di meglio. Non tenterò di impedirtelo, Sayu, ma non aspettarti di avere la mia approvazione. Nè ora nè mai."
Sul viso della ragazza si mischiavano incredulità e rabbia, come su una brutta tavolozza.
"E va bene. Mi sposerò senza mia madre, mi sposerò senza testimoni. Non me ne importa più nulla. Del resto" disse, a denti stretti "Light-kun aveva sposato una modella, una fottutissima idol. Misa-Misa, certo. Io invece sono proprio una delusione, non è vero, mamma? Sposo un misero impiegato. Non il Dio del Nuovo Mondo, solo un misero impiegato. Beh, sai che ti dico? Ci sposeremolo stesso, anche senza di te. Spero che tu sia felice adesso."
"Ma no, Sayu..:" tentò di negoziare la madre. "E poi mi vedi? Come potrei uscire di casa ridotta così? Guardami, Sayu. È un anno che esco solo per fare la spesa, e anche lì la gente mi guarda... Mi parla dietro le spalle, è terrorizzata da me. Come pensi che potrei andare a un matrimonio? Sarei solo una vergogna per te, Sayu."
"Se vuoi sopravvivere devi fregartene di quello che pensa la gente. Dovresti ricominciare a uscire, mamma, trovarti qualcosa da fare. Non puoi andare avanti così."
"Per quello che mi resta, non ne vale la pena."
"In che senso?" domandò lei, ma aveva già capito. Aveva paura, ora; paura di perdere anche l'ultimo legame con la sua famiglia, per quanto fosse marcia e distrutta e allo sbando. Dopo, quando anche Sachiko se ne fosse andata, sarebbe davvero rimasta sola a combattere contro i fantasmi del passato. Sarebbe rimasta sola a cercare di accettare quello che Light aveva fatto.
Sua madre la fissava ora, nient'altro che un corpo debole e vulnerabile invecchiato anzitempo; aveva cinquantacinque anni ma ne dimostrava dieci di più. Sayu provò l'impulso di proteggerla, ma subito dopo subentrò la rabbia che le provocava la sua reazione inerte. Sua madre non aveva la minima intenzione di superare tutto quello, ma si limitava a piangersi addosso e a vivere di ricordi, facendo soffrire terribilmente anche lei. Dannazione, lei stessa, Sayu, non aveva diritto a un po' di pace, dopo tutto quello che aveva passato? Sachiko idolatrava suo marito, quasi scusava Light-san, ma non si prendeva nemmeno la briga di partecipare al matrimonio di sua figlia, quando riservava tutta quell'attenzione a due morti, di cui era un assassino e l'altro era... Beh, suo padre era quello che era.
"Dai, mamma, ti prego... Smettila di fare così. Quello che è successo è stato... beh, orribile" sbottò "ma bisogna andare avanti."
"Tuo padre sarebbe d'accordo con te" disse Sachiko, poi si coprì la bocca con le mani. Non avrebbe dovuto dirlo.
"Ecco, ancora! Tuo padre, tuo padre... Te ne riempi la bocca, ma nemmeno lui era un santo. Anche quando era vivo, non ci ha mai detto niente... Eravamo preoccupati quanto lui, forse di più, ma siamo donne, e nessun uomo si degnerà mai di considerarci al suo livello e dirgli quello che gli passa per la testa.E comunque non importa. Anche quando mi hanno rapita non mi ha spiegato perchè lo avevano fatto, perchè avevano preso proprio me. Anzi, sai cosa? Avrei potuto giurare che sotto sotto era arrabbiato, anzi... Mi odiava. Perchè si era sentito in dovere di salvarmi, ed era stato costretto a cedere quella... cosa... ai suoi nemici. Sono sempre stata un peso per mio padre, aveva occhi solo per Light."
"No, Sayu, non è vero" protestò debolmente sua madre, ma senza molta convinzione.
"Allora" riprese lei, socchiudendo gli occhi "ci vieni a Tokyo? Al mio matrimonio?" Lei distolse lo sguardo. "Ti ho già detto che non posso... Non chiedermi questo, Sayu."
"La verità" riprese lei, alzandosi e radunando le sue cose "è che vuoi più bene al fantasma di un assassino e a quello di un uomo che ti ha amata forse per qualche anno che a me. Va bene, mamma. Ti lascio con loro... Sei in buona compagnia." concluse, e lanciò ancora un'occhiata alla casa in cui era cresciuta. "Arrivederci, allora." disse, beffarda, e aprì la porta.
Gli stivali scricchiolavano nel ghiaino del vialetto, e le lacrime scendevano copiose, ora che non doveva più nasconderle.
"Addio, mamma" disse, e avrebbe aggiunto qualcos'altro, ma non trovava le parole giuste. Riuscì solo a mormorare "Mi dispiace..." mentre metteva in moto la macchina e se ne andava, forse per qualche tempo, forse per sempre. L'interrogativo più pressante che aveva nella testa ora si riduceva a questo: avrebbe trovato ancora Sachiko ad aspettarla, la prossima volta, o si erano appena dette addio per sempre?


Ciao, allora.... grazie se siete arrivati fino a qua. Vuol dire che avete letto tutta la shot, il che è già una bel successo per me...

Il fatto è che stavo riguardando per la centesima volta puntate a caso di Death Note, quando mi è partito un lampo: la madre di Light, Sachiko, non se la fila nessuno! Questa donna è una specie di modello di abnegazione femminile, non si ribella mai... Se ne sta sola soletta, in un angolo, senza dire mai niente... Io penso che lei nemmeno si capaciti di avere un figlio come Raito. Secondo me, sotto sotto, le mette paura con tutta la sua genialità e la sua perfezione. E poi il fatto è che, boh, perde tutti eccetto Sayu, ma avere un assassino seriale in famiglia non dev'essere il massimo, e Sayu è giovane e ha tutto il diritto di rifarsi una vita, mentre sua madre...beh, io me la immagino così. Svuotata. Inerte. Se ne avete voglia recensite, mi fareste un grande favore. Questa roba è il lampo di un pomeriggio dopo oltre tre mesi che non scrivo una riga, e ho paura che sia decente solo secondo la mia opinione! Recensite solo in nome di Sachiko e Sayu, povere, che sono bistrattate e non le fila mai nessuno...

  
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