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Autore: angelad    06/04/2013    7 recensioni
Un piccolo paesino di campagna. Una ragazza adolescente con un caratterino niente male, ignara di molte cose. Un padre ferito e inquieto. La loro vita sembra procedere per il meglio, ma qualcosa turba la loro serenità. La vita porta sempre a farsi delle domande e a volte il passato irrompe nel presente senza aver la possibilità di contrastarlo...
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alexis Castle, Kate Beckett, Nuovo personaggio, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione, Nel futuro
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Amore è... Infinito!




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.. mi guardo intorno spaesata, spaventata. Non so dove sono, né dove mi devo dirigere. Sto stringendo contro il mio petto un piccolo fagotto, lo stringo forte contro il mio seno. Non devo lasciarlo cadere o tutto sarà perduto. Ho nascosto il mio prezioso tesoro dentro a una copertina azzurra rimediata chissà dove. Riesco a vedere tutta la mia paura, i miei occhi vagano smarriti alla ricerca di qualcosa che non c’è. Il cuore mi martella nel petto.  I capelli sono sciolti, strano non li porto mai così, ma mi rendo conto di non avere 17 anni. Sono adulta, sono una donna. Continuo a correre, in questo vicolo buio. Non posso fermarmi o sarà la fine. È l’unica consapevolezza che ho. Improvvisamente dietro di me sento un rumore forte, come un tuono. Non capisco cosa sia, ma è davvero un grande boato. Mi giro terrorizzata e serro ancor di più le braccia contro il mio petto. Devo assolutamente fuggire da lì.. Corro ancor più veloce, ma inciampo in un buco nell’asfalto e cado rovinosamente a terra sapendo che non ho via di scampo.”.
“E poi che accade?”.
“Niente, semplicemente mi sveglio. Col cuore in gola”.
“E’ terribile tesoro. Da quanto tempo quest’incubo ti tormenta?”.
“Da quando ne ho ricordo, forse da quando sono nata”…
 
 
Come al solito era in ritardo, il pulmino scolastico sarebbe passato di lì a poco e lei doveva ancora finire di sistemarsi la cartella. Non aveva messo a posto un solo libro in tutto il weekend e nella sua stanza sembrava fosse passato un tornado, ma le stava bene così, in fondo nel suo “casino ordinato” si trovava alla perfezione, poco importava se a suo padre veniva un colpo ogni volta che ne varcava la soglia.

Certo, se quel maledetto libro di matematica fosse comparso le avrebbe fatto un enorme piacere, ma non poteva chiedere tutto dalla vita. Così quando vide fermarsi il veicolo giallo davanti al vialetto del giardino della sua casa, decretò che avrebbe seguito le lezioni accanto a Jeremy. Quel ragazzo aveva un debole per lei, non le avrebbe mai detto di no. Sapeva di approfittarsene a volte, ma quella era una questione di vita o di morte, non poteva perdere tempo a farsi troppi scrupoli. Si sarebbe fatta perdonare in un altro modo, magari sedendosi accanto a lui alla mensa.

Dopotutto era davvero un bravo ragazzo, le piaceva, ma non se la sentiva ancora d’impegnarsi. Potevano essere solo amici, per ora.

Corse giù dalle scale e, infilato il suo giacchetto di pelle al volo, salutò suo padre ancora intento a fare colazione: “Ciao papà! Io scappo, vado a scuola!”.

L’uomo alzò gli occhi azzurri dal giornale: “Possibile che tu non possa mai svegliarti in tempo Johanna? Non fai una colazione decente da mesi ormai, non sei affidabile e responsabile. Credo che io e te dovremmo parlare..”.

La giovane ragazza si sistemò una lunga ciocca di capelli dietro un orecchio e liquidò il suo vecchio: “Papà, ti prego non cominciare! Dammi aria, non faccio niente di male. Preferisco dormire cinque minuti in più al mattino e mangiare di più alla mensa scolastica. Non credo sia un crimine. Ora devo proprio andare, ci vediamo più tardi” concluse aprendo la porta e uscendo in giardino.

Il padre la seguì fino sull’uscio: “Non credere di essere riuscita a scansarla signorina. Il discorso non è ancora chiuso, ne riparleremo!”.

“Sì papà, va bene!” rispose Johanna, mentre le porte automatiche del pulmino si chiudevano alle sue spalle. Alzò gli occhi al cielo. A volte proprio non lo sopportava.
Era così difficile dire Buongiorno tesoro invece di rimproverarla appena la vedeva? Mentre formulava questi pensieri  notò la sua amica Samantha sbracciarsi per attirare la sua attenzione.

Andò a sedersi accanto a lei e appoggiò la testa contro il sedile, stanca morta: “Ehi Sam! Tutto bene?”.

Samantha, capelli neri occhi verdi e aria da scavezzacollo, sorrise: “Tutto bene mia cara, ma non si può dire lo stesso per te! Cos’hai combinato Jo? Perché tuo padre era così arrabbiato?”.

La ragazza alzò le spalle: “Ma che ne so! Non ho fatto proprio niente! Lui è sempre arrabbiato con me, qualunque cosa io faccia. Non lo capisco più, non comunichiamo mai. Se parliamo litighiamo. È come se avesse messo un muro tra di noi, come se volesse tenermi fuori dai suoi pensieri..”.

“Hai provato a fargli capire che stai male per questa situazione?” domandò la sua amica.

“Certo che ci ho provato, ma sembra non importargli più di tanto. Se non esprimo idee diverse dalle sue andiamo d’amore e d’accordo, cioè la nostra sottile pace armata continua senza intoppi. Se solo oso contraddirlo od avere un’idea diversa dalla sua, o a richiedere un po’ di libertà in più rispetto a quella che mi dà, sembra debba venir giù il mondo. Non ci pensare neanche, non ti manderò lontana da casa tutti quei giorni! Come se io fossi ancora una bambina. Ho 16 anni, sono capace di autogestirmi come qualunque ragazza della mia età! Non ho bisogno della guardia del corpo!!”.

Sam scoppiò a ridere: “Non diresti lo stesso se ti avesse sguinzagliato dietro Kevin Costner! Hai presente quel vecchio film romantico? Io lo adoro.. Kevin è decisamente un bel uomo.. Ora scherzi a parte, te la stai prendendo davvero troppo Jo! Secondo me sta solo cercando di proteggerti, in fondo sei la sua bambina. Tutti i genitori fanno così. Stai crescendo velocemente e lui non riesce ad accettarlo fino in fondo. Non riesce a dirtelo e allora vi scontrate, ma conoscendolo è innegabile che straveda per te!”.

Johanna sbuffò: “Ma ti sei trasformata nell’avvocato delle cause perse? È sempre stato protettivo e presente, a volte fin troppo, ma nell’ultimo periodo è cambiato notevolmente! Con mia sorella non è così, il suo tono di voce è completamente diverso. L’ha sempre adorata, e anche adesso che è una donna realizzata con famiglia, il loro rapporto è più complice, più vero. Lei parla con lui di qualunque cosa, invece quando io tento di aprirmi si mette subito sulla difensiva..”.

Sam la guardò seria, non era più il momento di scherzare: “Tipo? Cosa gli hai confidato?”.

“Ti ricordi quando volevo fare quel corso di volontariato presieduto dalla polizia locale? Dovevo solo stare al distretto e sistemare l’archivio. Mi sarebbe valso anche dei crediti per la scuola.. beh, per farla breve, quando gli ho chiesto il suo consenso, in primis ha rischiato l’infarto, poi, non appena è riuscito a riprendersi ha incominciato ad urlare come un pazzo. Che è troppo pericoloso e che non è il mestiere adatto a me! Mica gli avevo detto che volevo iscrivermi all’accademia finita la scuola.. Quando gli ho chiesto spiegazioni per questo strano comportamento mi ha mandato in camera mia e non sono più riuscita a cavargli una parola di bocca. Ora, con tutta onestà, ti sembra il comportamento di una persona normale?”.

L’amica non riuscì più a trattenersi e scoppiò a ridere per la seconda volta in quella mattina.
“Sono felice che trovi le mie disavventure famigliari così divertenti! Sai, potrei scriverci sopra un romanzo, tanto dicono tutti che ho un talento naturale per la scrittura. Almeno lo sfrutto e ci faccio sopra due soldi, così potrò buttare via quel marciume di computer che ho in casa e comprarne uno nuovo..”.
Johanna sbuffò e si voltò dall’altra parte come offesa. Samantha la prese per una spalla e le diede un bacio su una guancia: “Dai Jo non te la prendere. Solo che mi sono immaginata la tua possibile faccia a quella reazione e non ce l’ho fatta più.. Avrei troppo voluto vederti!”.
Riuscì nel suo intento di strappare un sorriso all’amica: “Lo sai che non sei normale neanche tu?”.
Sam le diede una gomitata amichevole: “Sono amica tua, che ti aspettavi? Chi va con lo zoppo impara a zoppicare! Comunque se ti può consolare non sei l’unica ad avere un genitore pazzo: mia madre deve essere entrata in menopausa, è intrattabile. Ora capisco perché mio padre abbia chiesto il divorzio, non la si regge più. Quando sono al limite anch’io chiedo asilo politico a lui” disse cercando di sdrammatizzare la situazione, senza rendersi conto, in realtà, di peggiorarla.

“Almeno tu ce l’hai una madre..” sussurrò Johanna abbassando gli occhi.

Samantha desiderò sparire dalla faccia della Terra in quel momento. La sua amica era cresciuta senza mamma, allevata dal padre con il solo aiuto della sua primogenita, Alexis. Lei sapeva perfettamente quanto quella situazione fosse un peso nel cuore di Johanna.

“Scusami Jo, sono proprio una cretina, non volevo ferirti..”.

“Sta tranquilla non è mica colpa tua se mia madre se n’è andata quando ero solo una bambina..”.

“Ho fatto una battuta infelice lo stesso..”.

Johanna, però, sorrise: “Dimenticalo Sam, ogni tanto la malinconia mi viene ancora, ma ho deciso che è venuto il momento da cacciare questo fantasma dalla mia mente”.

“Hai deciso di non pensare più a lei?”.

La giovane ragazza sorrise furba: “Esattamente il contrario, voglio cercarla e chiederle per quale motivo mi abbia abbandonato. Solo se sentirò la risposta che attendo da anni dalla sua voce, potrò andare avanti con la mia vita..”.
 
 
 


Si passò una mano sulla fronte e chiuse la porta alle sue spalle. Si appoggiò ad essa per sorreggersi, era davvero stanco. Quella giovane ragazza era difficile da gestire nonostante stesse facendo del suo meglio. Era in continuo mutamento e lui non sapeva bene come comportarsi con lei.

Con Alexis non era stato così complicato, ma lei non era Johanna. La sua secondogenita era un vero tornado come sua madre. Il vero problema era che lui non era più lo stesso di allora. Quel Richard non esisteva più da troppo tempo ormai, era morto molti anni prima, schiacciato dal senso di colpa.

Se si trovavano in quella situazione era solo colpa sua. Se fosse stato maggiormente prudente e non avesse abbassato la guardia, avrebbero potuto continuare ad essere una famiglia felice che erano stati per così poco tempo. Invece aveva costretto Johanna a vivere senza sua madre in una vita che, all’apparenza poteva sembrare normale, ma che in realtà, era solo una gabbia dorata nella quale tutti erano stati costretti a rinchiudersi.

Non si sarebbe mai perdonato per questo.

Non era più il famoso Richard Castle da tempo, aveva dovuto interrompere la sua carriera riducendosi a scrivere, con uno pseudonimo femminile, alcuni stupidi romanzetti rosa di poca importanza letteraria. Naturalmente senza che Joy lo scoprisse. Per lei suo padre era un semplice consulente finanziario che lavorava da casa, non uno scrittore milionario. Gestiva da quel posto sperduto il suo patrimonio con l’aiuto di alcune persone di fiducia.

Avevano abbandonato New York e si erano rifugiato lì, dove nessuno sospettava chi fossero in realtà, ma in quel modo Johanna sarebbe stata al sicuro.

Lì non avrebbe corso nessun pericolo.

Avrebbe fatto qualunque cosa per lei, anche se questo consisteva raccontarle una marea di bugie. Sarebbe venuto il giorno in cui si sarebbe tolto quel peso dalla coscienza, ma non era ancora il momento. Anche Kate avrebbe voluto così.

Chiuse per un attimo gli occhi, respirò profondamente e gli sembrò di sentire il suo tipico profumo di ciliegie. Non lo aveva mai dimenticato e, quando si sentiva solo, quell’aroma lo raggiungeva. Sempre.

Poteva essere benissimo uno scherzo della sua mente, ma gli faceva bene pensare che lei fosse accanto a lui, che in realtà non se ne fosse mai andata e che gli facesse capire di approvare la sua condotta.

Non aveva mai creduto veramente ai fantasmi, ma sapeva apprezzare la magia. Il loro amore era sempre stato magico, non poteva dimenticarlo e lo avrebbe accompagnato fino al suo ultimo respiro.

Non era riuscito ad innamorarsi di nuovo, Kate sarebbe stata il vero ed unico amore della sua vita. Sorrise e disse al vento: “Se tu fossi qui staresti ridendo come una matta, prendendomi in giro e considerandomi un pazzo. Mi manchi detective”.

Rick respirò profondamente e tornò in cucina a prepararsi il caffè, poi si sarebbe rimesso al lavoro e avrebbe cercato di terminare prima dell’arrivo della figlia.

Gli piangeva il cuore al pensiero di dover essere di nuovo duro e vietarle di partecipare al party indetto dai suoi amici, in un locale fuori città. Non poteva andarci da sola o sarebbe stata in pericolo.

Già si immaginava il suo splendido viso contrarsi in un’espressione di dolore e di rabbia così tipica per lei in quel periodo. Capiva perfettamente perchè Johanna non lo potesse sopportare, ma non gli importava.

Non doveva essere il suo migliore amico, anche se gli sarebbe piaciuto molto poter avere lo stesso rapporto che aveva avuto con Alexis quand’era adolescente, ma il destino aveva voluto diversamente.

Non si sentiva in colpa, perché sapeva di essere nel giusto.

Un padre avrebbe fatto qualunque cosa per sua figlia.  



Angolo mio!!!!
Sono tornata! Che ne dite? La storia non è proprio normale, ma quando mai una mia long lo è stata? Dovreste essere abituate... :) 

Vi piace il banner? Ringraziate Rebecca, lo ha fatto lei perchè il mio computer non aveva nessuna voglia di collaborare.. Lei lo sa che ha tutta la mia gratitudine! ;) (anche per il titolo, che è stato un parto).

Un commento è sempre gradito, sia buono sia che sia meno buono.

Grazie in anticipo! 

  
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