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Autore: starliam    28/10/2007    9 recensioni
Harry, come al solito, finisce in infermeria. Quella che sembra essere una interminabile nottata di solitudine, verrà mitigata dalla presenza di un nuovo peloso amico. Niente spoiler del settimo libro: ho iniziato a scriverla a giugno.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota: Questa storia è dedicata ai gatti, e in particolare, alla mia amica Furia. Il "personaggio" di Salem è ispirato in tutto a lei (tranne nel colore: lei non è nera, ma tigrata). A partire dal suo ritrovamento (ricordo come se fosse ieri il giorno in cui una gattina stropicciata e fangosa mi corse incontro), fino al suo modo di acciambellarsi contro di me la notte e di farmi le fusa nell'orecchio.
Come lei, a tutti i gatti che hanno vissuto con me fin da quando avevo tre anni. Come disse Gabriele D'Annunzio "Non ricordo di essere mai stato senza almeno un gatto".


Avere un gatto accanto è l’unico modo tollerabile di essere soli in due. ( Gianna Manzini)




Harry era depresso. Come al solito, gli era successa la sua dose quotidiana di guai. Stavolta, era finito in infermeria con la febbre alta dopo essere stato sorpreso da un acquazzone mentre tornava al castello dopo una visita a Hagrid. Era bel tempo quando era partito, niente lasciava pensare che il clima potesse cambiare così radicalmente. Ma con la sua solita fortuna, l'improbabile era accaduto; e davanti a un febbrone come quello che gli era salito in breve tempo, Madama Chips aveva insistito per trattenerlo infermeria, invece di permettergli di tornare al suo dormitorio (dove si sarebbe sentito sicuramente più a suo agio).
Adesso stava cercando, senza successo, di addormentarsi. Se fosse riuscito a riposarsi forse la febbre sarebbe calata, e l'indomani Madama Chips lo avrebbe rimandato nel suo letto.
Si sforzava di tenere gli occhi chiusi da una decina di minuti, nella speranza di scivolare nel sonno; quando sentì qualcosa solleticargli una guancia. Saltò istintivamente a sedere, pensando a un qualche tipo di insetto. Ma non si trattava di niente del genere: con suo enorme stupore, Harry si trovò davanti un gatto. Un grosso gatto nero dagli occhi gialli, che era balzato sul suo letto e lo annusava, incuriosito.
Harry era piacevolmente sorpreso. Non capiva di chi fosse il gatto, non lo aveva mai visto in giro. Forse apparteneva a qualche studente del primo anno. Iniziò a grattargli la testa, provocando un rumoroso scoppio di fusa. Harry rise. Gli erano sempre piaciuti i gatti, ma sua zia non aveva mai voluto prenderne uno per paura, come diceva lei, che graffiasse divani e tappeti.
Beh, a quanto sembrava, non sarebbe stato del tutto solo quella notte.
Sentendosi molto più rilassato, Harry si distese nuovamente. Il suo nuovo amico si acciambellò contro di lui, senza smettere di fare le fusa. Con la testa del micio proprio sotto il suo mento, Harry si addormentò quasi subito.


Piton era furioso. Era stata una giornata pesante, anche se si trattava di un sabato. Aveva dovuto correggere montagne di compiti (nessuno dei quali era all'altezza delle sue aspettative) ed era stato costretto a recarsi a Hogsmeade per ordinare altri ingredienti che si erano inspiegabilmente deteriorati. In più, Madama Chips gli aveva chiesto “con urgenza" alcune pozioni necessarie in infermeria che erano finite; e gli era toccato sfacchinare sui calderoni per tutta la sera. Come se tutto questo non bastasse, tornato nella sua stanza per godersi un po' di meritato relax con un buon libro e un bicchiere di whisky, si era accorto che Salem era sparito.


Salem era il gatto nero che Piton aveva trovato una mattina di molti mesi prima su una strada fangosa di Hogsmeade. Era un micetto piccolo e spaurito, e gli era venuto incontro sporco di fango, miagolando disperatamente. Probabilmente si era perso, o era stato abbandonato. Il professore lo aveva raccolto e portato con sé al castello.
La sua idea iniziale era quella di farlo adottare da qualcuno, ma si era affezionato subito a quella piccola palla di pelo, e lo aveva tenuto. Adesso era diventato un grosso micione dal pelo lucente e gli occhi gialli, affezionatissimo al suo padrone. Non si allontanava mai molto, e la sera gli si acciambellava in grembo per una grattatina dietro le orecchie mentre Severus si rilassava davanti al fuoco. Non era vero relax se Salem non c'era. E ora quella dannata bestiaccia era sparita!

Non era riuscito a trovarlo da nessuna parte, e cominciava ad essere preoccupato, mentre si avviava a grandi passi verso l'infermeria per lasciare sul tavolo di Madama Chips le pozioni che lei gli aveva chiesto. Così la mattina seguente le avrebbe trovate subito e non lo avrebbe più scocciato.
L'unica cosa che lo infastidiva era che in infermeria avrebbe trovato quella piaga di Harry Potter. Come al solito aveva avuto uno dei suoi problemi: Severus si chiedeva come mai non si trasferiva direttamente in infermeria, avrebbe risparmiato tempo.
Era ormai arrivato: dischiuse le grandi porte e si diresse alla scrivania della medimaga, dove depose la borsa contente le fiale delle pozioni.
Uscendo, Piton gettò un'occhiata distratta al letto in cui dormiva Harry. Qualcosa lo fece bloccare all'improvviso. Nel letto candido, c'era una macchia nera. E non erano i capelli di Potter.
Immaginandosi già che cosa avrebbe trovato, si diresse rapido verso il letto del ragazzo. Lì, acciambellato contro il petto di Harry, dormiva profondamente Salem.
Il sollievo che Piton provò per il ritrovamento del suo gatto si dissolse in un attimo, sostituito da un'ondata di rabbia.
Lui accoglieva un gattino solo e spaurito, gli dava una casa calda e accogliente, compagnia e cibo in abbondanza; e quello lo ripagava andando a dormire fra le braccia del Ragazzo Sopravvissuto?
Il primo impulso del professore fu quello di afferrare Salem per la collottola e sbatterlo giù dal letto: ma così facendo avrebbe svegliato anche Potter, che abbracciava il gatto come se fosse stato un orsacchiotto di peluche. L'ultima cosa di cui sentiva il bisogno,a quell'ora della notte, era mettersi a litigare con un Potter nervoso per la febbre e inacidito per il brusco risveglio.
Almeno c'era di buono che aveva ritrovato il suo compagno di serate solitarie. A questo punto, poteva stare tranquillo che Salem non era scappato, aveva solo cambiato momentaneamente "cuccia".
Sicuramente si sarebbe fatto vivo l'indomani mattina per chiedere da mangiare. Sempre ammesso che il ragazzino lasciasse l'infermeria...

Si avvicinò a Potter e gli toccò la fronte con la mano fredda. Era caldo, ma non in maniera eccessiva. Domani sicuramente sarebbe potuto tornare al suo dormitorio. Sotto il suo tocco, il ragazzo si mosse leggermente. Piton ritrasse subito la mano. Harry sospirò e cambiò posizione, ma non si svegliò.
Il gatto faceva le fusa. Era una delle caratteristiche che a Severus erano piaciute fin da subito: anche quando era tanto piccolo da stargli in una mano aveva mostrato una incredibile capacità di fare le fusa più rumorose che il professore avesse mai sentito. Lo accarezzò con un dito sul naso: Salem non si degnò neanche di aprire gli occhi, ma aumentò l'intensità delle fusa e agitò leggermente la coda. Piton si permise un sorriso appena accennato, che si era già cancellato dal suo volto mentre si dirigeva verso l'uscita.

Sembrava proprio che ultimamente niente andasse per il verso giusto.
Dopo il leggero miglioramento che aveva avuto in mattinata, la febbre era risalita prepotentemente. "Influenza", aveva sentenziato Madama Chips, rifiutando categoricamente di dimetterlo. Sospirò per l'ennesima volta. Forse era la malattia, ma si sentiva davvero giù. Era da troppo tempo che niente andava come avrebbe voluto. Deglutì per soffocare l'improvviso nodo in gola, e si acquattò sotto le coperte. Le ore serali erano le peggiori; durante la giornata aveva avuto le visite dei suoi amici a tenerlo su di morale. Ma trovarsi tutto da solo nell'infermeria, al buio, non faceva che aumentare il suo senso di solitudine. Anche il suo amico-gatto era sparito. Quando quella mattina si era svegliato, non lo aveva più trovato; doveva essere tornato dal suo padrone. Quel giorno aveva chiesto a Ron e a Hermione se per caso conoscevano qualcuno che aveva un gatto nero, ma non ne sapevano niente. Cercando di scacciare la tristezza, si raggomitolò su se stesso cercando di dormire.
Dormiva ormai da un paio d'ore, quando venne svegliato da un flebile miagolio e da qualcosa che gli toccava il volto. Aprì faticosamente gli occhi, resi pesanti dalla febbre; e alla poca luce disponibile si trovò di fronte un micetto. Si mise a sedere, e accese la lampada sul comodino, improvvisamente sveglio: non era il grosso gatto della sera prima, ma un piccolo gattino grigio dagli occhi verdi, che sembrava confuso quanto lui. A lasciarlo ancora più perplesso era il grosso fiocco rosso che aveva legato al collo. Qualcuno gli aveva fatto un regalo? E perchè regalargli un gatto? Ma soprattutto, perchè non lasciare almeno un biglietto per fargli sapere da chi proveniva quel "regalo"!
Forse era stata Hermione: aveva la fissa degli animali abbandonati. Ma scartò subito l'idea: la sua amica gli avrebbe consegnato il gattino senza bisogno di metterglielo sul letto di nascosto.
Si accorse in quel momento che aveva iniziato ad accarezzare distrattamente la testolina del gattino, che si era steso vicino al suo cuscino e aveva un’espressione rilassata sul muso grigio. Harry sorrise, e decise che al momento non gli importava di scoprire che fosse stato a fargli quel dono inatteso: ci avrebbe pensato quando sarebbe stato meglio; per il momento voleva solo riposarsi in compagnia del suo nuovo amico.
Sciolse il fiocco dal collo del gattino e se lo avvicinò per poterlo abbracciare come aveva fatto con il gatto nero. Scivolando nel sonno, pensò che la mattina dopo avrebbe chiesto a Madama Chips una bella scodella di latte…


Il corridoio era deserto, e Harry era in ritardo. Si era attardato a cercare dei libri in biblioteca, e se non si fosse sbrigato avrebbe perso la cena. Era passata una settimana da quando qualcuno gli aveva fatto avere Misty (che al momento dormiva nella sua cesta accanto al suo letto), e non era riuscito a capire chi fosse stato: nessuno era stato in grado di aiutarlo. Sembrava quasi che il gattino si fosse materializzato da solo sul suo letto. Mentre scendeva gli scalini a due a due, vide una lunga coda nera sparire dietro un angolo. Si fermò, indeciso. Era sicuramente il gatto nero che quella notte aveva dormito con lui. Lasciò perdere l’idea della cena e iniziò a seguirlo, forse finalmente avrebbe scoperto qualcosa! Si muoveva rapido ma il più silenziosamente possibile, non voleva rischiare di far spaventare il gatto, che si dirigeva trotterellando alla scala che portava nei sotterranei.
“Eccoti, finalmente, vieni qua”.
Harry si bloccò. Qualcuno stava chiamando il gatto. Una voce stranamente familiare, alla quale il micio aveva risposto con un sonoro miagolio. Si appiattì contro il muro e fece capolino da dietro l’angolo. Ciò che vide gli fece spalancare gli occhi, e si mise d’istinto una mano sulla bocca. Non riusciva a crederci, e se lo avesse raccontato ai suoi amici, non gli avrebbero creduto: Piton si era chinato per accarezzare dolcemente il gattone, che si strusciava contro la sua tunica. Harry rimase immobile, ad osservare incredulo. Il professore parlava, stava parlando al gatto nero a voce molto bassa. Harry si sporse un po’, senza farsi vedere. Rimpianse di non avere con sé il Mantello dell’Invisibilità; così avrebbe potuto avvicinarsi di più e sentire che cosa stesse dicendo Piton al gatto. Si sporse ancora un po’, e riuscì finalmente a sentire qualcosa.
“Mi farai compagnia anche stasera, vero? Ho bisogno di un po’ di relax, piccolo mio. Sono molto stanco, queste lezioni di Occlumanzia che devo dare a quel ragazzino sono molto pesanti anche per me". Piton si prese la testa fra le mani e chiuse gli occhi, sospirando leggermente.
"Non è facile, sai, dover scavare nella mente di qualcun altro dopo aver subito un’incursione nella propria… e spero che alla riunione di domani sera il Signore Oscuro non sia troppo arrabbiato, o potrebbe sfogarsi con me”.
Harry si ritrasse leggermente, mentre il micio iniziava a leccare la mano di Piton come a volerlo rassicurare.
“Oh, sì, lo so, che tu per me ci sarai sempre. Non ti preoccupare, piccolino, anche io ci sarò sempre, per te”.
Harry arretrò di qualche passo, continuando ad osservare la scena. Non voleva più ascoltare, aveva già sentito abbastanza. Senza fare rumore, si voltò e tornò sui suoi passi; mentre, a qualche metro di distanza, Piton prendeva in braccio quello che era stato il suo compagno di una notte e si dirigeva con lui nei sotterranei.

  
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