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Autore: Mary CM 93    05/04/2013    1 recensioni
La monotonia, la vita perfetta e la famiglia sono, alcune volte, una vera e propria prigione, e c'è qualcuno che, prima o poi decide di dare una svolta...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Il signor Massari quella sera era tornato a casa tardi. Come tutte le volte, arrivato, s’era tolto le scarpe sull’uscio ed aveva appeso la giaccia su quell’appendi abiti che odiava tanto, ma che sua moglie costringeva a tenere. Era quasi furtivamente entrato in bagno per lavarsi le mani dopo una faticosa giornata di lavoro.
Sedutosi a tavola, la sua famiglia lo attendeva pazientemente, sguardi sbalorditi ed atterriti. La prima a parlare era stata sua moglie che gli aveva fatto notare che era arrivato ben mezz’ora in ritardo…”Otto e trenta”- aveva asserito saccentemente, guardando spazientita l’orologio.
 
Per il signor Massari la sua vita era perfetta ed al tempo stesso monotona. Aveva sessant’anni, moglie, figli e lavoro e, da circa trent’anni, le sue giornate procedevano ogni giorno uguali, per questo in quella famiglia trenta minuti di ritardo erano indice di avvenimenti inconsueti.
Franco Massari adorava viaggiare, ma, dopo essersi sposato, la meta più lunga raggiunta con la sua famiglia era stata la Liguria per il funerale di una zia che neppure conoscevano. Una delle tante cose a cui aveva dovuto rinunciare.
Fissò per un attimo sua figlia Sonia: una ragazza tracagnotta, dall’aria scocciata, i capelli scuri ed unticci, in volto un’espressione davvero irritante, simile a quella della moglie. La moglie, invece, aveva i capelli chiari, sempre raccolti, una donna poco elegante, grassa, davvero grassa, il signor Franco Massari guardandola se lo ripeteva ogni giorno, ma non perché davvero fosse enorme o inguardabile, piuttosto per il portamento, per i vestiti, per quel suo modo di fare sempre esagerato e pedante, pesante, agli occhi del marito, insomma, appariva una signorona fastidiosa. Poi, con un po’ di sollievo, posò lo sguardo sul figlio maggiore, Nicola, forse il meglio riuscito della famiglia, anche dal punto di fisico, tuttavia nell’osservarlo il padre aveva la consapevolezza che non fosse una persona intraprendente e che la stima che provava nei suoi confronti era assolutamente relativa agli altri due membri della famiglia.
 
Terminata la cena i figli avrebbero sparecchiato, lui avrebbe fatto il caffè, quel caffè di quella marca terribile di cui da anni non ricordava il nome, che sua moglie amava tanto, ed Adelina avrebbe lavato i piatti. Dopo di che Nicola avrebbe acceso il portatile, chattato con gli amici e sarebbe uscito per poi tornare verso le due di notte, all’incirca. Sonia invece sarebbe andata a farsi la doccia, si sarebbe messa uno dei suoi orribili pigiami enormi ed avrebbe acceso la televisione in camera. Adelina, avrebbe posto al marito qualche domanda sul lavoro della quale non avrebbe ascoltato la risposta e poi avrebbe guardato in salotto quegli stupidi reality show che da anni non capiva essere tutti già programmati.
Franco avrebbe aperto il giornale, fumato una sigaretta in terrazzo e sarebbe andato a dormire. In tutti quegli anni, nel fumare la sigaretta, sognava di fumarsela portando a spasso un cane, il suo cane, grande, dal pelo lungo e marrone chiaro, ma purtroppo nessuno nella sua famiglia amava gli animali. Una delle tante cose a cui aveva dovuto rinunciare.
 
Quella sera, però, tutto cambiò: nel fare il caffè, al signor Massari cadde una tazzina, non era mai accaduto in trent’anni. I figli si voltarono strabuzzando gli occhi, la signora Massari con aria stizzita si rivolse al marito: “Quel set ce l’aveva regalato mia madre, complimenti Franco”. E se ne andò in tutta fretta in bagno. Nicola esclamò: “Sicuro di stare bene, papà? Sai la mezz’ora di ritardo ed ora questo, fai preoccupare la mamma”. Franco non rispose, Sonia andò a farsi la doccia e tutto si risolse come ogni sera. Alle dieci e quarantacinque il signor Massari andò in cucina e guardò il set di tazzine, un set davvero orribile, tazzine rosa con piattini abbinati. Cinque, ora le tazzine erano diventate cinque, cinque orrende tazzine. Le prese e le buttò nella spazzatura insieme ai piattini ed alla scatola di caffè. La moglie dal salotto si alzò di scatto. “Che diavolo stai facendo?”-sbraitò. “Amore butto quelle orrende tazzine che tua madre, che, secondo me per altro, è una gran palla al piede, ci ha regalato. Ah ed ho buttato anche quello schifosissimo caffè che siamo costretti a bere da anni per colpa tua!”. La moglie impallidì d’improvviso, non ebbe nemmeno il tempo di replicare che Franco continuò pacatamente: “Ah e poi vorrei capire da tempo come mai nostra figlia…anzi aspetta, te la chiamo”. Andò a prendere in bagno la figlia, appena uscita dalla doccia e la portò davanti alla madre. “Ecco, ora voglio sapere come mai quasi ogni sera ti fai la doccia, Sonia, ed i tuoi capelli fanno sempre più schifo, sembrano passati nell’olio…com’è possibile. E perché usi quei pigiamoni che nemmeno la nonna indosserebbe?”. La figlia un po’ ferita non rispose. Il padre allora andò a prendere Nicola che si stava preparando in camera e condusse anche lui in cucina. “E tu, figlio mio, dimmi perché ogni sera torni esattamente alle due? Non alle tre, non all’una? Mai un imprevisto? Mai qualcosa per cui devi cambiare orario?”. “Adelina, ora dimmi…perché ogni giorno ti pettini nello stesso identico modo? Perché non c’è mai un capello fuori posto? Ah e come hai fatto in tutto questo tempo a non capire che i reality show sono totalmente finti? E adesso ditemi, Sonia e Nicola, vi piace il caffè che compra la mamma?”. I figli rimasero zitti. “No, dico…quel caffè, il caffè che abbiamo da sempre bevuto, vi piace?”. Nicola abbozzò una risposta: “Papà è quello che abbiamo sempre bevuto, se vuoi prova una nuova marca, è solo caffè…”.
“E’ solo caffè…certo e perché si mangia proprio alle otto, non otto e tre minuti, no alle otto…che orario è? A chi sta bene?”. Silenzio. “Ora vi dico ciò che io desidero fare: voglio viaggiare, viaggiare in tutto il mondo, scoprire, ammirare…voi no? Beh non m’importa…ah e poi desidero un cane e lo sapete…e sapete come lo voglio?”. Sonia incalzò scocciata: “Grande con il pelo lungo marrone chiaro e vorresti portarlo a spasso fumando la sigaretta, lo sappiamo papà, già lo sappiamo”. Franco guardò tutti torvamente, scrutando con attenzione ogni loro difetto. Adelina piangeva singhiozzando. Era ancora più brutta del solito con quel suo viso paonazzo ed inespressivo. Senza pensarci due volte afferrò il portafoglio nero dalla mensola, aprì la porta e sparì. In effetti quella sera le cose andarono diversamente: Adelina non guardò i reality show, Sonia non andò in camera sua e Nicola non uscì fino alle due di notte. Stettero tutti e tre in salotto a parlare dell’accaduto, a lamentarsi, piangere, spiegarsi. Fu una nottata lunga, strana, quasi irreale per la famiglia Massari. Forse finalmente, per una sera, erano stati una vera famiglia, unita, con tanti problemi ed incertezze.
 
Franco Massari la mattina seguente non si presentò a lavoro, fatto che anche in ufficiò lasciò tutti di stucco, in trent’anni di lavoro mai Franco Massari era stato assente, nemmeno per malattia, mai si era presentato in ritardo di un solo minuto, mai se n’era andato in anticipo di un solo minuto, aveva sempre operato in maniera efficiente e decorosa ed all’improvviso aveva deciso di non presentarsi senza neppure avvisare i colleghi o il capo. Decisero, dunque, di chiamarlo sul cellulare, ma Franco Massari non rispondeva, così provarono a casa: i figli erano a scuola, mentre la moglie era andata a fare compere con la madre. Arrivarono al numero di cellulare della moglie e chiamarono lei, la quale rispose freddamente di non preoccuparsi perché Franco si era sentito male durante la notte e poi la mattina si era addormentato senza ricordarsi di avvisare e forse, se a casa nessuno aveva risposto, era certamente perché Franco stava ancora dormendo. Assicurò, poi, che il giorno seguente sarebbe senz’altro tornato a lavoro e si scusò per lo spiacevole inconveniente. Ma Adelina Massari s’era improvvisamente fatta torva in viso, perché, non solo il marito non si trovava a casa, ma neppure a lavoro. Guardò la madre e sorrise, pensando che certamente si sarebbe presentato il pomeriggio scusandosi e spiegandosi e tutto sarebbe tornato normale. Dubbiosa in cuor suo, però, decise di chiamare i figli e suggerì loro di passare la giornata da qualche amico e possibilmente anche di dormire fuori casa. I figli non si posero domande e compresero le richieste della madre. In macchina la madre di Adelina si rivolse alla figlia con quella sua irritante vocina stridula: “Ma come avete fatto a rompere tutto il set di tazzine?”. Adelina trasse un profondo respiro ed, abbozzando un sorriso, rispose: “Eh, mamma, Franco sta invecchiando, è sempre più maldestro!”. Silenzio. “Ah Adelina”-riprese la madre-“ Vi ho comprato un’altra scatola di quel caffè che vi piace tanto”. Adelina guardò la madre e la ringraziò con aria assente.
 
Rientrata a casa, per distrarsi, pulì i pavimenti, spolverò, mise in ordine. Tutto era immobile e perfetto. L’orologio verde segnò le cinque e Franco non era ancora tornato. Adelina impaziente prese il suo cappotto rosso ed uscì per cercare il marito. Stette fuori parecchie ore senza alcun risultato, verso sera decise di andare dai suoi a mangiare, sperando di avere un po’ di conforto.
 
Alle otto di sera Franco Massari si presentò a casa. Sonia con i suoi capelli unti, Nicola normale come sempre, ed Adelina grassa con i capelli raccolti, non stavano affatto mangiando tutti insieme. Poco dopo lo seguì in cucina un cane. Franco era andato in canile ed aveva coronato il suo sogno, o quasi: una bassotta scodinzolava felice accanto al signor Massari. Franco aprì la credenza della cucina: il solito caffè. Ne fece uno e lo versò in un bicchiere. Lo bevve lentamente, assaporandolo. Si girò verso il cane: “Sì…ha davvero un sapore terrificante!”. Si avviò sicuro verso la porta. Si fermò. Tornò in cucina ed aprì di scatto l’altra anta della credenza. C’erano riposte le tazzine rosa della mamma di Adelina, le stesse tazzine che lui aveva eliminato la sera precedente. Si guardò attorno, ne prese una e la gettò a terra, sorridendo.
Se ne andò ed, accompagnato dal cane, estrasse dalla tasca un biglietto aereo per la Colombia: finalmente un buon caffè.
  
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