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Autore: lillyre    26/10/2007    3 recensioni
(Ghost Hunt)Il suono del telefono rompe il silenzio quinquennale nello studio dello SPR e Mai Taniyama è di nuovo lì per rispondere. Poi un aereo e l'Inghilerra, insieme agli amici di sempre, per un nuovo caso, per cercare di salvare delle vite innocenti...e di mettere un po' di ordine nella propria vita, di nuovo a soqquadro a causa di un uomo che, ormai sa, porta il nome di Oliver Davis....
Genere: Sovrannaturale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Note: Finito di vedere l’anime di Ghost Hunt ho cercato tutte le informazioni possibili sul manga e sui romanzi e questa fan f

Note: Finito di vedere l’anime di Ghost Hunt ho cercato tutte le informazioni possibili sul manga e sui romanzi e questa fan fiction nasce dall’unione del mio amore per l’anime, dalla malinconia di aver visto terminare delle indagini che mi hanno inquietato e divertito, e da quel po’ di spoilers che sono riuscita a comprendere dalle pagine web totalmente in inglese. Spero che quanto ho scritto, e scriverò, vi piaccia e che, per chi magari non conosce i personaggi, riesca ad far nascere la passione per un anime che, secondo me, possiede qualità non indifferenti.

Prologo

Era caldo.

Tanto caldo.

Non riusciva a capire da dove provenisse tutto quel calore.

Eppure c’era; esisteva.

E viveva.

Viveva di lei.

Abbassò lo sguardo e capì.

Quello che sentiva sui polsi non era altro che il materiale ruvido e pungente della corda che le segava la pelle.

Quello che vedeva in aria non era che un cerchio di cielo dove si stagliava la luna.

Così bianca a confronto del nero che aveva intorno.

Così limpida rispetto al fumo che la circondava.

Così fredda paragonata al fuoco che aveva iniziato a divorarla.

E oltre la cortina del fumo che aveva preso il tanfo della sua carne bruciata, solo quei volti che ondeggiavano come le fiamme dell’inferno.

Mai Taniyama si svegliò di soprassalto nel cuore della notte.

La mente affranta, il petto in subbuglio, il respiro un rantolo quasi spaventoso in quella tranquilla notte di ottobre.

Fuori solo la remota sirena di un’ambulanza rompeva il silenzio delle strade deserte.

Che cos’era stato?

Che cos’era quella visione?

Da troppo tempo ormai niente di tutto quello l’aveva più tormentata e ora, quasi a richiamarla ai suoi doveri di medium, dopo tanti anni un sogno, che non era un vero e proprio sogno, aveva di nuovo affollato i suoi pensieri.

Non era possibile.

Da troppo tempo non aveva più avuto sensazioni così penetranti.

Da quel 31 ottobre di cinque anni prima.

Quando lo studio dove aveva lavorato per un tempo che le era parso infinito, aveva scricchiolato.

E la sua porta era stata chiusa per sempre.


1.

-Ohilà Mai-chan!- gridò una voce improvvisa che colpì le sue orecchie come se fosse stato un proiettile.

Peggio. Se fosse stato un proiettile ora sarebbe svenuta e non avrebbe sentito alcun male.

Invece la voce di Houshou Takigawa le rimbombava con prepotenza lungo tutti i canali di percezione che avesse, con un frastuono che non gli sarebbe stato possibile nemmeno con l’aiuto di tutta la sua rock band.

La ragazza dai corti capelli castani si voltò tuttavia con un sorriso. Per quanto la testa sembrasse scoppiarle era però felice di rivedere Bou-san. Perché tra poco sarebbe stato il 31 ottobre e loro si sarebbero visti di nuovo.

Come accadeva da cinque anni a quella parte.

- Come va? – sorrise la ragazza cercando di non strizzare troppo gli occhi. Il mal di testa le aveva anche procurato una momentanea instabilità visiva e andava in giro strizzando le palpebre nel vano tentativo di mettere più a fuoco quello che le stava intorno. La fortuna aveva voluto che non avesse un’auto sua e che per la maggior parte dei suoi spostamenti utilizzasse dei mezzi pubblici. Certo non era proprio l’ideale per il suo lavoro, ma non era mai stata ricca, e non poteva permettersi di mantenere anche un’automobile. Già era un miracolo che riuscisse ad arrivare a fine mese!

- Come al solito! – disse il biondo bonzo del monte Kouya mentre con il suo sorriso pareva oscurare il pallido sole di quella giornata d’autunno precocemente fredda – piuttosto dovremmo cominciare a pensare a come contattare tutti gli altri! È quasi ora dei festeggiamenti! -

Il giorno di Halloween.

Mai Taniyama non riuscì a fare a meno di sorridere.

Tra tutti e trecentosessantacinque i giorni che erano stati creati, proprio la Festa dei Morti quell’idiota aveva dovuto scegliere per chiudere le loro avventure?

E tuttavia non era stata poi una scelta così sbagliata.

Annuì vivacemente a Takigawa (almeno per quanto le permettesse quel feroce mal di testa) e sorrise.

Non vedeva alcuni di loro da parecchio tempo; John era spesso a Roma per alcuni “corsi di aggiornamento”, come scherzosamente li definiva Bou-san, Ayako aveva ottenuto un’incredibile fama di esorcista e spesso veniva chiamata nei luoghi più impensati per compiere un lavoro, Bou-san aveva avuto un notevole successo con la sua band e ultimamente era di frequente in tournee insieme agli altri componenti del gruppo. Gli unici che riusciva a sentire più di frequente erano Yasuhara-san e Masako.

Yasuhara-san era agli sgoccioli dell’università, ormai mancava poco alla sua laurea e, se poteva, Mai faceva di tutto per incoraggiarlo ed aiutarlo, per quanto quel singolare ragazzo sembrava portasse il sole dentro di se.

Masako, invece, rimaneva la solita. Graziosa, riservata e sempre un po’ fredda verso di lei, tuttavia si trovava a chiamarla spesso per chiederle di intervenire su un luogo per lei particolarmente ostico da seguire oppure, anche se questo accadeva meno di frequente, semplicemente per parlarle.

La famosa medium televisiva non aveva molti amici.

Ma spesso le persone che sono dotate di poteri extrasensoriali rimangono soli.

Mai ci aveva riflettuto. Tuttavia anche per chi fosse portato per determinate discipline, anche per chi possedeva dei poteri particolari riusciva ad esistere qualcuno sul quale appoggiarsi. Riconoscerlo o meno stava poi alla idiozia del soggetto in questione.

Mai Taniyama scosse la testa e cercò di scacciare dalla mente l’immagine nera ed austera del suo vecchio capo. Quello a cui spesso aveva voluto tirare un cazzotto in bocca se solo ne avesse avuto l’occasione e quello al quale non aveva saputo dare una risposta chiara.

Si biasimava ancora per questo.

Anche se doveva ammettere che lui non l’avesse aiutata molto in questo senso.

Oliver Davis.

Ormai era qualcuno che poteva solo leggere sui giornali.

E anche raramente di questi periodi.

Per fortuna sua.

- Ehi, Mai ti sei incantata? – sogghignò il giovane bonzo fissandola di sottecchi.

- Scusami – si affrettò a rispondere la ragazza – stavo solo facendo mente locale sul fatto che non vedo John e Ayako da parecchio tempo…. A dire il vero non vedo neanche te da parecchio tempo!- disse poi battendo allegramente sull’alta spalla del giovane. Era cresciuta in questi cinque anni, ma un metro e ottantasetta di altezza erano comunque molto più di quanto potesse aspirare – Fatto conquiste in questo periodo? Guarda che la trentina è proprio dietro l’angolo!-

- Ehi! Porta rispetto, ragazzina- sbuffò il giovane stizzito – sono ancora nel fiore della gioventù! E ho miriadi di fan che potrebbero consolarmi ad ogni mio ordine!-

- Oh, signor Rock star di fama internazionale! Mi perdoni, come ho potuto mancarle di rispetto? – Mai sorrise. Le piaceva rivedere Bou-san. Era sempre stato gentile con lei, l’aveva sempre consolata e aveva avuto sempre una parola dolce per lei. Era stato quel fratello che non aveva mai avuto. Parte di quella famiglia che non era mai riuscita ad amare…

Perché era rimasta sola troppo presto.

Ma aveva imparato da tempo che piangere su se stessa non avrebbe portato a niente. Per questo si era sempre data da fare. E aveva cercato di sorridere sempre. Altrimenti la sua vita che senso avrebbe avuto?

-Comunque io sto andando da Yasuhara-san e più tardi dovrei chiamare Masako per sentire com’è andata con un caso- disse Mai riprendendo il soggetto principale della conversazione – se vuoi posso chiamare anche John e Ayako…a meno che tu non voglia contattare la nostra deliziosa miko…- lo sguardo della ragazza era fin troppo malizioso. E per quanto il mal di testa ancora le torturasse il cervello, tuttavia non riusciva a smettere di scherzare. Era la medicina adatta per ogni cosa.

Il giovane ridusse gli occhi a due fessure, quasi come un gatto punto con qualcosa che odia.

- Ehi, cosa osi insinuare? Comunque tu ti occupi già di due persone le altre rimangono a me – annuì con il capo in tono solenne mentre rinchiudeva il petto fra le braccia. Mai non riuscì a non sorridere sommessamente.

- Piuttosto, dove andiamo questa volta?-

Alla ragazza venne un’idea.

Erano passati cinque anni.

E c’era un unico posto che sarebbe stato quello giusto.

- Ovvio – sorrise mentre per un attimo il mal di testa scomparve. Ed insieme a quello anche il terribile senso di oppressione che aveva avuto sul cuore dal momento in cui si era svegliata la notte scorsa dopo quell’incubo terribile – allo SPR -

Quando la porta si aprì di nuovo, cigolando, a tutti non parve vero.

Dentro regnava qualcosa di strano, di magico.

Di sacrale quasi.

E in più c’era il suo odore.

Mai lo riconobbe subito e la cosa la fece sospirare rassegnata. Si era illusa che dopo tutto quel tempo se ne fosse dimenticata, di quello strano profumo di libri antichi e di the in foglie. Ma purtroppo sembrava una cosa più resistente di quanto credesse.

Tuttavia si scrollò immediatamente di dosso quella sensazione e ritrovò il sorriso.

Dietro di lei altre cinque figure aspettano di entrare, quasi trattenendo il respiro.

- Che significa questo?- chiese Ayako Matsusaki guardandosi in giro come se da un momento all’altro, dalle porte che si trovavano sulla sinistra di quella prima stanza, stessero per emergere degli essere spaventosi.

- Quello che vedete – rispose Mai Taniyama con il suo solito sorriso mentre spalancava una delle ampie finestre della stanza e lasciava che l’aria fredda di quell’insolito ottobre le investisse le narici – finalmente ci sono riuscita -

- Hai rilevato lo SPR? – chiese John Brown, in abiti civili, guardandosi intorno con un sorriso spontaneo. Che manifestava tutta la sua gioia.

Mai non fece altro che annuire.

E poi ci fu il silenzio.

Fu solo per qualche istante.

In cui la ragazza poté osservare lo sguardo di tutti i suoi amici.

Sapeva esattamente che cosa stavano provando.

Nessuno di loro aveva dimenticato.

Il primo giorno nel suo vecchio liceo.

Nella casa della bambola maledetta.

Nella scuola dei poteri psichici.

Nel parco e nella chiesa di un bambino perduto.

Nell’istituto di Yasuhara-san.

Nel labirinto del vampiro.

Nella casa maledetta dei due amanti…

Nessuno di loro aveva dimenticato.

E Mai sorrise mentre il cuore pareva scoppiarle in petto per l’emozione. Sapeva che gli altri stavano provando la stessa cosa. Era come essere tornati indietro nel tempo. E quel vento freddo, quello che entrava placido dalla finestra, pareva essere davvero la voce di Naru che li rimproverava del fatto che quello studio non fosse un caffè dove chiacchierare.

- Come hai fatto? – chiese Masako Hara fissando un po’ troppo la porta di accesso alla vecchia stanza del presidente.

- Ho lavorato parecchio e qualche buon fantasma sembra avermi aiutata – disse Mai fissando maliziosa lo sguardo su Bou-san e Yasuhara che avevano improvvisamente cominciato a trovare davvero interessante il nugolo di ragnatele che circondava la vecchia pala del condizionatore sul soffitto.

- La colpa è stata mia, non guardare male loro, Mai-chan! – proruppe all’improvviso John con gli occhioni azzurri talmente brillanti che sconvolsero tutti.

- John!- cercò di richiamare il bonzo con uno sguardo severo.

Mai Taniyama rimase completamente allibita.

Davanti a lei l’angelico prete dagli occhi azzurri e dai riccioli biondi aveva un’aria contrita che metteva quasi ilarità.

E infatti.

La ragazza scoppiò a ridere fragorosamente.

Era tanto che non rideva così.

E a lei non poterono fare a meno di unirsi il bonzo e lo studente universitario.

- Ma si può sapere che diavolo avete combinato? – chiese Ayako Matsusaki svolgendo graziosamente la lunga chioma volpina, con un cipiglio piuttosto seccato.

Houshou Takigawa e Osamu Yasuhara non riuscivano a smetterla di ridere, appoggiandosi l’uno alla spalla dell’altro.

Ma Mai aveva tentato di riprendere il controllo di se stessa. Beh,almeno per un pochetto. Anche se ogni tanto qualche risata tornava a scuoterle il petto.

- Il fatto è che ho ottenuto l’affitto di questo locale ad un prezzo a dir poco ridicolo per il luogo dove si trova – disse piuttosto velocemente prima di essere presa da un altro attacco di risa.

Ayako e Masako la fissarono senza capire.

- La colpa è mia – ammise con aria terribilmente colpevole il biondo John Brown – ho avuto io l’idea – continuò torturandosi le mani – il fatto è…-

- Nessuno di noi voleva che tutto quello che avevamo fatto finisse – ammise dolcemente Osamu Yasuhara, avendo ripreso il controllo di se stesso – volevamo che almeno qualcosa sopravvivesse…-

- E così abbiamo inventato la storia di un fantasma cacciato dallo SPR che avrebbe perseguitato chiunque avesse rilevato lo studio. Per dare una terribile fama a questo posto e vedere almeno posticipato il momento in cui quella scritta sarebbe stata cancellata dal vetro della porta – aggiunge Takigawa indicando l’insegna polverosa, ma ancora ben visibile dello SPR, Shibuya Psichic Research.

- Che stupidaggine! – sbuffò Ayako non riuscendo tuttavia a mascherare un sorrisetto compiaciuto – solo a te poteva venire in mente una cosa del genere! -

- Guarda che l’imbeccata ce l’ ha data quel santo in terra che sta lì – sbraitò il bonzo alzando un dito verso John Brown che ora li fissava con occhi grandi e spauriti.

Ayako degnò il piccolo prete biondo di un’occhiata – A forza di venire con te, avrà cominciato a marcire pure lui –

- Che hai detto, vecchia strega?-

- Se io sono vecchia tu lo sei più di me, nonnetto!-

- Grandi! Bene così! – esclamò all’improvviso con l’occhio scintillante Yasuhara-san cacciando fuori dalla tasca una minuscola telecamera, sua amica inseparabile da un po’ di tempo a questa parte.

- Oh, andiamo, siamo qui per divertirci, non per litigare! – disse Mai cercando di togliere le mani di Ayako dal collo di Bou-san, ma quelle sembravano tenaglie di acciaio e il volto del bonzo aveva già assunto una sfumatura color mirtillo che non si abbinava molto con la tonalità castagna dei suoi capelli.

- Non ci avrai portato qui per ripulire tutto, spero – disse Masako sprezzante, portandosi una manica fluente del suo kimono di fronte alle labbra.

- No, non ti preoccupare – sorrise Mai. Che l’aiutassero un pochetto a sistemare tutto, ci aveva sperato. Che lo facesse Masako, proprio no. Ormai aveva quasi imparato a conoscerla.

La serata trascorse allegramente, con Yasuhara e Ayako che cercavano di riutilizzare i vecchi fornelli (i quali parevano, misteriosamente, funzionare ancora benissimo), Bou-san che tentava di portare John sulla cattiva strada e il giovane australiano che sorrideva come un bambino a tutte le provocazioni come se fosse tonto. Beh, forse un pochetto tonto da questo punto di vista ci era. Masako che esaminava delle vecchie carte come a voler trovare Naru nascosto la in mezzo.

Effettivamente mancano solo lui e Lin-san.

E in quel momento Mai si chiese, per la prima volta dopo cinque anni, se quello strano ragazzo, troppo maturo per i suoi anni, li ricordasse tutti con il medesimo calore.

L’uomo alto, dai capelli scuri e leggermente lunghi, che ricadevano come un sipario sul volto affilato, si avvicinò ancora di un passo.

E affiancò il giovane vestito di nero.

Il vento di un autunno che, fin troppo rapidamente, stava diventando inverno, colpì le guance pallide del ragazzo e ne scompigliò i capelli corti e corvini. Tuttavia, per nulla infastiditi dal vento gelido, quegli strani occhi di ghiaccio continuarono a fissare avanti a sé.

Lin Koujo non aveva ancora compreso bene il perché quel ragazzo avesse di nuovo accettato un caso.

Da quando era tornato nella sua patria d’origine aveva cercato una vita normale, lontana da qualsiasi contatto con tutto ciò che non avesse a che fare con il semplice vivere quotidiano.

Ma Oliver Davis non era un individuo comune.

E non poteva negarlo a se stesso.

L’uomo alto lasciò che lo sguardo vagasse oltre la collina, laddove c’era qualcosa che li stava aspettando.

- Andiamo – disse solamente il ragazzo dai capelli nerissimi, agitando elegantemente il suo cappotto scuro.

E per un attimo, un solo attimo, fu visibile il suo polso.

Lin Koujo non sorrideva spesso.

Ma questa volta non poté farne a meno.

Dopotutto sembrava proprio che Noll, o forse avrebbe dovuto dire Naru, qualcosa di del tutto normale lo possedesse davvero.

  
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