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Autore: _SamanthadettaSam_    06/04/2013    9 recensioni
|STORIA MODIFICATA PER ECCESSO DI VIRGOLE ED ERRORI DI BATTITURA|
Per festeggiare insieme il mio primo compleanno su EFP, vi regalo questa piccola (si fa per dire) One-Shot
Dal testo:
Erano passati sette anni ormai, da quell’incubo che ci fece incontrare.
Dopo tutto quel sangue, quella paura e quella pazzia che ci avevano
separato e poi uniti ancora di più, tornammo alle nostre vite.
Continuo/MIssing moment/Slide of live della mia prima fic ''La vendetta del Mostro''
La vostra Sammy è tornata...
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Cubo di Rubik: cosa succede quando si mette a dura prova la mia pazienza
- Vedi, Harry, Fanny è una Fenice. E le Fenici, quando è arrivato il momento di morire, prendono fuoco e poi rinascono dalle loro stesse ceneri. Sta' a vedere... -
Harry abbassò gli occhi appena in tempo per vedere un uccellino grinzoso, appena nato, far capilino fra la cenere. Era brutto quasi quanto quello vecchio.
- Peccato che tu l'abbia vista soltanto oggi, il Giorno del Falò - proseguì Silente sedendosi dietro alla scrivania.
- Per la maggior parte della sua vita è un animale veramente bello, con uno splendido piumaggio rosso e oro. Creature affascinanti, le fenici. Riescono a trasportare carichi pesantissimi, le loro lacrime hanno poteri curativi e, come animali dimestici, sono fedelissimi -
§ Harry Potter e la Camera dei segreti - Capitolo 12 - J.K. Rowling §

Il cubo di Rubik
Di certo il gioco più infernale di questo mondo.
Era da più di un’ora e mezza che armeggiavo con quel demonio cubico colorato. Ero riuscita a completare quattro delle sue sei facce. Altre poche mosse e sarei riuscita a vincere contro di lui.
Ma purtroppo, il mio ingegno mi aveva abbandonato. E quindi mi trovavo in quella classica situazione di stallo, quando non sai che mossa fare, e resti lì, a guardare il vuoto alla ricerca di un qualunque aiuto dal cielo.

All’improvviso, la luce.
La mossa vincente.

Mossi velocemente le mani, eccitata e sicura che così facendo, avrei vinto io.
Guardai soddisfatta la faccia del cubo di fronte a me, completamente verde. Mi rigirai il giocattolino tra le mani, gustando il dolce sapore della vittoria.

Finì subito però.

Proprio al centro della faccia che doveva ospitare il blu, un maledetto quadratino arancione.

Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.

Mi alzai di scatto dal divano, schiantando il famigerato cubo sul tavolino.
Andai verso il ripostiglio per prendere Lui. L’arnese del giudizio.
Tornai nel salotto, guardando con uno sguardo assassino il colpevole della mia ira.
Il poverino non ebbe neanche il tempo di ribattere, che il martello lo ridusse in pezzettini con pochi e micidiali colpi.
Mi fermai a osservare il delitto perfetto che avevo davanti. Il rumore di chiavi infilate nella toppa della porta mi fece capire che avevo appena commesso una tremenda cazzata.
Presi il cadavere del giocattolino infernale e lo nascosi nel ripostiglio, assieme all’arma del delitto.
Corsi verso l’ingresso, sfoggiando il sorriso più angelico che avevo a disposizione.
Davanti a me, Noah si stava togliendo il giubbino e posava le chiavi sul mobiletto lì affianco.
Aveva tutti i capelli scompigliati, dove si erano impigliati delle foglie secche.
Mi avvicinai immediatamente a lui, regalandogli un dolce bacio di bentornato.

Erano passati sette anni ormai, da quell’incubo che ci fece incontrare. Dopo tutto quel sangue, quella paura e quella pazzia che ci avevano separato e poi uniti ancora di più, tornammo alle nostre vite.

Io a New York

Lui a Ottawa

Per una settimana non ci sentimmo, troppo presi dal lavoro e da tutto il resto.
Ci rincontrammo un mogio giorno di giugno, in cui eravamo pochi a restare in ufficio, al caldo.
Il caporedattore lo aveva invitato per aiutarmi con la stesura dell’articolo sulla vendetta del Mostro di Wawanakwa, dato che era stato l’unico degli ex campeggiatori che aveva accettato il suo invito.

Bugiardo.

Il mio caporedattore era un gran pettegolo, e di sicuro, la notizia della mia cottarella verso il ragazzo cinico del reality, era uno dei suoi pettegolezzi preferiti.
Be’ grazie a quell’articolo, riuscimmo a vederci molto spesso e, anche dopo la sua pubblicazione, lui mi venne a far visita quasi ogni settimana.
Trascorse un anno così, a fare un via vai da Ottawa a New York e viceversa, solo per vederci ogni week-end.
Ma, una notte d’aprile, precisamente a notte fonda, cambiò tutto.
Il poverino si beccò una bella padellata sul naso da parte mia, che l’avevo scambiato per un ladro.
Dopo il tremendo malinteso, scoprì il motivo della sua improvvisata.
Aveva trasferito la sua libreria nella Grande Mela, vicino a Central Park.
Quello voleva dire solo una cosa: aveva deciso di vivere con me.
All’inizio era stato difficile, ma appena entrambi imparammo a sopportare tutti i difetti l’una dell’altro, andò tutto liscio, o quasi.

Mi staccai da lui, rivolgendogli un altro sorriso angelico.
- Bentornato, come è andata oggi? -
- Tralasciando la vecchietta che mi ha trattato come un suo schiavetto in libreria e mi ha quasi incrinato le costole con la borsa, il vento che ha trasportato tutte le foglie degli alberi di Central Park nei miei capelli, è andata bene. - Disse, prima di scrollarsi le famigerate foglie da dosso.
Presi le buste della spesa che aveva portato e le andai a svuotare in cucina.
Un ghigno soddisfatto si dipinse sul mio volto: l'avrei fatta franca.
L'urlo che sentii, proveniente dal salotto, fece cadere ogni mia certezza.
Corsi verso la fonte di quel rumore, trovandomi Noah davanti al corpo senza vita del cubo.
La sua espressione non prometteva niente di buono.
- Spiegami il perché hai deciso di distruggere il mio cubo di Rubik... -
- Mi aveva fatto arrabbiare, se l'è meritato! - Esclamai convinta, mentre i miei occhi saettavano da una parte all'altra, alla ricerca di una possibile via di fuga.
Noah non era solito arrabbiarsi per sciocchezze del genere, ma era MOLTO geloso delle sue cose.
E quando scatenavi la sua ira, era meglio darsela a gambe.
- Questo non giustifica per niente quello che hai fatto. Mi spieghi a cosa stavi pensando, mentre distruggevi il MIO cubo di Rubik? Perché devi sempre distruggere qualcosa quando ti arrabbi? Perché non puoi essere come una persona normale, che quando hai i tuoi cinque minuti urli e mandi a quel paese tutti?... - Continuò a fare domande del genere e a farmi una predica coi controfiocchi, per almeno mezz'ora. Cercavo in tutti i modi di non esplodere come al mio solito, ma purtroppo, la mia resistenza non durò molto.
- NON ME NE FOTTE NIENTE DI QUEL FOTTUTTISSIMO CUBO. TE NE COMPRI UN ALTRO E LA FINIAMO QUI! NON TE LA DEVI PRENDERE CON ME! È COLPA SUA, NON MIA! - E così dicendo, presi il mio giubbino e uscì sbattendo la porta.

***

Quando ero arrabbiata reagivo in due modi differenti:

  1. Spaccavo tutto quello che mi capitava in giro come un tornado e uno tsunami messi insieme
  2. Urlavo come un ossesso e aprivo il mio baule di bestemmie.

Ovviamente il modo 1 lo usavo solo verso gli oggetti (come era successo al povero cubo di Rubik), il modo 2 non amavo usarlo, mi faceva dire molte cose che peggioravano solo la situazione.
Per questo me ne ero andata. Per calmarmi e poter far pace con Noah senza inveire o distruggere mezza casa.
L’autunno se ne stava andando, ma ovunque andavo vedevo mucchietti di foglie e il vento che me le sbatteva in faccia mi fece rimpiangere di essere uscita di casa.
Dopo aver girovagato per un’oretta abbondante per il quartiere, tornai a casa, mentre cominciava a piovere a dirotto. Aprii piano la porta, senza fare il minimo rumore. Mi tolsi la giacca zuppa e le scarpe, per non sporcare in giro. Noah si era appisolato sul divano, un libro a coprirgli il volto e la tv accesa, come al solito. Aveva bisogno del sottofondo della tv per poter leggere in pace, non gli piaceva molto il silenzio.
Sgattaiolai in cucina per poter mangiare la ciambella che mi ero conservata per spuntino, dato che mi era venuto un certo languorino. Aprii il frigo, ricevendo una terribile sorpresa.
La ciambella era scomparsa; al suo posto, un biglietto:

 

Credevi che l’avresti fatta franca tanto facilmente?
Non mi conosci bene allora…

 

Una persona normale si sarebbe arrabbiata, ma in quel momento mi venne solo da ridere.
“Il mio caro fidanzato ha imparato a fare i dispetti.” Pensai mentre andavo in salotto.
Noah si era svegliato e mi guardava con una finta espressione da innocente.
- Credevo che odiassi il cibo spazzatura… - Dissi sventolandogli il bigliettino che avevo trovato.
- Infatti non l’ho mangiato io. L’ho semplicemente dato al ragazzo dell’appartamento di sotto. – Mormorò l’indiano, facendomi segno di accomodarmi sul divano.
Io non ascoltai molto quel gesto e mi misi a cavalcioni su di lui. Il moro arrossì non poco, ma strinse le sue mani sulla mia vita.
- Ehi ehi, giù le mani bello! – Esclamai, schiaffeggiandogli le mani, che però non si mossero di un millimetro.
- Non voglio che cadi come l’ultima volta, ricordi? – Quella frase, mi riportò subito a l’ultima volta che menzionava il ragazzo.

Stavano sonnecchiando sul divano, io a cavalcioni su di lui.
All’improvviso, squillò il telefono. Ci svegliamo di scatto e io, senza alzare il mio pigro sederino, mi sporsi verso il tavolino per afferrare il cellulare.
Ma purtroppo, persi l’equilibrio e, secondo la cara legge di gravità di Newton, caddi.
La mia testa per poco non sbatté contro lo spigolo del tavolino e, in una manciata di secondi, mi ritrovai a terra, con la schiena dolorante.

- Non preoccuparti, questa volta ho il telefono in tasca. – Noah non sembrava ascoltarmi, anzi, strinse la presa e mi avvicinò ancora di più al suo corpo.
- Meglio prevenire che curare. –
Ci guardammo negli occhi per un attimo prima che, dalle mia labbra, fuoriuscì un timido “scusa”, quasi inudibile.
- Come? Non ho sentito. – Disse lui, col mio stesso tono di voce.
Mi avvicinai al suo orecchio e, con tutta la bastardaggine che avevo in corpo, gli urlai a pieni polmoni:
- Hai sentito benissimo, coglione. – Il moro quasi saltò per lo spavento che gli provocai e questo mi fece piegare in due dalle risate.
- Stronza! – Inveì lui, mentre si massaggiava l’orecchio leso.
Non gli diedi nemmeno il tempo di brontolare, che catturai le sue labbra in un bacio.

Ma che stronzo!
Resisteva

Cominciai a solleticargli il collo, suo punto debole, con le dita. Tempo pochi attimi e il moro sotto di me rispose al bacio. Ben presto le nostre lingue cominciarono a danzare in sincronia, seguendo una musica tutta loro. Ci staccammo solo quando non avevamo più aria nei polmoni.
- Senti: lo so che ho sbagliato, mi dispiace averti distrutto il cubo. Domani te ne comprerò un altro e ti prometto che non lo sfiorerò neanche con un dito. Pace? – Gli sussurrai, giocherellando con una ciocca dei suoi capelli. Lui parve pensarci un po' su (che stronzo), massaggiandosi il mento come a pettinare una barbetta da capra inesistente sul suo volto liscio. Dopo un paio di minuti, che passai facendo affidamento alla mia scorta d'emergenza di pazienza,  in risposta, mi fece stendere, posizionandosi sopra di me.
- Pace. – Disse, prima di ricominciare a baciarmi.

Angolo dell'Autrice:

Be' alla fine sono veramente rinata dalle mie ceneri. In questo mese di lontananza dalla tastiera, ho avuto modo di pensare molto, quindi so di aver fatto la scelta giusta.

Per quanto riguarda le recensioni che ho ricevuto in questo mese sugli avvisi che ho messo su Otherkin e Maledetto Alcool, risponderò a questo tramite messaggio privato, dato che ho intenzione di cancellare i suddetti avvisi.
Per quanto riguarda i messaggi personali che mi sono arrivati, li risponderò prestissimo, senpre tramite messaggio privato ovviamente.
Se non avete capito molto di questa fic, vi consiglio di leggere La vendetta del Mostro, la mia prima fan fiction. Però un avvertimento: quando l'ho pubblicata scrivevo veramente da schifo quindi, non vi spaventate -.-.
Quest'anno è stato pieno di sorprese per me: all'inizio sono entrata qui per vedere se VERAMENTE valeva la pena di leggere le mie storie. Grazie a voi, che siete la mia famiglia ormai, mi avete fatto capire che l'unica cosa che mi fa sentire viva, utile e felice, in questo mondo pieno di ingiustizie, guerre, odio e dolore, era scrivere.

Semplicemente scrivere.

Mettere nero su bionco storie che la mia mente, il mio cuore e la mia anima partoriscono con l'unico scopo di emozionare chi, sfortunato com'è, si trova a posarci gli occhi.
Grazie con tutto il cuore anche a Marty_Angel, senza la quale io non sarei qui. Lei che mi ha aiutato per la stesura del mio primo capitolo, che mi ha sempre bacchettato per i miei errori e che, sono sicura, continuerà a fare fino alla fine dei suoi e dei miei giorni.
A nome mio e di tutte le persone a cui hai lasciato qualcosa nel cuore, GRAZIE D'ESISTERE <3
Tanti auguri a me, e a voi, per questo anno insieme.
La vostra cara fenice è rinata dalle sue ceneri.
Un bacione:^.^:

Sammy

   
 
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