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Autore: Teal Eyes    05/04/2013    6 recensioni
Setting: guerra di secessione, Appalachian Mountains.
Dal testo:
Maggio 1865.
-Soldati, ho da annunciarvi una notizia. Siamo richiesti al fronte. Nessuno escluso.
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan, Geoff, Gwen, Nuovo Personaggio | Coppie: Duncan/Courtney, Duncan/Gwen
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale
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Will you come back to me?

 



Febbraio 1861. Una notte come tante. Duncan all’osteria con i suoi compagni per celebrare l’addio al celibato, festeggiava bevendo vino e birra. Una ragazza nell’angolo della sala l’aveva notato da subito. È stato amore a prima vista per lei. Mentre lui, ubriaco, fece una scommessa coi suoi coetanei: doveva portarsi a letto la ragazza. Lei accecata d’amore accettò, senza curarsi delle possibili conseguenze. La notte passò troppo velocemente e lei la mattina si ritrovò da sola con una terribile nausea. Lui era sparito.


Aprile 1861. Duncan non ha mai ricordato quella notte, offuscato dall’alcool non seppe mai di aver tradito Gwen prima del matrimonio. Erano sposati da quasi tre mesi. La loro vita era felice, fino all’arrivo di una lettera che chiedeva a Duncan di arruolarsi nell’esercito. Presto ci sarebbe stata una guerra. Non una guerra come molte altre, ma una che avrebbe messo in discussione un pezzo di storia del mondo. Seppure Duncan abitasse in Canada gli Stati Uniti d’America l’avevano reclutato. La decisione fu difficile, ma infine accettò. L’accampamento era situato in un valico degli Appalachian Mountains, vicino ad un piccolo paesino. L’esercitazioni partivano il giorno seguente. Quella notte Duncan non dormì. 
La mattina, sì era mattina, le luci dell’alba irrompevano dalla fessura della tenda e un urlo agghiacciante le seguì subito dopo. Era il Caporale Remington. Iniziavano le esercitazioni. Duncan scostò la tenda ancora frastornato dall’urlo, fece un sonoro sbadiglio tagliato a metà da Remington, che non si sapeva perché, ma continuava ad urlare. 

-Soldato! Cos’era? Sono solo le 5 del mattino!

Solo le 5 del mattino? Duncan credeva fosse un terribile incubo. Alle 12 erano tutti in fila con scodella e cucchiaio per il pranzo.

-Ehi Duncan – disse il suo compagno Geoff – dopo cena noi ce la svigniamo. Che fai, vieni?

-Certo…

Avevano solo 20 anni, non sapevano a cosa andassero incontro. A dieci minuti a piedi dall’accampamento c’era un paesino, il posto perfetto per fuggire e tornare tutte le volte che si voleva senza essere visti. Quelle 500 persone che si conoscevano tutte avevano una strana aria verso i soldati, sapevano meglio di loro che quello non era il loro posto.

-Niente male questa taverna. Ehi tesoro, ci vediamo dopo?- Duncan, malizioso, diede uno schiaffo sul sedere di una ragazza castana col caschetto, lei fece un salto non riuscendo a tenere in piedi i boccali di birra sul vassoio e glieli fece cadere sulla divisa blu.

-Cavolo! Sta’ attenta!

Lei senza dire una parola tirò fuori un panno dal grembiule e trascinò Duncan fuori dal locale, vicino ad una fontana. 

-Io sono Duncan – disse lui mentre si faceva pulire dalla ragazza.

Lei girò i tacchi e se ne andò con aria altezzosa, dimenticando il panno ai piedi di Duncan. In un angolo era ricamata una piccola scritta, un nome sembrava. La lesse: Courtney. Pensò che gliel’avesse lasciato apposta, così la sera successiva tornò alla taverna, ma lei non c’era. Il proprietario gli indicò la sua casa. Bussò.

-Ti ho riportato il fazzoletto. Posso entrare?

Il suo tono era incredibilmente più gentile e lei lo fece passare.

-Grazie…- disse tirandolo via con forza dalle sue mani. 

-Tu sei Courtney. È un bellissimo nome…

-Che fai? Non sai più cosa dire? Ricorda, con me non attacca. 

-Ho visto che la tua casa è vicina ad un ponte… ti va una passeggiata?

-A quest’ora?

Duncan sorrise, lei ricambiò.

-Mi piace vedere l’acqua che scorre sui sassi, è stranamente malinconico. Mi ricorda le lacrime.

-Sei una ragazza che ha sofferto non è vero?

Duncan saltò il ponte e raggiunse il torrente, raccolse un sasso e lo posò nelle mani di Courtney.

-Un… sasso?

-Non è un semplice sasso. Quando lo guarderai penserai a me.

-E perché dovrei pensarti?

Duncan rispose alla domanda con un bacio. Luna, stelle, torrente.


-Uscite da quelle tende, soldati!!!

-Ehi, ti ho visto l’altra sera con una ragazza eh! Le voci girano!

-Non tradirei mai Gwen…

-Uuuuhh come siamo fedeli! Ma l’hai baciata o no?

Duncan non si voleva vantare, ma quello lo stava prendendo in giro e lui non si era mai fatto prendere in giro da nessuno così si sbrigò a dargli un pugno nello stomaco. Tre giorni in quarantena. Tre giorni senza vedere Courtney. 

-Perché non sei venuto in queste sere? Credevo che mi avessi abbandonata…

-Non lo farei mai!- le prese le mani e la guardò intensamente nei suoi occhi neri.

Quegli sguardi annunciavano un’intensa notte d’amore e dopo pochi minuti erano già nella camera di Courtney pieni di passione.


Un gallo cantò. Erano svegli e fissavano il soffitto ognuno dalla propria parte del letto.

-Sono sposato…

-Sono incinta…

-E lui dov’è?

-Non c’è mai stato…


Luglio 1864. Jade era cresciuta bene. Duncan era sempre stato come un padre per lei. Courtney sperava che questa volta non si fosse svegliata la mattina sola, di nuovo. Le sue intenzioni non erano certo quelle di dire a Duncan che lui era davvero il padre di Jade, sperava di tenere il segreto più a lungo possibile. Il rapporto fra Duncan e Jade cresceva sempre di più e la somiglianza si faceva fatica a nascondere così la gente parlava, parlava sempre più. Erano una famiglia felice, pura, anche se Duncan c’era sempre e solo di sera a causa del suo “lavoro da soldato”. Il tempo passava e la speranza di Courtney era sempre più grande. Passò un mese. Jade aveva molti amici, al contrario dei genitori, così una sera andò a casa di una di essi. Quella sera era tutta per Duncan e Courtney. Andarono fuori, sul ponte, come la notte del loro primo bacio.

-Lo conservo ancora…

-Non è passato tanto…

-A me sembra un’eternità…

-E’ così brutto stare con me?

Scoppiarono in una risata. Uno sguardo tira l’altro e come la prima notte anche la seconda si accese di passione. 


Aprile 1865. Quella volta era un maschietto. Con gli occhi della madre a i capelli del padre. Jade aveva preso il contrario da loro, occhi dal padre e capelli della madre. Jade, prima donna, ma non era gelosa del fratellino. Francis almeno era davvero il figlio di Duncan, da quello che lui sapeva. Courtney però soffriva di questo segreto e passava notti insonni a chiedersi se rivelarlo o no. Ormai la gente non parlava più. Quella famiglia stava assomigliando troppo alle altre del paese. Compatta. Indistruttibile.


Maggio 1865.

-Soldati, ho da annunciarvi una notizia. Siamo richiesti al fronte. Nessuno escluso.

Il 12 maggio Duncan andò da Courtney come se niente fosse, ma poi le spiegò tutto. Le lacrime scendevano silenziose dai loro occhi, le braccia dei figli intorno alle gambe stringevano in segno di pietà, pietà a non andare.
La sera partirono a cavallo e a meno di 300 km da lì regnava l’orrore. In un primo momento Duncan rimase immobile poi realizzò quando un colpo di fucile colpì il suo cavallo che cadde a terra proprio sopra di lui. La gamba sinistra era imprigionata, intanto la battaglia decisiva aumentava d’intensità. Fumo, sangue, paura. Il cadavere dell’animale ormai giaceva con tutto il peso su di lui quando si sentì tirare da un braccio dietro ad una montagna di sacchi. Era Geoff che dopo uno sguardo ritornò sul campo. Quello sguardo raccontava tutto: addio amico mio, la guerra non è così bella come gli sciocchi giovani credono e credevamo anche noi, ma adesso tutto è tenebre. Sentì un urlo famigliare, era lui. Corse in suo aiuto entrando nel nucleo della guerra, della morte. Gli uomini combattevano per i loro ideali con passione e sicurezza, ma nei loro occhi regnava solo il terrore. Li capiva così bene. Lo caricò sulle spalle quasi privo di sensi e lo mise su un cavallo senza fantino, salì anche lui e galoppò alla ricerca della fine di tutto questo. Uno sparo prese di striscio il suo braccio, facendo cadere lui e il suo compagno, ma ormai erano arrivati all’accampamento per le cure necessarie. Geoff ebbe il sonno disturbato per tre notti da quel giorno. Per fortuna non ci sarebbero state altre battaglie. Era il 15 maggio. Duncan scriveva una lettera alla sua amata Courtney dicendole che sarebbe tornato solo fra undici giorni, il 26, quando avrebbero mandato a casa tutti i sopravvissuti. La febbre del soldato aumentava sempre di più, ma Duncan non un attimo lo lasciò da solo, sempre a vegliare su di lui. Era tempo di partire, ma Geoff stava ancora in condizioni impossibili e troppo gravi per salire su un treno, così sarebbe rimasto lì; allora Duncan, dopo aver preparato le sue cose, andò a salutarlo. Stava visibilmente meglio e Duncan si stupì. Geoff gli prese il polso e gli confidò un segreto.

-All’addio al celibato… tu non ricordi, ma sei stato con una ragazza quella notte… lei era… aaahh… era… Courtney e Jade… Jade è tua figlia…

-C-cosa? Ma che… no, aspetta non lasciarmi Geoff proprio adesso!

-Salutami zio Remington… eheh…

Si spense nel mistero di quel segreto con il sorriso, al pensiero del Caporale Remington come uno zio. Se era vero a quel punto si capivano delle lecite spiegazioni da Courtney.
Il rumore del treno sulle rotaie era insopportabile: Duncan non riusciva a chiudere occhio. Finalmente ce la fece, ma una brusca frenata lo svegliò subito dopo. Erano arrivati a destinazione. Scese dal treno alla ricerca di Courtney, Jade e Francis fra le miriadi di donne e bambini, ma chi trovò fu Gwen. Vide lei per prima e avendo incrociato il suo sguardo si avviò nella sua direzione. Gli corse al collo, esprimendo la sua nostalgia con frasi del tipo “Mi sei mancato, tesoro mio!”. Duncan però stava ancora cercando Courtney, ma gli occhi di lei avevano già visto la scena.

-Duncan, Duncan! – gridò Jade.

-No!- replicò Courtney fredda portando la figlia accanto a sé con le lacrime agli occhi e il fagotto Francis fra le braccia mentre Duncan e Gwen si avviavano verso casa. Stava accadendo di nuovo, lui la stava ancora una volta abbandonando, ma questa ne era consapevole.
Gwen aprì la porta con le valigie in mano, Duncan dietro entrò.

-Sei felice? Sei tornato… - Gwen lasciò le valigie a terra e si buttò fra le braccia del suo innamorato. Quella notte accadde, ma lui pensò solo a lei, a Courtney.

-È cambiato qualcosa Duncan, ma cosa?

Sospirò.

-Duncan ti prego parliamo! Ho bisogno di sapere. Sei stato con un’altra donna per tutto questo tempo? Rispondimi…

-Sì.

-Ti capisco… Torna da lei. Vai adesso, non farmi soffrire. Ora!

Duncan fece le valigie, Gwen cupa e silenziosa seduta sul letto fissava i suoi alluci bagnati. Uscì, cancellati l’uno dalla vita dell’altra.


-Mamma, guarda chi c’è!

-D-Duncan? Vattene.

-Courtney ti prego, posso spiegare!

-No! Ci hai lasciati!

-Courtney aspetta! Jade è mia figlia?

-C-Cosa?! Tu sei pazzo! Quella donna ti ha offuscato la mente!

-Geoff mi ha detto tutto, di quella sera, all’osteria e della notte…

-Non posso perdonarti, non di nuovo. Vai adesso, non farmi soffrire…

Quelle parole erano stranamente familiari. Gli chiuse la porta in faccia. Duncan atterrito, ma non datosi per vinto, passò i giorni successivi nel villaggio, vedendo di nascosto sua figlia e quando gli era possibile anche Francis, all’oscuro della volontà di Courtney che sicuramente non avrebbe approvato. Un giorno però li vide nascosti dietro un vicolo a giocare, si avvicinò velocemente e gli strappò via Jade con forza mandandola dritta a casa.

-Duncan, dobbiamo parlare.

Lui la seguì fino in fondo al vicolo.

-Io…

-Ssshh… Ti amo…

-Courtney io… come?

-Ti amo e non ce la faccio… è più forte di me…

-Court…

-Ti perdono…

Una risatina li interruppe: era Jade…

-Jade! Ti avevo detto di andare a casa!

Non la ascoltò e si diresse verso Duncan.

-Duncan? Sono felice che tu sia davvero mio padre…

Lo abbracciò e lui la strinse forte a sé. Il viso di Courtney si addolcì e sorrise, prese Jade in braccio portandola all’altezza di Duncan così che potesse dirgli e fargli tutto ciò che voleva nel limite della felicità.

-Il papà migliore del mondo…

 



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