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Autore: Roxetta    05/04/2013    3 recensioni
Quando la cioccolata diventa più di una maniera per riprendersi da una delusione, quando la cioccolata diventa la chiave di lettura di tutta la tua vita.
Se vi ho incuriosito, leggetemi pure! ;)
"Apri il tuo cuore a quella persona che ti farà mangiare la cioccolata più buona del mondo!"
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Altro personaggio, Edward Cullen, Isabella Swan, Jasper Hale | Coppie: Bella/Edward
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Pov Edward

 
« Mi dispiace davvero Edward... immagino tu ci fossi affezionato! », mi accarezza una spalla.
 
Io? Uno dei broker più odiati di tutta Londra? Quello che tutti hanno sulle palle e a cui tutti vorrebbero farla?
Io affezionato ad un vecchio bisbetico che per capriccio ha deciso di andarsene in Francia a comprare negozietti in paesi dimenticati dall’uomo e da Dio?
Si... in realtà gli volevo bene.
 
« Non essere ridicolo Jasper! Lo sai che non lo vedevo da quando avevo dieci anni! Lo sai quanti ne ho adesso? », commento velenoso continuando a guardare fuori dalla vetrata di casa mia.
 
Sta piovendo... sai che novità!
 
« Era pur sempre tuo nonno Ed! », risponde staccandosi da me e mettendosi a guardare anche lui fuori dalla vetrata.
« Credo non si ricordasse neanche la mia faccia Jaz... », parlo piano guardando verso il basso.
 
Sono abbastanza sicuro che abbia voluto dimenticarsi la faccia del suo unico nipote che lo ha prontamente ignorato per gran parte della sua vita!
 
« Ti sbagli di grosso bello mio! – sorride andando verso il divano senza aggiungere altro; gli rivolgo uno sguardo eloquente che finalmente lo fa parlare – Ti ha lasciato l’ultima delle sue proprietà in Francia! Si era bruciato praticamente tutto fra i debiti di gioco... tutto tranne un negozietto a Siroque... »
« Siroque? », chiedo perplesso avvicinandomi e sedendomi sul divano accanto a Jasper che allarga il suo sorriso.
« Si, è un paesino in Provenza, in Francia... davvero un bel posticino! In ogni caso, lo ha lasciato a te, quindi non credo proprio che ti abbia dimenticato! », sorride vittorioso accomodandosi meglio sul divano.
« Solito Carl... – sussurro a denti stretti coprendomi la bocca con un pugno – Posso disfarmene vero? », domando speranzoso tornando a guardare Jasper.
« In che senso? Tu sei il solo erede, quindi... »
« Quindi posso venderlo! », esclamo senza farlo finire di parlare.
 
L’ultima cosa che voglio in questo momento sono le rogne causate da un negozietto chi sa dove!
 
« Ripeto, sei l’unico erede quindi si, in teoria puoi farlo! Anche se in realtà potresti anche non averne bisogno... attualmente è una specie di piccola bottega credo e gli affari vanno bene per quel che permette la grandezza del paese! »
« Quanto ti sei informato prima di venirmi a fare le condoglianze?! – domando ironico lasciandolo sbigottito – Comunque non so... cercherò di informarmi per vedere se riesco a trovare qualcosa di meglio! », concludo sintetico afferrando il telecomando ed accendendo la tv.
 
 
3 giorni dopo
 
« Si Jaz... sono in taxi. Fa un caldo, porca miseria! », continuo a sventolarmi con il giornale che ho stupidamente comprato in aeroporto.
 
Cosa pretendi di trovare in Francia se non decine e decine di giornali in francese?
 
« Abituati amico, perché li non è come a Londra! È decisamente l’opposto se devo essere onesto... », alzo gli occhi al cielo.
« Jaz, ti prego, avrei bisogno di un climatizzatore adesso, non dei tuoi sproloqui al telefono! », sbuffo mentre io e l’autista rimbalziamo sui sedili del taxi.
 
Hanno mai sentito parlare di asfalto da queste parti?
Io credo di no!
 
« Dai Ed! Cerca di goderti un po’ il paesaggio! Dicono sia davvero meraviglioso! », lo sento ridacchiare dall’altra parte del telefono e non so se mi stia prendendo in giro o no, ma la verità è davanti ai miei occhi.
« In realtà Jaz... è davvero meraviglioso! – sussurro sorridendo mentre i miei occhi si riempiono di distese color oro chiazzate dal rosso dei papaveri; in sottofondo si sentono le cicale ed il frusciare del vento – Ti devo lasciare Jasper... credo di essere arrivato. »
 
Chiudo la comunicazione senza aspettare una sua risposta mentre cerco di interpretare i gesti dell’autista.
 
Scarico i bagagli e, dopo aver salutato con un cenno di mano il tassista, mi guardo intorno: decisamente un paesino dimenticato da Dio! Si sentono cani abbaiare in lontananza ed il frusciare del vento caldo che si insinua fra un palazzo e l’altro.
Nient’altro.
 
« Meglio muoversi! », sussurro recuperando la valigia e cominciando a camminare verso la pensione in cui ho prenotato una camera.
Spero solo che li un minimo di inglese lo conoscano...
 
 
 
« Come le dicevo tramite mail signore, questa è la cifra che potrei corrisponderle per il locale. », il signor Chenal mi passa tutta la documentazione unendo poi le mani sulla scrivania, in attesa.
 
Afferro tutti i fogli beandomi per un istante del refolo fresco proveniente dal climatizzatore.
 
« Onestamente mi aspettavo qualcosa in più signor Chenal dato il perfetto stato in cui si trova il locale. », sorrido allontanando di poco la documentazione e guardandolo negli occhi.
 
Forse non sai che contrattare è il mio lavoro caro signor Chenal e non me ne andrò senza ottenere almeno altri settemila euro rispetto alla tua proposta.
 
« Signor Cullen, lei ha ragione! Lo stato del locale è ottimo ma cerchi di vederla dal mio punto di vista: quali grandi affari pensa potrò mai fare in un paesino come Siroque per giustificare una spesa così grande? », domanda sorridente accomodandosi a sua volta.
 
Un osso duro... mi piace!
 
« In realtà signor Chenal, questo... »
« È molto tardi signor Cullen... – mi interrompe guardando serio fuori dalla finestra; chino lo sguardo sul mio orologio che segna solo le sette di pomeriggio – Non sono più giovane come una volta, sa? Che ne dice se riprendiamo questo discorso domani mattina? », propone sorridente e risoluto.
 
Francamente non lo capisco, ma lungi da me l’offenderlo in qualche modo!
 
« Certo! Non è un problema per me! A domani allora... », rispondo alzandomi e stringendo la sua mano.
« A domani! », mi sorride accompagnandomi alla porta che richiude con prontezza.
 
Mi guardo intorno confuso: in tutti i miei ventisette anni di vita, è la prima volta che mi ritrovo davanti ad un tipo così strano!
Mi domando quanti affari concluda con questo modo di fare...
 
Mi scanso contro il muro per lasciar passare un gruppetto di ragazze che camminano ridendo verso il centro del paese, dove si trova il mio locale.
Forse potrei andare a fare una capatina... capire un po’ com’è realmente la situazione.
Tanto non mi conosce nessuno!
 
Un passo dietro l’altro, comincio a calpestare i mattoni di queste stradine così simili e studio i palazzi che mi circondano: tutte palazzine dai colori chiari, tutte piccole e con i fiori sui davanzali.
 
« Excusez moi! », dice una bambina dopo avermi urtato per sbaglio.
Le sorrido per farle capire che è tutto apposto e quando rialzo lo sguardo, un’enorme insegna attira la mia attenzione: Chocolat.
 
A quanto pare sono arrivato!
 
Giovani e meno giovani entrano ed escono dal negozio; alcuni sono seduti a dei tavolini sulla piccola terrazza mentre gli altri si accalcano fra i divanetti all’interno.
 
Facendomi spazio fra una persona e l’altra, entro nel locale dove enormi citazioni a proposito del cioccolato stampate sui muri attirano la mia attenzione facendomi restare a bocca aperta.
 
« Vous avez besoin d’aide? », mi domanda una ragazza bassina dai tratti tipicamente mediterranei stringendo fra le mani un vassoio contenente piatti ormai vuoti.
« Ehm... moi... », mi guardo intorno cercando di farmi venire in mente qualcuna delle poche parole francesi che conosco.
« Parli inglese? », mi chiede sorridendo con perfetto accento inglese.
 
Chiunque tu sia, per me sei un miracolo adesso!
 
« Si, sono inglese! », le sorrido spostandomi di poco per permettere ad una ragazza di passare.
« Vieni con me Inghilterra! », mi dice facendomi cenno con la testa di seguirla.
 
Sorride a tutti recuperando piatti, posate e quant’altro.
 
Una volta arrivati al bancone, si china per infilare tutto in lavastoviglie e, dopo pochi minuti, torna su sorridente.
« Allora sir, come posso aiutarti? », domanda pulendo il vassoio con uno strofinaccio.
« Io in realtà... stavo camminando e sono passato qui d’avanti e... »
« Ti ha richiamato il profumo di cioccolata? », domanda ridacchiando.
 
Ha davvero una risata musicale! Ed è così... bella!
 
« Forse. », ammetto grattandomi la testa e ridacchiando anche io.
« Bene allora, mentre ti schiarisci le idee, mi permetti di offrirti un pezzetto di Sacher? », sorride recuperando un piatto pulito dal ripiano.
 
Sono francamente sbigottito... qui offrono così alla leggera?
 
« Ehm... non ce n’è bisogno, davvero! Poi non voglio metterti nei guai con il tuo capo... », rispondo sperando di non averla offesa.
« Oh, non preoccuparti del mio capo! – ride piano tagliando una fetta di torta; ha davvero un bell’aspetto! – Te la offro con piacere, sul serio... ma poi voglio sapere che ne pensi! Ci stai? », sorride porgendomi il piattino e recuperando nuovamente il vassoio di poco fa.
« Beh, grazie allora! Dimmi il tuo nome però... almeno saprò chi ringrazio! », sorrido afferrando il piattino e posandolo sul ripiano del bancone.
« Aspettami qui! », grida facendomi un occhiolino ed allontanandosi fra la gente.
 
La guardo sparire e mi giro nuovamente verso quella fetta di torta che mi guarda in attesa di essere mangiata.
Non sono mai stato un amante di dolci io... perché l’ho accettata?!
Se la lascio però potrebbe rimanerci male la ragazza... un assaggio non potrà uccidermi!
 
Stacco un pezzettino e, guardandolo con sospetto, lo porto alle mie labbra.
 
Non sono sicuro di essere davvero sveglio in questo momento...
È come quando in un sogno raggiungi quel punto per cui hai corso tutta la notte; come quando rivivi nei ricordi il sapore di quel piatto che hai mangiato una volta da bambino e che ti ha conquistato.
È una danza per le papille gustative il momento in cui il gusto del cacao sposa ed ingloba quello delle albicocche; pura estasi l’istante in cui la pasta morbida della torta si scioglie contro il palato regalandoti la sensazione di essere finalmente a casa.
 
« Allora sir? Questa Sacher è di tuo gradimento? »
 
Riapro gli occhi che non mi ero reso conto di aver chiuso e la trovo di fronte a me intenta a pulire nuovamente il vassoio.
Mi sorride ancora una volta.
 
« Voglio il tuo nome! Devo sapere chi è l’autrice di questa fetta di paradiso! », credo di stare gridando, ma francamente non mi interessa.
È fottutamente buona!
 
« Sono Bella, piacere! », esclama ridendo e porgendomi la mano destra.
 
Bella?
Che nome strano!
 
« Io sono... chiamami Ed! – le sorrido stringendo la sua mano – I miei amici mi chiamano tutti così! »
« Ma a te piace? Non sempre i nomignoli degli amici sono belli... », ridacchia tornando alle sue faccende e guardandomi nascosta nelle sue ciglia lunghe.
 
Bambina, devi solo ringraziare che Jasper non sia qui o che io non sia ubriaco, o non avresti tregua!
 
« È il modo in cui mi chiamano da una vita, quindi si... più che altro ci sono abituato! – le faccio un occhiolino mentre lei mi sorride in un cenno di assenso – Ma tu? Bella non mi sembra un nome francese... », parlo piano esprimendo il mio dubbio di poco fa.
« Tombola Ed! – ride e mi fa un occhiolino prima di spiegarsi – In realtà mi chiamo Isabella! »
« Ma nemmeno Isabella è francese... o sbaglio? », domando seriamente curioso.
 
C’è qualcosa di particolare in lei... a primo impatto è la classica ragazza mediterranea ma c’è qualcosa di... diverso in lei!
 
« Caspita, ma allora non ti sfugge nulla! – ridacchia posando lo strofinaccio che aveva fra le mani sul bancone – Sono... una specie di super ibrido! Mia madre era italiana e da qui il nome Isabella, mio padre invece era inglese infatti il mio cognome è Swan. », sorride prima di rubare un pezzettino di Sacher dalla mia fetta e farmi una linguaccia.
« Ecco! – forse ho urlato un po’ troppo... – Un po’ si vede che ti scorre sangue inglese nelle vene! Comunque, che ci fai in Francia se sei italo-inglese? »
 
È effettivamente davvero curiosa come cosa!
 
« È dove sono nata e cresciuta! – si stringe fra le spalle tranquilla – I miei genitori erano in vacanza in Francia e in quella vacanza si sono conosciuti ed innamorati e poi... beh, poi eccomi qui! », sorride tenera e tranquilla.
« Sembra quasi una favola... », sussurro sorridendo commosso anche io.
 
Per me è una favola!
Lei è il frutto di un amore vero e spontaneo, mentre io sono stato il frutto di un matrimonio combinato terminato in un divorzio.
La sua è una favola.
 
« Lo è stata... », sospira staccandosi dal bancone ed allontanandosi nuovamente fra la folla.
 
L’ho forse offesa?
 
 
Pov Bella
 
« Cara, i miei complimenti per davvero! Ti sei superata con questa torta al triplo cioccolato! », Agate sorride porgendomi un piattino praticamente lucidato.
« Mi fa piacere che ti sia piaciuta Agate! Aspetta di provare i tartufini all’arancia su cui sto lavorando... se andrà tutto bene, li adorerai! », ridacchio allontanandomi dalla sua sedia dirigendomi nuovamente all’interno del locale dove Ed ancora mi aspetta.
 
Perché gli ho raccontato dei miei genitori? Noi non ci conosciamo nemmeno!
Ma è stato così... naturale parlare con lui; quasi ci conoscessimo da tutta la vita!
 
« Bella, ti ho forse offesa? Nel caso beh... mi dispiace davvero! Non era mia intenzione! », parla prima ancora che possa depositare il mio piccolo carico di stoviglie sporche sul bancone.
 
Forse ci è rimasto male per come me ne sono andata via!
 
« No Ed, tranquillo! Dovevo solo andare a recuperare un po’ di piatti e posate. », gli sorrido piano chinandomi a sistemare tutto in lavastoviglie.
« Ok... forse ti sto disturbando ed è meglio che vada. Mi sembri molto impegnata e non vorrei metterti nei guai con il tuo capo! », sorride preoccupato alzandosi dallo sgabello su cui si era accomodato.
 
Rido di gusto guadagnandomi un’occhiata indagatrice da parte sua.
 
« Sbaglio o ti avevo detto di non preoccuparti del mio capo? E poi non mi dai fastidio, tranquillo! Mi fa piacere chiacchierare un po’! – gli sorrido per cercare di convincerlo – Fra le altre cose, sto per chiudere e quindi da qui a dieci minuti non sarò più così impegnata! »
 
Posa una mano sul ripiano del bancone come se stesse decidendo se trattenersi o no.
 
« Non ti ho ancora convinto? – gli chiedo con un tono di voce infantile facendolo ridere; ha una bella risata – Dai, raddoppio la mia offerta con una conchiglia di cioccolato fondente piena di crema al cioccolato bianco! Non puoi dirmi di no... », dico ridacchiando e sventolando il piattino con la conchiglia sotto il suo naso.
 
Dopo un ultimo momento di titubanza, scuote la testa ridendo ed afferra il piattino nelle mie mani.
 
« Sei proprio testarda! », commenta scherzoso sedendosi nuovamente sullo sgabello di poco fa.
« Prerogativa degli italiani credo. », rispondo sorridendo e facendogli un occhiolino prima di tornare alle mie faccende.
 
 
 
« Quindi conosci ben tre lingue? », mi chiede sbalordito mentre tiro giù la serranda del locale e chiudo il lucchetto.
 
Ormai non c’è quasi più nessuno in giro a parte qualche coppietta che si scambia effusioni contro i portoni nascosti dall’ombra.
 
« Precisamente caro! – sorrido gustandomi la sua faccia – È sempre divertente vedere le facce della gente quando sa che parlo tre lingue! Eppure non c’è niente di eccezionale! », ridacchio chiudendo il giubbottino di pelle che indosso e cominciando a camminare.
 
Ed mi segue a ruota.
 
« Beh, io a parte l’inglese conosco solo qualche parola di francese e spagnolo, quindi per me sei un piccolo genio! », ridacchia camminando al mio fianco e solo in questo momento realizzo di quanto lui sia un gigante rispetto a me.
« Sei davvero esagerato! – dico dandogli uno schiaffetto inoffensivo sul braccio – Dove ti accompagno piuttosto? », gli domando ridendo e stringendomi nel mio giubbotto.
 
Speravo che l’aria si fosse un po’ riscaldata dopo le buone temperature della giornata, ma fa freddo anche stasera!
 
« Tieni questa... », parla sfilandosi la felpa di dosso e posandola sulle mie spalle.
« Ma... avrai freddo! », protesto timidamente notando che ha su solo una t-shirt a maniche corte.
« Stai scherzando? – scoppia a ridere infilando le mani in tasca – Questa temperatura è semplicemente... perfetta! Ricordi che io vengo da Londra, vero? », domanda facendomi un occhiolino e riprendendo a camminare piano.
 
Mi stringo maggiormente nel calore della felpa e la infilo piano beandomi della sensazione di tepore.
 
« Effettivamente me ne stavo dimenticando... – ridacchio annusando piano il collo della felpa: sa di dopobarba – Non hai risposto alla mia domanda di prima però! Dove ti sto accompagnando? », chiedo guardandolo negli occhi e sorrido.
« Tu da nessuna parte! Io ti sto accompagnando a casa tua! », sorride convinto fermandosi al centro della strada nel preciso istante in cui lo faccio io.
« Che? Tu sei il turista e sei tu ad accompagnare me? »
« Certo! Sarò pure turista, ma tu sei una ragazza e non posso permettere che tu giri da sola per le stradine di un paesino in piena notte! », parla convinto come per dire che è così evidente.
« Punto primo sembri mio padre con un discorso del genere! Punto secondo, io qui sono a casa mia... non mi perdo! Tu invece hai una alta probabilità di perderti ed una scarsa possibilità di riuscire a trovare qualcuno in grado di darti indicazioni in inglese! », parlo in maniera convinta per fargli capire che il mio di discorso è evidente e naturale.
 
È davvero gentile però ad avere un pensiero del genere...
 
« Sono perfettamente in grado di orientarmi e, qualora mi perdessi, ho questo che verrà in mio soccorso! – parla mostrandomi uno smartphone di ultima generazione – Mi dispiace, ma non transigo! Ti accompagnerò a casa per assicurarmi che ci arrivi sana e salva! », proclama chiudendo un attimo gli occhi e stringendo le braccia al petto (come farebbe un bambino).
« E sia! – sospiro agitando le mani in aria in maniera teatrale – Ma sappi che acconsento solo perché sono troppo stanca per discutere! »
« Amo vincere! », sussurra avvicinandosi alla mia faccia e rivolgendomi un sorriso impertinente prima di riprendere a camminare.
 
Rimango per un attimo impietrita dal suo gesto ma infondo... è solo un ragazzo che farà parte della mia vita per due giorni o poco più! Non mi importa poi così tanto se si prende un po’ di confidenza. Mi divertirò un po’ anche io finalmente!
 
« Ehm... Ed? – si volta nella mia direzione – casa mia è da quella parte! », sorrido indicando la direzione opposta a quella da lui intrapresa.
 
Senza dimostrarsi toccato più di tanto dal suo errore, mi raggiunge e comincia a camminare nella direzione da me indicata.
 
« Andiamo? », domanda serio vedendomi ancora ferma nello stesso punto.
 
Scuoto la testa sorridendo e lo raggiungo anch’io.
 
« E comunque... dovevi essere pieno di amichetti all’asilo con il tuo amore per la vittoria! », sussurro prima di mettermi a correre ridendo.
 
 
                                                                                                                                                 
« Beh, allora... io ti ringrazio! », sussurro sorridendo in imbarazzo con una mano sul portoncino di casa e l’altra che gioca nervosamente con la tasca del jeans.
« Figurati! È stato semplicemente un piacere! », mi sorride anche lui ma molto più rilassato di me.
 
È davvero un bravo ragazzo... peccato che tipi così si siano estinti da queste parti!
 
« Sei sicuro che riuscirai a ritrovare la pensione? », domando sorridendo e poggiandomi con la schiena sul legno del portoncino.
« Al massimo dormirò su una panchina! », risponde ridendo e facendo ridere anche me.
« Devo restituirti questa allora! Altrimenti morirai assiderato... », mi sfilo la felpa mentre parlo e gliela porgo ripiegandola un poco.
 
Blocca le mie mani sorridendo.
 
« Tienila tu... ne ho decine così e non miro a dormire su una panchina stanotte! », mi fa un occhiolino.
« No, davvero! Questa è tua! »
« Al massimo me la restituirai domani... », sorride facendo un passo indietro senza darmi mai le spalle.
 
Lo guardo dubbiosa.
 
« Domani? », chiedo stringendo la felpa nuovamente fra le mie mani.
« Già... credo che avrò voglia di un croissant al cioccolato! », sorride ancora mentre sento il mio stomaco stranamente... contratto.
« Beh, sai dove trovarmi! », rispondo ridacchiando ed infilandomi nel portoncino.
« Buonanotte Bella! », sorride facendomi un cenno con la testa ed indietreggiando piano.
« Buonanotte Ed. », sussurro richiudendo piano il portoncino spiandolo nello spiraglio che va sempre più a chiudersi.
 
Dove ho messo le chiavi adesso?
 
« Bella? »
 
Me lo sono immaginato o mi ha chiamato per davvero?
Riapro piano il portoncino e lo trovo ad un millimetro dalla mia faccia.
 
« Si? », chiedo senza fiato.
« Ero sicuro che il tuo portone sarebbe stato color cioccolato. », sorride mentre abbasso lo sguardo ridendo.
« Sono prevedibile eh? », chiedo guardandolo nascosta dalle ciglia.
« Giusto un po’! – mima con una mano sorridendo – Buonanotte! », sussurra lasciando un bacio all’angolo delle mie labbra ed andandosene a testa bassa senza più voltarsi.
« Buonanotte... », soffio seguendolo con lo sguardo prima di chiudere il portoncino e sedermi contro il suo legno.
 
Che cavolo...
 
Mi cade la felpa di mano e subito la recupero: ho ancora questa in fin dei conti!
Ho una felpa ed una promessa...
 
 
 
Pov Edward
 
Che diavolo ti è preso Edward?
Tu sei una bestia praticamente con chiunque ti circondi e lo sei da sempre! Cosa sono queste sdolcinatezze?
 
« Maledetta atmosfera francese... », sussurro fra me e me ripercorrendo quelle stradine tutte uguali e sfregandomi un po’ le braccia: non è che stia proprio magnificamente a maniche corte!
 
Almeno grazie a quella felpa ho ricavato una scusa! Domani potrò rivederla...
 
Forse non è l’aria francese; forse è solo colpa della cioccolata.
 
 
Il giorno dopo
 
« Allora Ed? Hai parlato con quel tipo? Come si chiama... »
« Si chiama Chenal Jaz, e comunque si, esco proprio ora dal suo studio. », dico chiudendomi la porta del suo ufficio alle spalle.
« E allora? Che avete concluso? », domanda forse un po’ troppo curioso; ma è il mio avvocato in fin dei conti...
« Mi offre cinquantamila euro in più di quello che ne ricaverei lasciando il locale nella situazione in cui è adesso. », dico rilassato facendo piano avanti e dietro sotto il portone dell’ufficio del signor Chenal.
« Quindi accetterai la sua offerta, giusto? », chiede sapendo già cosa risponderò.
« E me lo chiedi anche? Ammetto che sia una delle migliori cioccolaterie che abbia mai visto, – e con il miglior personale che abbia mai conosciuto... – ma sai meglio di me che gli affari sono affari ed io non ho intenzione di cercarmi rogne se posso evitarle! »
 
Sfido chiunque a contraddire questa logica!
 
« Lo so Ed, ti conosco! – tace per qualche secondo – Hai già conosciuto chi gestisce adesso la cioccolateria? », domanda nuovamente con quel tono curioso di poco fa.
« No, sto per andare a conoscerlo però... il signor Chenal mi accompagnerà fra cinque minuti. », guardo verso il cielo mentre parlo e noto una signora che mi spia da dietro una finestra.
 
Cosa dovrei aspettarmi in un paesino così piccolo?
Questa signora non mi ha mai visto correre fra queste strade quando avevo dieci anni o poco più; per lei sono un perfetto (e forse indesiderato) estraneo!
 
« Oh beh, allora ti lascio! », ridacchia per qualche ragione che non riesco a comprendere.
« Okay... ci risentiamo! », concludo chiudendo la chiamata e sedendomi su uno scalino in attesa del signor Chenal.
 
Forse avrei potuto dirgli di incontrarci direttamente in cioccolateria... così avrei rivisto Bella senza la sua presenza!
 
Bella...
Ti ho sognata stanotte bambina. È forse colpa di ciò che mi hai fatto mangiare? Quel cioccolato era forse stregato?
 
« Signor Cullen! – riemergo dai miei pensieri e ritorno in piedi – Mi scusi se ci ho messo tanto ma, lo sa, non sono più giovane come un tempo! », ride di gusto chiudendosi il portone alle spalle.
 
In fin dei conti è un tipo simpatico! Strambo, ma simpatico!
 
« Non si preoccupi signor Chenal! »
« Chiamami Serge per favore! Mi sentirò un po’ meno vecchio! », dice ridendo ancora e cominciando a camminare con il suo bastone che batte contro il pavimento.
« D’accordo Serge, come preferisce. – gli sorrido camminando al suo fianco; sembriamo quasi un nonno con suo nipote. Perché tutto questo mi fa sentire una specie di rimorso? – Lei mi chiami Edward allora! », sorrido mesto mentre ci avviciniamo alla cioccolateria.
« Bene ragazzo! – mi sorride sistemandosi poi il cappello sulla testa dopo aver incrociato una signora; questo fa sorridere me – Allora, ha conosciuto qualcuno alla cioccolateria? », mi domanda facendo un cenno con la testa verso l’insegna del locale.
 
La cosa bella di questi posti è che in un batter di ciglia raggiungi qualsiasi punto: è tutto così piccolo, così vicino!
 
« Si... ieri sera ho conosciuto una ragazza che si chiama Bella. Lei! », dico mentre entriamo indicando con la testa Bella che si affanna fra i tavolini.
 
Non mi ha ancora visto...
 
« Bene! Allora hai già conosciuto la gestrice! », sorride accomodandosi ad un tavolino e togliendosi il cappello.
« Cosa? », domando impietrito restando in piedi.
 
Bella?
Lei è la gestrice di questo posto?
 
Mi volto verso il suo corpo snello che va agile fra un tavolo e l’altro e, nel momento in cui mi nota e mi sorride, non riesco a fare lo stesso.
 
« Si, è lei a gestire la cioccolateria! Prima se ne occupava sua madre ma poi, ahimè, la povera Maria è venuta a mancare e da allora se ne occupa lei. », la voce di Serge mi giunge piano alle orecchie mentre mi siedo al suo fianco e resto intrappolato nello sguardo confuso di Bella.
« Questo lei non me lo aveva detto... », sussurro seguendola con lo sguardo mentre si avvicina al nostro tavolino.
 
Ieri sera abbiamo parlato di tutto... perché non me lo ha detto?
 
« Salve Serge! Come stai? – domanda rivolgendo un dolce sorriso al mio vicino – Ed... », dice semplicemente guardandomi solo per un istante tornando poi al signor Chenal.
« Io bene cara! », risponde lui rispondendo al suo sorriso.
« Allora, cosa vi porto? », chiede lei tirando fuori un blocnotes ed una penna e continuando a guardare solo Serge.
« A dire il vero cara, io e il signor Cullen avremmo premura di parlare con te. Sei molto occupata in questo momento? », domanda sempre gentile.
 
Io non riesco a dire una parola... sono ancora scioccato da ciò che Serge mi ha detto.
 
« No... chiedo ad Alice di venire qui d’avanti. – parla come fosse smarrita guardandomi solo per frazioni di secondo – Aspettatemi nel mio ufficio, va bene? », domanda riponendo il blocnotes e la penna nella tasca del suo grembiulino.
« Certo Bella, ti aspettiamo li. », rispondo io incatenandola al mio sguardo per un secondo lunghissimo.
Non riesco a leggere nulla nei suoi occhi, come se mi stesse nascondendo le sue emozioni.
 
« Se preferisci posso parlare io ragazzo. », mi sussurra Serge mentre entriamo nell’ufficio di Bella.
 
È piccolo ma accogliente, con le pareti color sabbia ed il pavimento color cioccolato al latte.
 
« Come vuole lei Serge... per me non è un problema parlare! », sussurro accomodandomi su una poltroncina di fronte alla scrivania.
« Eccomi qui! Ditemi tutto!», ci giriamo entrambi verso la porta da cui entra una Bella diversa; è come se avesse tirato su la sua faccia da poker.
 
Si siede alla poltrona dietro la scrivania e sorride guardando entrambi.
Serge prende subito parola.
 
« Allora cara, sai che questo locale apparteneva al signor Carl Cullen... »
« Che è morto qualche giorno fa; si, lo so. », conclude con sguardo più serio.
« Beh, il signor Edward era suo nipote ed è l’attuale proprietario. »
 
Bella rivolge il suo sguardo su di me e fra noi è come se ci fosse un muro.
 
« Oh... mi dispiace per la perdita! Le mie condoglianze. », dice mostrando rispetto per il mio lutto.
« Grazie. », è un sussurro appena percettibile il mio.
« Dunque dicevo, Edward è l’attuale proprietario e... »
« E sarei intenzionato a vendere. », prendo la parola con tono di voce serio catturando lo sguardo di entrambi.
 
Bella è completamente persa... sei suoi occhi leggo panico e smarrimento.
 
« Oh... non- non immaginavo che avrebbe voluto vendere. Sa, gli affari vanno piuttosto bene e suo nonno era più che contento del nostro modello lavorativo e... »
« Mio nonno non è più qui però. », concludo aspro facendo venire fuori il mio modo d’essere che tutto il mondo conosce e che solo lei non aveva mai visto.
 
Mi guarda ferita.
 
« Ne sono consapevole! Cosa vuole quindi in definitiva? La mia proposta per rilevare questo locale? », chiede con un tono di voce duro, di chi è stato punto nel vivo.
« Io cara devo essere onesto. – Serge riprende nuovamente la parola spezzando il dialogo tagliente fra me e Bella – Ho formulato anche io una proposta; sai, mi tornerebbe davvero comodo questo locale per aprire uno dei supermercati della mia catena anche qui a Siroque. Naturalmente l’ho già comunicata ad Edward. »
« Capisco la tua posizione Serge. – risponde asciutta prima di fargli un mezzo sorriso; poi rivolge nuovamente il suo sguardo a me ed è serissima – Dunque immagino che la questione sia fra noi due! »
 
Sembra quasi che voglia sfidarmi.
Non posso accettarlo.
 
« La questione è molto semplice cara Bella: desidero sapere se ha intenzione di comprare e per quanto, altrimenti non abbiamo nulla di cui discutere noi due, se mai avrò da parlare con il signor Chenal. »
 
Tu non mi hai conosciuto Bella. Non sai cosa posso essere...
 
« Forse è meglio che io vada... dovete parlare voi due ed io devo raggiungere mia moglie. – Serge si alza con fatica dalla poltroncina al mio fianco ed imbocca subito la porta dello studio – Ci sentiamo presto ragazzi. », e se ne va.
 
Non mi sorprendo più di nulla con quest’uomo un po’ pazzo.
Sento la porta chiudersi mentre ne io ne Bella smettiamo di guardarci negli occhi.
 
Si alza in piedi e fa per uscire dallo studio anche lei.
 
« Dove vai? », chiedo quasi scioccato prendendola per un polso.
 
Mi guarda schifata.
 
« Abbi almeno il buon gusto di non toccarmi! », sputa velenosa strattonando il polso dalla mia presa.
« Sei impazzita? », le domando cominciando ad alterarmi.
« Io sarei impazzita? Ma, Ed caro, - sottolinea con scherno il nome con cui mi sono presentato ieri sera – perché mai pensi una cosa del genere? Forse perché mi fa schifo stare nella stessa stanza con colui che mi ha presa in giro per delle ore? Beh, forse almeno questo dovresti concedermelo! », è davvero incazzata mentre mi vomita addosso tutte queste parole e mi guarda con disprezzo e... dolore.
« Senti io... »
« No, senti tu! – dice interrompendomi e puntandomi un indice contro – Io a questo posto non ci rinuncio, chiaro? », apre la porta e se la richiude alle spalle sbattendola con forza.
 
Perché piangeva?
 
 
 
Pov Bella
 
« Bella, tutto bene? », mi chiede Alice vedendomi correre fuori dal mio ufficio.
 
La blocco con le mani e le faccio no con la testa sperando che capisca che non voglio nessuno.
Esco dal locale correndo e non so nemmeno io dove sto andando fin quando non mi ritrovo d’avanti al piccolo parco giochi di Siroque; entro correndo e vado a sedermi su una panchina mentre le lacrime scendono piano e dolorose dai miei occhi.
 
Lo odio.
Lo odio perché lui ha tutto e vuole togliermi l’unica cosa che mi è rimasta.
Lo odio perché io sono questo... e lui vuole liberarsi di ciò che sono per ricavarne uno stupido mucchio di soldi.
Lo odio perché vendendo tutto distruggerebbe l’ultima cosa che mi è rimasta a collegarmi con mia madre e mio padre.
Ma soprattutto lo odio perché mi ha presa in giro; ha fatto i suoi comodi per poi prendersi gioco di me.
 
Asciugo le lacrime che mi inondano il viso con i bordi della felpa che indosso: la sua fottutissima felpa!
 
Non mi porterai via tutto ciò per cui vivo. Edward Cullen, hai fatto male i conti se hai pensato di potermi fare fuori così facilmente!
 
Mi alzo in piedi e vado verso la fontana al centro del parco; fisso il mio riflesso e credo di non averlo mai visto così determinato: lotterò con le unghie e con i denti e potete crederci mamma e papà, vincerò io!
 
 
 
Pov Edward

 
« Si Jasper, sono abbastanza sicuro che venderò a Chenal. Non credo proprio che la ragazzina possa offrirmi una cifra in grado di farmi cambiare idea! », ingoio un altro sorso di vino guardando fuori dalla finestra della mia camera.
 
I bambini si rincorrono urlando divertiti.
 
« Capisco... e pensi di sapere quanto tempo ancora ti tratterrai li? », domanda serio.
« Cos’è, ti manco? », chiedo ironico posando il calice semivuoto sul piccolo scrittoio accanto alla finestra.
« E già, mi hai proprio beccato! – ridiamo tutt’e due – Era per prenotarti il volo, coglione! », risponde con la gentilezza che lo contraddistingue.
« Sempre gentile tu! Comunque non penso di trattenermi più di cinque giorni ancora... giusto il tempo di capire se la ragazza può offrirmi di più. », sospiro riprendendo il calice in mano e facendolo girare sotto il mio sguardo.
« Okay. Beh, ora vado Ed. Ci sentiamo! »
« Okay, ciao. », chiudo la comunicazione riponendo il cellulare in tasca.
 
Come devo fare con te Bella?
Sei stata la prima persona in grado di farmi sentire un verme in tutta la mia vita.
 
La mia attenzione viene catturata da una voce femminile che urla in strada.
 
« Da oggi la dolcezza arriva a casa vostra! »
 
Questa voce la conosco...
 
« Fate entrare la cioccolata nella vostra vita! », vedo Bella spuntare da dietro un angolo alla guida di una specie di carretto con il motore strapieno di qualsiasi tipo di cioccolata e leccornia si possa immaginare.
 
Si ferma esattamente sotto la finestra della mia stanza e subito un manipolo di gente si avvicina curiosa.
Bella regala sorrisi a tutti ed infine alza lo sguardo verso la mia finestra con occhi che trasudano sfida ogni secondo di più.
E credo che i miei di occhi stiano schizzando fuori dalle orbite nel preciso istante in cui alza un sacchetto di tronchetti al cioccolato nella mia direzione sorridendo diabolica.
 
 
2 giorni dopo
 
 
Pov Bella
 
« Quindi ora a quanto siete? », chiede Alice mordendo un cubotto di cioccolata fondente con scaglie di cocco.
« Per il momento siamo due a uno per me. – dico con l’affanno mentre stendo della cioccolata sul ripiano in marmo per farne dei torroncini – Ma sto per arrivare a tre! », sorrido asciugandomi la fronte con il polso.
« Lui è a uno? Quando è successo? »
« Beh, mi ha dato una settimana per offrirgli più del signor Chenal... ma questo è l’unico punto che Edward Cullen riuscirà a segnarmi! », ridacchio prendendo le scatole per confezionare i torroncini.
« Mi immagino! Quando ti prefiggi una cosa... non c’è santo che ti faccia cambiare idea! – ridacchia mentre io le faccio una linguaccia – E come hai intenzione di arrivare a tre? », domanda aiutandomi nell’operazione di confezionamento.
« Vedrai stasera alla festa del cioccolato che ho organizzato! Devi ricordarti che, prima di essere un rompiscatole, è un maschio e ci sono cose a cui... beh, i maschi non sanno resistere! », concludo ridendo.
« Sei proprio pestifera! », dice Alice ridendo insieme a me.
 
Non sono pestifera. Semplicemente mi difendo con qualsiasi mezzo a mia disposizione.
 
 
 
Pov Edward
 
« Quindi è in vantaggio lei adesso? », chiede ridendo come un matto.
« Ancora per poco Jasper! – freno i suoi entusiasmi mentre mi chiudo la porta della mia camera alle spalle – Quando mi riprenderò ciò che è mio di diritto non ci sarà competizione che tenga! », sorrido vittorioso immaginando di far sparire quel sorriso diabolico dalla sua faccia.
« Ahh, Edward! Secondo me stai sbagliando tutto! », sospira dall’altra parte della cornetta e so già cosa vuole dirmi (me lo ripete da due giorni).
« Jasper, ti prego sono due giorni che mi ripeti le stesse cose! Adesso basta! Anche perché sto andando ad una festa, quindi basta per favore! »
 
L’aria è più calda di qualche sera fa. È davvero meraviglioso.
 
« A che festa vai scusa? », domanda perplesso.
« Alla festa della cioccolata naturalmente! E indovina un po’ chi l’ha organizzata? », domando ridacchiando ironico.
« Spero proprio che riuscirai a capire di cosa ti sto parlando da due giorni prima di farti troppo male o farne a lei! »
 
Alzo gli occhi al cielo camminando fra la gente che si accalca per raggiungere la cioccolateria.
 
« Sei più pesante di mio padre quando ti ci metti! Ora ti saluto. »
« Ovviamente... ciao Edward! »
 
Chiudo la comunicazione sbuffando.
Perché deve essere così... pesante?! Ormai non ho più dieci anni!
 
C’è un sacco di gente in giro e sembra quasi che la piazza in cui si concentra la festa non possa contenere tutte queste persone; mi guardo intorno e la cerco con lo sguardo: di certo si aspetta la mia presenza, ed io non voglio deluderla.
Mi siedo ad un tavolino all’aperto di un bar e continuo la mia perlustrazione fino a trovarla in un angolo sotto il porticato.
 
Cazzo quanto è bella... non avevo mai visto le sue gambe (anche se, visti i jeans attillati che indossa di solito, non è difficile immaginarle)!
La sua pelle è bianca come la neve, più chiara del vestitino color panna che indossa; contrasta e si sposa magnificamente con le sue labbra tinte di rosso che donano sorrisi a tutti.
 
La guardo mentre ordino una birra e lei sembra a stento riconoscermi fra la folla.
 
Cosa stai cercando di fare Bella? Cosa vuoi fare con quelle labbra rosse come la passione?
 

 
« Un’altra, per favore! », urlo al ragazzo del bar che mi guarda strano.
 
Cosa c’è? Qui in Francia è vietato bere un po’ di birra in più?
È solo la... sesta in tre ore!
 
Tre ore... tre ore in cui non ho fatto altro che assistere alla sua vittoria bevendo una birra sopra l’altra; tre ore in cui non ho fatto altro che ammirare le sue gambe snelle vicine a quelle di un mare di gente, un mare di ragazzi... troppi ragazzi!
Tre ore in cui le sue labbra rosse sono diventate la mia ossessione, come un drappo rosso per un toro.
 
« Ecco. », il ragazzo mi lascia l’ennesimo bicchiere di questa schifo di birra francese e si allontana quasi impaurito.
 
Pensi che sia ubriaco ragazzo?
Forse...
Come sarebbe possibile altrimenti che io stia desiderando divorare quelle labbra rosse?
 
Bevo qualche sorso ancora e lascio una banconota da venti euro sul tavolo. Che si tenessero il resto se c’è! Io devo porre fine a questa tortura!
 
Cammino sotto il porticato confondendomi fra la gente fino ad arrivare alle sue spalle; in questo momento non c’è nessuno al banchetto e lei sta ripiegando le buste inutilizzate e mettendo in ordine.
 
« Hai proprio deciso di stracciarmi in questa specie di sfida, eh? », chiedo avvicinandomi e parlando al suo orecchio.
 
Lei resta un attimo impietrita ma non si gira nella mia direzione, anzi riprende a sistemare la merce in disordine.
 
« “À la guerre comme à la guerre” dicono i francesi! », risponde sorridendo diabolica.
 
Ancora... ancora quel sorriso! Ancora quelle labbra!
 
« Ma tu non sei francese... », sussurro posando la mano destra sul suo fianco.
 
Si volta nella mia direzione con gli occhi più che sorpresi ma continuando a sorridere.
 
« La mia carta d’identità la pensa diversamente! », mi guarda negli occhi e, ne sono sicuro, lo sta facendo apposta ad avere questo sguardo provocante.
« Non hai risposto alla mia domanda però! », metto su il mio sorriso migliore, quello con cui normalmente le ragazze cadono ai miei piedi.
 
Lei si limita a posare una mano sul mio petto e a sorridere ancora.
 
« Non mi hai dato molte alternative... devo usare tutte le armi a mia disposizione per sopravviverti! »
« Parli come se fossimo in guerra! », sussurro accarezzandole una guancia.
« In un certo senso lo siamo... e non per colpa mia! », sorride ma dai suoi occhi posso capire che è seria.
« Io odio le guerre! – sussurro avvicinandomi di più mentre lei gioca con il bordo della mia camicia leggermente sbottonata – Così tante date e nomi da imparare... meglio la pace, non credi? », domando osservando le sue labbra rosse che si mordono nervose.
 
Mi sembra di impazzire!
 
« Edward, non l’ho chiesta io questa guerra! Come pretendi che possa darti la pace? », è seria mentre parla, non sorride più.
« Così... », poso le mie labbra sulle sue e mi sento in paradiso dritto al centro dell’inferno.
 
Sono così soffici, così lisce le sue labbra... come la pasta morbida e spumosa di una mousse al cioccolato, e mi fanno chiedere di più, sempre di più!
Hanno il sapore di quel primo pezzettino di Sacher che mi ha fatto assaggiare.
 
Posa una mano sul mio petto e mugolando mi spinge indietro.
Riapro gli occhi nel momento esatto in cui ci separiamo: il rossetto è tutto sbavato intorno alle sue labbra e gli occhi sono lucidi.
 
« Perché l’hai fatto Ed? Per prendermi ancora in giro? », chiede con voce tremula asciugando una lacrima all’angolo dell’occhio.
« Tu... mi fai impazzire! », ringhio quasi stringendo gli occhi e posando la fronte contro la sua.
 
Quanto vorrei riuscire a... spiegarmi, riuscire a capire!
Quanto vorrei tornare a qualche istante fa, quando non c’erano parole ma solo labbra.
 
« Va via Ed. », sussurra portando un pugno a coprirle le labbra; sembra che stia singhiozzando...
« Che... », chiedo confuso dalle sue lacrime e dal suo rifiuto.
« Vai via Edward, per favore! », dice con voce più alta spingendomi indietro con le mani.
 
Nessuno sembra accorgersi di noi.
 
« Perché? », domando semplicemente restando dove mi ha spinto lei.
 
Perché lo stai facendo Bella? Io... perché non vuoi conoscermi?
 
« Non voglio avere a che fare con una persona poco seria come te. Mi hai già presa in giro una vota e non ho intenzione di cascarci un’altra volta! », parla con il fuoco negli occhi mentre stringe le braccia al petto come se improvvisamente sentisse freddo.
« Ma... », non riesco a dire nulla mentre la guardo con gli occhi sconvolti.
« Noi siamo l’acqua e l’olio, non ci mischieremo mai! – urla prima di darmi le spalle – Vattene Edward, per favore. », sussurra tenendo le mani a pugno sul suo banchetto.
 
Indietreggio piano scuotendo la testa fino ad andarmene fra la gente che ancora ride assaporando delizie al cioccolato e, in questo momento, vorrei che questo cioccolato non fosse mai entrato nella mia vita.
 
 
 
Pov Bella
 
« Signorina, devo prima chiamare in camera per annunciarla! », la signora alla reception cerca di bloccarmi, ma in questo momento neanche un tir potrebbe riuscirci.
« Non ce n’è bisogno, non si preoccupi. Se dovesse dirle poi qualcosa mi dia la colpa tranquillamente! », la lascio indietro mentre mi dirigo a lunghe falcate verso la porta della sua stanza.
 
Busso al legno della porta tanto forte da avere l’impressione di ammaccarlo con le mie nocche.
Apre piano la porta facendo vedere solo la sua testa.
Senza troppe cerimonie, lo spingo e richiudo la porta alle mie spalle una volta entrata in camera.
 
« Sai, in Inghilterra si usa farsi annunciare prima di fare irruzione da qualcuno! », commenta ironico tamponando i capelli con un asciugamano; ha su solo un paio di jeans.
« Si usa anche comportarsi da stronzi dopo aver ricevuto un rifiuto? », gli chiedo velenosa urlando quasi.
 
Si gira verso di me sorridendo ironico.
 
« Di che stai parlando? », chiede infilando una t-shirt e sedendosi sul letto.
« Sai benissimo di cosa parlo brutto stronzo! Come puoi anche solo pensare di chiedermi cinquemila euro in più il giorno prima della scadenza? Sai benissimo che non riuscirò a trovarli entro domani! », urlo come una matta buttando a terra la prima cosa che trovo a portata di mano (un cuscino).
« Bella cara, - si alza in piedi e raccoglie il cuscino – questo è un tuo problema! Non mi sembra di aver firmato alcun contratto che mi vincola a chiederti una data somma quindi... ti ho semplicemente chiesto se, fino ad una data precisata, eri in grado di darmi una data somma! », sorride tranquillo avanzando verso di me.
« Perché lo stai facendo Edward? Non siamo più due bambini quindi, una volta per tutte, dimmi perché fai tutto questo! », sibilo fissandolo negli occhi.
« Tu credi di sapere tutto di me Bella... non sai proprio un bel niente invece! »
« No Edward, la situazione è diversa: non voglio sapere nulla di te! Io voglio soltanto tenermi stretta la mia vita! »
 
Siamo a pochi centimetri di distanza ormai; mi fissa negli occhi intensamente abbassando solo un attimo lo sguardo.
Non parla però...
 
A questo punto è inutile perdere altro tempo. È meglio che me ne vada!
 
Mi giro su me stessa e poso una mano sulla maniglia; nel momento in cui faccio per girarla afferra il mio polso, come per trattenermi, ma non dice nulla.
 
Sei solo un bambino capriccioso Edward... non voglio avere a che fare con te!
 
Giro la maniglia ed esco dalla stanza con il cuore pieno di ricordi a cui dovrò dire addio.
 
 
 
« Mi dispiace non essere riuscita a fare niente di più Alice... ti giuro che ci ho provato con tutta me stessa, che ho impiegato qualsiasi mezzo a mia disposizione, ma non ce l’ho fatta! », sussurro asciugando con il dorso della mano una lacrima.
 
Lo sguardo di Alice è triste e smarrito.
 
« Quindi ha... ha vinto? Ci porta via la cioccolateria? », chiede prendendomi le mani.
 
Tiro su con il naso ed annuisco.
 
« Non so dove trovare cinquemila euro in meno di ventiquattro ore e, francamente, sono sicura che anche se li trovassi lui mi chiederebbe ancora qualcosa per ostacolarmi. Lo sai che non mi arrendo mai, ma questa volta non ce la faccio... », la voce mi si incrina ed alzo gli occhi al cielo per trattenere in qualche modo le lacrime, ma è impossibile.
« Non è colpa tua Bella... solo non posso crederci! Cosa saremo senza la cioccolateria? », mi chiede e, nei suoi occhi, leggo il panico vero.
 
Sorrido mesta.
 
« Tu sei così piccola Alice... hai solo diciannove anni! Avrai tante occasioni per ricominciare! Io... me ne andrò. »
« Andartene? », domanda terrorizzata.
« Si... cosa potrei fare qui? Credo che... sfrutterò il fatto di conoscere tre lingue per fare l’interprete o qualcosa del genere! », abbasso lo sguardo mentre parlo.
 
Quanto vorrei non aver fatto la treccia stamattina per avere i capelli a coprirmi il viso!
 
« Ma... non è ciò che ti piace! »
« “À la guerre comme à la guerre!” – sussurro ricordando che ho usato queste stesse parole con lui ieri sera – Almeno potrò camparci e poi... poi chi sa! Magari il destino ha qualche bel progetto per me! », sorrido mentre due lacrime pesanti colano dai miei occhi.
 
Alice mi stringe forte in un abbraccio ed io ricambio la stretta.
 
« Mi mancherai più di quanto tu possa mai immaginare! », sussurra con la voce di pianto.
« Anche tu... ma non è un addio! – sospiro sciogliendo l’abbraccio ed asciugando le lacrime mie e sue – Parto domani stesso e vado da mia nonna in Italia, ma ci rincontreremo, te lo giuro! », sorrido sincera.
« Immaginavo saresti andata via subito ma non domani stesso... »
« Non voglio esserci quando sarà lui a chiudere tutto. Voglio chiudere io la serranda per l’ultima volta! E poi... non ce la farei ancora. », sorrido sperando che capisca.
 
Come sempre, mi ha capita.
 
« D’accordo, come vuoi tu. Quindi questo è il nostro ultimo giorno? », domanda guardandosi intorno nel locale vuoto e sistemandosi un poco.
« Già... », sospiro mettendomi in piedi anche io.
 
L’ultimo giorno...
 
 
 
Pov Edward
 
« Me l’ha lasciata un signore anziano ma, prima che potessi chiedergli chi era, se n’è andato via. », la signora alla reception mi porge una busta da lettere chiusa.
« Va bene, la ringrazio. », rispondo afferrando la busta ed uscendo.
 
Forse potrei andare al parco ed aprirla li... è una bella giornata in fin dei conti!
 
Cammino piano fra queste stradine che ormai conosco come se abitassi qui da tutta la vita e credo che infondo quest’aria mi mancherà...
Raggiungo il parco e mi siedo sulla prima panchina libera che trovo e tiro fuori la busta; c’è scritto solo “Per Edward” in una grafia che mi sembra quasi familiare.
Con cura, strappo la linguetta e tiro fuori due fogli ingialliti scritti a mano.
 
“ Caro Edward,
se stai leggendo questa lettera significa che, ahimè, vi ho lasciati per raggiungere il mondo dei più.
 
Non ti aspettavi che lasciassi proprio a te, fra tutte le persone che conosco, questo locale, non è vero?
Beh, se ti conosco almeno un pochino vista la maniera in cui ti sei comportato con me in questi anni, mi avrai maledetto per questa eredità fra virgolette scomoda che ho voluto lasciarti; mi avrai definito “quel vecchio e pazzo ubriacone che comprava locali in Francia per poi bruciarsi tutto”, non è così?
Forse hai avuto almeno un po’ di ragione a pensarlo, almeno sulla parte del vecchio che si brucia tutto a gioco.
 
Magari ti sarai chiesto anche perché, fra tutti i possedimenti che avevo comprato, proprio questo si sia salvato; perché solo un locale non poi così grande in un posto sperduto come Siroque?
Nipote, magari ci sarai arrivato da solo passando qualche giorno fra questa gente ma, siccome tu mi somigli così tanto (anche in peggio purtroppo), te lo spiegherò perché proprio questo posto.
 
Quando sono arrivato per la prima volta a Siroque, pensavo che questo fosse un vecchio paesino diroccato dove la gente ti guarda male se sei straniero; ero stanco dopo essere arrivato qui su a piedi ed avevo decisamente bisogno di qualcosa che mi facesse sentire meglio. In un paesino qui vicino che si chiama Lansquenet mi avevano raccontato di una cioccolateria stratosferica che attirava turisti da mezza Francia; mi trovavo sul posto, perché non andare a verificare?
Cominciai ad aggirarmi fra stradine simili fra loro e, in poche parole, mi persi.
Fu una signora di nome Maria a ritrovarmi seduto su uno scalino a guardarmi intorno. Era straniera anche lei e disse di comprendere molto bene le mie difficoltà; sai chi era quella signora che mi ripescò dal bordo della strada? Era la proprietaria di quella cioccolateria che adesso ti appartiene!
Era una signora italiana rimasta vedova, con una bambina a carico, e con una cioccolateria da gestire (cioccolateria che, nonostante la sua fama, era sull’orlo del fallimento).
 
Maria non aveva nulla da offrirmi se non una tazza di cioccolata calda ma credimi, mi offrì molto di più di una semplice bevanda calda: mi offrì un sorriso che neanche a tua nonna avevo mai visto, mi offrì la dolcezza che solo una donna come lei poteva possedere, mi offrì quell’amore di cui solo nelle fiabe si legge.
 
Mi sono chiesto tante volte cosa ci fosse in quella cioccolata, se fosse stregata da lei... alla fine mi rassegnai all’idea che solo la cioccolata che usciva da quella cioccolateria potesse avere quel sapore, che solo quella cioccolata potesse farti sognare e farti chiedere che l’incanto non finisse mai.
 
Ho vissuto i cinque anni più belli della mia vita qui Edward; anni in cui la mia vita era colorata solo da due colori: marrone come il cioccolato, rosso come l’amore.
E fra questi due colori ho ritrovato infiniti arcobaleni in questo paesino diroccato che ha un cuore palpitante; li ho ritrovati nelle voci dei bambini che si rincorrono facendo riecheggiare le loro grida fra un palazzo e l’altro; li ho ritrovati in quest’aria che respirerai solo qui.
 
I colori si sono spenti quando lei se n’è andata via, quando i suoi sorrisi hanno smesso di riempire le mie giornate ed anche il cioccolato ha smesso di avere quel sapore che mi ha fatto sognare tante volte.
È stato allora che ho capito Edward... nella vita c’è qualcos’altro oltre all’oggettività (che si tratti di affari o più semplicemente di capire cosa c’è in una tazza di cioccolata calda); nella vita, ciò che ci fa appassionare e realmente andare avanti, sono i sentimenti, i legami che creiamo.
Quello che ho mangiato qui è stato il miglior cioccolato del mondo fin quando sono state le sue mani a donarmelo...
 
Non lasciare che la stupidità e l’orgoglio ti rendano cieco come sono stato io per tanto tempo Edward! Apri il tuo cuore a quella persona che ti farà mangiare la cioccolata più buona del mondo!
 
Sono stanco Edward... stanco di andare avanti senza ritrovare i suoi occhi allegri a scrutarmi.
Forse Serge non dovrà aspettare poi così tanto prima di consegnarti questa lettera. Forse raggiungerò la mia Maria oggi stesso! Magari...
 
Ora sai perché proprio Siroque, perché proprio una cioccolateria è sopravvissuta alla mia stupidità.
 
Ti voglio bene.”
 
 
Asciugo le lacrime che pesano ai lati dei miei occhi e li stringo forte contro il pollice e l’indice.
Perché proprio adesso questa lettera? Perché proprio a me?
 
Forse nonno mi conoscevi più di quanto non avrei mai potuto immaginare... forse hai saputo leggere nei miei sentimenti confusi senza neanche vedermi per più di sedici anni.
 
Ed ora cosa dovrei fare? Cosa dovrei fare con quest’eredità che mi hai lasciato?
E non parlo solo di uno stupido locale... io parlo di tutto questo!
Cosa devo fare adesso?
 
Apri il tuo cuore alla persona che ti farà mangiare la cioccolata più buona del mondo.
 
 
 
Pov Bella
 
« Alice, sto chiudendo le valige... le carico in macchina e poi vado a chiudere la cioccolateria. », parlo tenendo il telefono incastrato fra la spalla e la guancia; mi guardo intorno per assicurarmi di aver preso tutto.
« Okay, allora io vado perché mia madre ha bisogno di me. », parla con un tono di voce leggermente più attivo di quello che ha avuto per tutta la giornata.
« Ehm... okay! Allora poi passo da casa tua così ci salutiamo! », mi rimetto dritta e guardo il sole che tramonta dietro i vetri della finestra.
« Certo! », risponde con voce tenera.
« A dopo allora! »
« A dopo! »
 
Chiudo la comunicazione e ripongo il cellulare nella tasca dei jeans.
 
Fa paura la casa così vuota... chiudo gli occhi e mi appoggio ad una sedia: posso sentire quasi la voce di mia madre quando ci siamo entrate insieme per la prima volta.
Non volevi che vivessi da sola, vero mamma? Ti importava poco che adesso ci fosse anche Carl con te... volevi solo tenerti stretta la tua bambina!
 
Riapro gli occhi ed asciugo le ennesime lacrime: è inutile continuare a piangere! Non si può vivere nei ricordi e nemmeno nei rimpianti! Devo andare avanti, ancora...
 
Tiro le valige dietro di me e chiudo la porta alle mie spalle: non mi volto a guardare casa un’ultima volta perché so che, se lo facessi, non andrei più via.
Infilo tutto nel portabagagli dell’auto e vado a piedi verso la cioccolateria beandomi per l’ultima volta del rumore dei passi su questi mattoni che mi hanno vista crescere, caderci qualche volta, sbucciarmi le ginocchia e rialzarmi; inspiro a pieno l’aria di casa mia a cui dovrò dire addio per sempre.
Arrivo in piazza e tengo lo sguardo basso; quando lo alzo mi blocco confusa: perché le luci del retro sono accese?
Alice se le sarà dimenticate accese un’altra volta!
 
Riprendo a camminare e trovo la porta socchiusa; la spingo piano richiudendola alle mie spalle.
 
« Alice? Sei qui? », domando camminando piano verso i rumori di pentole e stoviglie che provengono dal laboratorio.
« Alice? », domando bloccandomi sulla soglia della porta.
 
È di fronte a me, con la t-shirt bianca sporca di cioccolato (così come anche parte della sua faccia); sulla testa un cappello da chef.
 
« Non sapevo che la cioccolata potesse esplodere... », si giustifica posando un cucchiaio di legno sporco sul ripiano di marmo.
« Cosa... che ci fai qui Edward? », chiedo confusa restando sulla soglia della porta.
 
Prende un pentolino dai fornelli e mi fa cenno di accomodarmi ad uno sgabello; lui prende due tazze e vi versa della cioccolata calda dentro.
Cammino piano e mi siedo dove mi ha indicato.
 
« Spero sia commestibile... ho sempre preparato la cioccolata calda usando i preparati che si trovano al supermercato. », sorride imbarazzato sedendosi di fronte a me; a separarci il ripiano di marmo.
Prendo la tazza, la guardo e l’annuso.
 
« Hai voglia di fare il maître chocolatier per caso? », chiedo ironica posando nuovamente la tazza sul ripiano.
« Credo sarei un insulto alla professione onestamente! – ridacchia abbassando lo sguardo e posando anche lui la tazza; afferra due presine e si china sul forno per poi rialzarsi con in mano una pirofila contenente un piccolo sformato al cioccolato – Non so fare molto in cucina, in particolare con i dolci... a dire il vero so fare solo questo. », posa un piattino con dentro lo sformato sotto i miei occhi.
È a forma di cuore e c’è una scritta lunga in glassa bianca sul cuore.
 
Alzo lo sguardo senza nemmeno leggere ma lui blocca qualsiasi mia protesta con un gesto della mano.
 
« Leggi prima, per favore. », sorride ma non è un sorriso di gioia.
 
Chino lo sguardo nuovamente e comincio a girare il piattino per seguire la scritta che serpeggia lungo tutto il bordo del cuore in una spirale.
 
Non avrei mai pensato di sentirmi così, come non avessi mai visto il cielo prima. Vorrei sparire in un tuo bacio. Le stagioni possono cambiare, ma io ti amerò fino alla fine.
 
Alzo lo sguardo sul suo viso con gli occhi pieni di lacrime.
 
« All’improvviso il mondo è sembrato un posto migliore... all’improvviso il mio modo di essere non mi è sembrato più così perfetto, subito dopo averti conosciuta. E non so davvero come tu ci sia riuscita, non so davvero come tu abbia potuto toccarmi così profondamente senza nemmeno conoscermi, so soltanto che quando ho paura, quando qualcuno riesce a vedermi davvero, io scappo ed allontano chi è stato così lungimirante. L’ho sempre fatto... »
« Anche questa volta lo hai fatto. », sussurro mentre una lacrima cade dai miei occhi.
« No, ti prego, dimmi che questa volta non ci sono riuscito. – stringe gli occhi ed abbassa un momento lo sguardo; quando lo rialza ha gli occhi lucidi – Io... ti chiedo solo un’altra possibilità. », sussurra avvicinando le sue mani alle mie sopra il marmo.
« Un’altra possibilità? », domando confusa.
« Si... un’ultima possibilità per permettermi di farti vedere chi sono davvero, un’ultima possibilità per poterti mostrare che un cuore ce l’ho anche io. », sorride piano sfiorandomi le mani con le sue dita.
« Come posso sapere che non vuoi prendermi in giro di nuovo? », chiedo ritraendo le mani dalle sue.
 
Perché dovrei affidarti la mia vita Edward? Come posso sapere se sei onesto oppure no?
 
« Io... non posso darti nessuna prova tangibile, non posso dimostrarti di essere cambiato. Questo non è un film ed io non ho nessuna grande rivelazione da fare per farti cambiare idea... posso solo chiederti di avere fiducia in me e prometterti che non te ne pentirai. », sorride facendo il giro intorno al ripiano in marmo e fermandosi di fronte a me che sono ancora seduta.
 
Mi viene da sorridere.
 
« È tipo la dichiarazione più strana che mi abbiano mai fatto... nessuna rivelazione? Davvero? », domando girandomi completamente verso di lui, che sorride.
« Beh... non mi piace il cioccolato. O meglio, non mi piaceva... », sorride prima di chinare lo sguardo.
 
Alzo un sopracciglio e mi metto in piedi di fronte a lui; immergo un dito nella cioccolata ormai non più così calda e lo poso sulle sue labbra disegnandole piano.
Cosa dovrei fare? Dargli fiducia oppure no?
 
Sorride ed intrappola il mio dito fra le labbra; sorrido anche io.
 
« Giuramelo... giurami che non lo rifarai più e che se fra noi non dovesse funzionare non mi porterai via tutto. », sussurro tornando seria e togliendo il dito dalle sue labbra.
 
Torna anche lui serio.
 
« Te lo giuro. Sono anche pronto a firmartelo... »
« Mi fido! », sussurro guardandolo negli occhi.
 
Sono onesti i suoi occhi... loro non mentono mai.
 
Sporco nuovamente le sue labbra con della cioccolata e, appena comincia a sorridere, mi alzo sulle punte e sostituisco il mio dito con le mie labbra.
Sorride piano e mi prende in braccio facendomi sedere sul ripiano in marmo mentre le nostre lingue si intrecciano e raccolgono la cioccolata sparsa sui visi di entrambi ormai.
 
« Quindi è un si? », domanda staccandosi dalle mie labbra e leccando i residui di cioccolato sul mio viso.
« Non posso lasciarti preparare ancora cioccolate calde così schifose... credo che mi sentirei in colpa nei confronti dell’umanità! », ridacchio mentre lui alza gli occhi al cielo e si posiziona meglio fra le mie labbra.
« Ah-ah... certo! »
« Ci vorrà del tempo credo... », lo informo sorridendo.
« Abbiamo tutta la vita! », sorride avvicinandosi alle mie labbra.
« Tutta la vita dovrebbe bastarmi... », soffio prima di tornare a baciarlo.
 
 
Non so se sia colpa della cioccolata, se sia colpa delle sue parole o se sia solo follia, ma so che la vita è troppo breve per perdere tempo dietro all’orgoglio! Forse mi farò male... forse mi andrà bene... chi lo sa? So solo che avrò tutta la mia esistenza per scoprirlo!
E spero proprio che la vita non abbia troppa fretta di passare perché, se così dovesse essere, beh, la corromperò con una tazza di cioccolata calda!
 
 
 
 
– FINE – 
 
 
*** NOTA: Siroque e Lansquenet sono paesi immaginari.
 

   
 
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