[Hey Lucy, I remember your name. I left a
dozen roses on your grave, today. I’m in the grass with my knees, wipe the leaves away. I just come to talk for
a while, I’ve got some things I need to say]
Ciao, Hinata. Sono
venuto per parlare un po’, spero non ti dispiaccia… Ti ho portato delle rose
bianche, come piacciono a te. Ecco, le appoggio qui. Ho molte cose da raccontarti,
non vengo da un po’, mi dispiace, ma sai quanti sono i miei impegni. Il lavoro
va molto bene, anche se a volte un po’ faticoso, ma non mi lamento. Lei si è
voluta iscrivere ad una scuola di musica, per imparare a suonare il pianoforte.
È bravissima, saresti davvero orgogliosa di lei. A volte mi chiede di leggerle
la lettera che le hai lasciato, perché ancora non sa leggere bene. Io esaudisco
sempre questo suo desiderio con un sorriso sulle labbra, ma a volte davvero non
riesco a trattenere le lacrime. Mi manchi tanto… Spesso, quando il dolore
diventa troppo da sopportare, faccio come mi hai detto tu. Vado indietro con la
mente e scorro tutti i nostri ricordi, come fossero delle fotografie in un
vecchio album, ingiallite dal tempo, ma sempre belle. Uno dei più ricorrenti, è
sicuramente quello del nostro primo incontro, ricordi? Era il 18
Agosto 2003…
:Aiko:
18
Agosto 2003
[Now that is over, I just wanna
hold her, I’d give up all the world to see that little piece of heaven looking
back at me]
Un
ragazzo dai capelli biondi, folti e ribelli, camminava fra i vicoli di
Hokkaido, senza una meta precisa. Ad un certo punto guardò l’orologio, aggrottò
le sopracciglia e si avviò verso il centro della città. Quella sera d’estate,
un fresco venticello soffiava allegramente, rinfrescando gli abitanti della
città che in quel momento passeggiavano lungo i marciapiedi. Quel giorno era
stato più soffocante e torrido del solito e aveva obbligato ogni persona a
ripararsi in casa, davanti ad un ventilatore o un condizionatore. Solo ora, che
la temperatura si era leggermente abbassata e l’aria rinfrescata, le strade
della città cominciavano a riempirsi di vita. Il ragazzo camminava, senza ormai
più fare caso alle luci degli immensi grattacieli, verso il luogo
dell’appuntamento. Era uscito dall’Università un paio d’ore prima, ma proprio
non aveva avuto voglia di tornare a casa, così si era goduto la città,
silenziosa e libera dai rumori del traffico, aspettando che giungessero le
20.00. Doveva incontrare i suoi amici in un piano-bar, di cui non ricordava
bene il nome – Haruko Ongaku no, o
qualcosa del genere-. Non era mai stato prima in quel posto, poiché non
amava molto il genere di musica di quel tipo di locale, lui era un po’ più un
tipo da “rock” e non soffriva quelle note così lente e malinconiche, quasi noiose. Comunque sia, aveva accettato,
perché era della filosofia che una nuova
esperienza non può nuocere di certo. Una volta arrivato davanti al locale,
i suoi occhi azzurro cielo si soffermarono appena sull’ insegna, constatando
che almeno aveva azzeccato il nome, e poi sulle mura dai toni scuri. Con aria
incerta, spinse la porta nera d’ingresso e varcò la soglia. Subito il suono di
un sassofono e una luce soffusa lo accolsero, facendogli sentire appieno
l’atmosfera jazz. Si
guardò intorno, ma non vide i suoi amici,
perciò decise di farsi assegnare un tavolino e poi si sedette,
ad aspettarli.
Mentre sorseggiava un drink fissando la porta con aria distratta, non
si
accorse del silenzio che aveva riempito la stanza, interrotto ogni
tanto dal
chiacchiericcio dei pochi clienti. Ad un tratto udì un suono
dolce, melodioso,
che aveva un che di malinconico, di triste… Alzò lo
sguardo verso il palco
infondo alla sala e vide una ragazza seduta al pianoforte a coda,
collocato al
centro della piattaforma in legno. Un riflettore la illuminava
dall’alto,
facendo risaltare la sua pelle bianca. I lunghi capelli neri erano
legati in
uno chignon, molto ordinato, ma da cui fuggivano ribelli due ciuffi ai
lati del
viso e una frangia, che le copriva la fronte. Muoveva veloce le mani
curate
sulla testiera bianca e nera del piano; il suo volto aveva
un’aria concentrata,
gli occhi chiusi e le sottili sopracciglia leggermente aggrottate.
C'era qualcosa, in lei, che lo ammaliava. Il ragazzo
la guardò rapito tutto il tempo e, quando ebbe finito e si fu
alzata, lui
applaudì con energia mostrando un sorriso radioso. Lei sorrise a
sua volta
nella sua direzione e poi si inchinò, leggermente arrossita. Non
era abituata a quel tipo di apprezzamento, specialmente da un ragazzo.
Si sentiva intimidita, da quello sguardo che sembrava seguire ogni suo
gesto. Raccolse gli spartiti, prima di scendere gli
scalini con grazia e avviarsi verso il bar.
«Bell’esibizione»
disse all'improvviso una voce dietro di lei. La ragazza si girò,
sapendo già di chi si trattasse, e subito incontrò gli
occhi
azzurri di lui. Una strana sensazione scosse entrambi, come se, in un
tempo
passato, si fossero già incrociati come in quel momento.
«G-grazie» sussurrò, spostandosi una ciocca nera
dietro l'orecchio, e
il ragazzo sorrise ancora di più, mentre le porgeva la mano.
«Il mio nome è
Uzumaki Naruto, posso offrirti qualcosa da bere…Ehm..?».
«H-Hinata» rispose
lei, stringendo la sua mano. «Il mio nome è Hyuga Hinata e
sono felice di
accettare». Un sorriso, uno sguardo, un battito.
23 Novembre 2003
[Now that it’s over, I
just wanna hold her, I’ve gotta live with the choises I made and I can’t live
with myself today]
Naruto sedeva su una panchina, un po’ malandata, del
parco. Mentre la brezza autunnale gli scompigliava i capelli, ripensava alla
sera d’Agosto in cui aveva incontrato Hinata.
Non avrebbe mai sospettato di incontrare la donna della sua vita proprio
in quel luogo, mai. Sorrise, ripensando a quei momenti. Ai suoi gesti
impacciati, all’imbarazzo di lei e alle risate, che non erano di certo mancate.
Non si sentiva così a casa da quando
i suoi genitori l’avevano lasciato, anni prima. Hinata lo capiva, lo
confortava, e bastava un suo sorriso dolce a fargli dimenticare tutti i
problemi della sua vita complicata. Mentre l’aspettava, incurante del freddo e
degli sguardi incuriositi della gente, canticchiava fra sé e sé. Non la vedeva
da un giorno, eppure le mancava da morire. «Naruto!».
Non appena udì la voce di Hinata, alzò lo sguardo e vide la sua esile figura
corrergli incontro. Mentre osservava i suoi lunghi capelli ondeggiare mossi dal
vento e il suo viso, così dolce e bello, sentì una fitta al cuore, quasi dolorosa. Lei gli sorrise e lui si
alzò, ricambiando. In un attimo lo raggiunse e gli gettò le braccia al collo,
sussurrandogli un «Mi sei mancato». Naruto affondò il viso
fra i suoi capelli ed inspirò il suo profumo. Lo sentiva su quei fili neri come
la notte, sulla pelle liscia del suo collo e sul suo cappotto bianco. «Anche
tu»
rispose, stringendola a sé più forte. Le era mancata davvero. Si staccarono
dall’abbraccio e Hinata gli sorrise di nuovo, radiosa. Perdendosi nei suoi occhi chiari, bellissimi e pieni di vitalità, quasi si dimenticò del motivo per
cui le aveva chiesto di venire lì. Hinata cominciò a ridere e gli chiese se andava tutto
bene.
In quel momento il ragazzo si era ridestato, come se fosse uscito da uno strato
di trance, e le aveva risposto, un po’ incerto «S-sì…».
La ragazza si guardò intorno, osservando gli alberi dalle foglie ingiallite e
il cielo sereno sopra di loro. «Perché mi hai detto di
venire qui? Avevamo un appuntamento domani…» gli disse, poi, guardandolo
incuriosita. «Si, ecco… Vieni con me, devo farti vedere una cosa». La prese per
mano, intrecciando le dita alle sue. Sembravano create apposta per stare così,
unite. Camminò e lei lo seguì, avvicinandosi a lui e aggrappandosi al suo
braccio.
Si
frequentavano da pochi mesi, eppure Naruto si sentiva pronto. Quelli erano
stati i giorni più felici dalla morte dei suoi genitori, tutto grazie ad
Hinata. Lui voleva stare sempre insieme a lei. Sempre. In ogni momento.
Lo sentiva mentre attraversavano il parco e lei gli raccontava la sua giornata,
mentre raggiungevano il laghetto al centro del parco e attraversavano il
ponticello posizionato sopra di esso. Hinata sorrise felice, come sempre quando era al suo fianco, osservando la
superficie dell’acqua e i loro riflessi su di essa. «Naruto, è veramente un
bellissimo posto» disse, mentre si girava a guardarlo. Non appena vide il suo
sguardo terribilmente serio, però, si zittì subito. «Hinata, io non ti ho
portata qui solo per farti vedere questo. Io… devo dirti una cosa». Dato che
lei non parlava, lui si decise a continuare. «Da quando ti ho incontrata, la
mia vita è stata… migliore. Sin dal
primo momento in cui ti ho vista io…». Cercò di ripetere il discorso che si era
preparato nella mente, per fare ogni cosa al meglio, ma le parole gli morivano
in bocca. Forse non era ancora pronto? Sollevò lo sguardo e incrociò quello di
Hinata. In quel momento comprese ogni cosa. «Io
ti amo» disse in un soffio. La ragazza si avvicinò a lui e lo guardò nei
suoi occhi azzurri, così… vivi, in cerca
di una conferma, per assicurarsi che non le avesse mentito, o di aver sognato tutto. Naruto vide gli
occhi della ragazza appannarsi leggermente, mentre gli posava le mani sulle
spalle e si alzava sulle punte dei piedi. Gli diede un bacio, il suo primo
bacio. Lui la strinse a sé, ricambiando. In quel momento, fu come se fossero
soli al mondo. Non c’era più nessuno, solo loro due, che cercavano di far
capire l’uno all’altra quanto fossero innamorati. Una volta staccatosi, i due
risero, felici. Hinata nascose il viso sul suo petto e lui sorrise al cielo,
mentre la stringeva fra le braccia. Sì, la amava. Più di sé stesso. «Naruto, andiamo a prenderci un gelato?» .
16 Ottobre 2004
[Here we are, now you’re in my arms, I
never wanted anything so bad]
Naruto
uscì sotto la pioggia, dopo aver varcato la porta d’ingresso. Attraversò
velocemente il giardino curato di quella villa e, varcato il cancello, uscì
sulla strada. Non faceva caso alla pioggia che pesante scendeva dal cielo,
bagnandolo, e nemmeno al freddo. Ribolliva di rabbia, una furia cieca. Mai
nella sua vita era stato trattato così. Chi si credeva di essere quell’uomo per
sputargli veleno in faccia, per dire che non era abbastanza per sua figlia, un pezzente?
Voleva andarsene, non rivederlo mai più. Non voleva vedere mai più quella casa.
Ma di certo non avrebbe dovuto più preoccuparsi di Hiashi Hyuga. Di certo
non l’avrebbe rivisto, non dopo avergli dato del bastardo davanti a tutti i
commensali, servitù compresa. Calciò un sasso e infilò le mani nelle tasche del
cappotto. Non avrebbe rivisto nemmeno Hinata. Come avrebbe potuto volerlo
ancora come suo fidanzato, dopo che aveva umiliato suo padre in quel modo?
Ad
un tratto sentì dei passi dietro di lui e, nonostante il ticchettio della
pioggia sull’asfalto, lo riconobbe subito. Due braccia gli avvolsero la vita,
trattenendolo. «Naruto, non te ne andare!» sussurrò Hinata contro la sua
schiena, mentre le gocce di pioggia si confondevano con le lacrime che
bagnavano il suo viso. «S-se mi lasci»,
continuò, «Cosa farò? Io non posso stare senza di te. Mi dispiace così
tanto per quello che ti ha detto… Io non penso tu sia un pezzente. Io ti amo ed
è con te voglio stare, qualunque sia il tuo lavoro! Non m’importa, davvero! Ti
prego… Non andare». Naruto ascoltò tutto in silenzio, assorto nei suoi
pensieri. Che sciocco sono stato. Quando la ragazza ebbe finito di parlare, lui staccò le braccia dalla
sua vita, delicatamente, e poi si girò a guardarla, con un sorriso a trentadue
denti sul volto. «Ma che stai blaterando? Io non me ne stavo andando! Stavo
solo… schiarendomi un po’ le idee. Infondo non è andata poi così male, sono
sicuro che tuo padre mi adora» disse poi, ironico. Hinata sgranò gli occhi e
poi sussurrò «Quindi non mi vuoi lasciare?». Naruto sorrise ancora di più, se
possibile, e rispose, allegro come sempre, «E perché dovrei? Io ti amo». Hinata
lo fissò stupita, sollevata di sentirgli dire quelle parole; poi sorrise fra le
lacrime, questa volta di felicità. Lui si avvicinò a lei e le asciugò le
lacrime, premuroso. Alla fine tutto si era sistemato. Ad un tratto un smorfia
di dolore si dipinse sul volto della ragazza e questa si strinse il ventre,
all’altezza dello stomaco. «Che cos’hai?» le chiese subito il ragazzo,
allarmato. «Non è niente», rispose lei con un sorriso, « Nulla di cui
preoccuparsi. Devo aver mangiato troppo…». Naruto annuì, poi si rese conto che
la fidanzata indossava solamente un vestito, non si era nemmeno coperta con un
cappotto, e le gocce di pioggia le avevano bagnato completamente i capelli.
Subito la coprì con il suo cappotto e poi le disse «Ma sei pazza? Vieni,
entriamo in casa o ti ammalerai…». «No!», gli rispose lei, bloccandolo con una
mano. «Ti prego, andiamo a casa tua… Non mi va di vedere mio padre, non
adesso». Naruto le circondò le spalle con un braccio, comprensivo, e insieme si
avviarono a casa di lui, incuranti della pioggia e consapevoli solo del loro
amore. Il loro amore era talmente grande
da poter superare ogni ostacolo, lo sapevano bene. Nulla avrebbe potuto separarli.
16 Febbraio 2005
[Here we are, for a brand new start,
living the life that we could have had]
«Cosa?»
chiese Naruto, con voce tremante. Si trovavano nell’appartamento
di lui, che da
poco condividevano. Hinata era seduta sul divano bianco del piccolo
soggiorno,
rigida e con lo sguardo a terra. Quella scena somigliava a quella
vissuta un mese prima, quando Hinata gli aveva detto di essere incinta.
Eppure, non c'era nemmeno l'ombra della felicità di quel
giorno. «Io… sono malata, Naruto»
sussurrò, senza
avere il coraggio di guardarlo nei suoi occhi azzurri. «M-ma
è solo una cosa
momentanea, no? Passerà..» disse il ragazzo, cercando di
capire. Cercando una
risposta. Perché non poteva credere che lei… «Non
lo so… Domani ho una visita
con una dottoressa, all’ospedale. Fino ad allora, non
saprò nulla. Potrei
anche…», deglutì rumorosamente, cercando di
trattenere le lacrime, «Forse è
meglio che ci lasciamo, Naruto. Tu hai ancora tutta la vita davanti a
te,
s-sono sicura che troverai un’altra ragazza che ti potrà
dare tutto ciò che
vorrai, una vita migliore… una famiglia». Naruto, seduto
accanto a lei, non
riusciva a capire cosa volesse dire. Non voleva capire. Si
avvicinò a lei e le
strinse le mani nelle sue, obbligandola a guardarlo in viso. «Di
cosa stai
parlando? Cercare un’altra donna… E’ una visita
all’ospedale! Non essere
tragica, cosa potrà mai essere…». «Ho un
cancro allo stomaco» gli confessò
Hinata, di getto, ed allora non riuscì più a trattenere
le lacrime, che si
riversarono dai suoi occhi attraversandole le guance candide. Gli occhi
azzurri
di Naruto si spalancarono e il suo corpo cominciò a tramare,
scosso da forti
tremiti. Un senso di nausea, un giramento di testa e l’improvvisa
voglia di
uscire, di stare da solo. Era come se un camion l’avesse
investito in pieno.
Lei stava… No, non riusciva nemmeno a dirlo. Quando si accorse
delle lacrime
che gli avevano annebbiato la vista, si alzò e uscì di
casa, chiudendosi la
porta alle spalle. Rimase fermo, al freddo, e si fece scivolare lungo
la
superficie di legno, fino a sedersi per terra. Allora diede sfogo a
tutto il
suo dolore, urlandolo alla notte. Perché presto avrebbe dovuto
dirle addio, e
lui non era pronto. Non avrebbe potuto farcela. La sua mente in quel
momento
gli suggeriva di abbandonare tutta quella storia, di dimenticare per
sempre
Hinata, ma il suo cuore e il suo sentimento vinsero, più grandi.
Perché il suo
amore non sarebbe mai svanito e lui le sarebbe stato accanto, fino alla
fine. Lo avrebbe fatto per lei, e per quel figlio che ancora stava
crescendo dentro di lei.
Rientrato,
rimase fermo sulla soglia ad osservare Hinata. La ragazza stava
immobile e non
si scomponeva, il suo sguardo era vitreo, il volto bagnato dalle
innumerevoli
lacrime. Naruto le si avvicinò e la strinse fra le braccia,
ripetendole che
sarebbe andato tutto bene, che non sarebbe stata sola. Il giorno dopo
appresero
che le rimanevano sei mesi di vita. Purtroppo il cancro si era esteso.
Il male
si stava portando allo stadio avanzato, ed era maligno. Non rimaneva
più nulla
da fare. Per il feto, solo di due mesi, non c'era pericolo, ma
probabilmente avrebbero dovuto farlo nascere prematuro, con un cesario.
Hinata accettò di sottoporsi alla chemioterapia, sapendo che non
sarebbe stata sola. Arrivati a casa, Naruto la trattenne
nell’auto. Un’idea gli
aveva invaso la mente e non se n’era più andata, era
rimasta lì, immobile.
«Sposami» le disse, all’improvviso. Non era
una
richiesta. «Cosa?» chiese Hinata, con voce flebile.
«Sposami» le ripetè Naruto,
guardandola negli occhi, incatenandole l’anima, «Non
m’importa se tra un anno…
Io ti amo e se l’unica che io voglia come moglie. Ora e per
sempre». Hinata,
con le lacrime agli occhi, disse «Sai che non sarà
facile…». «Sì». «E sai che
probabilmente non potrò aiutarti a crescere nostro
figlio». «Sì». Hinata annuì,
estremamente seria, e poi gli diede un bacio. Uno dei più dolci, che Naruto ancora ha
impresso nella memoria.
21 Aprile 2005
[Me and Lucy walking hand in hand, me and
Lucy never wanna end, just another moment in your eyes]
È bellissima. Questa fu l’unica
cosa che Naruto fu in grado di pensare mentre Hinata camminava verso di lui,
affiancata dal padre. Il ragazzo vedendola avanzare avvolta da quell’abito
bianco, luminoso,
con un sorriso
radioso sulle labbra, il più bello e felice che gli avesse mai
rivolto, e il pancione che da un po' aveva cominciato ad intravedersi,
si
sentì riempire gli occhi di lacrime. Hiashi osservava la figlia
preoccupato e
con aria corrucciata. Alla fine, non appena aveva saputo della malattia
della
figlia, aveva accolto Naruto e accettato di accompagnare la figlia
all’altare. Alla
fine anche lui aveva compreso quale fosse la cosa giusta da fare, per
il bene
di sua figlia.
La
ragazza lo affiancò e si aggrappò al suo braccio. Naruto e Hinata si guardarono
intensamente, beandosi di quel momento che non sarebbe mai più tornato. Mentre
si scambiavano la promessa, entrambi non pensarono più al dolore, al futuro
oscuro e al destino che, crudele, aveva deciso di separarli. Hinata e Naruto
erano insieme, e si sarebbero amati per sempre, anche dopo la morte. Solo
questo contava. Perciò quando giunse l’ora di pronunciare il tradizionale “fin
che morte non ci separi”, i due sposi dissero invece «Per tutta l’eternità». Naruto strinse a sé Hinata e guardò un
attimo il suo viso bellissimo. La pelle bianca, i grandi occhi chiari che più
l’avevano colpito e sui capelli corti e neri. Li accarezzò, fino alle spalle, e
poi incontrò lo sguardo di Hinata. I suoi occhi, velati di debolezza,
esprimevano gioia, amore e.. paura. Si avvicinò di più e, nel momento in cui
tutti si alzavano applaudendo, le loro labbra si incontrarono in un bacio dolce
e appassionato, di due ragazzi che hanno imparato presto quanto l’amore ti può
rendere felice, ma anche quanto ti può far soffrire. Perché nulla è più
terribile di perdere la persona che più ami al mondo. Non si accorsero delle
lacrime che, ribelli, uscirono dai loro occhi chiusi, mentre le parole non
dette continuavano a pesare sui loro cuori.
Giuro di amarti e
onorarti, in ricchezza e in povertà, in salute e in malattia, per tutta l’eternità.
E
così avrebbero fatto, perché l’amore resta. La morte non sconfiggerà mai
l’Amore. Entrambi lo impararono quel giorno, in cui la loro unione divenne il
simbolo di ciò. «Ti amerò per sempre,
Naruto, non dimenticarlo mai» gli sussurrò Hinata, mentre ballavano al
centro della pista. «Anch’io» rispose lui, affondando il viso fra i suoi
capelli. Hinata.
11
Febbraio 2012
Naruto
si asciugò le lacrime e poi fissò la tomba bianca ai suoi piedi, perso nei
ricordi. Erano passati anni dalla morte di sua moglie, Hinata Hyuga, eppure
ogni giorno per lui era un tormento. Dolorosa la sua mancanza. Eppure era
riuscito ad andare avanti, l’aveva fatto per… «Papà!» lo chiamò una vocina
dolce e allegra dietro di lui. L’uomo si girò ed i suoi occhi azzurri
incontrarono quelli castani di una bambina, che correva verso di lui con dei
fiori in mano. Non appena l’ebbe raggiunto, gli rivolse un sorriso radioso e
poi si inginocchiò sull’erba del cimitero, posando un mazzolino di margherite
accanto alla foto di una bella donna dai lunghi capelli neri. «Ecco, così ora
la mamma sarà felice» sussurrò, poi, accarezzando con le sue manine la foto della
madre scomparsa. Naruto si accorse della tristezza che tutto ad un tratto era
apparsa nello sguardo della figlia, così si chinò al suo fianco e chiese «C’è
qualcosa che non va?». La bambina annuì e poi, girandosi ad osservare il padre,
chiese a sua volta «A volte, mi chiedo perché la mamma se ne è andata e.. se ci
ha davvero voluto tanto bene, come dici tu». Naruto guardò la foto, dove la
moglie gli sorrideva felice, ricordandosi di quando i loro occhi si erano
incrociati per la prima volta. «Il tuo nome è Aiko… Sai cosa
significa?». «Sì» rispose subito la bimba, «Significa Figlia dell’Amore».
Naruto
ripensò alla mattina del 9 luglio 2005, in cui Hinata aveva dato
alla luce loro
figlia. Ricordò fino alla morte l’espressione di
felicità, commozione e amore
che rivolse alla figlia appena nata…e a lui. Ricordava ancora
gli occhi di lei che si erano chiusi, subito dopo,come se si fosse
addormentata. «Tua madre scelse per te questo
nome. Lei ti ha amata con tutto il cuore e non immagini quanto avrebbe
voluto
crescerti… Ma non ha potuto. La vita a volte può essere
difficile, ma tua madre
mi ha insegnato che l’amore continua in eterno, non svanisce mai.
Perciò io
sono sicuro che ogni giorno lei ci guarda e sorride, aspettando il
momento in
cui ci riuniremo». «Pensi che la mamma stia bene,
dov’è adesso?» chiese la
bambina, dopo un attimo di silenzio. Naruto sorrise, mentre osservava i
suoi
lunghi capelli neri e la sua espressione corrucciata. Assomigliava
molto ad
Hinata, fisicamente… Peccato che invece avesse ereditato il suo caratteraccio. «Sono sicuro di sì». Aiko sorrise e rispose,
felice «Allora continua ad aspettarci, mamma!». Naruto si alzò in piedi e poi
issò sua figlia sulle sue spalle. Mentre Aiko rideva, Naruto guardò un’ultima
volta quella tomba. Poi entrambi fissarono il cielo, per un attimo, e
immaginarono Hinata guardarli da una nuvola, finalmente libera dal dolore della
malattia. Per l’eternità. «Che ne dici di un gelato?». «Sì!». E così se
ne andarono, mentre ad ovest il sole tramontava, dipingendo il cielo di rosso
ed oro. La tomba bianca, coperta di rose e margherite, si ergeva immobile nel cimitero
di Hokkaido e sembrava fissare padre e figlia. Ti amerò per sempre, Naruto.
[I’ll see you in another life, in Heaven, where we never say goodbye]
**
Spazio soleggiato dell'autrice
Oddio non posso credere di averla davvero pubblicata di nuovo. Non c'è nulla da fare, sono troppo affezionata a questa fic, anche se sono consapevole del fatto che non sia il mio lavoro migliore. Sarà che è stata la prima NaruHina che io abbia scritto, la prima One-Shot, o che mentre la scrivevo mi ha commossa (del tipo, piango da sola >.>), ma non ce l'ho fatta a resistere.
Ho voluto ripercorrere tutta la storia di Naruto e Hinata in poche pagine, cercando comunque di trasmettere tutte le emozioni che hanno vissuto insieme, fino alla fine... E, per quanto rigurarda il resto, non so se si possono avere figli quando si è malati di cancro, ma bho (?), infondo è morta subito dopo il parto... Ok, lasciamo perdere questi discorsi di morte, mi lasciano depressa (sì, dico ciò dopo aver scritto questa cosa da suicidio xD).
La canzone è "Lucy", degli Skillet, che ho ascoltato in un video NaruHina puramente orangioso *^*
Se mi lascerete una recensione, anche piccina picciò, mi renderete davvero tanto felice T.T anche se mi dite che fa schifo, va bene lo stesso (ma siate clementi ^^")
Baci, Sunlite