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Autore: Bekah Mikaelson    07/04/2013    3 recensioni
[Klebekah. Tutti umani.]
La vita di Rebekah Mikaelson è sempre stata perfetta. Almeno sino a quando non è morto suo padre, Mikael. Da allora non è più la ragazza solare e sorridente di un tempo, ma è triste e spenta. Quando, un anno e mezzo dopo il tragico incidente, sua madre, Esther, decide di risposarsi, allora per Rebekah le cose incominceranno a cambiare. I due figli di Eric, il fidanzato di sua madre, piomberanno nella sua vita, scombussolandola maggiormente. Soprattutto un venticinquenne, biondo e con gli occhi azzurri che diventerà il professore d'arte nel suo liceo.
Riuscirà la bella Rebekah a ritrovare se stessa o sarà per sempre costretta a ricordare i fantasmi del suo passato?
Tra feste, matrimoni da organizzare, fratelli da aiutare, amiche da recuperare, ex fidanzati gelosi e relazioni complicate, Mystic Falls diventerà una città che non avete mai visto prima.
Dalla storia: Ho diciotto anni. È ora che mi prenda le mie responsabilità. Queste sono parole di mia madre, non mie. Se papà fosse ancora vivo, avrei potuto godermi la mia adolescenza ancora per un altro po’ di tempo. Poter essere ancora la bambina di papà. Ma papà non c’è più. E io dovrò imparare ad abituarmici.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Klaus, Nuovo personaggio, Rebekah Mikaelson, Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Wedding Issues

 

Primo capitolo
Incontri


7:34. Sabato 31 Marzo 2012
Mystic Falls, West Virginia

Caro diario,
questa notte non ho dormito. Ho trascorso le ultime ore intenta ad osservare il soffitto illuminato dalla luce soffusa dell’alba. Avevo troppi pensieri nella mente. Orribili pensieri. Oggi è il giorno. Il gran giorno della famiglia Mikaelson. Mia madre ha deciso che è tempo di incontrare il suo fidanzato ufficiale e i suoi due figli. Non li voglio nella mia vita. Io, Elijah, Kol e la mamma siamo sufficienti. Non ho bisogno di quel ricco imprenditore francese, quell’Eric Morgan. Né di Niklaus o Katerina. Che stupidi nomi. Sono già certa di odiarli. Papà è morto soltanto da un anno. È troppo presto. È giusto che mia madre voglia rifarsi una vita, ma non ora. Non riesco a sopportare l’idea di diventare una Morgan. Io sono Rebekah Mikaelson, la figlia di Mikael ed Esther. Non certo la figliastra di un appaltatore qualsiasi. Non ho nessuno con cui parlare. Da quando io e Stef ci siamo lasciati, mi sono allontanata dal vecchio gruppo. Non posso non riconoscerlo. Quante volte ho spento il telefono pur di non sentire la sua dannata vibrazione per i messaggi di Lena e Bon? Non ero pronta ad affrontarle allora e adesso non posso farmi sentire dopo mesi e mesi di silenzio. Sarebbe da stupidi. E da bambini. Io non lo sono più. Ormai sono una donna. Ho diciotto anni. È ora che mi prenda le mie responsabilità. Queste sono parole di mia madre, non mie. Se papà fosse ancora vivo, avrei potuto godermi la mia adolescenza ancora per un altro po’ di tempo. Poter essere ancora la bambina di papà. Ma papà non c’è più. E io dovrò imparare ad abituarmici. Ora devo salutarti. Qualcuno sta bussando. Ti aggiornerò quando conoscerò i tre moschettieri. Spero di non strozzarmi con la baguette.

Rebekah


Chiusi il diario e lo nascosi momentaneamente sotto il cuscino. La sua locazione era situata dietro un’orribile porcellana ritraente una ballerina classica regalatami da nonna Jennifer. Nessuno mai, a parte la sottoscritta, avrebbe mai guardato dietro un così appariscente e allo stesso tempo eccentrico pezzo d’antiquariato. Il posto ideale per mantenere segreti quei pensieri che m’inquietavano l’anima. Sospirai un assenso, aspettandomi già la bella e ancora giovane figura di mia madre. Esther Mikaelson era una donna particolarmente avvenente. Alta, con lunghe onde bionde e due occhi da cerbiatto emanava un’aura di eleganza e sobrietà che poche donne sarebbero riuscite ad eguagliare. L’ammiravo. Era la madre perfetta. Non aveva mai fatto mancare nulla a me e ai miei fratelli. Anche nei suoi momenti peggiori. Anche dopo aver appena perso papà.
« Tesoro, sei sveglia?» domandò mia madre con dolcezza, rimanendo sulla soglia per non disturbarmi. Mi soffermai per un attimo sulle sue iridi scure, che Elijah e Kol avevano ereditato. Era stanche, ma felici. Serene come non le vedevo da tanto tempo. Da quando papà era morto, il 12 Dicembre 2010 e questa data mai sarei riuscita a dimenticarla, mia madre si era fatta carico dei problemi della nostra famiglia. Ed egregiamente, a mio dir. Eravamo tornati ricci e potenti dopo poco tempo. La famiglia più prestigiosa della città. Nemmeno i Lockwood, nostri acerrimi rivali politici, aveva potuto approfittare di questa nostra improvvisa debolezza. Mia madre era una donna di polso. Non aveva faticato a trovare nuovamente l’amore. Qualsiasi uomo avrebbe potuto desiderarla al suo fianco.
« Sì, mamma. Io… stavo scrivendo,» risposi dolcemente mostrandole la penna dalle piume rosa, vecchio ricordo di quand’ero bambina. Portava il logo della Disneyland di Orlando. Era la mia preferita e per scrivere i miei pensieri più intimi ero solita utilizzare soltanto quella.  
« Vestiti, per favore. Eric e i ragazzi arriveranno tra poco,» mi comunicò con trepidazione, avanzando cautamente all’interno della stanza e giungendo le mani sul grembo. Il suo corpo snello, longilineo e terribilmente sensuale anche dopo il parto di tre figli era fasciato da un tubino bianco che lasciava scoperte le spalle poco abbronzate. Si fermava appena sotto il ginocchio e in vita v’era una fascia nera e particolarmente semplicemente. Il solito stile di mia madre.
« Non era per pranzo?» chiesi flebile, non essendo riuscita a modulare la voce per la sorpresa. No. Non ero pronta. Una parte di me non poteva accettare quell’intrusione in casa mia. In casa di mio padre. La mamma non ci aveva mai nascosto nulla. Aveva fatto tutto alla luce del Sole. Quando conobbe il francesino, come era solito appellarlo Kol, ci parlò di lui. Ci disse che non si aspettava di incontrare l’amore ancora una volta, ma che con Eric era stato amore a primo sguardo. Se da una parte quella notizia mi fece piangere lacrime amare sulla tomba di mio padre, dall’altra non potevo non notare quanto mia madre fosse ritornata a sorridere dopo quell’incontro fortuito.
« No, prenderemo la colazione in giardino tra una mezzora,» replicò ferma, bloccandosi ai piedi del letto a baldacchino. Monumentale. Quello che mi era valso gli scherzi di Kol e lo sguardo dolce di Elijah. Amavo quel letto. Era il posto in cui mi sentivo più al sicuro da quando papà non mi poteva più cingere con le sue forti e protettive braccia, « Sono sicura che Katerina ti piacerà. È davvero una brava ragazza. Diventerete subito amiche. E poi hai sempre voluto una sorella,» aggiunse più per convincere se stessa che non perché credeva realmente che avrei potuto trovare in quella ragazza senza volto una sorella. Avevo già le mie due sorelle. Elena Gilbert e Bonnie Bennett. Insieme avevamo trascorso giornate meravigliose e serate indimenticabili. Nessuno avrebbe mai potuto eguagliare loro due. Non certo quella Katerina Morgan.
« Sì, mamma,» replicai accondiscendente per non farla stare in pena. Non v’era bisogno. Era giusto che mia madre fosse felice. Meritava di esserlo dopo tutto ciò che aveva passato in quegli ultimi mesi. Lo meritavamo tutti. Mia madre replicò con un sorriso sincero e grato, che le illuminò anche i caldi occhi color delle castagne. Pur di scorgere ancora quel sorriso e quello sguardo amorevole avrei persino accettato nella casa di mio padre quell’uomo sconosciuto che aveva fatto innamorare mia madre, « Kol ed Elijah?» domandai per distrarmi da quei pensieri. Sapevo che Eric non era un nemico, che non voleva farci del male, ma il solo pensiero che mia madre si risposasse mi faceva stare male. Pensare a Kol ed Elijah era l’unico modo per andare avanti con la nostra vita di sempre. I miei fratelli. I miei cari fratelli. Loro erano la mia forza, la mia ancora di salvezza. Quando mi sentivo persa e sola, trovavo sempre Elijah pronto a tendere la mano e salvarmi, con alle spalle Kol pronto a farmi sorridere di nuovo.  
« Elijah è a lavoro. Kol sta dormendo. Lo sveglierò tra poco,» esclamò più calma e soave. Eravamo lontane dagli argomenti critici. Annuì con un piccolo sorriso nel pensare a quanto mio fratello potesse essere pigro il sabato mattina e quanto l’altro potesse già essere attivo dall’alba. Gli antipodi. La voce di mia madre mi fece riemergere da quei pensieri abituali, « Ti ringrazio, Bekah. Stai affrontando tutto questo da donna matura e responsabile. Tuo padre sarebbe molto fiero di te,» mormorò sommessa come non la sentivo da tempo mentre poggiava la mano destra sulla mia posta sulle coltri candide. Sorrideva con nostalgia, forse ricordando il bel volto di mio padre. I suoi occhi azzurri come i miei, pieni di orgoglio nei confronti della nostra famiglia unita e solida. Pieni di amore per i suoi figli e sua moglie. Pieni di vita. Incapace di ribattere qualcosa di sensato o una frase costruita correttamente, annuì, deglutendo per mandar giù tutto il dolore che mi aveva appena colpito in tutta la sua potenza distruttrice. Mia madre si avvicinò per posare un bacio dolce sulla mia fronte, poi mi lasciò ai miei pensieri, sempre rispettosa della mia intimità. Non mi abbandonai alla tristezza né alle lacrime che premevano per fuoruscire. Se avessi cominciato a piangere, sapevo che non mi sarei fermata. E non potevo permettermi quella debolezza. Mia madre aveva bisogno di me. Dovevo essere forte per lei.
Scostai le trapunte candide, mi sollevai, poggiando i piedi nudi sul pavimento tiepido e rosato. Indossavo un semplice pigiama azzurro e portavo i capelli legati in una coda alta, ma molto lenta. Mi avvicinai allo specchio della toeletta di noce, impreziosita da rifiniture in oro. Amavo la mia camera. L’avevo arredata io stessa all’età di dodici anni. Papà mi aveva dato carta bianca e io avevo optato per una classica stanza ottocentesca. Lo specchio mi restituì l’immagine di una bella ragazza dalla pelle candida come la neve e atletica. Non a caso ero la seconda miglior cheerleader del mio anno. La prima rimaneva sempre Elena. Sorrisi e il riflesso ricambiò il sorriso. Sì, ero pronta per una nuova giornata. Per una nuova vita.
Mi preparai velocemente dopo essermi concessa una breve doccia. Indossai i miei aderenti jeans bianchi e una camicia blu sobria ed elegante con delle ballerine bianche. Lasciai i capelli sciolti e ondulati sulle spalle strette e mi truccai soltanto le labbra con un gloss rosa chiaro. Poi mi affrettai ad uscire dalla mia stanza, chiudendomi la porta alle spalle. Notai che la camera di mio fratello, che era contigua alla mia, aveva ancora la porta chiusa, segno che Kol era ancora impegnato a prepararsi. Non sarei scesa senza di lui. Non avrei affrontato da sola quell’incontro che mi aspettavo destabilizzante. Poggiai i gomiti sul corrimano di marmo bianco e il mio sguardo si perse sulla vastità di casa mia. Sino a quando non sentì il campanello suonare e mia madre avvicinarsi al portone d’ingresso.
« Pronta ai nostri nuovi fratellini?» domandò allegramente Kol, spuntando accanto a me vicino alle scale a chiocciola della nostra immensa villa. Potevo scorgere mia madre aprire la porta e lasciare entrare i nostri ospiti. Con i loro bagagli eccessivamente costosi. Eric e i suoi figli si sarebbero stabiliti da noi sino al giorno del matrimonio e anche oltre, pensavo. Notai la risata di mia madre. Un po’ troppo civettuola, ma perlomeno sentita. Eric doveva averle fatto i complimenti per la bella casa. In fondo villa Mikaelson era la più imponente ed estesa delle case cittadine. Solo casa Salvatore poteva eguagliare la nostra.
« Kol, non farti riconoscere da subito,» lo ammonii blanda. In fondo era anche una mia idea. Solo Elijah era abbastanza maturo da non intromettersi nella vita sentimentale di nostra madre, « Vediamo se sono accettabili prima. Dopo ci comporteremo di conseguenza.» Non certo mi sarei fatta mettere i piedi in testa da quei nuovi arrivati. Ero pur sempre una Mikaelson.
« Rebekah, Kol, venite,» ci spronò la mamma con un sorriso colmo di aspettative che né io né mio fratello avremmo mai infranto. Presi un profondo respiro, mi feci coraggio e cominciai a scendere con la mia migliore espressione calma. E totalmente falsa in quel frangente. Notai che Kol aveva avuto più o meno la mia stessa reazione. Solo che mio fratello riusciva a mascherare meglio le sue emozioni rispetto a me.
 « Lui è Eric,» presentò mia madre non celando anche un pizzico di orgoglio interiore. E a ragione. Eric era un bell’uomo. Non mi aspettavo fosse così. Nella mia fantasia somigliava alla rappresentazione di Lupin III nella vita reale. Invece no. Era un uomo distinto, abbastanza alto tanto da superare mia madre di una spanna abbandonate. Occhi azzurri e penetranti. Capelli neri e molto corti. Fisico asciutto e atletico. Carnagione abbronzata. Indossava una semplice camicia bianca con sotto dei pantaloni neri e dei mocassini dello stesso colore. Niente baschi imbarazzanti o buffi baffi. Un uomo normale, semplice. Perfetto per mia madre. Eric ci sorrise come se avessi dinanzi delle divinità o delle stelle del cinema. Strinse la mano di mio fratello e rivolse a me un sorriso ancora più ampio. Dovevo ammetterlo. Aveva fatto centro. Il mio sorriso non era più tirato e impostato. Era sincero. Anche mia madre se ne accorse.
« Loro sono Niklaus e Katerina,» esclamò la mamma per riportare l’attenzione sui due giovani alla destra e alla sinistra del padre che erano rimasti in silenzio per quei pochi secondi. I miei occhi vennero subito intercettati da quelli blu del ragazzo più vicino al fidanzato di mia madre. Per poco non sobbalzai. Il ragazzo più bello che avessi mai visto in tutta la mia vita. Neanche Stefan poteva lontanamente avvicinarsi all’avvenenza del giovane uomo dinanzi ai miei occhi. Non vi erano aggettivi per descriverlo se non il banale perfetto. Mai, mai avevo provato una tale sensazione di smarrimento dinanzi a qualcuno. Lo guardai. Lui guardò me. M’accorsi che mi osservava con la stessa espressione che probabilmente era presente sul mio viso. Sorpresa. Confusione. Incanto. « Spero potremo diventare una famiglia.»
 
Angolo autrice
Salve a tutti e benvenuti nella mia prima fanfiction. Allora cosa si può dire di questa storia? Prima di tutto è una AU. Sono tutti umani, nessuno escluso. E poi come noterete qui le famiglie sono un po’ diverse da quelle del telefilm. Ci sono i Mikaelson, i Morgan in cui Katerina è diversa dalla Katherine Pierce a cui siamo abituati, anche se il carattere rimane sempre quello, due famiglie Gilbert, i Bennett e i Salvatore. Avrete tempo e modo di incontrarli. Spero che questo primo capitolo vi abbia incuriositi. Alla prossima, Bekah Mikaelson. 
  
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