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Autore: Sissi Bennett    08/04/2013    4 recensioni
Nessuno sano di mente si sarebbe mai addentrato negli anfratti scuri della City quando la luna era alta nel cielo; la notte non era un luogo rassicurante, fatta eccezione per gli ubriachi, per gli sprovveduti e gli squilibrati, e ovviamente per lui.
Non c’era più spazio per i buoni sentimenti, niente più giustizia, niente più compassione, niente più umanità. Non quando le paure aumentavano e la pazzia trovava spazio.
E il vampiro era ben contento dell’appellativo disumano, perché voleva essere considerato un qualcosa di superiore; uno spietato assassino, senza limiti, senza scrupoli; voleva incutere terrore con il suo comportamento inumano.
Per questo adorava passeggiare per i vicoli immersi nelle tenebre e nel silenzio; perché quella era la New York che amava: malvagia, amorale, ambigua, sfacciata e disinibita; la New York che gli calzava a pennello, la New York della notte.
E lui, Damon Salvatore, ne era il padrone indiscusso.
Genere: Angst, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti
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A beast about to strike

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Capitolo uno: Psycho killer.

“We are vain and we are blind.

I hate people when they're not polite.

Psycho Killer,

 Qu'est-ce que c'est

Far better. Run away”.

(Psycho Killer- Talking Heads).

 

La ragazza si strinse al braccio del suo accompagnatore, piuttosto soddisfatta della serata. Era stata inaspettatamente divertente.

« Avevi ragione » gli disse sorridendo. Non se lo sarebbe mai aspettata ma il film le era piaciuto davvero.

Aveva storto il naso la prima volta che lui le aveva proposto quell’appuntamento. Da poco era uscita quella nuova pellicola fantascientifica di cui tutti parlavano. Dicevano che sarebbe stata una vera rivoluzione all’interno dell’industria cinematografica, che avrebbe cambiato totalmente il metodo di approccio alla cinepresa.

L’idea all’inizio non l’allettava per niente: non era molto convita dall’idea di navicelle spaziali e spade laser; non rientravano nel suo genere.

Eppure con lo scorrere dei minuti, si era trovata ritta su quella poltrona, protesa verso lo schermo, completamente presa dalla storia, ad incitare Luke Skywalker affinché facesse saltare in aria quell’enorme palla nera.  Ci era pure rimasta male quando aveva scoperto che quel film faceva parte di una trilogia e che avrebbe dovuto aspettare almeno un anno prima di vedere il proseguo.

« Te l’avevo detto » si gongolò l’uomo felice di aver fatto centro.

« Era davvero bello » continuò lei.

« Vero? Sono contento che ti sia piaciuto ».

Lei ridacchiò « Sì. Grazie di avermi invitato ».

Dentro di sé, l’uomo esultò. Era stato il loro secondo appuntamento e tutto sembrava procedere a gonfie vele. Tentò un’altra volta la sua fortuna « Lo rifacciamo il prossimo weekend? »

« Se sei fortunato » lo stuzzicò. Aveva tutta l’intenzione di accettare, ma voleva flirtare un po’ prima di dargliela vinta, sebbene il suo interessamento fosse palese.

Una figura nell’ombra lo osservava ormai da un po’. Li aveva seguiti fino al cinema e aveva pazientemente aspettato che finisse il film, prima di riprendere a pedinarli. Avrebbe potuto attaccarli in qualsiasi momento, ma il brivido della caccia era di sicuro la parte migliore della serata e l’attesa non faceva altro che aumentare il suo piacere.

Alzò gli occhi, mentre li ascoltava parlare del film. Aveva sempre trovato molto stupida quella faccenda degli appuntamenti, con rose annesse e frasettine ammiccanti. Durante la sua vita umana, aveva considerato il corteggiamento un qualcosa di sensato, perché sarebbe stato seguito da un matrimonio.

Adesso, lo riteneva solo un modo come un altro d’ingannare gli altri, svuotato di ogni significato. Nessun uomo ormai corteggiava una donna con intenzioni serie. La maggior parte desiderava solo infilarsi tra le sue lenzuola.

Quel tipo non faceva la differenza. Si stava sforzando di impressionarla, di dimostrarsi brillante, forse per carenza di altri doti; ma si sarebbe rivelata tutta fatica sprecata perché quella donna aveva capito di avere tutto il potere e si stava divertendo troppo a tenerlo sulle spine.

Il vampiro si guardò intorno: erano finiti in una lunga via, tanto trafficata di giorno quanto desolata di notte. I bar attorno stavano chiudendo, le insegne stavano per spegnersi. In lontananza un allarme stava suonando. In strada non c’era nessuno a parte quei due. Non poteva chiedere occasione migliore.

Con un movimento fulmineo, si stese sul marciapiede, poco più avanti rispetto a dove camminavano loro, a pancia in giù con la testa voltata dall’altra parte, un braccio teso sopra la testa e l’altro piegato sulla schiena. Quel trucco era praticamente infallibile.

Udì i passi avvicinarsi e le risate cessare. La coppia trattenne il fiato, il vampiro ghignò.

« O mio Dio » boccheggiò lei « È … credi che sia morto? »

Fin troppo facile, ci cascavano sempre.

« Non lo so » disse lui. Aveva l’aria di voler essere da tutt’altra parte tranne che lì, ma era l’uomo e doveva mostrarsi coraggioso. Mosse qualche passo incerto verso il corpo.

« Resta lì » le ordinò.

Portò di nuovo lo sguardo sul marciapiede e lo trovò vuoto. In quel millesimo di secondo capì di essere spacciato.

Alle sue spalle un urlo e l’orrendo rumore di un collo spezzato glielo confermarono.

« O mio Dio » non riuscì a trattenere un’esclamazione non appena realizzò l’accaduto. Si voltò di scatto e constatò con impotenza che la donna era a terra, morta. Una grossa ferita sporca di sangue spiccava sul suo collo candido.

Si piegò su di lei inorridito. Il panico si faceva largo in lui. Una bottiglia rotolò sull’asfalto, istigandolo ad alzarsi sull’attenti.

Ma furono dei passi proveniente dall’altro senso che gli mandarono i brividi per tutta la colonna vertebrale.

Si girò per l’ennesima volta, come un preda braccata dal cacciatore.

Ed eccolo arrivare, con una camminata sicura e scanzonata, la maglietta imbrattata di sangue, così come la bocca.

Il cuore dell’uomo cominciò a battere furiosamente per la paura.

« Sei quel serial killer, vero? Il figlio di Sam ». Era destinato a morire, ma almeno voleva sapere l’identità del suo assassino.

Il vampiro guardò prima la donna a terra, poi riportò gli occhi su di lui. Non aveva mai incontrato questo fantomatico “figlio di Sam”, ma non era la prima volta che ne sentiva parlare. Prima o poi avrebbe dovuto ringraziarlo, perché ormai era diventato un’ottima copertura per i suoi crimini. Tutti sembravano incolpare quel povero omicida, che in paragone, era solo un agnellino.

« Figlio di Giuseppe » gli rispose con una smorfia annoiata « Ma ci sei andato vicino ».

Non gli lasciò il tempo di reagire. Gli si lanciò addosso, affondando i canini nella sua carne, e succhiò avidamente il liquido vermiglio.

Sentì una debole resistenza da parte dell’uomo, ma non durò molto. Lasciò cadere il corpo, ormai morto, vicino a quello della donna.

Si passò la lingua sulla labbra, godendo di quel sapore inebriante che non si era curato di pulire. Frugò nelle loro tasche in cerca dei documenti d’identità.

Li mise al sicuro nel suo giubbotto e, dopo aver gettato un’ultima occhiata ai cadaveri, si allontanò, molleggiando sulle ginocchia soddisfatto.

Canticchiò il motivetto di una canzone che aveva sentito qualche giorno prima alla radio. S’intitolava Psycho Killer o qualcosa di simile. Sembrava scritta apposta per lui.

Non era particolarmente tardi, ma si trovava in un quartiere residenziale e a quell’ora non si vedeva in giro molta gente. Probabilmente sarebbe passato parecchio tempo prima che qualcuno trovasse quei due corpi.

Will sarebbe stato contento della doppia vincita. Il vampiro si passò ancora una volta la lingua sui denti, pregustando già le vittime che avrebbe circuito e assaporato quella notte nel locale del suo amico.

Quando cacciava per procurarsi identità false, di solito eseguiva il lavoro molto velocemente per evitare di essere visto. Quando, invece, si dedicava al suo piacere, allora le cose diventavano molte più dolci, lente e terribilmente stimolanti.

Dipendeva dalle serate, poi. C’erano volte in cui preferiva prendersi il suo tempo, e altre in cui aveva solo voglia di giocare con le sue prede, spaventarle e finirle nel momento in cui la paura saliva alle stelle.

Come gli piaceva il suo potere!

Non poteva pensare ad un modo migliore d’iniziare la notte, ma fu presto smentito. Dall’altra parte della strada una ragazzina correva a perdifiato verso di lui.

Probabilmente non l’aveva nemmeno visto, perché quando si accorse della sua presenza era davvero troppo tardi. Si fermò un attimo prima di finirgli addosso e perse l’equilibrio, cadendo a terra.

Il vampiro la squadrò: mingherlina, non molto alta, con i capelli biondi, appena più lunghi di un caschetto, mossi e spettinati e due occhi color nocciola che si allargarono a dismisura nell’istante in cui si focalizzarono su di lui.

La giovane strisciò di un pelo indietro, intimorita. Alle sue spalle aveva problemi ben più grossi, ma quella bocca ancora sporca di sangue non era per niente rassicurante. Se non fosse stato per quel piccolo e macabro particolare, si sarebbe anche potuta innamorare all’istante. L’individuo di fronte a lei era di una bellezza devastante : era vestito in pieno stile anni ’70, con una giacca di pelle nera che si confondeva quasi con i suoi capelli altrettanto neri. Gli occhi color ghiaccio erano segnati da una riga di matita nera. Aveva sempre trovato ridicola la matita negli occhi dei ragazzi, sebbene andasse molto di moda in quel periodo, ma a lui donava particolarmente.

Purtroppo ogni tipo fascino veniva spazzato via da quella scia di sangue che scendeva lungo il suo collo fino ad allargarsi in una grossa macchia sulla maglia bianca.

Il vampiro sogghignò compiaciuto, pronto a sporcarsi nuovamente di rosso. Non ne ebbe il tempo: dei passi sopraggiunsero in lontananza.

Lei non si girò nemmeno, si alzò con uno scatto fulmineo e si nascose dietro il suo corpo, usandolo come scudo.

Lui corrugò la fronte. L’aveva fatto davvero? Gli stava davvero chiedendo protezione?

Il motivo di tutto il suo timore si rivelò dopo poco, entrando finalmente nel cono di luce del lampione più vicino: era un uomo, sulla cinquantina, di bell’aspetto nonostante l’aria dismessa. Aveva i pantaloni slacciati.

Ora la maglietta tutta stropicciata della ragazza acquistava un senso.

« Sul serio, amico? Potrebbe essere tua figlia » parlò per la prima volta il vampiro. Era un efferato assassino, senza scrupoli, ma un molestatore … quello gli dava veramente la nausea. Non aveva mai costretto una donna ad avere rapporti intimi; erano sempre state tutte accondiscendenti, merito della sua bella presenza. Le aveva soggiogate per il sangue, non per il sesso.

Si rendeva conto che detto da un assassino fosse quasi un controsenso, ma … Santo Cielo… amava così tanto le contraddizioni!

L’uomo non osò ribattere. Indicò con mano tremante la giovane, come a volerla reclamare e balbettò qualcosa d’incomprensibile.

Il vampiro alzò gli occhi al cielo, piuttosto irritato. Aveva cominciato la serata così bene, perché doveva essere rovinata da una tale seccatura.

Non gli capitava quasi mai di fare l’eroe, quasi faticava a ricordare l’ultima volta che si era comportato bene. Per una sera, però, poteva trasgredire alla regola.

L’uomo intese che non l’avrebbe mai scampata: quel pazzo di fronte a lui aveva la bocca piena di sangue, chissà quali altre atrocità era capace di commettere.

Il suo tentativo di fuga venne stroncato sul nascere: un minuto prima stava correndo via, il minuto dopo era a terra con il collo spezzato.

Il vampiro scavalcò il corpo e riportò la sua attenzione sulla ragazza che non si era mossa di un millimetro. Lo guardava impietrita.

Non aveva tentativo di fuggire, forse perché ne aveva compreso l’inutilità. Non indietreggiò nemmeno quando lui si avvicinò.

La squadrò a sua volta, indeciso sulla sua prossima mossa.

Considerò che quella biondina aveva già ricevuto la sua dose di guai per quel giorno. Era decisamente il tipo di ragazza con cui avrebbe voluto divertirsi e giocare, ma lei non era proprio nelle condizioni. Anche se l’avesse soggiogata, non sarebbe stata una grande compagnia, anzi probabilmente sarebbe finita, comunque, a piangere sulla sua spalla, lamentandosi di tutti i suoi problemi.

Non era precisamente l’idea di divertimento del vampiro.

Decise di lasciarla andare e levarsi da quell’impiccio il più presto possibile.

« Come ti chiami? » le chiese.

« C-charlie » rispose lei schiarendosi la gola seccata.

« Bene, Charlie » incominciò  influenzandola con il suo potere « Ecco cosa succerà: ora te ne andrai a casa e ti farai una bella dormita. Quando domani mattina ti sveglierai, non ti ricorderai né di me né di quello che è accaduto stanotte, intesi? ».

Lei si limitò ad annuire. Un momento dopo si trovò sola in mezzo alla strada.

Fissò un po’ scossa il corpo dell’uomo che l’aveva aggredita e tirò un sospiro di sollievo. Non l’avrebbe mai ucciso con le sue mani, ma non poteva dire di essere dispiaciuta della sua morte.

Quella creatura – vampiro o quel che era aveva ragione: doveva andarsene di lì e alla svelta. Non desiderava essere ricollegata a quell’omicidio, non aveva bisogno di altre rogne. Avrebbe fatto molto meglio a dimenticarsi tutto.

Prima di abbandonare il luogo del misfatto, si guardò in giro ancora un’altra volta nella speranza di scorgere il suo salvatore.

Solo in quell’istante si era resa conto di non avergli detto neanche grazie.

 

Paura.

Terrore.

Angoscia.

Panico.

Sofferenza.

Ecco cosa leggeva negli occhi di quell’uomo.

Ecco cosa leggeva negli occhi di tutti, a dire il vero.

Ogni volta si ripeteva la solita storia: dopo un attimo di sbigottimento, iniziavano a rivolgergli domande prepotenti, offese poco convincenti, gli intimavano di uscire da casa loro, lo intimidivano senza molti risultati. Afferravano la prima cosa che capitava a tiro e cercavano di spaventarlo come se in mano avessero un’arma potente e letale. Infine minacciavano di chiamare la polizia.

E a quel punto lui scoppiava a ridere. Una risata malvagia e perversa. Come se degli uomini in divisa potessero fare qualcosa, come se li potessero proteggere, come se potessero fermarlo!

Erano tutti degli stolti che credevano di avere a che fare con un comunissimo ladro o un assassino ma pur sempre umano .

Era proprio questo che lo faceva imbestialire più di tutto: venire scambiato per un lurido essere privo di potere. Nonostante fosse evidentemente più potente di un mortale qualunque, nonostante rappresentasse qualcosa al di fuori della normalità cui erano abituati, nonostante i suoi occhi fossero il ritratto di disgusto e odio, quegli sciocchi continuavano a considerarlo uno di loro.

Possibile che, anche in punto di morte, anche quando era così palese, si rifiutassero di credere che nel mondo esistesse un potere superiore?

Ovviamente no! Loro si reputavano i padroni del mondo, loro decidevano la sorte del pianeta, erano loro a comandare tutti; si sentivano la specie eletta.

Ma non avevano mai compreso che i viventi si dividevano sostanzialmente in due categorie: i forti e i deboli; e gli umani, con la loro mente ottusa e chiusa, appartenevano di certo alla seconda.

Loro, specie eletta e padroni del mondo, non contavano nulla, erano degli esseri inferiori.

L’uomo, rannicchiato in un angolo, parzialmente nascosto tra il divano e il muro, fece l’ultimo disperato tentativo di scacciare lo sconosciuto che lo stava terrorizzando con i suoi occhi iniettati di sangue. Si lanciò contro il suo avversario e cercò di colpirlo.

L’attacco andò a vuoto, in quanto il vampiro si spostò in tempo, ma riuscì comunque a graffiarlo di striscio su una guancia.

L’immortale portò la mano alla parte lesa tastandola e si guardò i polpastrelli: erano sporchi di sangue. Il suo sangue, puro e antico di un secolo, versato per colpa di un uomo che nemmeno poteva definirsi tale.

Non perse tempo a torturarlo, non meritava ulteriori attenzioni; con un movimento veloce gli si gettò addosso, mordendolo con ferocia. Qualche urlo frantumò il silenzio, per poco,  e il corpo cadde a terra pesantemente.

Il martedì era il giorno di chiusura per il Billy’s e il vampiro si era dovuto arrangiare per procurarsi il suo cibo. Ormai entrare nelle case di sconosciuti era diventato così facile: bastava suonare e soggiogarli. Amava violare la sacralità delle loro dimore; la sentiva come una doppia vincita.

Fissò l’uomo privo di vita ancora per qualche secondo prima di uscire da quella casa infetta e sparire nelle vie deserte. Un occhio normale non lo avrebbe mai scorto. Lui poteva strisciare contro i muri e saltare tra i tetti; era veloce come un falco, felpato come un felino e letale come un serpente. I sensi sovrasviluppati e la forza inumana ne facevano un predatore perfetto, in perenne caccia, spinto dall’istinto.

New York a quell’ora appariva quasi disabitata. In molti avevano una concezione un po’ distorta della Grande Mela. Come la chiamavano? La città che non dorme mai.

La città dei desideri, la città dei grattaceli luminosi, la città dei negozi favolosi, della statua simbolo della libertà.

Quella era solo una parte di New York; la parte della luce, la patria del bene, degli uomini e delle donne convinti di poter vivere il sogno americano, dei poveri illusi che credevano ancora nelle favole. Ma quando calava il sole, arrivava anche la vera New York, quella che il vampiro preferiva. La New York del mistero e della trasgressione, dei segreti indicibili e del pericolo. La New York del buio più profondo, territorio dell’indomabile male.

Nessuno sano di mente si sarebbe mai addentrato negli anfratti scuri della City quando la luna era alta nel cielo; la notte non era un luogo rassicurante, fatta eccezione per gli ubriachi, per gli sprovveduti e gli squilibrati, e ovviamente per lui.

Non c’era più spazio per i buoni sentimenti, niente più giustizia, niente più compassione, niente più umanità. Non quando le paure aumentavano e la pazzia trovava spazio.

E il vampiro era ben contento dell’appellativo disumano, perché voleva essere considerato un qualcosa di superiore; uno spietato assassino, senza limiti, senza scrupoli; voleva incutere terrore con il suo comportamento inumano.

Si pulì la bocca dal sangue rivelando il suo viso diafano. Percorse tutta la via senza fretta, godendosi quei momenti in cui tutto sembrava fermarsi al suo passaggio.

Si era affermato per determinazione ed efferatezza, solo per raggiungere il suo obiettivo ultimo: conquistare il pieno potere e la totale indifferenza. Per questo adorava passeggiare per i vicoli immersi nelle tenebre e nel silenzio; perché quella era la New York che amava: malvagia, amorale, ambigua, sfacciata e disinibita; la New York che gli calzava a pennello, la New York della notte.

E lui, Damon Salvatore, ne era il padrone indiscusso.

 

Il mio spazio:

Salve a tutti!

Prima di tutto grazie di essere arrivati fin qui e di avermi dedicato un po’ del vostro tempo.

È da parecchio che volevo scrivere una fanfiction su TVD ma mancava sempre l’idea giusta. L’episodio 4x17 mi ha dato una bella scossa.

Come nasce questa storia? Da una crescente antipatia verso Elena Gilbert.

Non è mai stato il mio personaggio preferito, ma riuscivo ad apprezzarla durante le prime due stagioni. Dalla terza, invece, mi sembra sempre più vicina al suo corrispettivo cartaceo (in pratica una Mary Sue fatta e finita).

Mi dà un po’ fastidio che tutto giri sempre intorno a lei. Va bene che è la protagonista, ma a tutto c’è un limite. Insomma lei dice “Salta” e gli altri rispondono “Quanto in alto?”. Trovo che abbia bisogno di una ridimensionata, sia da parte degli autori, sia da parte degli altri personaggi.

E sono anche un po’ stufa vedere i fratelli Salvatore correre da una parte all’altra per salvarle la pelle e renderla contenta.

Non sono una grande fan della coppia Damon/Elena; lei non mi sembra la ragazza giusta e ho l’impressione che sarà lì sempre in bilico, sempre indecisa.

Per cui ho deciso di mandare a quel paese switch off, sire bonding, doppelgänger e Mystic Fall e scrivere del periodo “buio” di Damon a New York, durante gli anni settanta, quando era ben lontano da qualsiasi forma di Petrova.

Cercherò di essere più originale possibile e soprattutto molto accurata su quell’epoca. Se cambierò qualche data o cose simili per ragioni di trama, vi avvertirò nelle note.

So che ci sono molte storie Damon/Nuovo personaggio, quindi spero di darvi qualche motivo per continuare a leggere.

Vi do qualche informazione per chiarire il contesto: siamo intorno alla metà di luglio; Lexi se n’è andata da un mese e Damon ha deciso di restare a New York a spassarsela. La scena iniziale è la stessa dell’episodio. Mi piaceva molto e ho voluto inserirla; fate finta che sia successo dopo la partenza di Lexi e non prima del suo arrivo.

Il figlio di Sam è un serial killer realmente esistito, che in quello stesso periodo ha colpito diverse vittime a New York.

Il primo film di Star Wars è uscito nel maggio del 1977 (qui ho posticipato di un paio di mesi). Luke Skywalker è uno dei protagonisti.

Grande Mela è una definizione nata agli inizi del Novecento. Negli anni settanta è stata rilanciata in una campagna di promozione turistica.

La Statua della Libertà è stata costruita negli anni ’80 dell’Ottocento.

Psycho Killer è una canzone dei Talking Heads, tratto dall’album Talking Heads: 77, pubblicato sempre nel 1977.

 

Spero davvero di avervi almeno un po’ incuriosito. Se vi va, lasciatemi un commentino con le vostre prime impressioni =)

Il banner è di Bumbuni.

 

A questo punto, vi do la buona notte!

  
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