Anime & Manga > Vampire Knight
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Autore: Carlos Olivera    05/04/2013    1 recensioni
Una storia scritta a quattro mani tra me e Flea, per salutare la ricorrenza della pasqua e l'arrivo (si fa per dire^^) della primavera.
I protagonisti, come la prima volta, sono i nostri OC, immersi in una serie a dir poco esilarante di equivoci e situazioni al limite dell'assurdo che trasformeranno i loro giorni di vacanza in qualcosa di fuori dal comune.
Il divertimento è assicurato!^_^
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Kaien Cross, Nuovo Personaggio
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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LA PASQUA ROVINATA!?

台無しイースタ!?

 

 

Spaparanzato sulle coltri sfatte, con un quarto di rosso appoggiato sul comodino a pochi centimetri dalla mano sinistra, nessun pensiero truculento per la testa e un buon film a fare da sottofondo sonoro, Eric Flyer si godeva quelle ultime ore da single sregolato.

Era soddisfatto sotto quasi ogni punto di vista.

In primis, la litigiosa e acida colf che sua madre gli aveva imposto da oramai un mese si era presa tre giorni di ferie, e l’hunter si riteneva libero di lasciare che l’appartamento assomigliasse ad una spelonca riconducibile ad un grizzly maschio nella fase più tempestosa dell’adolescenza, riutilizzare le camicie due o tre volte di fila e farsi docce bollenti definibili catastrofi naturali senza che nessuno aprisse bocca sullo spreco d’acqua calda.

Secondo, dopo mesi e mesi di lotte e tentennamenti, la presidentessa gli aveva concesso qualche giorno completamente libero dalle imposizioni dell’associazione, e così il giovane si era messo alla ricerca di un degno luogo dove passare le tanto agognate ferie pasquali in compagnia di Izumi, propendendo per alberghi rigorosamente di lusso - una volta tanto valeva premiarsi per il lavoro svolto - incassati tra le montagne e provvisti di tutti i comfort possibili ed immaginabili.

Dulcis infundo, la parte fondamentale di quella vera e propria fuga d’amore, ossia Izumi, aveva detto di sì al vago invito del giovane a passare qualche giorno assieme senza fare troppe domande.

Appena sullo schermo del televisore comparvero i titoli di coda abbatté distrattamente una mano sul telecomando, mettendo alla prova la precaria riparazione di nastro isolante.

Spense l’apparecchio e si alzò dal letto stiracchiando la schiena, vicino alla porta, le valigie erano già pronte.

Riesumò dalla pila dei capi lavati e non stirati una camicia che aveva una parvenza d’ordine, un paio di pantaloni dalla linea poco aderente e un maglione, la scelta non era decisamente vasta, dato che la giacca nera gessata che usava per le migliori occasioni era stata utilizzata durante un colloquio con un facoltoso cliente dell’associazione e quella grigio antracite regalatagli in occasione dell’ultimo compleanno da un vecchio amico era sepolta nella cesta dei panni sporchi con una vistosa macchia di maionese sul braccio.

Un insistente bussare alla porta lo distolse dai suoi pensieri, e chiedendosi chi fosse aprì.

Una donna di bell’aspetto, occhiali da sole enormi e sorriso da un orecchio a quell’altro entrò senza fare troppi complimenti trascinando un basso ragazzino, che aveva su per giù una quindicina d’anni.

“Figliolo mio adorato!” Salutò allegramente Serena Lorenzi, scuotendo la chioma.

“Ciao mamma” fece atono Eric, richiudendo la porta.

“Ho un problema” continuò la donna, allargando il sorriso.

Perché sorride così? Si chiese interiormente il ragazzo.

Guardando di sfuggita il tipetto che sua madre si trascinava in giro e ascoltando distrattamente il chiacchiericcio continuo e incessante della donna, lentamente capì.

Da fuori sembrava completamente tranquillo, ma nella sua testa stava esplodendo la più lunga e colorita serie di insulti che la sua mente avesse mai concepito in più di sessant’anni di vita.

E questo la diceva lunga, molto lunga.

 

*****

 

Emma non ci poteva credere.

Diede la colpa di quell’assurda visione al mezzo litro di vodka che si era scolata poco prima di uscire a caccia, ignorando completamente le regole dell’associazione che vietavano ai cacciatori di bere prima di eseguire gli ordini di caccia.

Si pizzicò più volte il braccio, ma l’immagine non svanì.

Eric Flyer era dietro alla vetrina di un piccolo take away fuori mano, la testa abbandonata sul tavolino e le braccia lasciate a penzoloni lungo i fianchi, a pochi centimetri dalle spettinate ciocche nere troneggiava un enorme piatto colmo di onigiri mezzo mangiati.

Entrò senza fare troppo rumore e gli colpì violentemente le spalle con entrambe le mani, facendogli fare un salto di qualche centimetro.

Ma la solita reazione piuttosto arrabbiata non arrivò, e Emma aggrottò le sopracciglia vedendo l’espressione vistosamente depressa del ragazzo.

“Ma che diamine succede?” borbottò sedendosi accanto a lui.

“Mi hanno appioppato il mio simpatico cuginetto quindicenne per tutte le feste pasquali” fece sbrigativo.

“E?” indagò ulteriormente la bionda.

“E non posso partire con Izumi” concluse portandosi una mano sulla fronte, visibilmente sconsolato.

“Ah, quindi la vacanza di cui mi avevi parlato tempo fa salta per forza, vero?” l’espressione di Eric parlò da sé

“Anche io ho le ferie, per quei giorni - buttò lì la cacciatrice, massaggiandosi il mento con le dita - e se ne hai bisogno potresti lasciare a me il piccolo rompiscatole” concluse stirando la schiena.

“Davvero lo faresti?” un lieve barlume di speranza attraversò le iridi del giovane, ravvivandone anche il colorito.

“Però c’è un comunque un problema” mormorò Emma.

“E quale?” Eric serrò le labbra, preoccupato.

“Le strade sono bloccate da due giorni per la neve, vicino al monte Hida” disse la cacciatrice, il viso di Eric si rabbuiò nuovamente, rendendolo incredibilmente cupo.

“Ci mancava solo questa” fece il ragazzo abbassando la testa.

“Se te la senti a sopportare il cugino per il pranzo di Pasqua, potresti venire da me con Izumi, come al solito sono sola” Emma si passò una mano tra i capelli, distendendo la schiena.

Il viso del ragazzo si illuminò leggermente, e la bionda colse la palla al balzo.

“Credo anche di avere una stanzetta matrimoniale libera” mormorò suadente.

Il viso del cacciatore assunse una vistosa tonalità magenta.

 

******

 

Due giorni con quell’idiota di Itsuki e aveva già la netta percezione di essere pronto per un periodo riabilitativo in neuropsichiatria.

Non solo quel fenomeno da baraccone si vestiva come un fighetto di quarta sottocategoria e con tonalità ai limiti dell’inguardabile, sostava per ore davanti agli specchi pettinandosi e sistemandosi continuamente i capelli completamente induriti da lacca e gel, tanto che, in caso di blackout, Eric sapeva di poter contare su di lui riutilizzandolo come torcia umana a basso consumo.

Il corvino in anni di carriera come hunter si era visto passare sotto agli occhi scenari di tutti i tipi.

Tra sbudellamenti degni della malata fantasia di un maestro di cinematografia horror, secchiate di sangue, vampiri impazziti, risse e botte da fracassare un esercito di soldati, si riteneva preparato più o meno a tutto.

Ma quella volta, sentì di aver toccato il fondo dell’orrore provabile.

Notevolmente infastidito dalla prolungata permanenza del congiunto nel bagno - tra l’altro rinchiuso a doppia mandata - aveva avuto la magnifica idea di sbirciare dalla serratura, incuriosito anche dai gemiti di fastidio che provenivano dalla stanza incriminata.

Ebbene, il ragazzino era in piedi, proteso verso lo specchio, a fare una cosa che mai avrebbe creduto di veder fare da un uomo.

Trafficando con una pinzetta dorata, si stava risistemando le sopracciglia.

La rabbia montò veloce, e un violento pugno si abbatté contro alla porta.

“ITSUKI, COSA DIAVOLO STAI FACENDO NEL MIO BAGNO?!” sbraitò in preda alla furia.

Il ragazzino non rispose, e allora Eric si vide costretto a montare la carica e provare a sfondare la porta, ma sul più bello la porta si aprì e il cacciatore finì lungo disteso a terra.

Il cugino lo guardò stralunato, sfilando un auricolare.

“C’è qualcosa che non va, Ric-chan?”

L’hunter non ci vide più, e cacciò un urlo talmente potente da far volare via tutti i piccioni nel raggio di cinque condomini.

 

*****

 

Alle dieci meno un quarto precise del giorno di Pasqua, Izumi, Eri e Itsuki bussarono alla porta della cacciatrice russa.

Emma aprì la porta piena di baldanza, d’altra parte rendere la vita un inferno alle persone le era sempre piaciuto.

Itsuki sbiancò nel vedere un metro e ottanta di puro prodotto di gulag brandire una lama di trenta centimetri e mezzo.

La bionda fece strada nel corridoio avvolto nella penombra, indicando di tanto in tanto le varie macchine di tortura medievale disseminate sui muri, alcune teatralmente cosparse di una mistura di succo di pomodoro e mastice, in modo da farle sembrare sporche di sangue rappreso.

Come al solito Itsuki si era appropriato del braccio di Izumi lasciando a Eric l’ingrata parte del terzo Incomodo, facendo così imbestialire il cacciatore corvino.

A metà corridoio Emma capì al volo che la situazione era decisamente troppo surriscaldata, e fermandosi di colpo fece uno sgambetto a Itsuko, che finì direttamente all’interno di una vergine di Norimberga sfortunatamente sprovvista di chiodi.

Eric sorrise sotto ai baffi cercando di riappropriarsi della propria damigella che contro ogni aspettativa corse ad aiutare il piccolo despota, inciampato nuovamente sui suoi pantaloni dal cavallo vergognosamente basso.

“Senti, Svetlana - iniziò Itsuki accettando con un sorriso spavaldo la mano che Izumi gli porgeva - questi giocattolini a quanto li vendi? Un rave con degli aggeggi del genere sarebbe troppo avanti!”

Il cornuto e la maziata bestemmiarono e imprecarono in silenzio, ingoiando un rospo di proporzioni cosmiche.

Giunsero infine nell’immensa cucina della Kreutzer, dove già qualcosa bolliva in pentola, in tutti i sensi.

Izumi tutta contenta si mise a dipingere le uova, ovviamente aiutata - per indiscussa gioia e letizia di Eric - da un presissimo Itsuki, che spennellava con rinnovato brio i gusci di astruse tinte evidenziatore al ritmo della nuova hit del Rapper del momento.

Eric era sul punto di intervenire e darsi al cubismo con i connotati del cugino, ma la presa pronta di Emma gli impedì di spargere sangue prematuramente.

“Calmati, rompe i coglioni anche a me, però stai tranquillo, tra poco gli passerà la voglia di fare il galletto Valleslpuga” sorrise la bionda mostrandogli una barretta di cioccolata lassativa.

“No che non mi calmo, Emma! Quello si sta prendendo troppe libertà, prendi del fenolo, del cianuro, una droga non facilmente rintracciabile da un’autopsia …”

“Sentimi psicopatico, non possiamo ucciderlo, i patti sono di riconsegnarlo questa sera vivo, basta che respiri, non ha importanza il resto”

I due cospiratori si accontentarono di una blanda dose di lassativo alle dodici erbe nascosto nella cioccolata, la offrirono alla loro vittima e attesero.

Come da copione imbarazzanti borbottii non tardarono a farsi sentire e Itsuki si vide costretto ad una tempestiva dipartita verso il bagno in una posa che ricordava vagamente gli spostamenti di un soldato in Vietnam durante una sparatoria.

“Che dio sia con te!” gli urlò Eric mentre chiudeva a quadrupla mandata la porta del bagno e scatenava l’inferno tra quelle quattro mura.

“Flyer - ringhiò Emma - stasera hai un romantico e piccante appuntamento con lo sturacessi, io lì dentro fino a che no hai lustrato anche il fondo della tazza non ci entro!” ma il corvino era troppo esaltato per starla a sentire.

Un’ora e mezza dopo Itsuki uscì, verdognolo ma ancora intenzionato a creare problemi.

Stava per ricominciare a fare il provolone, ma Emma ed Eric lo intercettarono sul nascere, trascinandolo nella piccola aia interna della cacciatrice.

“Dobbiamo prendere le galline per il pranzo” fece la bionda appoggiandosi una carabina sulla spalla.

“E tu ci aiuti” concluse Eric lanciandolo nel reticolato dei volatili.

“Tu rincorrile - continuò Emma prendendo la mira appena Itsuki si girò - al resto ci pensiamo noi”

Il risultato fu un tirassegno con le caviglie del giovane, mancate di striscio per farlo continuare a correre.

“Fammi provare” gorgheggiò deliziato Eric allungando una mano per farsi passare l’arma.

“No, tu lo ammazzi direttamente e non mi diverto” ribatté la cacciatrice Russa ricaricando.

“Ma cosa cazzo stai facendo, Svetlana!” gridò terrorizzato il cugino evitando l’ennesima pallottola per un soffio.

“Scusami, ma tra tacchini e galline da brodo faccio confusione!” si scusò Emma abbassando l’arma.

Il divertimento venne interrotto da Izumi, allarmata dalla confusione prodotta dagli spari.

Il pranzo passò trincerato, da una parte stava Itsuki, bianco come un cencio e praticamente immobile e dall’altra stavano Emma ed Eric che se la ridevano alla grande tra un tortello ripieno di zucca e stoccafisso in rosso, mentre il motivo di quella contesa, ossia Izumi, rimaneva neutrale a fare da Separet tra i rissosi cugini.

“Itsuki, stasera andiamo in centro a passeggiare, solo io e te, così ti riporto a casa” esclamò Emma tra una forchettata e l’altra.

Itsuki svenne definitivamente, e un improvviso attacco di sindrome abbandonica da parte di Eric impedì ad Izumi di fare la crocerossina di turno.

La bionda prese in braccio il ragazzino e lo adagiò sul tappeto, curandosi di lasciarlo nella posa più scomoda possibile.

“Ma Emma-senpai, così prende freddo!” esclamò Izumi.

“Se mi vomita sul divano poi me lo smacchi tu?”

“Vedi Izumi, una superficie comoda come quella di un divano in caso di danni alla schiena farebbe solo danni peggiori di una banale caduta dalla sedia” la convinse definitivamente il corvino.

Tra giochi di società, pettegolezzi e cioccolato il pomeriggio trascorse in allegria, tanto che il buio calò e non se ne accorsero nemmeno.

Emma allora afferrò il soprabito e trascinò via Itsuki..

“Primo piano, seconda porta a destra, se le fai del male considera la tua vita da maschio nel pieno delle sue facoltà riproduttive finita” sussurrò ad Eric prima di uscire.

Il giovane risistemò la camicia un po’ spiegazzata, scompigliò i capelli e prese per mano la fanciulla, che lo seguì senza fiatare.

Salirono le scale di marmo con una lentezza che ad Eric parve estenuante, aveva mai provato tutta quella brama nella sua vita?

Finalmente giunsero davanti alla porta di mogano scuro, e il cacciatore abbassò la maniglia, lasciando entrare la ragazza e richiudendo la porta dietro alle spalle.

“Finalmente soli” le sorrise dolcemente, e lei ricambiò.

Quanto era bella quando sorrideva.

I lineamenti si schiudevano morbidi, gli occhi si illuminavano, esattamente come il riverbero della bella stagione, non era dopotutto quello che diceva il suo nome?

L’irrefrenabile desiderio di stringerla si fece strada nella sua mente, propagandosi poi per il resto del corpo.

Il calore e il profumo di Izumi lo avvolsero come un manto caldo e protettivo, che quietò in un attimo tutta l’angoscia del sentirsi diverso, del sentirsi un mostro.

Impaziente come un bambino alle prese con una caramella decisamente prelibata, sfiorò la pelle morbida della schiena, il torace minuto che si alzava ed abbassava velocemente.

La stretta timida della ragazza gli cingeva il collo, avvicinandolo sempre di più.

Stava per posarle l’ennesimo bacio sulle labbra oramai arrossate quanto le guance, quando la gamba sinistra prese misteriosamente a vibrare.

Si fermò e alzò la testa, perplesso.

Solo in quel momento si ricordò di essersi dimenticato il cellulare acceso e nella tasca dei pantaloni.

Sbuffò e si mise seduto.

“Pronto?” chiese con voce piuttosto incazzosa.

“Eric caro, sono io!” trillò sua madre.

Eric ingoiò una decina di imprecazioni di varia entità, cosa voleva adesso?

“La sorella di Hiroki è stata molto contenta del lavoro che hai fatto con suo figlio, dalla mattina alla sera è diventato calmo, riflessivo ed estremamente educato!” continuò, Eric non riuscì a trattenere un sorrisetto.

“Ciao allora” borbottò lui, ignaro dell’ennesimo che stava per abbattersi.

“Ah, visto che con Itsuki sei stato così bravo, quest’estate dovresti tenere anche le sue due sorelline, ciao tesoro” un leggero clic segnò la fine della telefonata.

Era stato fregato un’altra volta.

Completamente distrutto mentalmente, si mise sotto alle coperte e voltò alle spalle ad Izumi, che si aspettava una continuazione di tutta quella foga esternata poco prima.

“Ma …” tentò incrociando le braccia.

“Lascia perdere, ti spiego domani” ringhiò Eric cacciando la faccia nel cuscino.

La corvina si strinse nelle spalle e fece altrettanto, spegnendo poi il grande lampadario di vetro grigio.

 

 

花見

HANAMI

 

«O-Hanami?» domandò Emma alzando gli occhi dal suo libro di storia giapponese

«Non lontano da qui c’è un bellissimo parco.» disse Izumi «Stavo pensando di organizzarlo per questa domenica».

Emma ne aveva già sentito parlare, di quella strana e per certi versi curiosa usanza giapponese, di recarsi a fare un picnic in qualche parco o giardino per ammirare i ciliegi in fiore.

Ormai la primavera era arrivata, e anche il cortile della Cross, ad osservarlo sia dall’alto che dal basso, era una piacevole e sterminata distesa di bianco rosato, con alberi carichi di fiori da scoppiare e le strade sottostanti ricoperte di petali come per dare il benvenuto ad un re.

«E dunque?» domandò allora Emma, che in realtà aveva già capito

«Beh, ecco, mi domandavo se volevi venire».

Kretzner si alzò, squadrando la sua amica come un animale da laboratorio con espressione stranamente complice.

«Chi altri viene?»

«Allora… il direttore, Lynette-senpai, Kiryu-senpai, il signor Eisen, Ashley, Nagi-chan…»

«E il sempai Flyer?» domandò Emma maliziosa da far paura.

Izumi arrossì tremendamente ed abbassò gli occhi: la risposta era del tutto superflua.

«Diceva di avere un impegno… ma poi, all’ultimo, proprio poco fa…»

«Stai diventando audace.» disse la russa sorridendo divertita «Per natale ho dovuto spronarti io a chiederglielo.»

«Ma no, cosa dici…».

Emma rise divertita.

Forse Izumi non era più timida e paurosa come una volta, ma di certo non era ancora in grado di sostenere lo sguardo del suo eroe tenebroso per più di venti secondi, figuriamoci poi confidargli i suoi veri sentimenti.

Aveva troppa paura.

Paura di dire la verità.

«Non mi stancherò mai di dirtelo. Sei davvero una pudica fanciulla».

Di  colpo, uno strano e preoccupante sorriso si accese sul  suo volto.

«Mi dispiace, ma domenica non posso proprio. Ho degli impegni improrogabili.»

«Da… davvero?» disse Izumi comprensibilmente dispiaciuta

«Facciamo che sarà per la prossima volta. Ma voi divertitevi, mi raccomando».

 

Quella sera stessa, Emma si recò a Tokyo, attendendo il calare delle tenebre più nere per infilarsi in un sudicio vicolo di Ikebukuro stretto tra due imponenti palazzi.

Qui, a metà strada tra un’uscita e l’altra, c’era un locale, con un’insegna in stile arabeggiante che recitava Da Punjaj, Misture e Medicamenti Orientali.

Il proprietario, Punjaj appunto, era un vecchio amico turco di Emma, e di mestiere faceva principalmente il tirapacchi; aveva accumulato denunce per truffe e raggiri in ogni paese civilizzato e non, ma di quando in quando si dilettava anche con il traffico di cianfrusaglie orientali e strani preparati paramedici.

Quando entrò, rigorosamente buttando giù la porta con un calcio, lo trovò come al solito attaccato al suo narghilè, mezzo strafatto e praticamente inebetito.

«Emma, che sorpresa…» disse con fare ebete

«Scendi dalle nuvole, fattone di un turco!» disse tirandolo su a forza «Ho bisogno di te».

Emma dovette aspettare che Punjaj si riavesse del tutto dall’estasi, quindi gli spiegò le sue intenzioni.

«Una pozione che accresca la spontaneità?» mugugnò tra sé il mercante turco, salvo poi ridere provocatoriamente «Cos’è, devi dichiararti al tuo ragazzo per caso?».

La risposta a quell’allusione fu un calcio piazzato direttamente tra le gambe, che tolse al poveraccio quel poco di virilità che gli anni gli avevano lasciato.

«Credo… credo di avere quello che fa per te.» mugolò tenendosi i gioielli.

Andato nel retrobottega, ne uscì con un cofanetto in legno dall’aria antica, che aperto rivelò contenere tre ampolle vitree contenenti uno strano liquido rosato particolarmente denso, simile a yogurt.

«Sarebbe questo?» domandò Emma non senza scetticismo

«È un preparato speciale proveniente dall’Arabia. Sei fortunata, mi è arrivato giusto il mese scorso. Ha il potere di spingere chiunque lo beva o ne respiri gli aromi a rimuovere i propri freni di coscienza rivelando la sua vera natura.»

«Ed è efficace sui vampiri?»

«No, purtroppo. E non credo neppure che esista. Ma credo funzioni sui succubi».

Emma sospirò. Meglio di niente. In fin dei conti bastava che solo uno dei due dicesse la verità, e l’altro a quel punto sarebbe stato costretto a farlo per forza di cose.

«E siamo sicuri che funziona? Non è che mi stai tirando l’ennesimo bidone? Come quella volta con l’aglio speciale che poi si è rivelato una patacca?»

«Fidati, è da mille anni che funziona. Pensa che i sultani erano soliti bruciarlo di nascosto negli aspersori degli harem».

Un dubbio la colse.

«Ehi, un momento. Non è che appena la mia amica me lo avrà bevuto si butterà sopra il suo fidanzato chiedendogli di farlo nella posizione del missionario?»

«Tranquilla, ci sono tre diverse gradazioni. Diluita, pura e concentrata. Puoi scegliere quella che vuoi.»

«Meglio non correre rischi. Dammi la diluita.»

«D’accordo. Ma sta attenta, anche così è molto forte, soprattutto sui soggetti più introversi e restii. Ti consiglio di diluirla in qualche liquido.»

«Non ci saranno problemi».

Emma pagò la parcella e se ne andò con la bottiglietta, ma proprio mentre stava per mettere via il cofanetto Punjaj si accorse di un terribile malinteso. Le etichette erano orientate alla maniera giapponese, da destra verso sinistra, ma i flaconi invece erano disposti in senso inverso, all’occidentale. L’ennesimo errore della sua mente strafatta.

«Santo Maometto!» esclamò correndo fuori.

Troppo tardi. Emma se n’era già andata.

«Beh.» disse tra sè cercando di minimizzare «Un po’ di spontaneità in più non guasterà di certo. Speriamo solo che non esageri con il dosaggio».

 

La domenica successiva era una giornata stupenda, splendeva un tiepido sole e il vento era fresco e leggero, l’ideale per un piacevole picnic fuori porta.

Lynette, Izumi ed Ashley si erano svegliate presto ed erano scese in cucina per preparare i cestini da portare via, mettendoci ognuna un po’ del proprio sapere culinario. C’erano tayaki, tamago e onigiri vari, ma anche sandwitch, roast beef e altri piatti della tradizione inglese. Completavano il tutto bibite varie, soprattutto analcoliche, più qualche birra per il direttore e il professor Eisen.

Tutte e tre sembravano stranamente agitate, e tremavano loro le mani mentre con attenzione riponevano il cibo all’interno dei cestini. I pensieri erano ovviamente rivolti ai ragazzi che le avrebbero accompagnate, e poco importava che il direttore avesse insistito per fare il terzo incomodo; era comunque un’occasione speciale. Ed era proprio questo a spaventarle.

«Avanti, forza e coraggio.» disse Ashley cercando di riportare la speranza «Sono sicura che andrà tutto benissimo.»

«Speriamo.» disse mestamente Lynette, ma in realtà non ci credeva nemmeno lei.

Si assentarono un momento, per vestirsi e prepararsi, e in quel preciso istante Emma sgattaiolò in cucina passando da una finestra, con il mano la bottiglietta di liquido rosa.

Visto che non c’erano lattine o altro era impossibile fare in modo che fosse solo Izumi a bere la pozione, ma date le circostanze non era il caso di essere schizzinosi; e poi in questo modo ci sarebbe stato assai di più da divertirsi.

«Sarà davvero una festa esplosiva.» disse divertita aprendo l’erogatore pieno di tè.

Punjaj si era raccomandato moderazione nell’uso della bevenda, ma Emma pensò che tra il fatto che fose già diluita di suo e il doverla mescolare non c’era bisogno di preoccuparsi eccessivamente, tanto più che in questo modo il divertimento sarebbe stato assicurato e l’obiettivo sicuramente raggiunto.

Riuscì a defilarsi appena in tempo per evitare il ritorno delle ragazze, che inconsce di ogni cosa recuperarono cibo e bevande per poi raggiungere i loro compagni al cancello della scuola.

 

Alle undici, i ragazzi e il direttore erano nel parco municipale della vicina città di Fuyuki, uno dei più bei posti in tutto il Giappone dove poter godere appieno la maestosità dei ciliegi in fiori.

Era uno spettacolo stupendo, e molte famiglie o gruppi di amici occupavano già la vasta superficie erbosa a ridosso dei viali, cantando, conversando e assaporando il tepore dei raggi di sole.

«È bellissimo.» disse Ashley

«Hai ragione.» disse Izumi.

Persino Zero ed Eric non riuscirono a restare indifferenti a quello spettacolo, tanto che per un istante Zero riuscì anche a far sparire dalla faccia quella espressione da cane bastonato, specchio inequivocabile di qualcuno che era stato tirato lì gioco forza.

Per fortuna il direttore era stato abbastanza accordo da ritagliarsi la parte migliore del parco, in cima ad una collinetta isolata proprio accanto al laghetto, ai piedi di uno degli alberi più longevi della città, talmente grande e maestoso da dare l’impressione di voler raggiungere le nuvole.

«Bene ragazze, divertiamoci alla grande!» esclamò Peter a pieni polmoni

«Parla piano, qualcuno potrebbe sentirci.» lo rimproverò Ashley

«Ma chi vuoi che ci senta quaggiù? Complimenti Cross, davvero un’ottima scelta.»

«Erano anni che tentavo di prenotare questo posto. Sono venuto a piantare il cartello il giugno scorso.»

«Me lo sento.» disse Lynette «Questa sarà una bella giornata».

İl gruppo era ignaro del fatto che, nascosta nel buio di una siepe, con la tua mimetica addosso e un mantello d’erba finta a coprirla, un’ombra nera osservasse tutte le loro mosse.

«Ah, e non sai quanto.» commentò Emma alludendo alla battuta di Lynette «Soprattutto per me».

Fu steso il telo, tutti si sedettero e vennero aperti i cestini.

C’era veramente di tutto, e ognuna delle ragazze aveva preparato con le sue mani qualcosa di speciale, destinato alla persona più importante.

«Peter, questo è per te.» disse Ashley passandogli imbarazzata un portavivande

«Che bello, i kanederli!» disse il tedesco prendendo subito a divorarli, con evidente soddisfazione della ragazza

«Direttore, mi sono permessa di...» disse Lynette aprendo un secondo contenitore

«Carpaccio di verdure con tonno e maionese! Sei fantastica, Lynne-chan.»

«G... grazie...».

Nagisa e Izumi aprirono i rispettivi cofanetti davanti ad Eric quasi contemporaneamente. Da una parte, onigiri, e dall’altra una specie di sandwitch molto pieni e con una grossa gobba al centro.

«E questi?» domandò Peter, che non li aveva mai visti «Panini?»

«Tramezzini.» disse timidamente Asakura «So che ad Eric piacciono, e così...».

Dire che gli piacevano era un eufemismo, e così il ragazzo, distrutta per un attimo quella sua aura da duro inamovibile, prese a mangiarseli uno dietro l’altro con evidente piacere.

Ma non disdegnava neanche gli onigiri, e Nagisa si sentì al settimo cielo quando il suo padrone si complimentò per quanto fossero buoni.

«Falli assaggiare anche a me!» esclamò Peter, e fu solo per un vero miracolo se riuscì a toglier in tempo la mano dal vassoio per non vedersela trafiggere da una raffica di frecce di sangue.

«Questi sono solo per il mio signore.» disse minacciosissima

«D’accordo, d’accordo».

Ora sembrava Zero il terzo incomodo, ignorato da tutti, ma qualcuno aveva pensato anche a lui.

«Ecco qui, per il mio figlioccio preferito! Stufato con manzo, verdure e panna!»

«Ancora!? Ma non sai cucinare altro!?»

«Sei sempre così permaloso, Zero. Almeno apprezza il gesto.»

«D’accordo, d’accordo. E comunque».

Un secondo dopo Kaien strinse i denti, cercando di non urlare mentre Zero gli premeva con forza un dito nel dorso della mano.

«Quante volte le ho detto che non voglio essere chiamato figlioccio.»

«Và bene... và bene... ma ora lasciami la mano...».

Poi, fu il momento di brindare con il tè.

«Ecco, ci siamo!» disse Emma sempre più impaziente

«Allora... kampai!» disse il direttore alzando il bicchiere

«Kampai!» dissero gli altri in coro.

Tutti bevvero, e fatti salvi Eric e Zero gli altri iniziarono subito a sentirsi un po’ strani.

La prima a cedere fu Izumi, proprio come sperava Emma; le sue guance si arrossarono e rise flebilmente per un secondo.

«Eric...» disse flebilmente.

Lui la guardò, e un attimo dopo la vide accendersi come un bracere, gli occhi infervorati e l’espressione indiavolata.

«Per quanto ancora dovrò aspettare prima che tu riesca a deciderti?» sbraitò con le guance rosse e gli occhi fuori dalle orbite

«C... cosa!?»

«Che è questa violenza improvvisa?» si domandò incredula Emma «Non sarà mica una yandere?»

«O io o Nagi-chan? È così complicato da decidere? Non pensi di averci riflettuto su anche troppo a lungo?»

«Ma di cosa stai parlando!?» domandò lui sempre più confuso.

A quella domanda Izumi, da imbestialita che era, si mise invece a piangere.

«Non è chiaro? Parlo di quello che provo per te.» disse singhiozzando, e subito dopo gli si buttò addosso stringendolo forte «Io voglio stare con te! Con te!»

«Izumi, aspetta...» disse lui incredulo tentando di liberarsi.

Per fortuna intervenne Nagisa, che lo tirò via di peso rimettendolo in piedi davanti a sé.

«Grazie, Nagisa. Mi hai salvato».

Ma anche Nagisa aveva qualcosa di strano, e sfortunatamente Eric se ne accorse troppo tardi.

«Mio signore...» disse anche lei con le guance arrossate e gli occhi scintillanti, e prima che potesse rendersene conto Eric si ritrovò di nuovo buttato a terra «Io non posso più nascondermi. La verità è che... che io...»

«Ehi, non è valido. Voglio partecipare anch’io!» esclamò Izumi, che toltasi senza indugio la maglietta si buttò sulla coppia lottando per prevalere sull’amica-nemica

«Ma si può sapere che vi prende a tutt’e due?» strillò infervorato Eric riuscendo finalmente a liberarsi.

«Ma siamo sicuri che fosse davvero tè?» si domandò Zero osservando il suo bicchiere ormai vuoto «Direttore?».

Quello che Zero vide girandosi alla propria sinistra lo fece persino inorridire: il direttore Cross e Lynette stretti l’uno all’altra che sembravano sul punto di buttarsi sull’erba ad amoreggiare.

«Cross-sama... voi siete così affascinante.»

«Lo so, lo so, amore mio.»

«Voglio darmi completamente a voi».

Gli occhi con cui Zero si vide guardare dal direttore facevano gelare il sangue.

«Vieni, Zero. Ti faccio conoscere la tua nuova okāsan. Vedrai, ti piacerà».

Quella mano protesa verso di lui letteralmente lo terrorizzò, e stavolta invece di un semplice pestone il ragazzo assestò un maglio da guerra sulla testa di Kaien mettendolo a nanna.

«Oh, direttore.» disse Lynette strofinandosi sul suo corpo tramortito «Voi siete così virile. Mi sento così strana. Io… vi voglio!».

Con Lynette ora erano tre le ragazze ad essersi denudate del tutto o quasi, e Zero si sentì venire i brividi quando sentì degli strani mugolii provenire dalle sue spalle.

Quello che vide voltandosi, però, era se possibile ancora più inquietante e spaventoso di ciò che si era immaginato: Peter che abbracciava, carezzava e pomiciava con il suo dragunov.

«Mia adorata Meredith. Quanto ti adoro. Sei la sola donna della mia vita. Sì d’accordo, mi piacciono anche tutte le altre, ma vivo solo per te. Non importa quanto io ti tradisca, tu mi sei sempre fedele.»

«Questo è davvero troppo.» disse attonito Zero

«Peter!» sentì urlare il ragazzo alle proprie spalle.

Per fortuna Zero si abbassò in tempo, ma in compenso Ashley piombò come una cannonata addosso ad Eric, dopo che questi era riuscito faticosamente a liberarsi dal terzo assalto di Izumi e Nagisa. Ciò non di meno, Ashley era talmente fuori di sé che pensò di essere finita tra le braccia del suo adorato professore.

«Ashley, ma che…»

«Perché, Peter? Perché ci provi con tutte e non con me? Non capisci i miei sentimenti? Avanti, dai, facciamolo qui, davanti a tutti. Così tutti sapranno.»

«Co… cosa!? Facciamolo!?»

«Esibizionista.» disse Emma con una faccia da antologia.

Le provocanti proposte di Ashley suscitarono però l’ira di Nagisa.

«Nessuno può toccare il mio signore a parte me.» disse mordicchiandosi un dito «E tantomeno farci l’amore.» e detto questo una pioggia di frecce, per fortuna non affilate, si abbatté sui due rispiarmiandoli per miracolo.

Ma non era ancora finita.

«Ehi, come ti sei permesso?» disse Peter faccia truce e fucile alla mano avvicinandosi ad Eric «Io non permetto a nessuno di toccare le mie donne. Sono solo mie, e nessuno può toccarmele».

Senza esitazioni sparò a proiettili di gomma contro Eric, che per fortuna evitò il colpo.

«Fatti sotto.» disse poi Peter prendendo a mimare Ken Shiro «Ti farò esplodere la testa con la leggendaria tecnica del Pugno Kartoffel della Scuola Merkel.»

«Ma sei impazzito, razza di tedesco maniaco?» urlò Flyer assestandogli un montante al millimetro che lo fece volare direttamente nello stagno.

Ormai la situazione era chiaramente sfuggita di mano, ed Emma si sentì molto a disagio nel vedere Lynette strofinarsi sul direttore svenuto, Izumi ridere come un’isterica seduta mezza nuda sull’erba, Nagisa dritta come una statua e con l’indice destro alzato che si faceva piovere sangue addosso come una fontana, Ashley che amoreggiava con un albero, Peter che sparava in aria a ripetizione con un fucile e una mitraglietta con addosso i soli boxer ed Eric e Zero che non riuscivano a capacitarsi di quanto stava succedendo.

«La faccenda ha un che di strambo.» disse ormai senza più parole «Non sarà che quell’eroinomane di un turco mi ha bidonata un’altra volta».

Ma il peggio doveva ancora venire.

«È giunta l’ora dell’arma suprema!» disse Peter premendo il bottone rosso con teschio di un telecomando comparso dal nulla nella sua mano.

Il terreno tremò come durante il terremoto sotto la spinta di quelli che sembravano i passi di un gigante, e dopo qualche attimo da dietro la collina comparve una specie di versione tedesca di Kotetsu Jeeg che camminava a passo di marcia sulle note di Gegen Engeland.

«Ecco l’ultimo ritrovato delle Industrie Shouble per la lotta ai vampiri!» esclamò trionfante Peter con il termos in testa a mo di elmo e il telo da picnic annodato sulle spalle «Supermegahyper Eurofighter Junge! Il mio tessssoro!!! E io sono il suo padrone!».

Peter era talmente fuori di sé da non accorgersi di essere proprio sulla linea del robot, che lo calpestò come una cicca sotto i suoi piedi ciclopici fracassando anche il telecomando. Privato del suo controllo il robot andò fuori di testa, e aperta una feritoia nel suo petto azionò una specie di congegno aspirapolvere che succhiò dentro di sé tutte le ragazze, Peter e il direttore, lasciando salvi solo Eric e Zero.

«Ha preso le ragazze!» esclamò Zero tentando di resistere all’aspirazione

«L’ho visto! Dobbiamo fermarlo!».

Zero non aveva portato con Sé Bloody Rose, ma riuscì a rimediare afferrano una delle tante armi sbucate dai boxer di Peter come dal gonnellino di Eta Beta e lasciate in giro per tutto il parco, mentre Eric si vide lanciare contro una katana da qualcuno che non si sarebbe aspettato di trovare lì.

«Prendi!» esclamò Emma lanciandogli Kyoku.

Eric la recuperò al volo, e nello stesso momento in cui Zero tirava con precisione alla fronte del robot, mandandolo momentaneamente in tilt, il ragazzo spiccò un salto, sfoderò la spada e menò un fendente orizzontale preciso al millimetro che prima decapitò di netto il nemico e subito dopo lo fece esplodere, liberando tutti i prigionieri al suo interno.

Izumi e gli altri erano crollati nel sonno, effetto collaterale terminale della pozione che avevano inconsapevolmente bevuto, e questo fu un bene, perché se avessero potuto vedersi seminudi com’erano difficile dire come avrebbero potuto prenderla.

«Sembra che sia finita, finalmente.» disse Zero

«In qualche modo.»

«I miei complimenti.» disse Emma sbucando fuori dal suo nascondiglio ed avvicinandosi ai due ragazzi, che le davano le spalle «Avete risolto anche questa situazione.»

«Emma.» ringhiò Eric facendola immobilizzare «Posso sapere per quale motivo sei qui?»

«Beh, ecco… veramente…» disse lei colta in fallo.

I due ragazzi si girarono. Le loro facce mettevano paura.

«Sai, ho come una strana sensazione.» disse Eric «Tu no, Zero?»

«Se intendi la sensazione di avere davanti una burlona fuori stagione allora sì, ce l’ho anch’io.»

«Che cosa puoi dire per discolparti?».

Emma prese a sudare freddo, dicendo la prima cosa che le venne in mente.

«P… pesce d’aprile?» mormorò con un sorriso ebete.

Subito dopo furono tre colpi in successione.

 

Sul fare della sera, mentre il tramonto prendeva a colorare di rosso i profili delle case e le montagne circostanti, i tre ragazzi erano tornati in vista del collegio.

«Non è giusto.» continuava a piangere Emma con due grossi bernoccoli in testa e spingendo da sola nel contempo il carretto su cui erano accatastati i loro amici «Venti chilometri in queste condizioni. Questi pesano.»

«Considerato quello che hai fatto, ti è andata anche troppo bene.» disse Eric

«E francamente» disse Zero «Non vorrei essere al tuo posto quando il direttore, Peter e Nagi-chan si sveglieranno. Spero per il tuo bene che non ricordino nulla».

Ormai si era fatta sera, e una volta fatto ritorno alla Cross Nagisa e gli altri furono riportati direttamente nelle loro camere e messi a letto.

Eric si fece carico di Izumi, e presala delicatamente tra le braccia la portò fino nella sua stanza, adagiandola con cura sul letto e stando a lungo ad osservarne rapito il volto addormentato.

Era bella. Bellissima.

«Eric…» la sentì mormorare nel sonno un attimo prima di lasciarla «Ti… amo…».

Il ragazzo restò un momento basito, poi, sorridendo tra sé e sé, se ne andò chiudendosi la porta alle spalle.

  
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