S.o.S.,
Mr Grey!
Anastasia
e Christian stavano consumando un pasto leggero, durante la pausa dal lavoro,
seduti ad un tavolino di un bar, godendosi il tiepido sole primaverile, con la
tranquillità di sapere entrambi i figli alla scuola materna, seguiti e tenuti
d’occhio.
Da
quando erano nati i loro bambini avevano fatto in modo di ritrovarsi sempre
all’ora di pranzo, per chiacchierare un po’ senza essere interrotti e per avere
un attimo di tempo solo per loro due.
<
Io prendo volentieri un caffè, tu vuoi qualcos’altro, amore? >
<
No, grazie. Sono a posto così. >
Christian
si alzò per andare a fare la sua ordinazione e, con la sua galanteria innata,
lasciò passare avanti a sé una giovane donna, entrata nel bar nello stesso
istante, che, stupita, lo squadrò da capo a piedi.
Anastasia
alzò gli occhi al cielo e Christian, avendo notato la reazione di sua moglie, con
una breve alzata di spalle, le fece l’occhiolino, come a dire: “che cosa ci
posso fare se tutte le donne mi adorano? ”
Anastasia
sorrise di rimando, lanciandogli un bacio al volo.
La
donna, che poco prima lo aveva squadrato, continuò a seguire con lo sguardo i
movimenti di Christian, finché, preso coraggio, si avvicinò e gli chiese:
<
Mi scusi, ma lei ha un volto famigliare. Ci conosciamo? >
Christian,
abituato ad essere agganciato dalle donne nei modi più bizzarri, non trovò
molto fantasioso quell’approccio, e le rispose senza particolare interesse.
<
No. >
La
donna rimase perplessa poi, dopo una breve indecisione, ci riprovò.
<
Mi perdoni, se la tedio, ma davvero mi sembra di conoscerla. Io mi chiamo
Gabrielle ed insegno alle elementari di Seattle. Magari è il papà di uno dei
miei bambini… >
Trattenendo
i nervi che gli stavano montando, Christian riuscì a rispondere con un tono,
comunque, educato.
<
I miei figli frequentano una scuola privata. Ora mi scusi, ma vorrei ordinare
il mio caffè. >
<
Oh, certo. Mi perdoni davvero. >
Gabrielle
si voltò. Ordinò il pranzo e si sedette ad un tavolino, poco distante da quello
di Anastasia, per consumare il suo pasto.
Fu
questione di attimi.
La
donna guardò verso Christian un’ultima volta. Lui la fissò di rimando, con
sguardo severo, e lei impallidì.
Un
lampo di luce nel buio della memoria e s’era ricordata dove aveva conosciuto
quell’uomo!
Christian
notò il cambiamento d’espressione e, per un momento, si sentì esposto.
Tornò
al tavolino, dove lo aspettava sua moglie, tenendo d’occhio la donna che s’era
presentata come Gabrielle, e cercò di trovare lo stesso filo pendente che,
evidentemente, lei aveva colto.
La
studiò meglio. Era di corporatura minuta, con grandi occhi nocciola. I capelli,
corti e neri, erano resi sbarazzini da alcuni ciuffi colorati di blu.
Nell’insieme era graziosa, ma di certo non il tipo di donna che avrebbe
ricercato lui.
Alla
fine, quando era certa che nessuno dei due si sarebbe deciso a parlare,
Anastasia si girò verso Gabrielle e le chiese:
<
Mi scusi, signora, ma mi pare evidente che lei si sia ricordata di qualcosa
che, invece, a mio marito ancora sfugge. Potrebbe chiarire come stanno le cose?
>
Gabrielle
balbettò qualcosa poi, rendendosi conto d’essere stata lei a dare il via a
quella situazione, rispose con timidezza ed imbarazzo.
<
Ecco…ho incontrato suo marito tanto tempo fa…ma l’incontro è stato breve e non
è successo assolutamente niente! >
Mr
Controllo decise di prendere in mano la situazione.
<
Senta Gabrielle, io non ricordo nulla di lei. Se davvero ci siamo conosciuti,
mi faccia la cortesia di spiegarsi meglio. Non ho segreti con mia moglie e non
voglio che ci siano dubbi. So per certo di non avere mai avuto con lei alcun
tipo di rapporto, ma le cose in sospeso mi danno decisamente i nervi, per cui
la prego di accomodarsi al nostro tavolo e di illuminarci in merito. >
Nessuno
poteva ignorare quello sguardo severo ed inquietante, per cui Gabrielle, suo
malgrado, si alzò per andare ad accomodarsi con la coppia che aveva,
involontariamente, infastidito.
Rimase
zitta per un po’, fissandosi le mani curate, poi improvvisamente sorrise,
alzando lo sguardo su Christian.
<
Ci siamo incontrati più di dieci anni fa. Il nostro incontro è durato davvero
molto poco, ma è stato sufficiente per cambiarmi la vita! >
<
Si può spiegare meglio? > chiese Anastasia, curiosa.
<
È un discorso complicato ed, a suo tempo, dovetti promettere di non farne mai
parola al di fuori di un certo contesto. Non so se posso sbilanciarmi adesso…
>
Gabrielle
guardò Anastasia con apprensione, ma a risponderle fu Christian.
<
Le assicuro che mia moglie sa tutto di me. Non ci sono segreti fra di noi. >
<
Quindi sa dell’S.o.S.? >
<
…Tranne l’S.o.S. >
Christian,
preso alla sprovvista, a sentire quella sigla vecchia di tanti anni, sbuffò
sonoramente quindi, dopo essersi passato una mano fra i capelli, cominciò a
spiegare a sua moglie che cosa significasse, per loro.
<
Ana, ti ricordi che, tempo fa, ti avevo raccontato che ci sono dei posti per
imparare a diventare quello che ero io? >
<
Sì. >
<
L’S.o.S. è un club privato. La sigla sta per “Secrets of Seattle”, e lì
organizzano incontri tra dominatori e sottomesse che vogliono fare pratica.
>
<
Oh. >
Anastasia
era basita. Che cosa doveva dire? Quella donna, probabilmente, era una delle
ragazze che suo marito aveva sottomesso in fase di addestramento.
Che
cosa prevedeva il bon-ton, in queste occasioni?
A
tirarla fuori dall’impiccio fu la stessa ex sottomessa.
<
All’epoca frequentavo un ragazzo, Jarret, che aveva la tendenza ad essere
piuttosto manesco, per usare un eufemismo! >
Gabrielle
volse lo sguardo lontano, alla ricerca di ricordi sepolti dal tempo, poi
proseguì con il suo racconto.
<
Non che la cosa mi dispiacesse davvero, ma lui diceva che io non ero abbastanza
accondiscendente. Così una sera mi portò all’S.o.S. >
<
Non è necessario raccontare tutto, Gabrielle, credo che orami la situazione sia
chiara per tutti! > disse Anastasia, imbarazzata.
Scoprire
i trascorsi sessuali di suo marito non era di certo la sua priorità, per quel
giorno.
<
Oh, Mrs… > solo in quel momento Gabrielle si rese conto che non conosceva
nemmeno i nomi delle persone con cui stava avendo quella bizzarra
conversazione.
<
Io sono Anastasia Grey, ma può chiamarmi Ana, mentre lui, è Christian Grey, ma
presumo che lei lo sappia già! >
Ana
non riuscì a trattenere un tono un po’ seccato.
<
Veramente non ho mai saputo il suo nome. Non so se le cose ora siano diverse,
ma all’epoca non si diceva mai il nome vero e ci si metteva un maschera, per
impedire, a chi frequentava il club, l’imbarazzo di riconoscersi al di fuori di
quelle stanze. >
<
Evidentemente non ha funzionato, visto che lei ha riconosciuto mio marito! >
<
Per forza! Quegli occhi mi hanno perseguitata per giorni! >
Christian
guardò Gabrielle sorpreso. Che cosa intendeva dire? Come l’aveva perseguitata?
Lui nemmeno si ricordava di lei!
Notando
lo sconcerto dei suoi interlocutori, la donna si lasciò sfuggire un sorriso e
disse:
<
Permettetemi di spiegare tutto, senza interruzioni. Alla fine vi renderete
conto che le cose sono molto più belle di quello che sembrano! >
<
Ok, l’ascoltiamo. > disse Anastasia, prima che Christian potesse dire
qualcosa di diverso. Ormai era curiosa di scoprire quel segreto.
Gabrielle
prese un bel respiro poi proseguì da dove s’era interrotta.
<
Come dicevo prima, io e Jarret decidemmo di provare qualcosa di nuovo ed una
sera andammo al Secret of Seattle. Io non sapevo esattamente che tipo di
incontri si potessero fare, ma Jarret c’era già stato e mi aveva assicurato che
mi sarei divertita ed avrei imparato molto! >
La
donna alzò gli occhi al cielo, poi riprese il racconto.
<
Ci diedero delle maschere, per coprire il volto, poi una donna mi condusse in
una stanza e mi disse di aspettare lì l’arrivo del mio dominatore. Pensavo si
riferisse al mio ragazzo, per cui non obiettai. Dopo una decina di minuti entrò
un uomo troppo alto per essere Jarret, con una chioma scompigliata di capelli
castani rossicci e con gli occhi più grigi e freddi che avessi mai visto! >
A
quella descrizione, Christian si sentì punto sul vivo. Alzò un sopracciglio,
pronto a ribattere qualcosa in sua difesa, ma lo sguardo di scuse, che vide sul
volto di Gabrielle, lo fece desistere dall’aprire bocca.
<
Quell’uomo cominciò a darmi ordini perentori. Togli i vestiti. Mettiti in ginocchio. Non guardarmi. Non rivolgermi
mai la parola. Tieni lo sguardo basso. >
La
donna rabbrividì al ricordo, poi si ricompose.
<
Non riuscivo a capire che cosa stesse succedendo. Più per la sorpresa che per
vera convinzione, feci quanto mi venne ordinato. Poi ebbi la malaugurata idea
di guardare in faccia il mio carnefice! >
Christian
sbuffò, nel sentire quell’epiteto, e Gabrielle si morse la lingua. In effetti
aveva un po’ esagerato.
<
Lui mi fulminò con gli occhi e gridò “ non
ti avevo forse detto di non guardarmi mai in faccia? Ora assaggerai la mia
verga! “ e si avvicinò a me, con in mano una specie di frusta o di cintura.
Non ricordo bene, perché mi sono alzata e sono corsa fuori a perdifiato! >
Anastasia
rimase di stucco, mentre Christian cominciò a ridere di gusto.
<
Sei la ragazza che è scappata a gambe levate?! Oh mio Dio! mi ero sempre
chiesto perché fossi fuggita e che fine avessi fatto! >
<
Io non sapevo che cosa stesse succedendo, ma vi giuro che non ho più messo
piede lì dentro ed ho cancellato il numero di Jarrett la sera stessa! Mi avevi
messo una tale paura che non ne volevo più sapere niente! >
<
Quindi non è successo niente? > chiese Anastasia, scoprendosi sollevata.
<
No. Niente di niente! > rispose Gabrielle, felice d’aver chiarito
l’equivoco.
<
Ed è questo il motivo per cui averlo incontrato ha cambiato la tua vita? >
<
Non esattamente. Ora vi spiego. Dopo la fuga, mi sono chiusa in casa per tre
giorni, perché avevo paura che Jarret o qualcun altro dell’S.o.S. mi volesse
punire, poi, sentendomi una stupida, ripresi in mano la mia vita. Ricominciai a
fare le mie cose, il mio lavoro part-time, il mio corso di studi. Insomma,
tutto come prima. Un giorno, mentre passeggiavo per strada, volto l’angolo e
BUM! Chi vedo a pochi passi davanti a me? L’uomo dagli occhi grigi! Stava
urlando al telefono e camminava nella mia direzione. Presa dal panico che mi
potesse riconoscere, entrai nel primo taxi che trovai sulla strada. Dentro
c’era un ragazzo, che stava andando allo stadio a vedere una partita di rugby.
Era una specie di armadio a due ante, con delle spalle enormi. Lo guardai e gli
chiesi di poter condividere il taxi con lui, non mi importava la destinazione.
Lui sorrise ed accettò la mia compagnia, anche se devo essergli sembrata una
pazza squilibrata! >
Gabrielle
sorrise al ricordo di quel primo incontro.
<
Mi chiese da chi stavo scappando ed io, presa dal panico, gli raccontai tutta
la storia. Mi sentii sollevata, mentre lui, invece, era stupito. Facemmo
amicizia. Si chiamava Paul e faceva l’allenatore di una piccola squadra di
rugby. Arrivai fino allo stadio, dove seguii gli allenamenti. Alla fine ci
scambiammo i numeri di telefono ed abbiamo cominciato a frequentarci, prima
come amici e poi come coppia. >
<
State ancora insieme? > chiese Anastasia, genuinamente coinvolta da quella
bizzarra storia d’amore.
<
Oh sì. Ci siamo sposati dopo tre anni di fidanzamento ed abbiamo avuto due
figli. >
<
Che bello! Sono contenta per voi. >
<
Non riesco ad immaginare la mia vita senza Paul. A volte penso che se, quel
giorno, l’uomo dagli occhi grigi non mi avesse spaventata a morte, forse non
sarei scappata e tutto quello che è successo di conseguenza non si sarebbe mai
avverato. Ecco perché devo ringraziare tuo marito! >
Anastasia
e Gabrielle si sorrisero comprensive. Il destino aveva giocato in modo davvero
bizzarro con entrambe, mettendo sulla loro strada Mr Grey.
Certo,
nel caso di Anastasia era stato più beffardo, facendola innamorare di un uomo
così complicato!
Christian
sorrise a sua moglie, poi raccontò la storia dal suo punto di vista.
<
Mi ricordo perfettamente di una ragazza che fuggì dalla stanza rossa. Per la
prima volta mi avevano affidato una sottomessa e non ero mai riuscito a capire
il motivo della sua defezione. Cavoli, non l’avevo neanche toccata! Mi fecero
un sacco di domande, per colpa sua. È stato per colpa di quell’episodio
che, in seguito, ho sempre cercato le informazioni relative alle potenziali
sottomesse prima di incontrarle. >
<
Anche all’S.o.S. c’era una stanza rossa? > chiese Anastasia, stupita.
<
Certo che sì. C’erano stanze di ogni colore, in base all’umore od al tipo di
dominazione che uno voleva applicare. >
<
Non capisco. Non c’è un solo modo per dominare? >
<
No, amore, ci sono diverse inclinazioni. C’era la stanza bianca, per chi voleva
solo attrezzature soft. C’era la stanza viola, per chi preferiva le croci,
quella rosa, per chi aveva tendenze omosessuali. C’era la nursery, per quegli
uomini che preferivano simulare la loro infanzia. Gli associati del club
potevano sperimentarle tutte, nell’attesa di trovare quella a loro più
congeniale. >
<
E la stanza rossa che cos’aveva di particolare, rispetto alle altre? >
Christian
chiuse istintivamente la bocca, un po’ per l’imbarazzo un po’ per trattenere un
sorriso.
<
Che cosa rappresenta la stanza rossa? > insistette Anastasia, guardandolo
con un cipiglio arruffato.
<
Lo sai che sei adorabile, quando ti arrabbi? > disse Christian, cercando di
cambiare argomento.
<
Tu me lo sai dire? > chiese Anastasia a Gabrielle, non avendo ricevuto
riposta da suo marito.
<
No. Non ne ho la minima idea. Come dicevo prima, sono stata all’S.o.S. solo una
volta e la mia permanenza là non è andata oltre il quarto d’ora! >
Purtroppo
per Christian, ora le donne curiose di sapere il significato della stanza rossa
erano due.
Gabrielle
non sarebbe stata un problema, per lui, ma sua moglie esigeva una risposta
sincera. Cercò di trattenere un sorriso esasperato.
<
La stanza rossa era quella che conteneva il maggior numero di strumenti.
Praticamente racchiudeva tutto il campionario. >
<
Perché ridi? > chiese Anastasia, poco convinta da quella semplicissima
spiegazione che, di per sé, non era poi nemmeno così strana.
<
…era chiamata “l’inferno” >.
Christian
non riuscì a trattenere un sorriso, davanti all’espressione sconvolta di
Anastasia. Gabrielle, invece, si lasciò andare ad una ristata liberatoria.
<
Allora l’ho scampata proprio bella! > disse la donna dai capelli corti.
Christian
osservò meglio sua moglie. L’aveva sconvolta. Un’altra volta.
Doveva
trovare subito il modo per rimediare l’umore della giornata.
Incurante
della presenza di un’altra persona, estranea a loro, sfoderò il suo tono più
dolce e suadente e disse:
<
Amore, non fermarti al nome. Ci sono persone che sanno essere sadiche e crudeli
anche dentro una stanza vuota. Credimi. >
<
Lo so. È che mi hai colta di sorpresa. > disse Anastasia, con voce sottile.
Gabrielle
rimase zitta, tropo imbarazzata per interrompere quel dialogo così delicato ed
intimo, anche solo per dire che voleva andarsene.
Alla
fine fu Christian a spezzare la tensione, mettendosi a ridere e dicendo:
<
Ora che ci penso, voi due siete state le peggiori sottomesse che io abbia mai
avuto! >
<
Come? In che senso le peggiori? > chiese Gabrielle davvero stupita. Aveva
dato per scontato che Anastasia fosse stata la migliore, in quel campo, tanto
d’aver indotto quell’uomo a sposarla.
<
Tu, Gabrielle, sei fuggita alla velocità della luce, lasciandomi in piedi, come
un allocco, con una verga in mano e tanta rabbia repressa. Anastasia, invece, è
scappata dopo due settimane che provavo ad addestrarla. Solo che, oltre ad una
borsa mezza vuota, s’è portata via anche il mio cuore… > il tono scherzoso
lasciò il posto ad un senso di perdita e di dolore mai del tutto guariti.
Anastasia
guardò il volto di suo marito e capì che cosa voleva dirle, con quella frase.
Non
aveva importanza quello che era successo nella stanza infernale, tanti anni
prima, non doveva farsi venire dei dubbi adesso.
Erano
sposati da cinque anni ed erano innamorati. Avevano due splendidi bambini e mai
lui le aveva dato ad intendere che gli mancasse quello stile di vita.
Erano
felici e questo doveva bastarle, come rassicurazione.
Moglie
e marito si sorrisero reciprocamente, mentre Gabrielle si voltò giusto in tempo
per veder arrivare Paul, che la salutò felice da lontano.
<
Ehi! Ciao! Sono qui! >
<
Ciao tesoro! Mi presenti i tuoi amici? > disse Paul, dopo averle dato un
bacio delicato sulle labbra.
<
Loro sono Mr e Mrs Grey. Anastasia, Christian, lui è Paul, mio marito. >
<
È un piacere conoscervi. > disse il giocatore di rugby.
<
Il piacere è nostro. Tua moglie ci ha raccontato del vostro incontro davvero
fortuito > disse Christian, alzandosi in piedi ed allungando una mano per
stringerla al marito di Gabrielle.
<
Bisogna dire che, quando il destino ci mette lo zampino, c’è poco da fare,
vero? > rispose l’uomo, gioviale.
<
Possiamo offriti qualcosa da bere? >
<
No, grazie. Sono solo passato per salutare Gabry, prima di tornare in palestra.
Ma sono curioso. Come mai vi conoscete? >
<
Ti dirò tutto stasera! > disse maliziosamente Gabrielle.
<
Ora devo proprio andare. È stato un piacere conoscervi. >
<
Anch’io devo andare, adesso > disse Gabrielle.
La
donna si recò verso la cassa, per pagare la sua consumazione, quando Christian
la raggiunse e disse:
<
Permettimi di offrirti il pranzo. È il minimo che possa fare, per farmi
perdonare d’averti spaventata a morte, tanti anni fa! >
<
Non ce n’è bisogno. > disse lei, sorpresa da tanta sincerità.
<
Insisto. Fammi questo favore. > disse lui, sprigionando tutto il suo
carisma.
<
Ok. Se proprio ci tieni. >
<
Grazie. > disse Christian, contento d’aver ottenuto quella piccola vittoria.
<
È incredibile come le persone possano cambiare. Se ripenso all’impressione che
mi hai fatto la prima volta che ti ho visto ed a come ti sei comportato oggi, mi
sembra d’aver conosciuto due persone completamente diverse. >
<
In un certo senso è così. All’epoca ero molto arrabbiato e mi sfogavo in un
modo alquanto singolare. Ora sono felicemente sposato. Anastasia mi ha cambiato
nel profondo. >
Nel
dire queste parole, volse lo sguardo verso sua moglie, che chiacchierava
amabilmente con Paul, ed un moto stizzito lo punse sul vivo.
<
…e sarà meglio che mi sbrighi a riprenderla, prima che tuo marito ci provi
anche con lei! >
<
Mio marito non ci sta affatto provando con tua moglie e poi che significa
“anche” con lei? >
<
Paul mi ha già fregato la mia prima sottomessa, non vorrei che mi fregasse pure
l’ultima! > Scherzò Christian, facendole l’occhiolino.
<
Sei geloso? >
<
Geloso? Io? Stai scherzando?! Io sono schifosamente e maledettamente geloso!
Potrei andare in escandescenza, se non raggiungo mia moglie nel giro di pochi
minuti! >
Christian
riprese la sua carta di credito, dopo aver pagato sia il suo conto, sia quello
di Gabrielle, quindi si avvicinò alla sua Anastasia.
<
Tutto bene, amore? >
<
Sì. Tutto bene. > disse lei, tranquilla.
<
Davvero? > e questa volta il tono lasciò intendere che si riferisse al
discorso precedente e non a quegli ultimi minuti.
<
Sì, tutto benissimo, Mr Grey. A proposito, ti amo! >
<
Ti amo anch’io, piccola. > rispose Christian, visibilmente sollevato.
Le
due coppie si salutarono, poi ognuno di loro prese la sua strada.
Gabrielle
andò alla scuola, dove insegnava, Paul andò alla palestra dove allenava i
piccoli rugbisti, mentre Anastasia e Christian raggiunsero la loro auto.
Una
volta dentro l’abitacolo, Christian si protese verso sua moglie, per stringerla
forte e baciarla con ardore.
Anastasia
lasciò che lui prendesse in mano la situazione. Voleva sentirlo vicino, voleva
che lui avesse bisogno di lei, voleva essere sicura che il ricordo della stanza
infernale non si sovrapponesse fra di loro.
<
Devi proprio andare in ufficio, oggi pomeriggio, o posso tentarti con una
proposta indecente? > chiese lui, tra un bacio e l’altro.
<
Non ho impegni che non possano essere rimandati a domani. Che intenzioni hai?
>.
Christian
sorrise, con ancora la bocca su quella della moglie, poi prese in mano il suo
immancabile BalckBerry e chiamò la sua fedele assistente personale.
<
Andrea? Sposta i miei appuntamenti di oggi pomeriggio…Sì, anche quello…Poi
chiama la Grey Pubblishing. Parla con Hannah, l’assistente di mia moglie, e
dille di spostare anche i suoi appuntamenti di oggi….Sì, saremo irreperibili
per tutto il pomeriggio…No, niente di grave. Tutto a posto. Ci vediamo
domattina. >
<
Come sei efficiente, Mr Grey! Con una telefonata hai sistemato tutto! >
<
Lo faccio solo per impressionarti. Ci sono riuscito? >
<
In effetti sono colpita…ma preferisco il Mr Grey di poco fa. Quello che, invece
di parlare, mi baciava! >
<
Mrs Grey, sei davvero una donna unica. Non ho idea di che cosa io abbia potuto
fare per meritarti, ma non te ne farò pentire! Pronta per un pomeriggio tutto
nostro? >
<
Da quando sto con te, sono pronta a tutto! > disse lei, ammiccando
sfacciatamente.
Christian
mise in moto il suv e poi si immise nel traffico, a velocità sostenuta, deciso
a raggiungere al più presto la sua destinazione.
Anastasia
non fece domande e, nel breve viaggio verso la periferia di Seattle, parlarono
del più e del meno.
Una
volta giunto a destinazione, Christian parcheggiò lungo una strada tranquilla e
poco frequentata, nonostante l’orario di punta, quindi, facendo il giro
dell’auto, aprì la portiera a sua moglie.
Fecero
alcuni passi a piedi, poi si fermarono davanti ad un’abitazione di stile
antico, con una scalinata ampia, in mattoni, che anticipava un grande portone
di legno massiccio.
Anastasia
fece per salire, ma Christian la trattenne per un gomito e la guidò verso il
sottoscala.
Bussò
ad una porta piccola e poco illuminata ed una donna, di media età e di
corporatura esile, venne ad aprire.
<
Desiderano? >
<
Buonasera, Miss Sophie >
La
donna rimase sorpresa, nel sentirsi chiamare per nome, per cui guardò meglio
l’uomo di fronte a lei.
<
Oh, Mr Grey! Quanto tempo che non la vediamo da queste parti! È un piacere
ritrovarla in buona salute! >
<
Grazie Sophie. Sono lieto che mi abbia riconosciuto. Vuol dire che il tempo è
stato clemente, sul mio volto. Posso presentarle mia moglie? >
La
donna, davvero felice dell’incontro, aprì subito il battente e fece accomodare
Mr Grey e signora.
<
Anastasia, lei è Miss Sophie. Sophie, lei è Anastasia, mia moglie. >
<
Mi era giunta voce che si fosse sposato. Sono lieta di vedere che va tutto bene
e di conoscere la fortunata che ha saputo conquistare il suo cuore. > disse
la donna con sincero affetto.
<
Sono io, quello fortunato. Sposandola ho fatto un terno al lotto e lei, insieme
ai nostri due figli, sono le tre cose più belle della mia vita. >
<
Sono davvero contenta per lei. Presumo che siate qui per una ragione. Che cosa
posso fare per voi? >
<
Volevo far vedere a mia moglie questo posto, se per lei non è un problema. >
<
Vi lascio da soli. Fate pure come se foste a casa vostra. Se avete bisogno di
me, sono in portineria. >
Miss
Sophie si allontanò con discrezione, proprio come il suo ruolo richiedeva, lasciando
da soli Mr e Mrs Grey.
<
Christian, che cosa ci facciamo qui? Io non credo di voler legare alcun ricordo
di noi due a questo posto… > disse Anastasia con onestà.
<
Tranquilla, amore, non siamo qui per fare sesso. Quello lo faremo dopo, a casa
nostra o dove vuoi tu. Volevo solo farti vedere l’S.o.S.. Non voglio avere
segreti con te, di alcune genere. >
<
Ok…va bene. >
Passeggiarono
lungo alcuni corridoi, sobri e senza fronzoli strani, come forse,
nell’immaginario collettivo, ci si poteva aspettare, incorniciati da molte
porte. Ognuna era contrassegnata solo da un numero, come fosse stata la stanza
di un albergo esclusivo.
Christian
si fermò davanti ad una porta, diversa dalle altre, con una piccola targa che
indicava che fosse una stanza privata.
Provò
a girare la maniglia e, con sua somma sorpresa, questa si aprì, senza nemmeno
il tipico cigolio che ci si aspetta, quando si guarda un film dell’orrore.
Entrò
e, dopo aver azionato l’interruttore, una luce soffusa illuminò l’ambiente.
Si
presentava come un salotto antico e raffinato, con tanto di tavolino, angolo
bar, un divano ed un’ ampia poltrona, dallo schienale alto ed imponente.
Christian
si sedette su quella specie di trono di pelle pregiata, poi indicò ad Anastasia
di sedersi sul divano di fronte a lui.
<
Che posto è questo? > chiese lei, leggermente intimorita dallo sguardo serio
di suo marito. Per un istante ebbe un flash di come si doveva presentare lui,
nei panni di un vero dominatore, che si potesse definire tale. Nelle due
settimane in cui lui aveva provato a dominarla c’era andato davvero piano, con
lei. Aveva
usato i guanti di velluto, quando, ne era sicura, dietro ad una delle porte, in
un qualche cassetto, ci dovevano essere dei guanti di maglio.
Rimase
in attesa qualche istante, aspettando una risposta alla sua domanda, ancora
sospesa nell’atmosfera artificiosa creata dalla luce innaturale.
<
Vieni qui > disse lui, con voce dolce e delicata.
Anastasia
si alzò per andare ad accomodarsi sulle ginocchia di suo marito.
Christian
l’abbracciò forte, affondando il naso nei capelli soffici e profumati di lei.
Lo
sguardo leggermente perso nel passato di poco prima fu sostituito da una
sincera luce di gioia.
<
Qui è dove si fanno i colloqui con le aspiranti sottomesse. Il fatto stesso che
ci sia una sola poltrona così grande, di fronte ad un divano basso, serve per
mettere nella giusta predisposizione la candidata. >
<
Quindi è qui che hai incontrato Leila e tutte le altre? >
<
Sì. Tranne Gabrielle, che evidentemente è venuta qui con Jarret, e, ovviamente,
tranne te. Ma tu non sei mai stata la mia sottomessa. >
<
Perché mi ha fatta sedere lì, prima? >
<
Volevo vedere che effetto mi avrebbe fatto incontrarti qui. Ma tu non sei
adatta a quel divano. Tu sei nata per stare al mio fianco. Ti preferisco
decisamente qui, sulle mie ginocchia. >
Anastasia
si lasciò cullare da quella dichiarazione d’amore, poi un dubbio si insinuò
nella sua mente.
<
Ti manca questo stile di vita? >
<
No > rispose lui, prontamente.
<
Davvero? >
<
In quegli anni era quello di cui avevo bisogno, ma da quando sei tornata
insieme a me, dopo avermi lasciato, non ho più sentito l’impulso o l’esigenza
di tornare qui. Tu sei l’unica donna che voglio nella mia vita. >
<
Ne sono lieta, perché questo posto, ad essere sincera, un po’ mi intimorisce.
>
<
È proprio questo lo scopo di questa stanza, ma tu non devi aver paura di
niente. >
Christian
si alzò, portando con sé la sua dolce metà. Si guardò intorno un’ultima volta,
quindi spense la luce e si richiuse la porta alle spalle.
<
Andiamo via, adesso. >
Raggiunto
l’esterno, dopo aver salutato la gentile portiera del locale, entrambi presero
un bel respiro.
<
Dove vuoi andare? > chiese lui, realmente sollevato.
<
Non so, decidi tu. A me basta stare con te. >
<
Allora andiamo all’Escala. È più vicino, è più discreto ed io ho bisogno di
fare subito l’amore con te! >
L’uomo
abbracciò sua moglie, tenendola stretta al suo petto, ascoltando il battito regolare
del suo cuore così in sincrono con quello di lei, quindi la baciò con foga,
assaporando ogni attimo di quel contatto.
Quando
si staccò dalle sue labbra, la prese per mano e la condusse all’auto, dove
prese posto alla guida per raggiungere la loro destinazione il più in fretta
possibile.
Una
volta giunti al loro primo appartamento, Anastasia si diresse verso la scala
che portava al piano superiore, dove c’era ancora la loro stanza rossa, ma
Christian la trattenne per un braccio.
<
Dove stai andando? >
<
Credevo volessi fare l’amore con me! > disse lei, sorpresa ed, onestamente,
anche un po’ delusa.
<
Esatto. Voglio fare l’amore con te, ma non nella stanza dei giochi. Andiamo in
camera nostra. >
Lui
l’attirò a sé, dolcemente, quindi la condusse verso la camera che, per prima,
aveva visto sbocciare il loro amore.
Una
volta chiusa la porta, Christian non perse tempo con la sua solita strategia,
necessaria per protrarre il più a lungo possibile l’appagamento, ma prese in
braccio sua moglie e la portò subito sul loro talamo. In pochi attimi, le tolse
i vestiti di dosso e fu subito in lei, scoprendola già desiderosa d’essere
amata da lui.
Fecero
l’amore con foga e desiderio quasi violento, presi dalla passione e dal vortice
di emozioni che li aveva travolti.
Terminato
l’amplesso, restarono abbracciati, in silenzio, per diverso tempo.
Poi
Christian chiese:
<
Perché pensavi che volessi andare nella stanza rossa? >
<
Credevo che l’aver visto il club ti avesse fatto venire voglia di dominarmi.
Anche se sono una pessima sottomessa, sai che mi piace giocare con te. >
<
Lo so ed insieme, là dentro, facciamo davvero faville, ma oggi avevo voglia di
fare del sano e bellissimo sesso alla vaniglia! >
<
Quindi non mi devo preoccupare? >
<
Eri preoccupata?! > chiese, sorpreso, lui.
<
Bhè, forse ho esagerato, ma tu tendi ad essere piuttosto drastico, nelle tue
decisioni e temevo che, dopo aver rivisto uno squarcio del tuo passato, volessi
chiudere del tutto quella porta ed, onestamente, mi sarebbe dispiaciuto. >
<
Sono lieto di sentirtelo dire. Comunque no, non credo che potrò o vorrò mai chiudere del tutto quella porta.
>
<
Bene, Mr Grey, perché voglio far parte della tua vita, in ogni sua singola
sfumatura! >.
Christian
sorrise alla donna che, da anni, condivideva il suo letto e la sua vita, poi la
strinse fra le braccia, la baciò con ardore ed infine, con
voce suadente ed un perverso luccichio negli occhi grigi, chiese:
<
Mrs Grey, ti va di giocare con me? >
*******
Buongiorno
sfumati e sfumate!
Come
va? Se siete arrivati a leggere fin qui, siete delle rocce! Complimenti!
Onestamente
ho fatto un po’ fatica a trovare un finale “decente” a questa storia, perché
l’idea di vedere il locale dove Mr Grey si “allenava” mi incuriosiva, ma non
riuscivo a capire che reazione avrebbe dovuto/potuto avere Anastasia, in
merito.
Spero
d’aver azzeccato la giusta reazione, ma se voi avete un’idea diversa sarei
curiosa di sentirla.
Vi
confesso che stavo per far uscire da una delle porte niente meno che Mrs
Robinson, ma poi ho pensato che mi sarei infilata in un ginepraio da cui non
ero sicura di riuscire a cavarmi fuori senza graffi. Credo sia stata la scelta
giusta.
Se
vi fa piacere, fatemi sapere cosa ne pensate.
Grazie
di cuore
Ciao
Frency70