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Autore: _chair    07/04/2013    1 recensioni
"...Le parole sono stanche, ma so che tu mi ascolterai
Aspettiamo un altro viaggio, un destino, una verità
E dimmi come posso fare per raggiungerti adesso
Per raggiungerti adesso, per raggiungere te"
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Normalità. Solo stupida , banale e inutile normalità. La mia vita è questo, la mia vita è fottutamente normale. Non succede mai nessuna di quelle cose che ti fanno rimanere spiazzata, che ti cambiano la giornata. E volete sapere com'è la mia giornata? Sveglia alle 7:00, doccia, colazione, scuola, pranzo, tv, compiti, cena, ancora tv, letto. E gli amici? Io non ho amici, non ho amici perchè gli altri mi considerano troppo normale, snob, antipatica, una che se la tira, ma io non sono così. Sono solo una ragazza timida che ha bisogno di sostegni, di punti di riferimento, di appoggi, di guide o di amici. Avete presente quelle ragazze sicure, che sorridono sempre, che se ne sbattono altamente di tutto quello che le circonda, che anche da sole trovano la forza per sorridere? Beh, io non sono assolutamente una di quelle,anche se può sembrare. Io sono terribilmente insicura, provo a fregarmene dell'indifferenza degli altri, ma non ci riesco. E se sorrido è solo perchè mi vergogno, mi vergogno di essere debole. Mi vergogno di me, della mia vita, di quello che sono. Ma non voglio continuare a nascondermi, a vergognarmi, voglio vivere, davvero. Voglio cambiare la mia vita, non voglio più essere una ballerina di fila, voglio diventare un etoille, non voglio più essere invisibile. Voglio che il mio sorriso torni ad essere sincero, vero. Si, perchè adesso sono talmente abituata a dispensare falsi sorrisi a tutti che ora nemmeno so più se sorrido per abitudine, per noia o perchè sono davvero felice.E quasi sicuramente è la prima ipotesi, anche perchè credo di non aver mai provato la felicità o qualcosa di lontanamente simile. Anzi, forse si, una volta sono stata felice e forse, anche innamorata. Avevamo cinque anni io e lui, io e il mio migliore amico. Una volta abbiamo deciso di scappare insieme, volevamo sposarci, vivere da soli, ma avevamo un solo problema: eravamo tutti e due troppo piccoli, ma a quel tempo non lo sapevamo, pensavamo di essere grandi, ci sentivamo davvero pronti a diventare marito e moglie, per sempre. E così ci abbiamo provato. Era il giorno di ferragosto, faceva un caldo infernale. Avevamo organizzato la nostra "fuga romantica"da un mese; era tutto pronto. Alle sette di mattina siamo sgattaiolati fuori dalle nostre case e ci siamo incontrati davanti al panettiere. Abbiamo comprato panini, brioches e bibite. Con lo zainetto pieno di vestiti, cibo e tanti sogni, ci siamo chiusi in una casina abbandonata. Là, con i nostri orsacchiotti come testimoni, ci siamo sposati. Là ci siamo promessi amore eterno. Quando, la sera ci hanno trovato e riportato a casa eravamo tristi, ma sapevamo che la tristezza non sarebbe durata, perchè sarebbe incominciato un nuovo gioco. Con l'asilo ci avevano portato a vedere lo spettacolo "Romeo e Giulietta" e allora, se non potevamo stare insieme davanti agli altri, perchè non giocare a fare gli innamorati infelici. Saremmo stati il nuovo Rome e la nuova Giulietta, ma noi avremmo cambiato il finale, la nostra storia sarebbe finita con "vissero felici e contenti".
Il nostro gioco è andato avanti un anno, fino a quando la mamma non mi ha detto che lui si sarebbe trasferito. Ci rimasi malissimo, ma poi pensai che avremmo potuto sentirci per telefono o scriverci. Sarebbe stato un nuovo livello da superare nel nostro gioco... solo che qualche mese dopo mi hanno detto che aveva cambiato casa un altra volta, adesso stava in paradiso e il suo compagno di stanza era un angelo. Mi hanno detto che una sera era salito in macchina con un signore cattivo chiamato tumore che lo ha rapito e portato via, lontano da noi. Il nostro gioco sarebbe potuto continuare ancora, ma c'era un problema: purtroppo non c'è sull'elenco telefonico il numero del cielo. Lui è stata l'unica persona che mi ha veramente voluto bene, a cui mi sono mostrata per quella che ero.
Caro diario, scusa se non mi sono presentata prima o non ti ho salutato, ma odio le cose formali, le cose finte, fatte solo per educazione o per abitudine. Ed infatti odio la mia vita. Comunque piacere, Linda, capelli castani, occhi neri e troppo spenti per una ragazza di quindici anni. Questa è, anzi era la mia vita. Come si dice: "THE SHOW MUST GO ON".

Sono le 7 e 30. Un autobus, delle cuffie e una canzone bastano a scavare nella memoria e a tirare fuori un ricordo doloroso e bello allo stesso tempo, che fa piangere e sorridere. Il ricordo di lui, il ricordo di noi. E allora nella mia mente scorrono le nostre immagini come le scene di un film, scorrono le nostre frasi, i nostri giochi, i nostri abbracci, i nostri scherzi. Le lacrime mi rigano il volto, offuscandomi gli occhi e il cuore. Oggi non voglio andare a scuola, non voglio fare finta che vada tutto bene, oggi voglio finalmente essere me stessa. E per farlo devo andare da lui, dall'unica persona con cui posso essere vera. Scendo dall'autobus e corro verso il cimitero. Corro per un tempo indeterminato, corro per vincere la lotta contro il tempo, la lotta che non ha vinto lui. Lui il tempo non lo avuto. Non ha avuto il tempo di giocare, di ridere, di piangere, di sbagliare, di imparare. E quel tempo non l'ho avuto nemmeno io perchè è come se fossi morta con lui. Sono davanti al cancello della sua ultima e nuova casa. Mi fermo al carretto dei fiori e compro un mazzo di rose bianche. Bianco come purezza, come ingenuità, bianco come lui. Entro e cerco la sua tomba. Non la trovo e allora inizio a girare come un'anima in pena all'Inferno; non può essersene andato, non può avermi lasciata sola una seconda volta. Finalmente la trovo e per un momento il mio cuore si sente a casa, si sente al riparo da tutto. Quella foto, quegli occhi, quel nome. E' proprio lui,il mio Filippo. Non serve gridare che non è vero, sbattere la testa contro il muro, sperare di poterlo rivedere, dire che si è solo trasferito. Non serve a niente, Filippo è sotto quella lapide. Ma perchè, perchè lui? Cosa aveva fatto di male un bambino di sei anni? Cosa aveva lui che non andava? Persa nei miei dubbi, nelle mie domande, con le lacrime agli occhi, senza nemmeno rendermene conto, inizio a parlargli, come se potesse rispondermi. Come se potesse abbracciarmi e dirmi che tutto questo passerà:” Ciao Filippo... ti ricordi di me? Della tua Linda? Beh, forse no, forse nemmeno mi stai sentendo. Mi manchi, mi manca stare con te, mi manca abbracciarti, sapere che c'eri. Mi manca sapere che con te non ero sola, mi manca sapere che eravamo in due. Noi due insieme avremmo spaccato il mondo, ma non abbiamo avuto il tempo. Già, il tempo. E' sempre stato contro di noi, ci ha sempre odiato: E la cosa più triste è che non c'è arma per sconfiggere il tempo. E purtroppo non ce ne è una nemmeno per il tumore. Ti ricordi i Power Rangers che ti piacevano tanto? Dicevi sempre che eri “quello blu” e che eri invincibile. Io ridevo ed ero straconvinta che tu fossi debole e che io, la WINX Bloom, fossi molto più forte. E purtroppo non mi sbagliavo. Tu hai perso, non sei riuscito a sconfiggere il cancro. Ma con te ho perso anche io. Forse non mi sono mai legata a nessuno per paura di perderlo, che qualcuno me lo portasse via, che gli succedesse quello che è successo a te. Se non hai nessuno non puoi perdere nessuno. Ma se non hai nessuno non sei vivo. Sai, a volte mi chiedo cosa saremmo oggi se fossi ancora qui. Probabilmente saremo migliori amici o forse staremmo insieme, chi lo sa?! Di una cosa sola sono sicura: non ci saremmo persi di vista, non lo avremmo mai fatto, non avremmo nemmeno mai litigato, o, se lo avessimo fatto, avremmo fatto subito pace, perchè ci saremmo ricordati tutte le cose belle passate insieme e non avremmo avuto il coraggio di mandare tutto a rotoli, di rovinare tutto. Odio dover usare il passato o il condizionale quando parlo di te. Oggi ho saltato la scuola per venire da te. Avevo il compito di latino. Probabilmente ieri avremmo studiato insieme e oggi avremmo preso un bel quattro perchè avremmo passato tutto il pomeriggio a tirarci pop corn e a guardare film e saremmo arrivati impreparati e magari avremmo pure perso l'autobus. Avremmo, saremmo: nessuna certezza. Mai in come questi anni capisco quella frase di Vasco Rossi: LA VITA E' UN BRIVIDO CHE VOLA VIA, E' UN EQUILIBRIO SOPRA LA FOLLIA. Noi siamo abituati a dare tutto per scontato, ma non bisogna fare così, non bisogna capire l'importanza delle cose solo quando ci vengono tolte. Sei stata l'unica persona che mi ha capito davvero, quindi grazie. Grazie per esserci stato, anche se per poco. Ciao Filo.” Sistemo le rose e me ne vado. Mamma è a casa e si accorgerà che sono tornata un'ora prima e, quando lei mi chiederà come mai sono tornata così presto le dirò che non sono andata a scuola e sono andata da Filippo. Probabilmente mi farà una scenata memorabile, ma non mi metterà in punizione, anche perchè che punizione pootrebbe darmi? Non c'è nulla che mi interessi, di cosa potrebbe privarmi? Di niente. A volte mi sento in colpa per come la tratto, a volte vorrei che le voglio bene, che è l'unica persona a cui tengo, ma non voglio ammettere a me stessa che mi importa di lei, perchè se ti affezioni sei debole e io non voglio essere debole, perchè se sei debole soffri e io ho già sofferto abbastanza.



Salgo in camera e mi butto sul letto. "Sono gocce di memoria queste lacrime nuove..." Giorgia mi riempe i timpani e il cuore. Gocce di memoria. Sola la memoria rimane ormai, nient'altro, nessun sorriso, nessuna parola, nessun abbraccio, niente. Solo ricordi. E allora non resta che perdersi dentro di essi, cercando di renderli il più possibili concreti, cercando di ritornare indietro, di ritornare a dieci anni fa. " Siamo gocce di un passato che non può più tornare.." Qualcuno può pensare: "in dieci anni è sempre rimasta sola, non si è più rifatta una vita, eppure di tempo ne aveva..." Si, di tempo ne avevo, non era quello che mi mancava, mi mancava lo spazio nel cuore; si, era tutto di Filippo, non c'era posto per nessun altro. E ancora adesso non riesco e non voglio liberarmene, non voglio dimenticare anche se so che sarebbe meglio per me, per la mia vita. Mi sembrerebbe di rinnegare la nostra storia, mi sembrerebbe di tradirlo, di deluderlo. E io non voglio che sia deluso da me. Per quanto riguarda i miei genitori si può dire che sono come estranei. Loro non mi capiscono, ma non li incolpo per questo, nemmeno io ci riesco a volte. Non sono arrabbita con loro, solo che non riesco più a voler bene. Non ci riesco con loro, e nemmeno con nessun altro. Intrappolata nella mia vita e nei miei pensieri, mi addormento; è da tanto che non ci riesco. Sognare, non ci ero mai riuscita, pensavo di non esserne capace, o forse di non volere nulla, almeno fino a oggi. Si, ora nel mio sogno sto parlando con lui, con il mio angelo. E' bello come il sole, è cresciuto, è cambiato tanto, ma lo si riconosce dagli occhi, quelli sono sempre gli stessi: vispi, allegri, curiosi. E gli occhi sono lo specchio dell'anima. I suoi occhi, il suo cuore, le sue labbra, mi stanno dicendo questo: "Linda, basta, basta piangere, basta stare male. Basta con tutto. Ricomincia da capo, metti la parola fine alla tua sofferenza, alla tua solitudine. Fai a qualcun altro il dono di conoscere la Linda che ho conosciuto io. Non togliere a nessuno questa possibilità, ma soprattutto non toglierla a te stessa. Non decidere di rimanere sola, di rimanere chiusa dentro alla corazza che ti sei costruita per non soffrire. Ti ricordi quando da piccolini non vedevamo l'ora di crescere, di diventare grandi, di scappare? Beh, so che in un angolo, il più nascosto del tuo cuore,questo desiderio, questa voglia c'è ancora ed è più vera, più forte che mai. Non importa se ora non siamo più in due, non importa se ora ti senti sola. Cresci. E se crescere significa soffrire, soffri. E se crescere significa amare, ama. E se crescere significa essere felice, sii felice. Fallo, anche senza di me. So che all'inizio ti sembrerà strano, ti sentirai spaesata, non ti sembrerà reale, a volte ti sentirai tre metri sopra il cielo, altri sottoterra, all'inizio sarai sola, ma sono sicuro che non ci vorrà molto e troverai qualcuno, qualcuno di speciale che ti proteggerà, qualcuno con cui ti sentirai protetta dai mali del mondo, un qualcuno che purtroppo non potrò essere io. Ma non ti lasciare condizionare da questo. Pensa che mi ferirai solo se sarai triste. Ti voglio dire solo una cosa: quando stai male, quando ti senti sola, quando pensi che niente e nessuno ti possa aiuta, guarda in alto, cerca me e , se ti sembrerà di vedere il mio viso in una nuvola, gira la testa e guarda il sole e ricordati che splende per tutti,anche per te e che non sei sola. Ciao Linda" E mentre pronuncia queste parole, viene avvolto da una nebbia e, quando apro gli occhi, di fronte a me non c'è più nulla, nulla se non il sole che vedo dalla mia finestra, un sole che me lo ricorda, che mi ricorda i suoi occhi e che non sono sola . Oggi, dopo tannto tempo, ho voglia di uscire, di fare un giro, di vedere il sole. Mi vesto e mentre scendo le scale do un bacio alla mamma e esco. Non fa nemmeno freddo, considerato che siamo a gennaio. Lascio che il cuore mi guidi, sento di dover ricominciare proprio da dove è finita la mia vita precedente, sento di dover tornare lì, proprio dove sono stata solo poche ore fa, da Filippo. E' strano pensare come, in poche ore possa cambiare tutto, solo poche ore fa avrei voluto morire, mentre adesso ho voglia di vivere, di amare. Ed è tutto merito del mio Filippo. Sento di doverlo ringraziare ed è per questo che vado da lui. Ed ecco la sua tomba. Vedo le mie rose bianche e mi metto istintivamente a sorridere. Vorrei dirgli tante cose, ma a cosa servono le parole quando si può dire tutto con uno sguardo? Guardo per qualche istante la sua foto per poi sussurrargli un"grazie" e allontanarmi. Faccio per uscire, ma il mio sguardo si posa sul qualcosa, anzi su qualcuno. Seduto su una panchina, cento metri più in là c'è un signore. Settanta, forse settanta cinque, un cappotto grigio e un bastone. Ha la testa bassa, quasi a volersi nascondere, o proteggere dal mondo, dal dolore che si può provare. Forse, anche sicuramente ci sono un miliardo di motivi per cui non dovrei andare da lui, non dovrei parlarci, ma sento che anche lui ha qualcosa di segreto nel cuore, che anche lui ha bisogno di aiuto. Abbandono i miei pensieri e mi avvicino:"Posso?!" Dico sedendomi. Annuisce con un sorrido. Riconosco quel sorriso. E' identico a uno dei mille che dispensavo io fino a poche ore fa, è un sorriso finto, lo so. Ha lo sguardo spento, volto verso una tomba. Anna. Così si chiama quella che penso sia sua moglie. Dovrei farmi gli affari miei, ma non ce la faccio. "Le manca tanto?" Alza la testa e mi sorride, questa volta però è sincero. Prende fiato e... :" Si, mi manca tanto, da morire. Ci siamo conosciuti che avevamo sette anni. Ci siamo conosciuti in un periodo in cui non c'erano soldi, giocattoli, c'era soltanto al fantasia e con la fantasia non avevi bisogni di niente e potevi andare in un castello o sott'acqua. Io e la mia Anna giocavamo sempre insieme. Lei è stata la mia prima fidanzatina, è a lei che ho dato il primo bacio. Poi, a ventun anni, sono partito per l'America, volevo trovare al fortuna, non avevo capito che la cosa più bella, più importante, ce l'avevo accanto, non avevo capito che era lei. E quando, finalmente, dopo dieci lunghi anni, l'ho capito, sono tornato, ma era troppo tardi. L'ho trovata sposata con due figli. E allora non ho voluto distruggere al vita che si era creata con fatica e sacrifici, ma ogni giorno le ho sempre scritto una lettera e continuo ancora adesso. Ogni giorno vengo qui e le leggo una lettera; è un modo per sentirla più vicina. E ... tu?" Gli racconto di me, della mia storia, di Filippo, della mia volontà di cambiare.... Mi sembra di parlare con un amico, con una persona che conosco da sempre. Rimango lì con quel simpatico vecchietto mezz'ora, fino a quando non mi rendo conto che si è fatto buio. Allora lo saluto e corro verso casa mentre ripenso a tutto quello che è successo a oggi e , soprattutto, a cosa posso fare per cambiare la mia vita. Ho mille dubbi, ma una sola certezza: ho bisogno di qualcuno che mi “adotti”. Una guida che non mi giudichi, che possa capire la mia situazione. Ed è così che per un mese ogni pomeriggio su quella panchina scopro di saper sorridere.

E poi arriva quel giorno, il giorno in cui non lo vedo più seduto con il giornale in mano sulla panchina, ma vedo il suo viso su quei dannati manifesti. Basta, ora sono davvero sola, ora ci sono davvero solo sofferenze nel mio cuore e io non posso più nasconderlo, non adesso. Ed è così che torno a casa e con il sorriso sulle labbra prendo carta e penna e scrivo su un foglietto colorato”Ciao Filippo, sto arrivando”E impugno la lametta e mi taglio le vene. Chiudo gli occhi e lo vedo:” Vieni Linda, va tutto bene”




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Salve bella gente! Volevo dedicare questa storia alla mia amica Linda. Senza di lei questa one shot non esisterebbe neanche. Grazie a Linda e grazie a voi che avete letto la mia storia.

  
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